mercoledì 22 febbraio 2012

L'ALIBI DELL'EUROPA

Ogni qualvolta che ci si trova a constatare che la protesta popolare assume tonalità forti viene da pensare a chi, in effetti, è responsabile del diffuso malumore e dello scontento generale.
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La prima considerazione che viene da fare è che l’intera gestione del sistema Italia è in mano ai politici, e che quindi la riconducibilità di ogni situazione contingente è orientata verso il potere costituito.
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Spesso però  nostri parlamentari, dopo aver saturato di nefandezze ogni aspetto del vivere quotidiano, a scapito dei cittadini, insistono nel trovare altri e più subdoli escamotages per proseguire in un delirante percorso che soffoca la democrazia e la libertà.
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Un esempio su tutti : le reiterate proposte di procrastinare sempre di più l’età in cui si può andare in pensione.
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L’alibi a cui i politici ricorrono, consci del fatto che la popolazione è quanto meno inferocita e stanca di subire vere e proprie vessazioni, è una semplice frase :
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Ce lo chiede l’Europa !
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Il fatto di dover arrivare vicino ai 70 anni per potersi godere un po’ di riposo, dopo una vita di lavoro e di versamenti contributivi, dipenderebbe quindi, a detta dei nostri scaltri politicanti, dall’Europa.
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Detto in questo modo, proprio come lo dicono loro (i politici), sembrerebbe quasi che l’Europa sia un’entità astratta, misteriosa, indefinibile e indecifrabile, a cui non si può sfuggire, come fosse una creatura mostruosa a cui bisogna obbedire, pena le massime conseguenze.
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Ecco che quindi sottostiamo a tutta una serie di ulteriori vessazioni, ripetute nel tempo, ciclicamente, come ad esempio le “quote latte”, o l’innalzamento dell’età pensionabile, appunto, poiché “ce lo impone l’Europa” !
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A questo punto bisogna dire però che tutti coloro che concorrono a rappresentare e costituire tale organismo europeo, altro non sono che gli stessi politici che i vari e rispettivi partiti nazionali hanno delegato per essere rappresentati.
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I nostri politici sono là, sugli scranni europei, a compiere il mandato loro affidato di Parlamentari europei.
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Ex Sindaci, ex magistrati famosi, ex sindacalisti, ex parlamentari italiani, sono divenuti esponenti di questo “organismo” a cui dobbiamo obbedire.
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Le faziosità di partito si rinnovano anche qui, a livello europeo, poiché le componenti di destra o di sinistra italiane trovano una corrispondenza trans nazionale che unisce le rispettive correnti di pensiero.
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Ecco che quindi l’Europa diventa più chiaramente comprensibile : non si tratta di una entità eterea che risponde a logiche impenetrabili e misteriose, ma più normalmente, siamo di fronte ad un gruppo di politici che prendono decisioni.
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La responsabilità quindi è da scrivere a costoro !
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Se i lavoratori italiani dovranno lavorare fino ad una età che, francamente, è impensabile (specie per coloro che fanno lavori pesanti), la colpa è quindi dei politici, compreso i nostri europarlamentari che siedono comodamente, in mezzo ai privilegi, sugli scranni europei.
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Loro sì che possono lavorare fino all’età di 67 anni, visto che sono strapagati e sprofondati nei privilegi.
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Dopo aver dissanguato le popolazioni per decenni, con l’imposizione di pagamenti contributivi esosi, e con una pressione fiscale pari solo alle gabelle medioevali che si esigevano come tributo al feudatario locale, i politici ora tentano di far slittare il pagamento di quanto dovutoci, alzando l’età pensionabile.
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La gestione dei fondi a loro affidata è risultata fallimentare, e le casse statali sono ora vuote, nonostante il costante impegno fiscale e contributivo dei lavoratori per tutti gli anni passati.
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La corruzione dilagante e diffusa, e le centinaia di scandali che li hanno visti coinvolti come interpreti, hanno prosciugato non solo il “Bel Paese” ma anche le economie di mezza Europa.
