lunedì 20 settembre 2010

LE FOIBE : PERCHE' ?

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Il 10 febbraio è il giorno del ricordo dei martiri delle Foibe, ma io non voglio aspettare quella data, poichè non ci deve essere un limite di tempo per la memoria di ciò che è successo, non bisogna ricordarsi dei martiri solo nelle giornate predefinite.
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Ecco perchè ho fatto questo post oggi, in Settembre, che dedico ai fratelli morti per mano della barbarie comunista, e di criminali che poi hanno cercato di falsare la storia, come il PCI, a partire da Togliatti.
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Tratto ed estrapolato da : "FOIBE"di Gianni Oliva - Mondadori

La strategia jugoslava, dopo l’occupazione del territorio della Venezia Giulia nel 1944, è stata quella di insediare i comitati popolari di liberazione come organi amministrativi, allo scopo di stabilire forme organizzate di potere riconducibili all’autorità di Belgrado.

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L’essere arrivati per primi e l’aver costituito una forma di controllo non erano però, di per sé, condizioni sufficienti a garantire l’annessione della Regione alla nuova Jugoslavia di Tito.

Per vedere riconosciute alla Conferenza di Pace le proprie aspirazioni territoriali, il Maresciallo comunista Tito aveva bisogno di una Venezia Giulia pacificata nel segno della rivoluzione sociale e sotto la bandiera nazionale della Jugoslavia.

Per raggiungere questo stato di fatto, si rese quindi necessaria allo scopo un’opera radicale di epurazione del territorio, capace di eliminare in tempi rapidissimi tutti coloro che erano contrari al nuovo potere e che avrebbero potuto organizzare una opposizione interna.

In altre parole l’epurazione doveva eliminare qualsiasi voce di dissenso, e andava diretta non solo verso i fascisti in quanto tale, ma CONTRO TUTTI COLORO CHE SI OPPONEVANO AL COMUNISMO JUGOSLAVO.

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Vennero quindi eliminati gli oppositori, sia che essi fossero criminali di guerra, o collaboratori del nazismo, sia che fossero sinceri antifascisti o addirittura comunisti sensibili alla questione nazionale, contrari all’annessione.

Una riunione del comitato centrale del P.C. sloveno del 28 agosto 1944 sanciva l’indicazione :

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Occupare per primi
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Tenere preparato tutto l’apparato ! Dappertutto, il più possibile, bandiere slovene e jugoslave.
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Ad eccezione di Trieste, non permettere in nessun altro posto manifestazioni italiane.
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Rinforzare l’OZNA (Servizio speciale di Polizia del Ministero della Difesa jugoslava, che godeva di una larga autonomia operativa, ed era “collegato” direttamente con i vertici del potere a Belgrado).
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Preparare per Trieste il personale qualificato : la Polizia.
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Epurare subito

