domenica 29 gennaio 2012

L'INDUSTRIA DELLE ARMI E L'URANIO IMPOVERITO

A volte capita di sentir parlare di uranio impoverito e del suo uso in ambito sia civile che militare, ma non tutti sanno esattamente di cosa si tratti effettivamente.
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L’Uranio è un metallo pesante che si trova in natura piuttosto diffusamente, ma solo in piccole quantità praticamente infinitesimali, nelle rocce, nel suolo, nell’aria, e nell’acqua, e non allo stato libero.
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L’Uranio, che ha come simbolo U, e come numero atomico 92, si trova in natura solo sotto forma di ossido o sale complesso, in minerali come la pechblenda, la carnotite, e la coffinite.
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L'uranio puro è formato da tre isotopi radioattivi, e in particolare, dall'isotopo uranio 238 per più del 99 %,  dall'isotopo fissile uranio 235 per meno dell'1% , e anche da tracce dell’isotopo uranio 234.
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La radioattività, in pratica, è dovuta alla instabilità della struttura atomica, che tende  a perdere particelle che emettono onde radioattive.
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In definitiva, i nuclei, non stabili, si trasformano in altri emettendo particelle alfa tramite un procedimento che è detto decadimento radioattivo.
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Le uniche riserve mondiali realmente sfruttabili sono quelle presenti in pochi giacimenti concentrati solo in alcuni paesi.
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Il 60 % della produzione mondiale si ritrova in Canada, in Australia e in Kazakistan, mentre gli altri Paesi che detengono riserve di un certo interesse sono la Russia, il Niger, la Namibia, l’Uzbekistan, il Sud Africa, e il Brasile.
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A causa della sua grande vita media (4.468·109 anni), il 238U ha una attività molto bassa.
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Per utilizzarlo nei reattori nucleari, o nelle armi nucleari, è necessario arricchire l’uranio naturale con gli isotopi fissili 235U e 234U.
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Il materiale che ne deriva è noto come uranio arricchito, e la sua concentrazione di 235U in peso varia fra il 2% ed il 90%.
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Il materiale di scarto di questo processo è noto come uranio impoverito (DU = depleted uranium), contiene meno dello 0.7% di 235U, ed è meno radioattivo dell’uranio naturale di circa il 40%.
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Il DU possiede delle uniche proprietà fisiche quali la densità elevatissima (19 g/cm3, 1.7 volte maggiore della densità del piombo) ed una notevole duttilità.
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Inoltre, l’uranio è piroforico, e quindi delle piccole particelle prendono spontaneamente fuoco a contatto con l'aria.
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Dopo questo breve excursus sulle caratteristiche dell’Uranio, possiamo ora esaminare alcuni aspetti sul suo utilizzo, compresi quelli sconsideratamente legati ai proiettili e alle armi.
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L’industria delle armi ha introdotto l’uso dell’uranio impoverito nella composizione di alcuni tipi di proiettili, date le caratteristiche intrinseche di tale metallo, che risulta essere poco costoso, disponibile sul mercato, più pesante del piombo e molto più duro, ed in grado di perforare le corazze dei carri armati.
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Inoltre è pirofosforico, cioè, se finemente polverizzato, si incendia nell’atmosfera ( e non lo si spegne ) raggiungendo temperature elevatissime.
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Un solo proiettile di uranio impoverito è quindi in grado di fare una vera e propria strage.
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Poiché il proiettile si polverizza, continua  a fare danni anche dopo, in quanto viene respirato dagli abitanti del luogo, oltre che dagli stessi militari che l’hanno inconsapevolmente usato.
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Già di per sé li solo uranio 238 emette particelle alfa, ed è tossico da un punto di vista chimico, per cui è veramente criminale il solo usarlo in guerra, ma come se non bastasse, in Kosovo sono state trovare tracce anche dell’isotopo U236 all’interno di alcuni proiettili sparati.
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Questo significa che l'uranio impoverito utilizzato non deriva solo dal procedimento di arricchimento ma, poiché L’Uranio 236 non esiste in natura, anche dal riprocessamento del combustibile nucleare esaurito, cioè dalle scorie dei reattori nucleari.
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Le scorie prodotte dalle centrali nucleari contengono tutta una serie di radionuclidi non presenti in natura ed estremamente pericolosi per l'uomo e per l'ambiente (ad esempio il Plutonio).
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Questo rende ancora più pericolosi i proiettili all'uranio impoverito.
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L'ingestione di 0.5 grammi di Plutonio rappresenta una dose mortale.
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Nei proiettili la dose dell'isotopo u-236 è stata rinvenuta nella misura di circa lo 0.0028 % del peso del proiettile stesso.
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Inalare una massa di circa 0.0001 milligrammi di plutonio aumenta la probabilità di morte per cancro da 200 su 1000.
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La NATO ha dichiarato di aver sparato circa 31.000 proiettili in Kosovo, e ciò corrisponde a circa 10 tonnellate di Uranio impoverito sparso nell’ambiente dei balcani.
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Umberto Veronesi, nonostante la sua fama di eminente scienziato, si discosta spesso dal confermare palesi realtà, come quella dei pericoli derivanti dall’uso dell’uranio impoverito nell’industria bellica,  ed è spesso riluttante ad attaccare le multinazionali o i poteri forti che ne sono concausa di responsabilità.
