giovedì 25 agosto 2011

CHIESA CATTOLICA E PEDOFILIA

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La volontà di appartenere o di affiancarsi ad un qualche movimento religioso, oppure a filosofie di ispirazione mistica, è di per sé un sintomo di voler estrinsecare le proprie prerogative intellettuali, legate ad ancestrali richieste di spiritualità, che sono insite all'interno di ogni essere umano.
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La richiesta di “contatto” con una qualsiasi delle entità propagandate dalle diverse religioni, rappresenta un segnale di come l'animo umano sia, a volte, insufficiente a sostenere da solo, l'onere del progredire quotidiano.
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Le difficoltà della vita, così come la mancanza di amore, oppure una sensibilità particolarmente sviluppata, o altri mille motivi, inducono le persone a rivolgere la propria attenzione verso il mondo del misticismo, dei profeti, e delle entità divine che dir si voglia.
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La possibilità di individuare un riferimento ancestrale a cui fare riferimento interiormente, come un faro che indica la via da seguire, rappresenta per milioni di persone una dichiarazione di intenti, in cui si manifesta la volontà di aggregarsi, di pregare, di collaborare, di vivere, di amare, alla ricerca di una gratificazione intrinseca dal sapore mistico.
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Forse per questo, Karl Marx scrisse, equivocando, la sua famosa dichiarazione :
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La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito.
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E' l'oppio dei popoli.
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Marx ha evidentemente approfittato del coinvolgimento globale delle coscienze mondiali, per esautorarne lo spirito di fratellanza generale, individuabile nelle retrospettive culturali di riferimento, e ha semplificato una analisi che, in realtà, va molto oltre queste semplici ma esplicative parole.
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In realtà, solamente l'ultima frase ( la religione è l'oppio dei popoli) può, in qualche modo, trovare corrispondenza, forse, nella simbiosi tra gli esseri umani e le divinità, qualunque esse siano.
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La definizione, però, deve discostarsi dal contesto dell'intera frase di Marx, in quanto si possono riscontrare elementi di difformità notevoli, soprattutto nella sua allusione ad un mondo senza cuore e mancante di spirito.
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E' esattamente il contrario, e lo provano la palese contestualità di milioni di fedeli appartenenti al mondo della spiritualità stessa, le intime preghiere rivolte a Divinità di riferimento, e la fervente propositività di coloro che si offrono totalmente alla meditazione e allo spiritualismo.
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Talora, le coscienze possono però essere manipolate, e divengono quindi ostaggio di movimenti religiosi che, interpretando a proprio comodo le prerogative insite nella dottrina in questione, ne stravolgono gli assiomi e le finalità ultime.
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E' il caso dell'integralismo islamico, che estremizzando a suo comodo certe interpretazioni del Corano, istiga le masse alla violenza, così come annichilisce anche il ruolo della donna nella società, rifiutando l'occidente, e considerandolo come un mortale nemico da distruggere a qualunque mezzo.
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A volte, però, il nemico della Religione stessa, in quanto tale, è da ricercare molto vicino ai suoi medesimi insegnanti, quando non, addirittura, all'interno delle Chiese e dei luoghi di culto.
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In particolare, mi riferisco ai ministri del culto cattolici, ai Sacerdoti e ai Vescovi, oppure ai Cardinali, che a volte trovano corrispondenze di collusione con episodi di inqualificabile squallore.
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Sempre più di frequente, infatti, le cronache dei quotidiani riportano le sintesi di vicende che si rifanno a pratiche aberranti compiute dai religiosi verso minori innocenti, e che sono da catalogare sotto il nome di pedofilia.
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Questa grave e maniacale distorsione della psiche, è già di per sé nefasta e ignobile, ma diventa ancor più ripugnante allorquando gli interpreti di tale pratica sono i preti, cioè i rappresentanti, le guide, e i capi carismatici del “gregge” di anime che dovrebbero “pascolare”.
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Il loro operato, in presenza di atteggiamenti pedofili, diventa l'antitesi stessa del ruolo di apostolato che dovrebbero interpretare, finendo per identificarli invece come apostati.
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Appare quindi abbastanza strano che la Chiesa, intesa come istituzione ufficiale, abbia spesso tentato di nascondere i responsabili di questi crimini disgustosi, erigendo veri e propri muri difensivi e ostacolando addirittura le indagini della magistratura.
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Sembra che il fenomeno dei preti pedofili finora emerso, a livello planetario, rappresenti solo la punta di un enorme iceberg sommerso, che ingloba al suo interno una moltitudine di avidi profittatori sessuali di bambini innocenti.
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A supporto di queste mie affermazioni, indicherò, di seguito, una serie di esempi, tratti da Internet e dalle cronache mediatiche.
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Leggetele, se siete forti di stomaco !
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p.s. ( Ho potuto citare solamente alcuni esempi, dal 2000 al 2008, riferiti ad episodi avvenuti in Italia, perchè, diversamente, se avessi dovuto allargare l'argomento, sarebbero occorse centinaia di pagine in più.
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Il fenomeno è infatti veramente enorme, spropositato...
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Nostra Madre Chiesa ha veramente toccato il fondo, e si può tranquillamente affermare che questa situazione, fuori controllo, è seconda solamente a quella della “Santa Inquisizione.”)
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anno 2000
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DON GIORGIO MAZZOCCATO, è stato condannato a 6 anni di carcere, per abusi e violenze a 10 bambine e bambini quando era parroco ad Arpinova (Fg).
Oggi lavora nella parrocchia di Castelluccio dei Sauri.
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DON GIUSEPPE RASSELLO, è stato condannato a 3 anni e 6 mesi, ridotti a 2 nel processo di appello, per abusi sessuali su un 14enne del rione Sanità, a Napoli.
Il parroco, forse conscio delle nefandezze compiute, si è poi suicidato.
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DON MARCO GAMBA, parroco a Chiusa San Michele (To), è stato condannato a 4 anni di carcere per abusi nei confronti di due chierichetti , e per possesso di materiale pedo-pornografico.