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Ora, questa accozzaglia di politicanti, che per me rappresenta una vera e propria associazione a delinquere sulla pelle dei popoli, ha pensato bene di costituire l’Europa, per poter continuare a gestire le nostre economie e le risorse rimaste.
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Ci proibiscono di andare in pensione, perché dopo aver rubato fino a oggi, hanno finito i soldi !
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Gli accordi “europei”, e i dictat che ne rappresentano l’emanazione, inoltre, privilegiano alternativamente i protagonisti di lucrose transazioni economiche, a discapito dell’uno o dell’altro.
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Ecco perché non sono tutelati molti dei nostri prodotti tipici ed ecco perché siamo continuamente multati per le “quote latte” !
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Politici !
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Niente altro che politici, che fanno in Europa, globalmente, quello che hanno fatto per decenni nei rispettivi Paesi, Italia compresa.
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L’unica alternativa è tirarli giù dai loro scranni, ribellarci e sbatterli in galera, come nemici dell’umanità.
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Prima o poi lo faremo, per i nostri figli e nipoti, in nome della libertà che ci stanno sottraendo di giorno in giorno.
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La misura è oramai colma, e i nodi verranno al pettine, e allora non ci saranno più alibi, ma solo conti da regolare.
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Dissenso
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domenica 19 febbraio 2012

COME PUO' UNA PERSONA INTELLIGENTE DEFINIRSI COMUNISTA ?

A volte ci si bea di apparire in maniera anticonformista, fuori dalle righe, forse per un male interpretato senso delle cose, quasi a voler divenire un elemento convergente di estrinsecazioni anche paradossali ma sublimate.
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A questo proposito appare tipica la presa di posizione di chi si assume l’onere di dichiararsi comunista.
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In questo caso, infatti, si interpreta un ruolo che classifica l’attore stesso come pedina di un gioco inverosimile, tragico e fuori dagli schematismi tipici della democrazia e della convivenza civile.
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Il desiderio di porsi fuori dal coro, e di devolvere una propria identità che non resti fusa con quella delle masse popolari, non può prescindere però dall’operare una scelta che vada nella direzione giusta.
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Certamente si può affermare che il percorso corretto non si possa intraprendere seguendo le indicazione fornite da chicchessia, poiché nessuno ha la verità in tasca.
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E’ però altrettanto e certamente vero che si possono identificare con certezza ( e quindi evitare ) tutte le vie che riconducono all’essenza del male, sotto qualsiasi forma o polimorfismo in cui esso si sia mimetizzato.
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Il comunismo, ad esempio, fin dalle prime proposizioni filosofiche del suo massimo teorico, Karl Marx, non si è mai disgiunto da un percorso che lo ha visto in perfetta simbiosi con la violenza, il male, la morte, e il disprezzo per la vita umana.
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Tra l’altro il comunismo si è sempre arrogato il diritto di porsi in evidenza come unica leadership di intere masse popolari, e di svolgere una funzione livellatrice delle coscienze, annichilendo i singoli individui, in un continuo ed estenuante tentativo di spersonalizzarli.
.Ecco che, quindi, dichiararsi comunista, assume un significato intriso di violenza, che si accosta automaticamente ad una forma di decisa prevaricazione verso chi appartiene alle masse popolari.
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La massa rappresenta il “serbatoio” , il substrato, su cui poggiare l’intero universo comunista, elevandola ad organismo non pensante e capace di una continua e vorace implementazione degli elementi che la compongono.
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L’arrogante e perverso incedere si sdoppia assurdamente in un contrastante binomio che ci permette di assistere alla contrapposizione radicale delle componenti guida del comunismo stesso.
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Da una parte l’enfatica pubblicizzazione di un’entità simbiotica con le masse popolari, propositiva, e rivolta essenzialmente alla loro tutela, e dall’altra la constatazione che, invece, il proletariato è fagocitato e inglobato entro schematismi precostituiti, al di fuori dei quali si diventa nemici, cioè anticomunisti.
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Allora mi chiedo : perché dichiararsi comunisti ?