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Nell’estate del 2011 ha affermato infatti :
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L’uranio impoverito non fa niente. Sono radiazioni alfa; uno se le può anche mettere in tasca. Non è pericoloso.”
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D’altra parte tutti sono oramai abituati alle sue farneticazioni, come quella secondo cui gli inceneritori non producono diossina e non sono nocivi per l’ambiente.
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La triste realtà, evidente, palese, e devastante, è quella che ha visto militari e civili soccombere come vittime dei metalli radioattivi, come l’uranio usato per le armi e i proiettili in zone di guerra.
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Sindrome del Golfo, e Sindrome dei Balcani, sono i tristemente famosi nomi delle patologie insorte nei militari esposti all’uranio impoverito, in cui le vittime presentano patologie tumorali simili tra loro e drammaticamente letali.
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Lo Stato italiano non ha ancora ufficialmente riconosciuto un nesso di causalità tra la coesistenza dei militari con la contaminazione da un lato,  e l’insorgenza delle sindromi dall’altro, auto-assolvendosi così dall’obbligo di risarcimento dei decessi per cause di servizio.
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Armiamoci e partite ! dunque… , con buona pace dei nostri politici che tramite roboanti discorsi enfatizzano il ruolo di pace dei nostri militari e la loro eroica missione.
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In realtà qui si tratta di mandare i nostri giovani a morire, non per mano di un nemico visibile e tangibile, da cui però ci si potrebbe difendere, ma per colpa di chi, spietatamente, ha fatto dell’interesse personale e del lucro commerciale, un mezzo di morte, con la compiacenza di quegli stessi vergognosi personaggi politici che promuovono le missioni di pace.
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Per quanto riguarda le sindromi sopraccitate, le morti, così come i linfomi di Hodgkin, le leucemie, e altre forme di cancro sono il risultato della scelleratezza umana, che si articola nelle diverse responsabilità, a tutti i livelli della scala sociale.
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Pochi giorni fa, la commissione parlamentare italiana, preposta ad indagare su tutto ciò, ha espresso il suo parere attraverso una relazione presentata al Senato della Repubblica.
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In sostanza, pur ammettendo che ci possa essere una rilevanza sanitaria in caso di esposizione interna, di inalazione, di ingestione, e di incorporazione mediante ferite, per la contaminazione da uranio impoverito, la commissione afferma che non ci può essere sussistenza di un nesso diretto di causalità tra l’esposizione all’agente tossico (uranio impoverito) e lo sviluppo della malattia.
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La delirante affermazione, che suona come una coltellata alla schiena per coloro che sono state vittime di tutto ciò, si auto-rafforza con la seguente dichiarazione :
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I tumori sono considerati patologie ad eziologia multifattoriale, e solo per alcuni di essi l’insorgere dell’evento è riconducibile con certezza all’esposizione a sostanze tossiche, come nel caso del mesotelioma pleurico per l’esposizione all’amianto.”
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Paradossalmente, la relazione punta il dito contro la criticità di alcuni fattori, con riferimento alle alte temperature prodotte dall’impatto dei proiettili perforanti che, bruciando, liberano ossido di uranio, altamente tossico.
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L’ossido di uranio, si trasforma in aerosol e nanoparticelle ricche di metalli pesanti, che possono essere veicolate in atmosfera anche a grandi distanze dal luogo dell’esplosione, e depositarsi nell’acqua e nel terreno, contaminando la catena alimentare.
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La relazione ipotizza quindi che la presenza di tali nanoparticelle, riscontrata nei tessuti dei militari ammalati, parrebbe suscettibile di produrre danni di varia natura, anche genetici, e riconducibili a patologie tumorali.
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Ipotizza, teorizza,  non conferma, esclude, sono tutti termini che nel caso specifico di questa relazione si potrebbero tradurre con un unico : bla bla bla bla ….
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Parole … vuote e inconsistenti parole … che dicono tutto ma non affermano niente, per non divergere da una linea evidentemente già decisa dai vertici militari, in combutta con l’industria chimica e bellica.
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Faccio solo un esempio : la Bayer (Gruppo Farben), famosa industria farmaceutica che produce la famosa aspirina… ebbene …forse non tutti sanno che è stata la ditta farmaceutica che produceva e vendeva il gas ai nazisti (lo zyklon), per bruciare gli ebrei nei campi di sterminio.
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Ma la Bayer è una potenza economica… una multinazionale dagli interessi miliardari, che ha costruito la sua ricchezza anche sulla morte di 6 milioni di ebrei… immensamente potente e con coperture politiche e massoniche internazionali.
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Pensate forse che chi produce armi, trattando uranio impoverito sia da meno ?
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Non illudiamoci… in questo mondo di squali costoro troveranno sempre dei politici e dei militari compiacenti, e delle commissioni da addomesticare, per evitare di incappare in incidenti di percorso.
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Basta pensare che per le varie missioni di pace, dal Kosovo all’Iraq, hanno firmato indistintamente sia D’Alema che Berlusconi.
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Non lo trovate strano ?
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Dissenso
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domenica 22 gennaio 2012