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anno 2001
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DON GIUSEPPE CARPI, è stato condannato al pagamento di 30 milioni di lire per molestie ad una ragazza 14 enne.
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L'episodio è avvenuto quando era parroco a Santa Margherita Ligure, mentre oggi è parroco di S. Maria di Nazareth a Sestri Levante (GE).
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DON RENATO MARIANI, nato a Lissone è stato condannato a 4 anni per violenza sessuale commessa contro minori.


RETTIFICA :
In precedenza è stato citato erroneamente il Parroco omonimo Don Renato Mariani, nato però a Cesano Maderno il 26/08/1940, che NON è mai stato parroco a San Giuliano Milanese, e NON ha mai subìto alcuna condanna, né è mai stato sottoposto ad alcun procedimento penale.
A causa di tale omonimia è spesso indebitamente citato per errore, subendo una grave lesione di immagine.
Ci scusiamo per l'equivoco, maturato in totale buona fede
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anno 2003
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DON BRUNO TANCREDI, parroco di Monticelli (Te), condannato a 6 anni per violenze ai danni di due minori, uno dei quali disabile.
Oggi lavora in diocesi, senza alcun incarico specifico.
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anno 2004.
DON BRUNO PULEO, fu denunciato per abusi sessuali dal seminarista Marco Marchese (dodicenne all'epoca dei fatti).
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Il Parroco si è dichiarato poi colpevole e ha PATTEGGIATO LA PENA DI DUE ANNI E SEI MESI DI CARCERE.
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Si venne poi a sapere che altri sette ragazzi, di dodici anni, subirono le attenzioni e le carezze morbose di don Puleo.
(da : "Mi manda RAI TRE", del 15 dicembre 2006) .
Marchese chiese un risarcimento di 65.000 euro alla Curia di Agrigento, ma il Vescovo CARMELO FERRARO, rispose con una contro richiesta di 200.000 euro, per il “danno d'immagine” che il ragazzo avrebbe causato alla Chiesa
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DON DOMENICO MARCANTI, animatore alla scuola media dell'Istituto Don Orione di Alessandria, patteggia 3 anni per pedofilia.
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DON FELICE CINI, condannato per aver molestato alcuni bambini della parrocchia di Arcille (GR), patteggia 2 anni e 6 mesi di carcere.
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DON GIORGIO BARBACINI, è stato condannato a 3 anni e mezzo per abusi sessuali nei confronti di un minorenne extracomunitario che aveva in custodia, presso la comunità "Migrantes" di Savona.
Oggi lavora in un'altra diocesi.
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DON PAOLO PELLEGRINI, parroco di San Gioacchino a Colleferro (Roma), in passato già segnalato ai carabinieri per atti osceni, è stato condannato a 6 anni di carcere, e al pagamento di 60mila euro per violenza sessuale e istigazione all'uso di sostanze stupefacenti su un minorenne.
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DON ROBERTO MORNATI, prete di Gavirate (Va), è stato condannato a 3 anni e 4 mesi di carcere, e al pagamento di 280mila euro per abusi nei confronti di 12 minori.
In passato aveva già subito un processo per molestie.
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DON ROBERTO VOLATERRA, parroco di Castagnole Piemonte (To), è stato condannato a 1 anno e 8 mesi di carcere, oltre al pagamento di 45mila euro per violenza sessuale nei confronti di una bambina di 13 anni che frequentava l'oratorio.
Oggi è collaboratore parrocchiale a S. Andrea a Savigliano (Cn).
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anno 2007.
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DON MAURO STEFANONI, parroco di Laglio (Co), condannato a 8 anni e al pagamento di 150mila euro per abusi sessuali nei confronti di un minore disabile. Oggi lavora nella diocesi di Como, senza alcun incarico specifico.
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DON PIERANGELO BERTAGNA, è l'ex abate dell'abbazia di Farneta, nel comune di Cortona (AR).
Il sacerdote venne arrestato nel luglio del 2005, a 44 anni, a seguito della denuncia per il reato di pedofilia, che “ l'uomo di Chiesa “ aveva commesso nei riguardi di un bambino tredicenne.
Nei giorni successivi, don Bertagna confessò di aver abusato di 38 bambini in tutta Italia, fin dal 1988, quando non era ancora in seminario, ai danni di ragazzini dagli 8 ai 15 anni.
Nella confessione e nell'ammissione di colpevolezza, il prete ammise anche di aver iniziato le sue violenze nella sua zona di origine, la Lombardia e il Bresciano, quando faceva parte dell'Associazione Religiosa dei Padri Ricostruttori.
Secondo le sue dichiarazioni, Padre Vittorio Cappelletto, l'ottuagenario e carismatico gesuita a capo dei Ricostruttori, era perfettamente a conoscenza delle violenze e delle tendenze pedofile di Bertagna.
PIERANGELO BERTAGNA è stato condannato ad 8 anni di carcere, e al pagamento di 150.000 euro.
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anno 2008
DON ANTONIO CALCEDONIO DI MAGGIO, è stato condannato a 4 anni per molestie sessuali a due minorenni della parrocchia romana Madonna di Czestochowa, e della scuola media "Salvo D'Acquisto", dove insegnava religione.
Già in passato aveva avuto una condanna per reati simili.
Oggi risulta essere ancora viceparroco nella stessa parrocchia.
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DON EMILIO MANZOLINI, è stato condannato a 4 anni per violenze sessuali perpetrate verso due bambine di 9 anni, quando era parroco di Santa Rosa da Viterbo, a Roma.
Oggi lavora nella comunità di Albavilla (Co), come appartenente alla congregazione del Sacro Cuore di Gesù.
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DON LELIO CANTINI, ex Priore della parrocchia della pace di Firenze, fu accusato nel 2004, da una ventina di fedeli, di una serie di violenze sessuali, psicologiche, e di plagio.
Fin dal gennaio di quell'anno furono inviati alla Curia esposti e memoriali sulle violenze sessuali ai danni di minori.