E proseguiva :
In particolare, l’attenzione deve essere rivolta ad impedire che si costituiscano degli organismi amministrativi antifascisti italiani, che potrebbero legittimarsi di fronte all’opinione pubblica e di fronte agli anglo-americani.
Un dispaccio di Edvard Kardelj (uno dei più importanti collaboratori di Tito) del 30 aprile ai capi sloveni dava varie indicazioni, tra cui :
…va seguìto il principio di non concedere subito troppa democrazia…
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I primi a seguire il mandato dei dirigenti del P.C. jugoslavo furono i reparti della IV Armata e le formazioni partigiane slovene e croate.
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Costoro eseguirono gli arresti e il disarmo di tutti i militari, indiscriminatamente, sia che essi fossero militi fascisti, carabinieri, guardie di finanza, o poliziotti, e indipendentemente dagli accertamenti di responsabilità individuali.
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L’indossare una divisa italiana era di per sé una colpa che portava alla deportazione o alla morte.
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Ne è un tipico esempio la sorte toccata ai finanzieri della legione di Trieste.
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Essi non avevano mai concorso ad azioni antipartigiane, anzi avevano collaborato con il CLN e all’insurrezione finale, ma ciò nonostante vennero eliminati in massa.
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L’aver combattuto contro i tedeschi negli ultimi giorni di guerra, come nel caso della Guardia Civica, costituiva per gli jugoslavi non un merito, ma la prova del preciso intento per le stesse forze che già avevano sostenuto i fascisti, di continuare a svolgere la loro funzione antislava mutando bandiera.
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L’azione contro i civili fu affidata alla Polizia dell’OZNA.
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Molti degli arrestati vennero avviati ai campi di concentramento in Slovenia, mentre molti altri furono uccisi subito dopo l’arresto.
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La direttrice di fondo della repressione non riguardava più il fascista, in quanto egli era il rappresentante dell’antagonismo del passato, oramai sconfitto, ma indicava invece come “nemico del popolo” coloro che si opponevano all’instaurazione della società socialista, vale a dire alla Jugoslavia di Tito.
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Infatti i primi ad essere colpiti furono gli esponenti del Movimento autonomista zanelliano che si erano battuti negli anni 20 contro i fascisti per lo Stato libero di Fiume.
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Durante il periodo dell’occupazione tedesca si era mostrato capace di aggregare vasti consensi tra la popolazione cittadina.
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Fin dai primi giorni di Maggio perciò alcuni leader storici del Movimento furono trucidati ed altri costretti alla fuga, estirpando così eventuali possibilità di sviluppo a latenti poli di alternativa, rispetto a quelli previsti dal regime titino.
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L’”epurazione preventiva” si abbattè anche sugli esponenti del CLN di Fiume, Gorizia, e di Trieste.
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La tristemente famosa “squadra volante” di Trieste formata da otto persone (tra cui Nerino Gobbo, Edoardo Musina, Teodoro Cumar) con base aoperativa a Villa Segre, agiva come banda criminale, e si rese responsabile di almeno 18 infoibamenti, prima di essere fermata dalle stesse autorità di Belgrado (Musina sarà condannato all’ergastolo).
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I procedimenti “epurativi” erano rapidi :
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l’irruzione nelle case sulla base di sospetti o di semplici delazioni anonime, l’arresto e la violenza, spesso la confisca di preziosi, denaro, mobili, i maltrattamenti dei parenti, la devastazione dei locali, gli stupri.
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Un clima di terrore che oltrepassava gli stessi limiti previsti dalle autorità politiche jugoslave.
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Imperversavano arresti incontrollati e arbitrari, soprattutto tra gli italiani di Gorizia.
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L’obiettivo dell’OZNA era puramente repressivo e si suoi uomini agivano in modo violento e sbrigativo, con la prepotenza tipica e la ferocia delle polizie segrete.
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Il 23 ottobre 1945 l’ambasciatore inglese a Belgrado inoltrò alle autorità jugoslave un elenco di 2472 nomi di cittadini italiani che risultavano scomparsi, e accusò il governo di Tito di disattendere l’art. 6 dell’accordo sottoscritto il 9 giugno, che prevedeva la liberazione dei “cittadini residenti nella zona A arrestati e deportati”.
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La risposta negò una qualsiasi forma di eccesso, che non esulasse da una giusta punizione di un limitato numero di criminali di guerra fascisti e nazisti, che sarebbero comunque caduti.
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La realtà dei fatti è invece quella che la storia stessa ci ha presentato : quella di un preciso progetto di distruzione, diretto contro tutto ciò che era Italia e italiano, un genocidio, una pulizia etnica per eliminare ogni traccia di italianità.
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Arresti, deportazioni, uccisioni, infoibamenti si susseguirono senza che nessuno intervenisse a proteggere le vittime infelici, colpevoli solo di essere italiani.
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Inizia nel 1945 un esodo massiccio degli italiani, prima da Fiume e da Pola, poi dai centri minori, che si protrarrà in seguito fino al 1956 : 300.000 persone che fuggirono dall’instaurazione del comunismo.
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In un documento della direzione del PCI per l’Italia occupata indirizzato al Comitato Centrale del PC jugoslavo, si legge :
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“…Il compagno Ercoli (Togliatti) dice che noi dobbiamo in tutti i modi favorire l’occupazione delle regioni giuliane da parte delle truppe del maresciallo Tito…”
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E’ il comunismo italiano a sollecitare la collaborazione con l’esercito jugoslavo, in nome dell’unità nella lotta di liberazione ;
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sono comunisti i cittadini giuliani di nazionalità italiana coinvolti nelle nuove strutture del potere titoista ;
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sono di ispirazione comunista i manifesti e gli articoli che inneggiano alla vittoria dell’esercito partigiano di Belgrado.
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Ecco che l’opinione pubblica abitualmente identifica così alcuni tra i persecutori più feroci quei criminali comuni che si sono fregiati del titolo di “guardie del corpo”, o che hanno imperversato con fazzoletti rossi al collo e le stelle rosse appuntate sulle giacche.
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La sinistra comunista, stretta fra le presunzioni di responsabilità e la responsabilità oggettiva, incalzata dalla propaganda della guerra fredda, e attaccata dagli ambienti dell’esodo, ha tutto l’interesse a sostenere un’interpretazione dell’occupazione dei territori che rinvii ai princìpi della giustizia politica e del furore popolare.