COREA DEL NORD

Il regime nordcoreano di Pyongyang, dopo la recente dipartita del dittatore Kim Jong-il (17 dicembre 2011), ha messo al suo posto, come successore, il di lui erede terzogenito Kim Jong-un.
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La scomparsa di colui che le autorità hanno ribattezzato “il caro leader” ha dato modo al regime comunista di esibirsi nuovamente in una vergognosa farsa, come già in occasione della scomparsa del padre, Kim II-Sung.

Sono stati mostrati video, infatti, in cui decine di persone allineate e inquadrate piangono la morte del dittatore, percuotendosi il petto con le mani in segno di disperazione.

Si tratta però di quegli stessi cittadini che per decenni hanno subito le vessazioni di uno dei regimi più feroci che infestano l’umanità, e che sono stati ora costretti a manifestare dolore, sotto l’occhio vigile della polizia, per la scomparsa proprio di chi era a capo di tutto ciò.

Le autorità hanno minacciato sanzioni e pene per quanti non mostrassero dolore con la dovuta convinzione e contrizione per la scomparsa del leader.

La situazione politica e sociale oggi non è molto diversa da quella che ha sempre caratterizzato il Paese :

una incredibile ferocia del regime comunista e la protervia istituzionale dei leader che ne sono stati al comando.

Non a caso la Corea del Nord si presenta di fatto come una dittatura monocratica e totalitaria di stampo stalinista.

Nel maggio del 2011 Amnesty international rese pubbliche le immagini satellitari ad alta definizione dei campi di prigionia presenti sul territorio della Corea del Nord, a testimonianza di come il regime reagisca davanti alla dissidenza e a tutti coloro che gli si oppongono.

In questi campi i detenuti sono tenuti in condizioni di schiavitù e sottoposti a tortura e a trattamenti disumani.
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La pena di morte è praticata abitualmente ed eseguita spesso pubblicamente, per ammonire gli oppositori.

