venerdì 23 dicembre 2011

RECESSIONE E POLITICA

La parola recessione appare sempre più frequentemente sugli organi di informazione in generale, che la propongono come prossima e quasi certa costante del nostro aleatorio futuro immediato.
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Secondo gli esperti economisti, opinionisti, e politici, l'imputato numero uno sarebbe identificabile nella crisi dilagante che i mercati di mezzo mondo stanno combattendo quotidianamente.
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La crisi, dunque, è quell'entità astratta ma concretamente devastante che starebbe attentando al benessere delle nostre famiglie e che mina alle fondamenta l'evoluzione e la stabilità della nostra struttura societaria.
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In realtà le cose, a mio parere, non stanno proprio così.
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I mercati finanziari non sono responsabili direttamente dell'andamento di una azienda piuttosto che di un'altra, anche se possono incidere sul costo delle materie prime che le ditte acquistano per la loro produzione.
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L'impatto diretto, semmai, è sulle banche, sugli investitori internazionali, sulle finanziarie che movimentano ingenti capitali, sulle borse, sui grandi capitali gestiti perlopiù dai poteri forti, e quindi sulle politiche di import export che ne sono condizionate alla base.
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La vera crisi, e cioè quella che impedisce alle aziende di continuare a esistere e che le fa chiudere una dopo l'altra, è da addebitare al comportamento criminale che i Governi dal dopoguerra ad oggi hanno tenuto nei confronti della società.
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Il binomio recessione e politica è inscindibile, e racchiude al suo interno le problematiche che ci stanno facendo fare lo stesso percorso di annichilimento che già in un recente passato ha messo in ginocchio l'Argentina.
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Per decenni i politici nostrani, a iniziare da quelli che sono poi scomparsi nella famosa tangentopoli hanno succhiato come vampiri la linfa vitale del nostro tessuto produttivo, esigendo pesanti tributi alla loro insaziabile smania di potere, in un gioco perverso in cui la parola ricorrente era “corruzione”.
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Ecco che allora sono comparse innumerevoli “cattedrali nel deserto”, come autostrade che finivano nel vuoto, nel nulla, oppure caselli autostradali ubicati in zone quasi desertiche (dove magari qualche politico aveva nei pressi una seconda o terza casa di villeggiatura).
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Oppure ci sono stati appalti nell'ente pubblico, o negli ospedali, che hanno poi richiesto l'avvio di inchieste da cui sono emersi illeciti per milioni di euro, o miliardi delle vecchie lire.
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Soldi, e ancora soldi, da arraffare, da fagocitare, da ingurgitare avidamente, in una corsa all'ammasso che fa vomitare, come quando furono scoperti in casa di Duilio Poggiolini i puff pieni di banconote e i rubinetti d'oro massiccio nei bagni di casa.
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Poggiolini fu indagato anche per aver concesso la commercializzazione di sangue infetto da HIV in cambio di denaro.
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Mani pulite”, “lenzuola d'oro”, sono solo due dei nomi di inchieste che identificano alcune gocce nell'immenso mare del malaffare e della corruzione che hanno portato l'Italia sull'orlo di un baratro economico già incombente.
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La totale assenza di autocritica da parte della “casta” ci induce a pensare che il loro modus operandi sia tuttora finalizzato a conseguire e a mantenere, se non aumentare, tutta la serie di privilegi che li caratterizza rispetto al resto della popolazione.
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I responsabili del declino industriale e della deflagrazione del debito pubblico sono proprio quei politici che hanno raggiunto un livello di insostenibilità folle della corruzione tale da portarci sul limite di una bancarotta che difficilmente riusciremo a evitare.
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Tutti i responsabili siedono ancora comodamente sugli scranni della Camera o del Senato, e continuano imperterriti a condizionare negativamente la vita degli italiani e a nulla vale lo sdegno oramai diffuso della popolazione intera.
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Costoro sono veri e propri nemici dell'umanità, e rappresentano la forma più estrema di un parassitismo che andrebbe stroncato alla radice.
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Occorrerebbe una epurazione totale della classe politica, che andrebbe relegata entro i ristretti confini di un penitenziario, per tutto il rimanente periodo della loro inutile e perniciosa esistenza.
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Se fosse per me, io li manderei in Siberia, nelle stesse condizioni di quei martiri della libertà di cui spesso le sinistre hanno negato l'esistenza.
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Farei provare a Bersani e a Prodi l'ebbrezza della deportazione, magari sulle note dell'”internazionale” o di “bella ciao”, in omaggio al loro leader principe : Palmiro Togliatti.
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A Prodi dobbiamo anche l'evento più negativo che a mio parere ha fatto colmare e tracimare la bottiglia già piena fino all'orlo di un'Italia esausta e sfinita : l'entrata in Europa !
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Prodi non ci aveva certamente detto, quando tuonava contro coloro che esprimevano timidi dubbi, che gli stipendi sarebbero rimasti invariati ma che il costo della vita sarebbe raddoppiato !
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Ma già, lui faceva e fa ancora parte di quella stessa “casta” che percepisce emolumenti principeschi e faraonici, sulla pelle dei cittadini.
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Stiamo per entrare in una bufera che rimarrà scolpita nella Storia della nostra amata Italia, e la colpa sarà ascritta a caratteri cubitali proprio agli ingordi politici nazionali.
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Alcuni esponenti della “casta” invitati a talk show in televisione, puntano il dito, indignati, contro i sentimenti di anti-politica che stanno attraversando il paese da nord a sud.
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Evidentemente hanno capito che presto saranno spazzati via, e che saranno fortunati se l'ira della folla non li trascinerà nell'abisso che loro stessi hanno creato, immolandoli a parziale risarcimento del danno irreparabile che hanno causato.
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Auspico per l'intero Parlamento Italiano di provare anche solo per un mese le condizioni di vita che sopporta ogni giorno la maggioranza della popolazione italiana, augurandomi che riescano a provare almeno qualche rimorso per come hanno ridotto il nostro Paese.
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Tardivamente, e solo perchè costretti dalle circostanze, ipotizzano tagli ai loro vitalizi e ai privilegi, come se volessero far intendere che la loro “casta” contribuisce con sacrifici in questo frangente di crisi, avvicinandosi al popolo.
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In realtà noi tutti siamo in balia di un manipolo di delinquenti, avvezzi ad ogni ingordigia sulla nostra pelle, e privi di ogni qualsiasi ritegno o pudore.
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Se fossimo nel 1789 costoro sarebbero immediatamente ghigliottinati per rispondere al popolo delle loro malefatte.
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La ripugnanza verso i politici italiani emerge dappertutto, in ogni discussione nei bar, nei luoghi pubblici, nei talk show, nelle piazze, all'interno delle famiglie, in dialoghi tra le persone, a tutti i livelli della società, universalmente.
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Repellenza e senso di nausea costituiscono un binomio inscindibile che ogni italiano avverte ogni qualvolta si pronunci la parola “politica”, relativamente ai suoi attori protagonisti.
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Prima o poi faremo i conti con queste persone, ne sono certo, ed io spero di essere in prima fila ad esigere la mia parte di giustizia come cittadino italiano.
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I nodi prima o poi vengono al pettine... è iniziato il conto alla rovescio.
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Dissenso



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