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Cantini ha imperversato per anni e anni, imponendo violenze psicologiche e fisiche, sistematicamente, su ragazzine di dieci, quindici e diciassette anni, imponendo loro di avere rapporti sessuali con lui.
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Dopo ben 20 mesi di esposti da parte delle vittime, il Parroco fu “semplicemente” trasferito nel 2005 ,per “motivi di salute”, in un'altra parrocchia della stesa Diocesi..
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Deluse, le vittime e i loro familiari si rivolsero allora al Papa, con una lettera del 20 marzo 2006, recante in allegato i dettagliati memoriali di dieci tra le almeno venti vittime di abusi.
Alla loro missiva rispose il cardinale Camillo Ruini, ma in un modo francamente incredibile, di inaudita ipocrisia e con assoluta, colpevole, mancanza di senso della responsabilità.
Il famoso cardinale, tanto impegnato nella lotta incessante contro la laicità dello Stato italiano, a fronte delle porcherie del suo sottoposto si rivelò quanto mai imbelle, omertoso e di fatto complice :
tutta la sua azione si ridusse ad una lettera inviata agli stuprati, nella quale ricordava loro che il parroco criminale aveva lasciato anche la diocesi, e per augurare loro che il trasferimento potesse “infondere serenità nei fedeli coinvolti a vario titolo nei fatti”.

Insomma, in parole povere, Ruini si limitò a raccomandare che tutti si accontentassero della rimozione di Cantini e se ne stessero pertanto zitti e buoni, paghi del fatto che il prete pedofilo e stupratore fosse stato spedito a soddisfare le sue brame carnali altrove.
(dal blog : “Movimento civile contro la pedofilia”)
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Chiudo questa carrellata, breve quanto incompleta, estrapolata dall'immenso universo di pedofilia che caratterizza la Santa Romana Chiesa al giorno d'oggi.
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Chiudo con un nodo allo stomaco e con la consapevolezza che dopo le nefandezze del passato, con cui la Chiesa ha incamerato ingenti ricchezze, sia in possedimenti che in denaro contante, oggi continui in un cammino che non è disgiunto dal male e da convergenze parallele a quelle del loro avversario Principe : SATANA stesso.
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Il Vaticano abbonda di opulenti Cardinali e porporati di rango, vestiti in maniera elegante, sopraffatti dal lusso delle Sartorie Vaticane, e dalla compiacenza reciproca verso un lassismo di maniera divenuto usuale costume.
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Lo IOR, la famigerata Banca Vaticana, ha da tempo intrapreso operazioni speculative non certo trasparenti, finendo, a volte, con l'invischiarsi in situazioni a dir poco sospette, come nel caso “Calvi”.
Ma la più bieca caratteristica che oggi colloca il Vaticano tra coloro che predicano bene, ma razzolano male, è proprio quella della PEDOFILIA.
Questo cancro della società prolifera proprio tra coloro che dovrebbero, invece, combatterla, e che, per proseguire indisturbati nella loro insana attività maniacale, si ergono nelle omelie, durante la Messa, a difesa dei più deboli.
Ma... i più deboli... NON SONO FORSE I BAMBINI ?
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Dissenso

mercoledì 24 agosto 2011

MAGDOLNA RORH

In rete ho scovato una vecchia intervista, fatta dall'editorialista magiaro ISTVAN STEFKA nel 2001, e comparsa a quel tempo sul "Magyar Nemzet" (La Nazione Ungherese) , che mi sembra veramente degna di nota e di divulgazione, per la sua sempre attuale drammaticità.
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La persona intervistata è Magdolna Rorh, ungherese, ed è oggi uno dei membri più attivi della Fondazione dei Prigionieri del Gulag, e opera per la difesa dei diritti di più di 400 connazionali, ex deportati neicampi di lavoro forzato dal regime comunista.
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Magdolina, che oggi è da poco andata in pensione, ha avuto la fortuna di sopravvivere e di tornare da quei posti, in cui fu trascinata a forza quando aveva appena diciassette anni, il 23 settembre 1945, insieme alla sua amica Borbala Marczin.
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Fu arrestata da due militari dell'esercito sovietico, come capitò anche ad altri 12 milioni di persone (dal 1940 al 1950) per essere inviata in uno dei 40.000 lager sovietici, sparsi per il vasto territorio compreso tra il Caucaso e la Penisola di Kola.
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Diversi milioni di loro morirono a causa dei maltrattamenti, del clima gelido, e della carestia, e non fecero mai ritorno in Patria, mentre i pochi sopravissuti furono controllati dalla Polizia del Regime comunista ancora per lunghi decenni.
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Anche il marito di Magdolna, (Karoly Pinter) fu deportato, per aver aderito al movimento dei "levente", i dissidenti paramilitari ungheresi.
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" Si presentarono a casa nostra a Budapest".
In quel momento io, ovviamente, non sapevo il perchè.
I miei non c'erano.
Soltanto mia nonna era in casa.
Li rividi tutti soltanto otto anni più tardi.
I due russi mi tolsero tutti i gioielli per non restituirmeli mai più.
Bisogna sapere, come premessa, che alcuni mesi prima, con la mia amica B.Marczin, facemmo conoscenza con due giovanotti, I. Herczeg e K. Tiefenbeck.
Durante l'estate del 1945 uno di essi, I. Herczeg tentò di emigrare dall'Ungheria, ma fu catturato.
Ho saputo soltanto più tardi che egli segnò sulla sua agenda i nomi e i recapiti di noi tre.
Così i militari sovietici poterono "ricostruire" il quadro della "congiura dei quattro membri" , in base al quale poi vennero costruite tutte le accuse di spionaggio, di alto tradimento e di propaganda antisovietica.  "
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La picchiarono con la pistola.
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IMMAGINO CHE LEI NON SI OCCUPASSE DI POLITICA IN QUEL PERIODO ... -
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" Certamente no.