La ferocia è quindi il comune denominatore di questo Stato comunista, che quindi per assonanza è perfettamente in linea con gli altri Paesi che idolatrano il simbolo della “falce e martello”.

Milioni di coreani sono vittime della povertà, privi del minimo sostentamento alimentare necessario per poter sopravvivere, al punto che vi sono persone che sopravvivono mangiando cortecce ed erbe.

Il sistema sanitario è allo sbando e totalmente insufficiente, tanto che vengono usate siringhe usate, e aghi non sterilizzati, mentre gli interventi chirurgici, anche complessi, vengono effettuati senza anestesia.
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I più elementari diritti umani sono a dir poco disattesi, e sono negate anche le libertà di espressione e di associazione.
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Addirittura gli oppositori politici sono trattenuti in lager, come quello famigerato di Yodok, insieme a tutta la propria famiglia, fino a tre generazioni, e vengono costretti a lavorare fino a 12 ore al giorno.

Secondo i dati forniti da Amnesty international si stima in 200.000 unità il numero di oppositori politici reclusi.

Come si può evincere da queste notizie che chiunque può verificare in rete, siamo in presenza di un tipico “PARADISO COMUNISTA” di tipo staliniano, che nulla ha da invidiare a quello cinese di tipo maoista.

L’accesso agli stranieri è vietato, ma i racconti dei rifugiati e di coloro che sono riusciti a scappare dall’inferno coreano, offrono uno spaccato dell’orrore quotidiano.
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Shin Dong-Hyuk ha trascorso 24 anni della sua vita in uno di questi lager di lavoro ( campo n° 14 ), poi è riuscito a fuggire ed ora è rifugiato nella Corea del sud.
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.Nel libro che ha pubblicato, racconta :

Le persone non hanno più un’identità, né diritto a parlare, a mangiare, a spostarsi.
L'esecuzione è assicurata alla prima parola sbagliata.
E tutti sono obbligati a lavorare nelle miniere fino a sera, anche i malati.”

Le stime della commissione svedese sulla Corea del Nord stima in oltre un milione di persone il numero delle vittime dei campi di prigionia.
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Dopo il suo insediamento, il nuovo dittatore ha annunciato l’aministia per i detenuti, a partire dal primo febbraio 2012.
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Questa “mossa” fa parte di un disegno del regime per “l’incensamento” del nuovo “caro leader” di cui si tenta di sottolineare la tendenza verso una politica nobile e benevola.

Come già sottolineato, il numero dei detenuti uomini, donne, e bambini, tenuti in stato di detenzione nei campi di lavoro, supera le 200.000 unità.

Se quindi fosse veritiera la diffusione pubblicitaria di un leader magnanimo e disposto ad aprirsi verso una visione più democratica della Corea del Nord, febbraio dovrebbe assistere ad una liberazione di massa di tutti questi sfortunati esseri viventi.

Vedremo, e speriamo che si verifichi l’impossibile.

Lo spero vivamente, in nome di una umanità dimenticata in quel Paese, e funestata dalla presenza della “filosofia comunista”.
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Dissenso
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mercoledì 11 gennaio 2012