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Ecco che i fatti della primavera del 1945 perdono così la propria specificità e finiscono con il trovare una paventata assoluzione nelle dinamiche storiche della lotta di classe.
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Inoltre, dopo la rottura di Tito con Stalin la Jugoslavia viene condannata da Mosca come traditrice e sabotatrice, e imputata di favorire l’imperialismo occidentale (tesi a cui si allinea anche il PCI).
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A questo punto l’Occidente inizia a guardare verso il governo di Belgrado come ad un possibile riferimento.
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In questa prospettiva viene meno l’interesse a fare chiarezza sulla sorte di migliaia di cittadini italiani scomparsi.
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Le spiegazioni fornite da Belgrado circa il carattere politico e antifascista delle eliminazioni e la generale colpevolezza addossata ai morti diventano una sorta di versione ufficiale accettata dalla diplomazia occidentale, che non ritorna più sull’argomento.
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Il “silenzio storico” si presenta come la risposta più facile ed immediata :
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non parlare di quanto è accaduto nella primavera del 1945 fa comodo anche al PCI che, dopo il trattato di pace di Parigi, rappresenta una palese contraddizione tra la sua collocazione come Partito nazionale e i suoi legami con Mosca.
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Il 15 settembre 1947 entra in vigore, appunto, il trattato di pace, secondo le clausole stabilite a Parigi.
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Il Goriziano ed il resto del Friuli restano all’Italia, mentre Trieste (e circondario) vanno a costituire la zona A del territorio libero di trieste (sotto l’amministrazione degli alleati fino al 26 ottobre 1954).
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La ricerca storiografica ha permesso una lettura meno parziale di quanto accaduto, (nonostante il colpevole silenzio imposto dai comunisti italiani) dandoci la possibilità di definire il significato delle foibe.
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Il termine allude all’orrore di una morte vergognosa nelle voragini carsiche e implica un completo rovesciamento di valori e di comportamenti :
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gettare i cadaveri là dove si gettano i rifiuti sottintende il totale imbarbarimento della lotta, l’arretramento della civiltà ad uno stadio primitvo, la minaccia oscura ed incombente dell’annichilimento.
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Si tratta di uno sterminio di massa, che su piano numerico non ha paragoni con quanto accadde nello stesso periodo nelle altre regioni settentrionali liberate dall’occupazione tedesca.
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Come tale, esso non può quindi essere archiviato come esclusiva opera di epurazione politica antifascista, né ricondotto in modo semplicistico alla spontaneità del furore popolare.
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Il trapasso violento di poteri tra regimi che si erano combattuti per anni in uno scontro totale sfociò allora in una tensione che potè trovare terreno fertile nell’atmosfera tumultuosa della primavera del 1945, quando la violenza giustizialista riuscì ad autolegittimarsi senza passare attraverso la strada dei processi e degli accertamenti di responsabilità.
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La caccia al nemico, in quanto italiano, padrone, e fascista, si aprì, sia da parte di coloro che avevano combattuto nelle formazioni partigiane slovene e croate, sia da parte di consistenti settori della popolazione slava.
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Il loro obiettivo fu insieme miliatre e politico : combattere i nemici del momento (soldati tedeschi e fascisti di Salò) e nemici potenziali per il futuro (anticomunisti, sia italiani che slavi).
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Così, negli stessi giorni in cui nei pressi di Kocevje, nel cuore della Slovenia, venivano massacrati migliaia di oppositori di etnia slava, a Trieste, a Gorizia, e in Istria trovavano la morte, accanto agli italiani, non pochi sloveni e croati anticomunisti.
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Il controllo totale del territorio giuliano si snodò attraverso vari intrecci di piani ideologici, etnici, sociali e di potere, i quali interagendo tra loro crearono spazi per l’inserimento di tensioni personali, di intolleranza politica e di gesti criminali, che sfociarono in uccisioni di massa e nel fenomeno delle foibe.
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Oggi, dopo l’apertura degli archivi (anche se non totale), la ricerca storiografica ha potuto ricomporre queste pagine del passato, identificarne le responsabilità dirette e indirette di coloro che interpretarono un ruolo di coinvolgimento.
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Sottolineo nuovamente, a questo proposito, le pesanti responsabilità di Palmiro Togliatti, denominato “Il migliore” dai comunisti italiani.
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Il suo ruolo criminale nel permettere ai comunisti slavi di impadronirsi dei territori giuliani non è meno pesante delle responsabilità accertate riguardo alle vittime staliniane di cui Lui stesso ha avvallato il destino.
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Oggi le sinistre italiane piangono ogni anno la ricorrenza della sua scomparsa, celebrando la sua persona come grande statista e comunista di valore.
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In realtà la cosa più grande che oramai è storicamente accertata è la sua grande vigliaccheria, e la sua criminale attività al soldo di Stalin, come membro numero due del Komintern.
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I “compagni” del PD, eredi di un PDS, che a sua volta deriva dalla QUERCIA, in un metamorfismo che trae le origini direttamente dal PCI di Togliatti, farebbero bene a vergognarsi e a rinnegare il compagno “Ercoli” (altro soprannome di Togliatti), poiché in caso contrario, la responsabilità morale di tutti quei morti infoibati cadrebbe anche su di loro.
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I morti delle foibe non hanno meno diritto ad un ricordo e ad una verità storica di quelli dell’olocausto, anche se pare che la sinistra tenda al contrario.
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La verità che per tanti anni i comunisti italiani hanno cercato di nascondere pesa come un enorme macigno su di loro, ma nonostante ciò continuano imperterriti a celebrare l’assassino Togliatti.
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La storia e gli italiani chiederanno conto di ciò…
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Le ambigue figure di tanti politici italiani comunisti e le loro nefandezze, ora sono consegante ai posteri da storici insigni e da studiosi al di sopra di qualunque sospetto, mentre si allarga sempre di più la consapevolezza tra gli stessi comunisti di avere osannato un crudele animale, che si è nutrito spesso del sangue dei suoi stessi figli…
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Per questo, il Comunismo è destinato a scomparire come il Nazismo…è solo questione di tempo !
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Dissenso

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