E non avevo mai tenuto un'arma in mano, anche se secondo le accuse avrei partecipato alla resistenza armata contro i Sovietici. "
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QUALI PROGETTI PROFESSIONALI AVEVA ? -
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" Studiavo all'Istituto Tecnico Commerciale, ma, a causa della guerra, avevo frequentato solo il primo anno.
Non so come avrei proseguito gli studi.
In ogni caso, al posto di una scuola superiore, ho finito "una scuola" dell'Unione Sovietica, nel Gulag. "
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VENNE INTERROGATA DOPO L'ARRESTO ? -
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" Mi interrogavano sempre di notte.
A parte questo, continuavano a spostarmi senza tregua da un carcere all'altro.
Prima ero detenuta in una caserma a Budapest, poi mi trasferirono a Szombathely (confine Ovest) nel cosiddetto "Castello della Civetta".
Pochi giorni dopo mi sottoposero ad una inchiesta ad Eisenstadt, in Austria.
L'interprete non conosceva bene l'ungherese, soltanto fino al punto di potermi comandare di firmare un lungo documento scritto con alfabeto cirillico. "
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E LEI FIRMO' ? -
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" Firmai tutto perchè non capivo una parola di russo e l'unica cosa che mi ripetevano era che dopo aver firmato tutto avrebbero concluso il processo e mi avrebbero lasciata tornare a casa. "
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LA PICCHIAVANO ? -
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"Soltanto nel primo periodo.
Dopo l'arresto, durante le prime inchieste, un ufficiale mi picchiava la testa con la sua pistola.
Secondo la traduzione dell'interprete diceva :
"Parla, perchè io posso anche spararti, tanto nessuno saprà mai dove sei finita ! "
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LEI, ANCORA RAGAZZINA, RIUSCI' A CAPIRE CIO' CHE SUCCEDEVA ?
AVEVA TANTA PAURA ? -
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"Avevo già avuto un'esperienza orribile :
nei giorni dell'occupazione di Budapest ero stata violentata dai soldati russi.
Avevo una paura terribile.
Forse fu anche questo un motivo in più per firmare tutto. "
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MA NONOSTANTE QUESTO, NON VENNE DIMESSA. -
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" No.
Sall'Austria ci riportarono in Ungheria, insieme ai miei compagni arrestati, a Balatonfured, dove il 31 gennaio 1946 il tribunale militare del 7° Esercito di Guardia Sovietico ci condannò a 10 anni di prigione da passare in campi di lavoro forzato rieducativo.
Non essendoci un interprete, ci fecero capire il contenuto della condanna mostrandoci "dieci" con le dita.
Quali accuse abbia presentato il giudice contro di noi, non lo sappiamo precisamente nemmeno oggi.
Dopo ci portarono giù nello scantinato, dove avevamo molto freddo.
Capimmo soltanto lì, in quei momenti, con la mia amica, che si trattava di una cosa seria."
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COSA E' SUCCESSO DOPO ? -
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" Ci portarono a Sopronkohida (di nuovo al confine Ovest), dove eravamo in quindici in una cella : non si respirava nemmeno.
Pochi giorni dopo, nel freddo allucinante di febbraio, ci misero, con diverse migliaia di altri ungheresi, in vagoni ferroviari e ci portarono nell'Unione Sovietica."
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QUANTO TEMPO DURO' IL VIAGGIO ? -
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" Dopo tre settimane e mezzo raggiungemmo la prima tappa, Lemberg."
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COME VI PULIVATE DURANTE IL VIAGGIO ? -
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" Non ci si puliva.
Il vagone era diviso in tre fasce, separate con filo spinato, e in mezzo, nella fascia corrispondente alla porta del vagone, stava seduto il custode, mentre nelle altre due stavano i prigionieri.
Sul fondo del vagone erano praticati due grandi buchi e noi dovevamo fare i nostri bisogni lì, davanti agli occhi di tutti gli altri e del custode.
Non era possibile lavarsi : eravamo tutti coperti di pidocchi.
Non lasciavano perdere nemmeno una sola occasione per umiliarci.
Arrivati a lemberg, ci portarono ai bagni : dovemmo spogliarci completamente, dopodichè venimmo rasati su tutto il corpo, noi donne da uomini, mentre i maschi da prigioniere donne.
Tutto ciò accompagnato dai commenti e dalle risate dei soldati russi che ci custodivano.
Due settimane dopo ci portarono al primo lager, a Donbass, situato ancora in Ucraina, nel bacino carbonifero del Don. "
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CHE COSA MANGIAVATE ? -
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" Con me, ragazzina, i Russi facevano praticamente quello che volevano.
Ci davano da mangiare patate o verze in grandi vasche, ma poichè gli adulti si prendevano tutto quello che potevano, a me spesso non rimaneva niente.
Mi avevano rubato anche i vestiti e le scarpe, quindi dovevo andare a piedi nudi a lavorare nei campi.
Avevo i piedi coperti di ferite e piangevo di continuo ;
finalmente qualcuno ebbe pietà di me e mi restituirono i vestiti e le scarpe.
Anche così, con le piogge che c'erano, a volte ci si affondava nel suolo fino alle ginocchia."
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PER QUANTO TEMPO RIMANESTE LI' ? -
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" Soltanto qualche settimana ;
dopodichè ci misero di nuovo nei vagoni e ci portarono in Siberia.
Non sapevamo chiaramente dove si andava.
Di nuovo :
il vagone con il custode seduto in mezzo, i prigionieri ammassati ai due lati, i buchi aperti sul fondo, il viaggio sembrava non finire mai.
Il viaggio sarà durato un mese e mezzo e si fecero diecimila chilometri.
Man mano che ci si avvicinava alla Siberia, faceva sempre più freddo.
Io, in più, ero proprio vicina al cosiddetto buco latrina, quindi il vento gelido che entrava mi colpiva direttamente.
Eravamo di nuovo cosparsi di pidocchi.
Mi ammalai.
Infatti, non mi ricordo  nemmeno, come io sia scesa dal treno.
Mi svegliai in Siberia, nel lager di Tajshet, tutta rasata, con qualcuno che mi dava colpettini sulle guance.