HOLODOMOR : IL GENOCIDIO UCRAINO

Il termine holodomor è tristemente famoso nella storia russa poiché identifica il genocidio del popolo ucraino, derivato da una carestia indotta dalle politiche del regime comunista di Iosif Stalin, nel periodo che va dal 1929 al 1933.
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In lingua ucraina infatti, il termine holodomor deriva dall’espressione “moryty holodom” che significa “infliggere la morte attraverso la fame”.
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La grande carestia, che provocò milioni di morti, fu la conseguenza delle misure di pianificazione dell’economia decise dal dittatore sovietico.
.Secondo la versione russa si tratta di poco più di 3 milioni di vittime, mentre secondo le fonti ucraine il numero arriva fino a 10 milioni.
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Tra i morti ci furono anche mezzo milione di abitanti lungo il corso del Volga, mentre quelli del Kazachstan furono almeno due milioni.
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Le due caratteristiche peculiari della strategia Staliniana, che rappresentano i prodromi di un disastroso e nefasto risultato, sono da identificare nella “collettivizzazione” e nella “dekulakizzazione” delle campagne.
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La collettivizzazione, nei piani di Stalin, era il mezzo attraverso cui far sparire la proprietà privata, sottraendo i terreni  ai contadini, detti kulaki,  per distribuirle collettivamente ai cittadini provenienti dalle città.
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Stalin impose delle quote di produzione altissime, pena la requisizione dell’intero raccolto.
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La produzione, però, non più gestita dai contadini, ex proprietari, che furono deportati in massa, bensì dai nuovi coloni, per lo più cittadini inesperti di agricoltura, risultò quindi essere scarsa e  insufficiente.
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La reazione di Stalin fu quella di requisire l’intero raccolto, privando così l’intera popolazione sia dei mezzi di sussistenza che delle sementi  necessarie a produrre un raccolto per l’anno successivo.
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La repressione della polizia politica si spinse al sequestro di ogni risorsa di cibo, portando via tutto dai villaggi e uccidendo chi si opponeva.
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I sopravvissuti alla ferocia dei comunisti di Stalin morirono lentamente di inedia.
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Le famiglie abbandonavano i figli alle stazioni sperando che le autorità potessero mandarli in orfanotrofio.
Ogni animale fu utilizzato come cibo, compreso i cani e i gatti, poi le persone incominciarono a mangiarsi tra di loro, come testimoniato da alcuni supersiti alla carneficina.
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Il drammatico squilibrio sociale sfociato in un vero e proprio collasso dell’intera Ucraina determinò una situazione insanabile in cui milioni di uomini, donne, e bambini morivano di fame, agonizzando, mentre quelli ancora vivi non avevano neppure le forze per seppellirli.
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La collettivizzazione e la dekulakizzazione, furono quindi responsabili di una situazione inarrestabile e orribile, i cui risultati furono :
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la  fame, il cannibalismo diffuso, il tifo, numerosi suicidi, e la totale distruzione del mondo contadino.
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L’universo di orrore, di cui Stalin e il comunismo si sono resi artefici, nacque dal desiderio del dittatore di instaurare una nuova politica economica (NEP) e di rilanciare l’industrializzazione.
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Le strategie messe in campo prevedevano di vendere all’estero il grano, a basso costo, per garantirsi introiti sicuri destinati all’industria di Stato.
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Stalin diede quindi corso alla concretizzazione di piani teorici, utilizzando la società reale come cartina di tornasole per l’esperimento socio economico, creando una aberrante sistema repressivo unico al mondo.
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Naturalmente per decenni la propaganda comunista, anche in Italia, a partire da Togliatti in poi, ha manipolato la verità, descrivendo questa immane tragedia come un episodio della “lotta di classe” in cui coloro che venivano colpiti erano i “nemici del popolo”.
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La realtà, oggi storicamente provata e finalmente riconosciuta, è che bastava possedere una mucca e alcuni strumenti di lavoro per diventare kulako e reazionario.
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La filosofia stessa di Marx ed Engels è apertamente rivolta ad un totale disprezzo verso i contadini “autonomi” e rappresenta una costante nei numerosi scritti dei padri fondatori del comunismo, in cui l’odio viscerale verso di loro assume connotati estremamente razzistici.
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Le premesse che anticiparono l’immane tragedia dell'holodomor nascono quindi dall’essenza stessa del comunismo, in cui l’istigazione all’odio e alla violenza è pari solo al devastante disprezzo per la dignità umana.
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Marx ed Engels propugnavano una rivoluzione comunista che fosse attuata dalla classe operaia e che abbattesse il “contadino” come baluardo della vecchia società, per inserire al suo posto l’operaio salariato.
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Il braccio armato di Stalin, durante il periodo della repressione in Ucraina, fu Vjaceslav Molotov, che organizzò la deportazione dei contadini verso i famigerati gulag.
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Il chiaro intento di annichilire i kulaki non è mai stato nemmeno negato dai comunisti, che ne hanno fatto un vero e proprio cavallo di battaglia : un monumento all'odio di classe e alla violenza istituzionale.
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Gli irriducibili seguaci di Stalin, invece, ancora oggi, tentano di mascherare ciò che invece è oramai Storia, incolpando addirittura i kulaki stessi.
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Secondo loro le vittime sacrificali dell’intero progetto di Stalin sarebbero gli unici artefici della carestia, colpevoli di aver nascosto il grano e di non averlo consegnato !!
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I libri e gli scritti di molti dei sopravvissuti ci raccontano invece un’altra storia, in cui addirittura i bambini venivano deportati e condannati a 5 anni di gulag, colpevoli di aver trattenuto una manciata di grano per alimentarsi.
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Ancora una volta il comunismo si è dimostrato essere un male vorace che si è nutrito dei suoi stessi figli !
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Voglio citare alcuni dei libri che trattano esaurientemente l’argomento della carestia indotta in  Ucraina da Stalin :
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Raccolto di dolore. Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica è il titolo del libro di Robert Conquest, uno degli autori del dissenso più autorevoli in materia.
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Lettere da Kharkov. La carestia in Ucraina nei rapporti dei diplomatici italiani 1923-1933 di Andrea Graziosi
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La morte della terra. La grande carestia in Ucraina nel 1923-1933  di Gabriele De Rosa
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Carestia in Ucraina, scritto da Bernard Bruneteau, professore di Storia contemporanea all’Università di Grenoble
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L’Urss di Lenin e Stalin di Andrei Graziosi, edito da Il Mulino.
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Suggerisco ai comunisti più convinti, quelli scolarizzati dalle scuole di partito, coloro che si fregiano essere membri di quell’intellighenzia sinistroide che contraddistingue la manipolazione dell’informazione, di attingere direttamente, a piene mani, e liberamente, dagli archivi storici di mezzo mondo, che compatti rivelano una verità oggettiva, non vincolata da schematismi politici o ideologici.
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Suggerisco anche a tutti i comunisti di fare un bell’esame di coscienza e di porsi una domanda : che differenza c’è tra loro e i nazisti ?