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Per rimanere al di sopra delle masse e per fare parte di coloro che ne vogliono assumere il controllo ?
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Oppure perché si rinuncia alla propria identità intellettuale a favore di un ideale di riferimento accettato ad occhi chiusi ?
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Analizzando i vari aspetti della questione ne deriva il convincimento che il comunista vero, quello cioè che è contento di inneggiare ai simboli della falce e martello, ha variegate collocazioni riconducibili a precise motivazioni.
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C’è chi si riconosce nel comunismo a causa della propria ignoranza culturale, essendo all’oscuro del fatto che coincida con il male assoluto.
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C’è chi, pur conoscendo le più che decennali storie di dolore e di morte ad esso legate, continua stupidamente a concordare e giustificare le proposizioni del comunismo stesso, rendendosene complice.
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Stupidità ?
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Ignoranza ?
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Quali altri motivi possono indurre una persona sana di mente ad inneggiare per chi, diffusamente, nel mondo, continua a torturare e a uccidere ?
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Che differenza c’è tra queste persone e i nazisti responsabili dell’Olocausto ?
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Oggigiorno continua ad esistere chi, avendo ereditato il retaggio culturale del comunismo, si è metamorfizzato ed ha proseguito la sua opera distruttrice e nefasta.
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Lo provano le varie e farneticanti prese di posizione con cui, accuratamente, le formazioni politiche  internazionali legate alla sinistra, evitano di eviscerare parecchie problematiche di cui la Storia ha svelato il velo di silenzio in cui sono state avvolte per troppi anni.
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Gli esempi non mancano.
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La disinformazione attuata ad arte lo prova.
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I nomi dei gerarchi comunisti che, insieme a Stalin,  per decenni hanno deportato milioni di persone sono ancora oggi sconosciuti alla maggior parte delle persone in occidente.
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Le vicende delle Foibe italiane sono state da troppo poco tempo portate all’attenzione del grande pubblico, e solo grazie all’incessante sforzo di chi si oppone ad una sistematica disinformazione delle sinistre.
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La feroce dittatura comunista cinese opprime il popolo, costringendo i dissidenti entro i confini dei laogai, i famigerati lager in cui imperano la tortura e la morte, mentre i popoli occidentali vengono obnulati da un velo di silenzio che li costringe nei ristretti limiti dell’indifferenza.
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I popoli della Cambogia, della Corea, e del Vietnam appartengono ad un universo poco conosciuto in Occidente, nel quale la ferocia comunista si esprime quotidianamente e rappresenta il mezzo attraverso cui il regime si appropria delle vite e delle coscienze delle persone.
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Ceausescu, il defunto assassino rumeno comunista, ha per decenni rappresentato il comunismo in un paese che poi ne è uscito distrutto, ad ogni livello della società, con la compiacenza del comunismo italiano (e internazionale), che si è guardata bene dal farne parola.
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Che dire poi di Enver Hoxha, il feroce marxista albanese che ha sostituito la democrazia con il terrore e la repressione ?
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Chi tra gli studenti delle Scuole italiane è stato informato su questo stato di cose ?
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La disinformazione comunista, ha operato in un senso preciso e contrario ai princìpi della obiettiva divulgazione, nascondendo e omettendo, passando sotto silenzio, occultando e disinformando.
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Ecco perché mi chiedo, ancora una volta :
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Come può una persona intelligente definirsi comunista ?
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Dissenso

sabato 18 febbraio 2012

GLI STEREOTIPI DEL COMUNISMO

La proliferazione delle culture, resa possibile dalla universalizzazione dei parametri di diffusione e dalla omogenea permeabilizzazione a qualunque idiosincrasia di ogni paradigma oggettivo, ha svincolato e modificato le linee guida su cui per decenni i comunisti avevano fatto leva per la loro opera di disinformazione.
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Internet ha ricostituito l’anello mancante tra lo scandire delle voci di dissenso universale contro la ferocia comunista e il reale posizionamento storico degli eventi mondiali.