Mi curava un medico georgiano, che aveva già speso i suoi anni di lager. "
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ERA GIA' IL GULAG ? -
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" Sì.
GULAG è una parola mosaico che significa Autorità Statale dei Lager, ma in realtà tutta l'Unione Sovietica era un Gulag, perchè era tutta un susseguirsi di campi di concentramento.
Quello di Tajshet era un lager di divisione :
si dividevano lì i detenuti politici da quelli comuni.
Io era considerata una detenuta politica.
Ci numerarono :
da quel momento non eravamo più delle persone ma dei numeri.
Da Tajshet ci distribuirono negli altri lager, ai lavori di costruzione della linea ferroviaria Bajkal-Amur."
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A chi si allontanava dalla fila, veniva sparato.
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LEI RIUSCI' A GUARIRE ? -
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" Molto lentamente.
Fui talmente debole che prima mi misero a lavorare in una sartoria.
Lì mi trovai in condizioni piuttosto favorevoli, poichè nella baracca faceva relativamente caldo.
Ma questo durò pochissimo :
appena mi ripresi, mi portarono nel lager di Bratsk, per svolgere lavori di costruzione della linea ferroviaria.
Lì fu costruito tutto quanto dai prigionieri :
infatti i prigionieri di guerra giapponesi iniziarono a costruire le baracche, e noi continuammo il lavoro."
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ANCHE LE DONNE ERANO ADIBITE AI LAVORI PESANTI ?  -
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"Eccome !
Dai lavori stradali fino all'estrazione del pietrame, ci facevano fare di tutto !
Dalle foreste paludose estraevamo alberi alti sei metri e mezzo.
Il diametro dei tronchi era così grande che su un grande camion  non ce ne stavano più di due o tre.
Ci si alzava all'alba e si lavorava 12 ore al giorno.
Lei riesce ad immaginare come sia possibile lavarsi con un bicchiere d'acqua ?
Ebbene, ogni giorno noi ne ricevevamo una tale quantità per lavarci.
D'inverno ci si lavava con la neve.
Il freddo era insopportabile !
Sebbene il lager fosse circondato dai boschi, spesso non avevamo legna per il fuoco."
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FURONO MOLTI A MORIRE ? -
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" Tantissimi.
Già durante il viaggio, il clima siberiano provocò numerose vittime.
Inoltre ci davano da mangiare due volte al giorno :
la mattina ci portavano del pane, e chi riusciva a svolgere tutta la quantità di lavoro stabilito, riceveva la porzione di settecentocinquanta grammi di un pane appiccicoso e mal cotto, che comunque divoravamo velocemente, altrimenti ce lo rubavano.
La sera ci davano una specie di brodo lungo, congelato e riscaldato, appena tiepido, che ci teneva in vita a malapena.
Chi non riusciva a svolgere tutto il lavoro stabilito, riceveva soltanto quattrocento grammi di pane per tutta la giornata."
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LEI SPERAVA ANCORA DI POTER TORNARE A CASA ? -
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"Avevamo perso quasi tutte le speranze, ma non eravamo ancora completamente rassegnati ;
quelli che si disperavano morivano subito.
Il periodo più duro venne verso la fine :
nell'ultimo lager, quello di Zajarsk.
Ci portarono a lavorare nella sponda opposta del fiume Angara.
All'epoca non c'era ancora un ponte, ma d'inverno il fiume era coperto da una coltre di ghiaccio di 3 metri di spessore, quindi i prigionieri venivano trasportati da una sponda all'altra su una ferrovia improvvisata sopra il ghiaccio.
Lavoravamo in una miniera di pietre :
un orrore !
Spaccavamo le rocce con l'esplosivo e estraevamo il pietrame una settimana di giorno e l'altra di notte.
Ci usavano per ogni tipo di lavoro, esattamente così, come gli uomini.
D'estate pulivamo le latrine, spalando, e d'inverno, con il freddo di meno 50 gradi, picconavamo.
Eravamo talmente puzzolenti che non era possibile starci vicino !
Non so come fu possibile ma noi riuscimmo a sopravvivere !
Non avevamo nessuna speranza di tornare a casa, perchè anche coloro che avevano espletato i loro anni di punizione, non li lasciavano mica tornare in patria, ma venivano deportati in Estremo Oriente, nei dintorni di Ir-Kutsk."
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IL 3 DICEMBRE 1953, QUARANTASETTE ANNI OR SONO, LEI E' TORNATA FINALMENTE A CASA, IN UNGHERIA.  PERCHE' L'HANNO LASCIATA ANDARE ? -
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"Era morto Stalin.
Noi stavamo lavorando alla costruzione delle linee ferroviarie.
Ci stavano contando, come al solito.
Bisogna sapere che venivamo sempre contati ;
la mattina al risveglio, quando uscivamo dal recinto, mentre lavoravamo e cosi' via fino alla sera quando tornavamo nelle baracche.
Il custode che ci affidava all'altro diceva :
"Trasmetto i nemici del popolo. "
E chi ci prendeva, rispondeva :
"Accetto i nemici del popolo."
A chi si allontanava dalla fila veniva sparato.
Una sera, dunque, dopo averci contati, cominciarono a leggere un elenco di nomi :
fu una cosa strana, perchè fino ad allora non ci chiamarono mai per nome, del resto non eravamo altro che dei numeri.
Ora stranamente cominciarono a leggere i nomi ungheresi e quelli tedeschi.
"Ora ci porteranno in un altro lager", ci dicevamo.
Ma invece entrò un ufficiale e ci disse che saremmo tornate a casa.
Prima non ci credemmo, visto che ci avevano già illusi tante volte.
Ma dal giorno seguente non ci portarono più a lavorare e cominciarono a darci da mangiare un pò meglio ;
iniziarono a portare da noi anche altre donne da altri lager.
Cominciammo a riprendere la speranza.
Finalmente un giorno arrivò il treno e partimmo per Lemberg."
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RIPARTISTE DA LI' PER L'UNGHERIA ? -
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"Così credetti e fui contenta di tornare entro breve tempo in Ungheria.