Dissenso 

sabato 7 gennaio 2012

SCHIAVITU' IN INDIA

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La società indiana, composta prevalentemente da popolazione di etnia indù, è divisa in quattro caste :

i Bramini, o sacerdoti, i Kshatriya o guerrieri, i Vaishya, mercanti o contadini, e i Sudra, artigiani.

Al di fuori del sistema delle caste, vive la parte rimanente della società, costituita dai cosiddetti “intoccabili”, che sono appunto “fuori casta”.

In India la discriminazione sociale passa attraverso il sopra citato sistema delle caste (il cui aspetto più devastante è rappresentato appunto dall’intoccabilità) ed è una piaga che, seppure attenuata rispetto al passato e dichiarata illegittima, colpisce ancora l’intero Paese.

Coloro che sono definiti come fuori casta, o appartenenti a caste infime, oppure intoccabili, o Dalit, o Paria, rappresentano in sinonimia quei gruppi che vivono ai margini della società, sia dal punto di vista materiale sia psicologico, e che sono oggetto di continue violazioni e di sfruttamento.

Le occupazioni più tipiche cui sono dediti i “fuori casta” sono quelle di spazzino, conciatore, spurgatore di fogne, addetto alla cremazione dei cadaveri, bracciante agricolo, se non, a volte, di vero e proprio schiavo.

La condizione degli intoccabili è generalmente contrassegnata da estrema povertà, precarietà igienico-sanitaria e diffusa ignoranza, ed è aggravata dal disprezzo rivolto loro dalle caste superiori e da frequenti maltrattamenti e atrocità, perpetuati gratuitamente o a causa di infrazioni, anche involontarie, del loro stato di segregazione.

I Dalit o Paria, che solo il Mahatma Ghandi osò chiamare Harijian, ossia figli di Dio, appartengono al livello più basso, quello appunto degli "intoccabili" e dei "contaminati".
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L’intoccabilità, si manifesta tuttora in molti aspetti della vita quotidiana, e rappresenta una violazione dei diritti fondamentali, e continua a costituire un ostacolo imponente allo sviluppo ed alla realizzazione di una società che possa dirsi veramente democratica.