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L’anello precedente era stato realizzato ad arte, a proprio uso e consumo, dai disinformatori appartenenti alla sfera intellettualoide comunista, almanaccando argomentazioni pretenziose che nulla avevano a che fare con la verità oggettiva.
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Il disinformatore comunista, come un perverso principe del male, da sempre si pasce di un lento ma inesorabile obnubilamento diffuso, che si risolve poi in catarsi allorquando gli spettri dell’orrore passato si reincarnano negli stereotipi contingenti, liberandone le insite e malcelate nefandezze.
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Alcuni stereotipi del recente passato, simbionti con il comunismo, hanno fatto convergere i concetti di valutazione soggettiva verso una disarmante perentorietà di allocuzioni ricercatamente benevole che sviluppano una conveniente accondiscendenza.
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Una delle frasi stereotipate e abbastanza radicata nell’immaginario collettivo è, ad esempio :
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“IL COMUNISMO E’ DALLA PARTE DEI CONTADINI.”
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Nulla di più clamorosamente falso !
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Alla luce dei fatti e delle risultanze storiche, “carta canta”, come si suol dire, la realtà ha evidenziato proprio il contrario !

Secondo la “dottrina comunista” il contadino, a partire dalle indicazioni fornite dallo stesso Marx, rappresenta il borghese ricco, lo scomodo nemico da annientare.
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La carestia dell’holomodor in Ucraina e le deportazioni dei Kulaki (contadini) inviati in Siberia nei Gulag staliniani, stanno a dimostrarlo.
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Quindi il contadino, secondo la realtà COMUNISTA è un nemico di classe, da combattere e da annichilire ad ogni costo.
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I gulag, parte integrante dei “paradisi sovietici”, e le storie che tristemente ne rappresentano il tragico vissuto, ci raccontano di migliaia di contadini che, insieme alle loro famiglie, sono stati deportati e trascinati in un abisso di dolore, fino alle estreme conseguenze, colpevoli solo del fatto di essere tali : contadini, appunto !
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I lavoratori delle campagne di oggi, che spesso inneggiano alla bandiera rossa e al “Migliore”, a quel Togliatti a cui i comunisti guardano con affetto, dovrebbero sapere che i loro “colleghi” sovietici sono stati STERMINATI a centinaia di migliaia, come nemici di classe.
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Se vogliamo approfondire, riguardo a Togliatti, è necessario che tutti sappiano che costui (numero due del “Comintern”, l’organo di diffusione del comunismo nel mondo) ha spesso avvallato le decisioni di Stalin, diventandone complice a tutti gli effetti, e che quindi dovrebbe essere indicato come nemico dell’umanità, insieme ai capi del regime comunista da lui sostenuto.
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In questo caso, lo stereotipo “il Migliore” è quanto mai inappropriato, essendo frutto della genesi disinformativa operata per decenni da una schiera di vili opportunisti di Partito, e da mestieranti della politica che nulla hanno a che vedere con la realtà storica.
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Per inciso, va detto che lo stuolo di ferventi manipolatori delle coscienze, sono sempre quelli che hanno creato ad arte lo stereotipo che lega la falce e il martello al mondo contadino, come se i milioni di morte prodotti non esistessero !
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Gli stessi intellettuali hanno ricamato orditi e trame che richiamano alla memoria immagini di libertà e di avvolgente sicurezza, al solo menzionare la bandiera rossa …
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La perseveranza diabolica e criminale dell’intellighenzia comunista ha quindi manipolato e nascosto  a lungo la verità sul vero volto dei regimi marxisti, spesso negando l’evidenza o sorvolando sui milioni di vittime del mostro rosso mai sazio di sangue.
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Un altro stereotipo, che per decenni ha fatto molto comodo al comunismo è quello secondo cui si afferma :
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“IL COMUNISMO DIFENDE GLI INTERESSI DEGLI OPERAI.”
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Anche in questo caso, va ricordato ai meno attenti che la situazione lavorativa in Unione Sovietica, patria del Comunismo, ha dimostrato in maniera epocale il dimensionamento reale del rapporto tra gli operai e la classe dirigente marxista, basato esclusivamente sull’esasperazione  quantitativa delle fasce produttive.