Ma non fu così, almeno nell'immediato.
Continuarono ad arrivare a Lemberg centinaia di treni con prigionieri, provenienti da tutte le parti dell'Unione Sovietica ;
quelli di altre nazionalità proseguirono subito verso la loro patria, ma noi ungheresi dovemmo aspettare ancora 6 mesi, perchè Matyas Rakosi (1) non ci volle accettare.
Finalmente a dicembre, per decisione ufficiale sovietica, ci riportarono a casa.
Al confine ci affidarono alle autorità ungheresi :
capitammo così da un male all'altro.
Fummo nelle mani dell'AVO (2), e ci portarono - 22 donne e 1.500 uomini - in un campo vicino a Sosto (al confine Est).
Dopo una settimana un ufficiale ci fece una comunicazione :
ci ricordò che dovevamo il nostro ritorno in patria al Compagno Matyas Rakosi, ma dovevamo ricordarci di non dire mai nemmeno una parola di ciò che avevamo vissuto, altrimenti ci saremmo ritrovati in quegli stessi posti da dove eravamo appena venuti.
Dopo questo, ci lasciarono tornare a casa."
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Ci trattano diversamente.
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RIPENSANDO AGLI OTTO ANNI PASSATI NEL GULAG, QUALE FU LA SUA ESPERIENZA PIU' SCONVOLGENTE ? -
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"Non saprei dirlo : fu tutto sconvolgente.
Pure oggi non riesco ancora a rendermi conto di ciò che ho vissuto.
Mi chiedo sempre, perchè proprio io andai a finire lì, non avendo commesso proprio niente, contro nessuno ! "
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CONSIDERANDO I DELITTI COMMESSI CONTRO L'UMANITA', LEI TROVA CHE CI SIA UNA DIFFERENZA FRA IL NAZISMO E IL COMUNISMO E FRA LE VITTIME DEI DUE TIPI DI DITTATURA TOTALITARIA ? -
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" Non c'è nessuna differenza.
Eppure noi veniamo trattati diversamente.
Si parla molto di più delle vittime del nazismo, che di noi.
Loro hanno avuto tanti riconoscimenti, noi niente.
Di noi, non se ne parla nemmeno, anche se nei lager del Gulag soffrirono e morirono centinaia di migliaia di Ungheresi."
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HA PERDONATO ? -
"Le singole persone : sì.
Ma il comunismo e il potere sovietico, non li posso perdonare :
mi hanno rovinato la vita."
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NOTE
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(1) - MATYAS RAKOSI - Il luogotenente stalinista in Ungheria dal 1947 fino al 1955, capo del Partito Comunista e primo uomo della nomenclatura governativa del Paese.
Il caso qui ricordato illustra bene il suo atteggiamento da "miglior allievo della classe", adottato nei confronti dell'Amministrazione sovietica.
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(2) - AVO - Abbreviazione ungherese che significa "Autorità di Difesa Statale".
Era il nome della temutissima polizia politica, il mezzo di controllo più importante della dittatura comunista in Ungheria (comparabile alla Gestapo tedesca del nazismo o ai corrispondenti russo, tedesco dell'est, rumeno, ecc dell'epoca comunista).
E rimasta in attività fino al 1956, ma i suoi metodi rimasero in uso ancora più a lungo di tale data.
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Dissenso
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domenica 21 agosto 2011

L'EPOPEA UNGHERESE E IL GIOGO COMUNISTA

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Vorrei far conoscere, a chi ancora non ne è al corrente, il ruolo devastante del Comunismo nella travagliata Storia del popolo Magiaro, dal 1919, passando anche attraverso il Nazismo, durante la Seconda Guerra Mondiale, e completando un quadro d'insieme generale.
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Per questo, propongo, di seguito, alcun cenni storici sulla Storia Ungherese .
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Il 21 marzo 1919 nacque in Europa il secondo Stato socialista dopo l'Unione Sovietica, con il nome di Repubblica Sovietica Ungherese.
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Ciò avvenne perchè le due maggiori forze politiche, il Partito Socialdemocratico, e il Partito Comunista confluirono nel Partito Socialista Ungherese dei Lavoratori, dando vita ad una nuova compagine di Governo.
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Fautore e interprete di questa svolta storica del popolo ungherese fu il comunista magiaro BELA KUN, che ricopriva la carica di Commissario per gli Affari Esteri, ma che in realtà rappresentava la personalità di maggior spicco ed influenza del nuovo Governo.
E' famosa la sua dichiarazione a Stalin, che recitava :
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La mia personale influenza nel Consiglio Rivoluzionario di Governo è tale da garantire la stabilità della dittatura del proletariato, dal momento che le masse mi sostengono”.
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Kun procedette quindi alla nazionalizzazione di diverse industrie e di società commerciali, e la socializzazione dei trasporti, delle banche, della sanità, degli alloggi, delle istituzioni culturali e di tutte le proprietà terriere sopra i 100 acri.
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Successivamente, in contrasto con il parere di Lenin e dei bolscevichi, Béla Kun si rifiutò di ridistribuire i terreni ai contadini, alienandosi così la maggioranza della popolazione.
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Kun dichiarò, al contrario, che tutti i terreni dovevano essere riconvertiti in cooperative agricole, ma poi, per la mancanza di agronomi qualificati a gestirle, mantenne al loro posto gli ex proprietari e dirigenti delle tenute, come dirigenti delle nuove aziende collettive.
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Nel frattempo, all'interno del nuovo Partito Socialista, di recente creazione, aumentavano le divergenze sul nome stesso del Partito.
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Gli ex socialdemocratici volevano che si chiamasse Partito Socialista Ungherese dei Lavoratori, mentre gli ex comunisti esigevano che diventasse, invece, Partito Comunista Socialista Ungherese dei Lavoratori.
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Il 24 giugno 1919 avvenne un tentativo di colpo di stato anti-comunista, al quale il Governo rispose instaurando una feroce repressione, attraverso la polizia segreta e tribunali rivoluzionari.