Nella regione centro orientale di Andhra Pradesh, i Dalit costituiscono il 24 % della popolazione, e pur lavorando in attività agricole, non è loro permesso di possedere terreno o beni personali di alcun tipo.
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Vivono quasi sempre in regime di schiavitù, come appartenenti ai loro padroni, per i quali lavorano dietro compensi giornalieri miseri.

I fuori casta vivono in condizione di segregazione razziale, soprattutto nelle zone rurali, in cui le piccole comunità possono tenere traccia e memoria delle discendenze delle persone, per operare una selezione.

Tenuti da sempre in condizioni di assoggettamento anche culturale, i Dalit sono preda dell'analfabetismo.

Gli Intoccabili si cibano di carne bovina, e per questo motivo sono ulteriormente esposti al disprezzo delle caste superiori che credono invece nella reincarnazione.

Per le donne la situazione è ancora più drammatica, poiché subiscono abusi e violenze dai proprietari terreni e datori di lavoro, e non possono denunciare i soprusi, pena l'insostenibilità della gestione della famiglia e dei figli.

La strutturazione del lavoro ed il conseguente sfruttamento degli intoccabili nelle attività lavorative, costituiscono uno degli esempi più lampanti della discriminazione in base al sistema delle caste.

Ancora oggi, ai Dalit vengono assegnati lavori che sono considerati impuri dalle caste alte.

Le comunità intoccabili vengono confinate all’esecuzione di lavori impuri quali la concia delle pelli, il trattamento degli animali morti, la pulizia delle strade ed ogni altra occupazione che possa essere inquinante per gli appartenenti alle caste più alte.

La costituzione Indiana ha abolito l’intoccabilità; ciò significa che, in teoria, i membri delle caste alte non possono più costringere i Dalit ad eseguire lavori inquinanti.

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In pratica però tali occupazioni sono ancora esclusiva dei gruppi intoccabili.
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I Dalit infatti non sono consapevoli delle Leggi che la Federazione Indiana ha emanato a loro tutela, e accettano di vivere sfruttati, emarginati, repressi e strumentalizzati.
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Vengono quindi utilizzati per svolgere lavori malsani e dannosi per la loro salute, come le pulizie delle latrine, in condizioni igieniche inaccettabili.
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La mancanza di istruzione e formazione, nonché la discriminazione perpetrata a danno di coloro che cercano lavoro mantengono tutt’oggi questo giogo sui Dalit.

Si stima, inoltre, che in India 40 milioni di persone, di cui almeno 15 milioni di bambini, siano sfruttate economicamente in stato di schiavitù.

Il termine "Bonded labor" si riferisce, appunto, all’impiego di una persona in stato di schiavitù per ripagare un debito.

A causa degli alti interessi applicati e dei salari incredibilmente bassi, è praticamente impossibile ripagare il debito.
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La schiavitù per debiti si trasmette così di generazione in generazione.

L'India è ancora lontana da una minima parvenza di quella legalità democratica che dovrebbe fornire ai cittadini la medesima parità di diritti e di uguaglianza sociale.
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Addirittura in India si pratica ancora oggi l'infanticidio delle figlie femmine.
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Secondo studi dell’Unicef, ogni anno nascono 15 milioni di bambine :
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5 milioni di queste non vivono oltre i 15 anni.
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Quaranta donne su 100 non raggiungono alcun grado di istruzione; e la presenza femminile nell’università è solo del 5%.

Da un rapporto di Amnesty International, si stima che in India il 45 % delle donne sposate subiscono violenze fisiche e morali dai loro mariti.

Nel 2010 una donna Paria è stata condannata ad un risarcimento di 15 mila rupie (250 euro circa) per aver dato da mangiare ad un cane di proprietà di un proprietario terriero.

L'animale è stato poi allontanato dalla famiglia in quanto considerato “contaminato”.
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Il mese scorso un giovane appartenente al ceto dei Dalit è stato ucciso, strangolato, nel nord dell'India, per il solo fatto di avere lo stesso nome di un altro giovane appartenente ad una casta superiore.