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Durante gli anni della N.E.P. (la nuova politica economica), instaurata dallo stesso Stalin, il comunismo fece ricorso quotidianamente all’uso del “cottimo”, secondo cui il riconoscimento economico era proporzionato al solo raggiungimento di quote di lavoro prefissate, in una corsa estenuante alle soglie minime di produzione indicate dal regime.
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Il superamento dei limiti minimi, venne poi stigmatizzato dai seguaci del modello comportamentale legato ad Aleksej Stakanov, che si impose per la metodologia esasperata degli indici di produttività, che sfociò poi nello sfruttamento delle risorse umane.
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Lo stacanovismo, come fu definito il fenomeno, divenne molto presto il simbolo dell’alienazione e della costrizione a cui erano sottoposte le masse operaie sovietiche, soggiogate dai ritmi devastanti di un comunismo imperante.
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Nei suoi primi anni di potere, dopo aver giustiziato i Romanov, nel 1918, il comunismo bolscevico rinnegò le sue rivendicazioni rivoluzionarie, attuando una politica repressiva che impose agli operai il DIVIETO DI SCIOPERO.
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Gli operai furono obbligati a turni di lavoro forzato e furono soppresse  la libertà di espressione e di opinione.
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L’operaio dell’universo proletario sovietico, spinto anche dai sindacati stessi, divenne, in ultima analisi,  un mero oggetto delle pressioni del Partito Comunista.
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Fu organizzato il Sabato comunista, ripetuto ciclicamente con costante regolarità, durante il quale il lavoratore forniva la sua forza lavoro del tutto gratuitamente, in maniera coercitiva, poiché chi tentava di sottrarsi a questa imposizione vedeva compromessa seriamente la propria posizione lavorativa.
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Secondo le teorie marxiste, la coscienza umana è il riflesso della realtà sociale ed economica.
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Da questo discutibile assioma, possiamo desumere che il problema della produttività e dell’innalzamento dei suoi livelli costituisca il primo gradino, per la realizzazione tecnica e materiale della società comunista.
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Ecco perché nelle fabbriche staliniane si puniva anche con la fucilazione chi non raggiungeva i livelli di produzione stabiliti antecedentemente, imputando l’insuccesso  al presunto sabotaggio compiuto dagli operai stessi.
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Alla luce di tutto ciò, evidenziando le contrapposizioni, facendo conoscere le risultanze delle indagini socio storiografiche, informando e non disinformando, spaziando nell’universo oggettivo dello scibile, possiamo affermare che i vecchi stereotipi risultano oggi desueti, e attraversati da un polimorfismo obbligatorio che ne rimodella il significato e l’accostamento simbiotico.
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Il Comunismo deve richiamare alla memoria il ricordo dei milioni di vittime che in suo nome sono state sacrificate.
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Lo stereotipo costruito ad arte dai comunisti, che per decenni ha spostato la riconducibilità del termine verso orizzonti di benevolenza non è ora più accettabile, assumendo linee identificative ben diverse e tragicamente identificabili.
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La morte e lo sterminio, il sangue e il dolore, la sopraffazione e la crudeltà, il disprezzo per la vita umana, la negazione della libertà, il totalitarismo assoluto, la violenza, la disinformazione, l’annichilimento delle coscienze, sono i veri parametri attraverso cui lentamente ma inesorabilmente si è giunti al nuovo, tragico stereotipo cui abbinare il comunismo.
Il comunismo come male assoluto, estremo, insieme al nazismo, di cui condivide una delle due facce della stessa medaglia : quella della malvagia perseveranza nel tentare di asservire gli esseri umani al volere dittatoriale del pazzoide di turno.
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Dico quindi no al comunismo.
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Fermamente e decisamente, inoltre, vorrei che sia gli operai che i contadini riflettessero sulle caratteristiche intrinseche del comunismo stesso, il quale forse non è proprio come loro pensano che sia.
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Dissenso
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