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Furono arrestati e condannati a morte i cadetti dell'Accademia militare, che si erano schierati con i golpisti, e solo l'intervento mediatore del rappresentante degli Alleati a Budapest, il colonnello Guido Romanelli, salvò loro la vita.
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Gli ex socialdemocratici si opposero al clima di terrore instaurato da Bela Kun e costituirono un esercito nazionale per combattere la Repubblica Sovietica.
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Il governo dei Soviet durò solo 133 giorni e cadde il 1 agosto 1919.
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L'Ungheria entrò in guerra contro il Regno di Romania e la Cecoslovacchia e, nonostante i tentativi di aiuto dell'Armata Rossa, impegnata su altri fronti, subì l'invasione rumena.
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Il 1 agosto 1919 la Romania conquistò Budapest e sconfisse i Comunisti , dopo averli forzati a lasciare il potere passò nelle mani del Partito Socialista Ungherese.
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Bela Kun si ritirò dalla scena politica magiara, e dopo alterne vicende in Europa, dopo aver supportato Zinoviev e la sua fallimentare “Teoria dell'Offensiva” all'interno del Comintern, di cui era diventato membro nel 1921, finì per essere accusato di trotskismo.
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Bela Kun venne infine ucciso, il 20 novembre 1939, durante le purghe staliniane contro la vecchia guardia comunista.
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Nel settembre del 1939 scoppiò la seconda guerra mondiale, e l'Ungheria si mantenne neutrale, pur minacciando un conflitto aperto con la Romania.
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L'intervento diretto di Hitler impose alla Romania di restituire agli ungheresi il territorio della Transilvania, perso dai magiari durante la Prima Guerra Mondiale.
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Nel novembre del 1940 l'Ungheria si schierò a fianco dell'Asse Germania, Italia e Giappone.
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Il 20 marzo 1944 le truppe tedesche occuparono Budapest governata allora dal reggente Miklos HORTHY e dal Primo Ministro Miklos Kallay, che volevano recidere i legami con i nazisti.
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Il primo passo dell'occupazione tedesca consistette nell'arresto delle figure di spicco della Comunità ebraica, seguendo una lista stilata da Wilhelm Hoetti, membro del controspionaggio nazista.
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Entro il mese di Aprile vennero arrestati 7.289 ebrei, che furono poi trasportati nei campi di concentramento di Kistarcsa, di Topolya, e di Csepel, prima tappa del viaggio senza ritorno ad Auschwitz.
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Nel mese di Luglio, intanto, i sovietici erano giunti alle porte dell'Ungheria, e la situazione impose alle truppe tedesche di lasciare i territori occupati.
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L'Armata Rossa sovietica occupò a sua volta l'Ungheria, dal settembre 1944 all'Aprile 1945.
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Ci vollero circa due mesi per conquistare Budapest, e buona parte della città fu distrutta.
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Successivamente, nel novembre del 1945, furono indette le elezioni per il nuovo Governo, che sancirono la vittoria, con il 57 % dei voti, del Partito dei Piccoli Proprietari.
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Il comandante sovietico in Ungheria, il Maresciallo KLIMENT VOROSILOV, rifiutò però di concedere al partito vincitore di formare un governo, instaurandone invece uno di coalizione con i comunisti che detenevano alcuni posti chiave.
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Subito dopo, Vorosilov fece arrestare i capi del Partito dei Piccoli Proprietari e anche del Partito Nazionale degli Agricoltori.
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Seguirono alcune metamorfosi e alleanze, che videro i comunisti interpretare un ruolo sempre più dominante, fino alla realizzazione, nel 1949, della nuova costituzione ungherese, plasmata su quella sovietica.
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In precedenza, i capi dei Partiti di opposizione furono deportati in Siberia o esiliati.
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MATYAS RAKOSI divenne il nuovo capo dell'Ungheria e iniziò con lui un regime autoritario, durante il quale furono “giustiziate” circa 2.000 persone, e altre 100.000 imprigionate.
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Introdusse una vera e propria disseminazione dell'ideologia comunista nelle scuole e nelle università e bandì, invece, l'istruzione religiosa.
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RAKOSI intraprese poi un'aspra guerra di potere con IMRE NAGY che divenne per un breve periodo il nuovo capo ungherese, ma che fu poi nuovamente sopraffatto da Rakosi stesso.
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Il suo potere, però risultò minato dal famoso discorso di Nikita Chruscev del febbraio 1956, che mise a nudo le nefandezze di Stalin, e in seguito fu annunciata la riammissione al Partito di Imre Nagy.
Nell'Ottobre dello stesso anno, il 1956 scoppiò la rivolta ungherese, e il popolo magiaro cercò di ribellarsi all'oppressore sovietico.
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Gli insorti si armarono e combatterono contro gli invasori sovietici, che però soffocarono nel sangue i rivoltosi ungheresi.
geresi.
I morti arrivarono ad essere circa 20.000, mentre i feriti furono molte migliaia, e circa 250.000 (circa il 3% della popolazione dell’Ungheria) furono gli Ungheresi che lasciarono il proprio Paese rifugiandosi in Occidente.
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Il 1 novembre 1956 Imre Nagy annunciò che l'Ungheria voleva ritirarsi dal patto di Varsavia e proclamarsi neutrale e chiese alle Nazioni Unite di entrare nella disputa tra Ungheria e Unione Sovietica, ma nel mese di Novembre Chruscev inviò l'Armata Rossa per occupare il Paese.
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Nagy fu arrestato e tenuto prigioniero fino alla sua esecuzione, che avvenne nel 1958, mentre le truppe sovietiche restarono in Ungheria fino al 1991.
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Appare evidente come, fin dagli inizi della sua Storia, il popolo ungherese sia stato pesantemente condizionato dai movimenti politici comunisti, non solo nazionali, che hanno sempre cercato, con ogni mezzo, di fagocitare le coscienze e le vite delle masse popolari stesse.