La Rete è piena di episodi di cronaca su omicidi di Dalit compiuti negli anni scorsi, come quello di un giovane conciatore 15 enne che è stato buttato sotto ad un treno in corsa, davanti alla sua stessa madre, per il fatto di aver scritto una lettera d'amore ad una ragazza di casta superiore.

Esiste anche una “pratica” religiosa secondo cui è previsto che i Dalit ogni anno, dopo la festa di Champa Shashti, si rotolino su foglie di banano contenenti avanzi del cibo consumato dai Brahmini poco prima.
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Nei villaggi che non dispongono di acqua corrente i Dalit hanno accesso limitato ai pozzi.

Gli intoccabili non hanno in generale il diritto di mangiare con gli altri, e nelle teerie paesane devono bere in bicchieri differenti.
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Inoltre nei ristoranti hanno l'obbligo di mangiare con piatti differenziati, in settori separati dagli altri.
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I Dalit devono togliersi le scarpe quando camminano nelle strade dei villaggi dove vivono le caste più alte e non sono autorizzati a sedersi sugli autobus.
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Il 90 % delle vittime di stupro sono donne appartenenti ai Dalit, e di queste l'85 % è minorenne.
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Non di rado la vittima dell'aggressione è poi trovata cadavere nei campi dai familiari stessi.
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L'estate scorsa una bambina Dalit di 10 anni è stata prima stuprata e poi bruciata viva vicino a Nuova Delhi.
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Migliaia di esempi quotidiani legati alla sopraffazione, alla violenza, e all'arroganza che le caste superiori esercitano su quelle inferiori, ci mostrano un quadro di insieme di un'India che, pur internazionalmente riconosciuta come retta da un Governo democratico, si pone in realtà come un insieme di mille dittature, esercitate da ognuno degli esponenti delle caste superiori stesse.

L'India è una potenza nucleare, ed è il Paese a più alto tasso di crescita insieme alla Cina, ma è assurdamente retto da un sistema di controllo della società di stampo feudale.

Il Governo del Paese ha abiurato ufficialmente le caste e le discriminazioni che da esse ne derivano, ma in realtà questo sistema è talmente radicato da continuare ad esistere tranquillamente.

La democrazia viene quindi calpestata quotidianamente, insieme alla tutela dei diritti umani, a causa della visione spaventosamente egocentrica dei rappresentanti delle caste più alte, che si arrogano il diritto di decidere della vita stessa dei loro simili.

Manca, da parte della comunità internazionale, una decisa volontà di combattere questo stato di cose, e permane quindi nell'immaginario collettivo una immagine romantica di un'India che non corrisponde a quella reale, che è cruenta, discriminatoria, vessatoria, violenta, e inaccettabile.

Chissà, forse il disinteresse è legato al fatto che non ci siano interessi commerciali legati al petrolio !
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I Dalit non sono forse degli esseri umani come noi, o come i nostri figli ?
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Non è forse disumano considerare la società indiana con condiscendenza, guardando alle discriminazioni come parte integrante di una componente indistinguibile di una normale e caratteristica simbiosi ?

L'Occidente guarda all'India con occhio indifferente, sorvolando con sufficienza su queste tremende realtà, e interpretando così un ruolo colpevole e complice.

La mancata condanna di un sistema feroce come quello delle caste, equivale ad avvallarne la persistenza, a discapito delle persone che ne diventano vittime.

L'essenza stessa delle caste alte, rappresentate da individui che si ergono a semidei, o da interlocutori elettivi di divinità specifiche, diventa un odioso simbolo di pazzia schizofrenica, in cui la ferocia costituisce l'alimento principe, insieme al disprezzo per la vita umana.

I bramini, depositari di un retaggio culturale che si fonda sull'odio cieco verso gli "intoccabili" devono essere considerati nemici dell'umanità.

Costoro, che per similitudine comprendono le stesse negatività del nazismo e del comunismo, devono essere fermati ad ogni costo, in nome della democrazia e della giustizia.

Abbraccio idealmente ogni singolo "intoccabile" indiano, dichiarandomi suo fratello e suo compagno di cammino verso la ricerca della libertà.

Dissenso 
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