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Il ricorso alla violenza, alle deportazioni, e alla coercizione, sono parte integrante di questo “modus operandi” a cui il sistema comunista ci ha tristemente abituati, nel suo tentativo di soffocare le dissidenze e le voci contrarie al loro regime.
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Prima dell'avvento dei lager nazisti, esistevano già altri campi di concentramento, e cioè i famigerati Gulag sovietici, o quelli presenti anche nella stessa Ungheria, a cui si riferivano gli aguzzini comunisti nella loro incessante opera repressiva e cruenta di annichilimento delle opposizioni (politiche o religiose).
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In Siberia, solo nella regione di Magadan ne esistevano ben 219 documentati !
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Questi lager servivano ai regimi comunisti come mezzo di detenzione, di tortura e di annientamento degli oppositori, sia prima che durante e dopo l'Ultima Guerra Mondiale.
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Potrei citare tra questi il lager ungherese di KISTARCSA, in cui venivano deportati gli oppositori del regime comunista, come ad esempio il Vescovo ZOLTAN LAJOS MESZLENY, vicario capitolare della cattedrale di Esztergom-Budapest.
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Il Vescovo fu internato nel 1950 per un periodo di 8 mesi, durante i quali fu sottoposto ai lavori forzati, alla fame, al freddo, e alle violenze.
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In conseguenza di ciò, morì, appunto, di botte, stenti, e fatica, nel 1951.
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Oppure JOHANN SCHEFFLER, vescovo di Satu Mare, in Romania.
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Dopo essere uscito indenne dai rastrellamenti sovietici del 1945 che portarono alla deportazione della popolazione di origine tedesca e all'uccisione del Vescovo Wilhelm Apor, fu poi arrestato e imprigionato nel penitenziario di JILAVA, in Romania, dove morì a causa dell'assenza di assistenza medica.
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La lista di questi veri e propri martiri è lunghissima, ma nonostante ciò sembra che i comunisti, anche quelli italiani, siano infastiditi al solo parlarne, rifiutando di fare ammenda ufficiale per questi crimini contro l'Umanità commessi dai loro stessi idoli di riferimento.
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A proposito poi della Rivolta Ungherese del 1956, va evidenziato che i comunisti italiani, i quali si sono sempre presentati agli elettori come simbolo di libertà, ebbero a quei tempi (e fin da allora cadde la loro maschera) un giudizio impietoso verso chi combatteva per la libertà del proprio Paese.
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Il famigerato Palmiro Togliatti, ancora oggi denominato “Il Migliore” dai nostalgici comunisti e da tutta la schiera di aficionados sinistroidi delle intellighenzie europee, disse :
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È mia opinione che una protesta contro l’Unione Sovietica avrebbe dovuto farsi se essa non fosse intervenuta, nel nome della solidarietà che deve unire nella difesa della civiltà tutti i popoli“.
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Il nostro attuale Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, da sempre comunista, nel 1956 era responsabile della Commissione del Comitato Centrale del PCI, e condannò gli insorti ungheresi, bollandoli come controrivoluzionari.
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L'Unità, organo di informazione ( ! ) del Partito Comunista Italiano arrivò addirittura a definire gli insorti come “teppisti” e “spregevoli provocatori”.
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Nelle pagine di allora, si arrivò a giustificare l'intervento delle truppe sovietiche sostenendo che si trattasse di un elemento di “stabilizzazione internazionale”e di un “contributo alla pace nel mondo” !
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Luigi Longo, dirigente comunista italiano a lungo osannato dai suoi fanatici sostenitori sostenne addirittura la tesi della rivolta fascista, dichiarando :
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L’esercito sovietico è intervenuto in Ungheria allo scopo di ristabilire l’ordine turbato dal movimento rivoluzionario che aveva lo scopo di distruggere e annullare le conquiste dei lavoratori…
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Mi chiedo fino a quando dovremo sopportare la mistificazione della realtà storica, il colpevole silenzio, e il velo di omertà che si stende sulle vicende mondiali più cruente, riguardanti il comunismo e i suoi feroci “compagni” …
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Mi chiedo come mai, coloro che provengono da una retrospettiva “culturale” prettamente comunista, non riescono a vergognarsi profondamente di denominarsi e identificarsi in tale modo, visto che la “filosofia” marxista è similmente paragonabile a quella nazista.
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E' sufficiente osservare ogni Paese, in Europa, come in Asia, o in Centro America, in cui sia stato al potere il Partito Comunista, per trovarsi di fronte a realtà devastanti, fatte di violenza, di ferocia, di sopraffazione, di miseria, e di mancanza di libertà.
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La realtà oggettiva lo prova, poiché abbiamo davanti agli occhi gli esempi della Russia sovietica, dell'Ungheria, della Romania, degli Stati Slavi, di Cuba, della Corea, della Cambogia, del Vietnam, della Cina, senza parlare dei paesi africani...
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L'estrema ferocia e l'estrinsecazione dei più bassi istinti bestiali caratterizzano il delirio di onnipotenza che impregna i personaggi del potere comunista, come Mao, Pol Pot, Stalin, Fidel Castro...ecc, ecc.
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Pensateci, quando sentirete i comunisti nostrani ricordare Togliatti, e mentre si riferiranno a lui come “il Migliore” , oppure con quale nostalgia commemorano la “falce e il martello” , e capirete che l'orrore e i crimini comunisti godono di una sorta di “immunità” e di benevola condiscendenza da parte loro ...
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Pensate solo se si facesse la stessa cosa, osannando personaggi come Hitler, o i gerarchi nazisti e la loro bandiera, la svastica !
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Oppure, forse, esistono crimini di serie A e crimini di serie B ?
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Io, personalmente, non credo … ogni crimine contro l'umanità è da condannare, assolutamente, e senza reticenze, in nome della civiltà e della libertà.
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Per questo dobbiamo mettere al bando il comunismo, così come il nazismo, e disprezzare coloro che, invece, assorbono dal passato queste ideologie dal sapore tragico che tanto male hanno fatto nel mondo.
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Dissenso
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