mercoledì 20 giugno 2012

COMUNISMO MERCENARIO E ANTIFASCISMO DI COMODO

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E’ opinione comune che i termini comunismo e antifascismo siano strettamente legati, come due anelli di un’unica catena.
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La macchina informativa/disinformativa comunista ha da sempre manovrato in maniera che la patente unitaria di antifascismo diventasse una proprietà dall’aspetto quasi esclusivo.
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Addirittura questa prerogativa ha permesso alla sanguinaria dittatura del Cremlino di esprimere, proprio nel momento di massima ferocia del comunismo sovietico, una dichiarata espressività antifascista, che i militanti del Comintern hanno rinvigorito ad arte per investire il Partito di un ruolo che avrebbe conquistato il cuore della gente.
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Inoltre il PCI, tramite Togliatti, si adoperava per pilotare il flusso dei comunisti italiani che venivano mandati in Spagna per combattere contro Franco.
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Tra i comandanti delle truppe antifranchiste figuravano nomi noti del panorama politico italiano, come Longo, Barontini, e Vidali, mentre Giulio Cerreti si occupava della macchina dei rifornimenti ai repubblicani spagnoli.
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Ciò che la maggioranza delle persone non sa, però, è che tutta questa smania di protagonismo antifascista, in realtà nascondeva priorità contrapposte, a cui Stalin stesso  mirava, spesso occultando i suoi piani.
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E’ il caso, ad esempio, della guerra di Spagna, in cui ufficialmente la Russia non intervenne, per non compromettere i suoi rapporti con la Francia.
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Il suo apporto alla lotta antifranchista in realtà fu piuttosto incisivo, sotto forma di fornitura di mezzi materiali e di consiglieri politici, attraverso il Comintern.
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Parallelamente però, fin dal 1935 un agente segreto sovietico, Kandilaki, conduceva a Berlino delle trattative segrete per la firma di un accordo economico con la Germania.
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Inoltre si sa che Stalin fornì l’appoggio richiesto ai repubblicani spagnoli, ma ciò che si evita di dire ( la macchina disinformatrice comunista ) è ciò che pretese in cambio.
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Ebbene sì, i comunisti russi non erano animati da fervente antifascismo, ma da un enorme interesse economico, di immense proporzioni.
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Stalin pretese infatti che gli fosse corrisposto anticipatamente un versamento preventivo pari al 75 % dell’intera riserva aurea nazionale spagnola.
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Con l’aiuto di Togliatti quindi fu posta in essere una gigantesca operazione commerciale ed economica, direttamente correlata all’antifascismo sbandierato dalla propaganda comunista : aiuto militare in cambio dell’oro.
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Ideologia quindi o intenti mercenari ?
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Inoltre va tenuto presente che la Rivoluzione spagnola ha avuto inizio proprio come risposta alle nefandezze compiute dalle sinistre nel 1936, dopo la presa di potere.
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Le varie anime della sinistra (separatisti, anarchici,socialisti, comunisti) si unirono sotto l’ala protettrice di Stalin, autentico capo del Fronte popolare spagnolo.
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Solo nei primi mesi di governo l’offensiva rossa si presentava con il seguente bilancio :
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161 chiese incendiate, 300 morti, 1287 feriti, 146 bombe e incendi di seminari, monasteri, sedi di giornali e di partiti politici d’opposizione.
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Da qui la rivolta di Franco.
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Viene allora da chiedersi se tutto non fosse già stato studiato in precedenza a tavolino, sia per esportare la rivoluzione in Europa, che per concludere il colossale affare del “tesoro” spagnolo ( l’oro non fu mai più restituito).
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Alla luce di queste cognizioni, come si può abbinare una pur vaga patente di antifascismo a coloro che cercavano accordi con la Germania nazista da una parte, e compivano una guerra mercenaria dall’altra ?
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Molti di coloro che raggiunsero la Spagna per soddisfare una esigenza ideologica, vi trovarono la morte, mentre il Comintern continuava la sua opera mistificatrice, finalizzata ai suoi interessi di parte.
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Togliatti ha avuto parte importante in questo sporco gioco, ed è bene che tutti vengano a sapere queste verità occultate per decenni (dalla solita macchina disinformatrice).
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Il Migliore assume di giorno in giorno caratteristiche tali da poter essere finalmente ri-denominato con un nuovo appellativo : “Il Peggiore”.
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Lo propongo come alternativa valida e maggiormente confacente alle caratteristiche del personaggio, alla luce dei fatti, sicuro che anche tutti quei comunisti che ancora hanno un briciolo di umanità si trovino d’accordo con me.
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Se così non fosse, mi devono spiegare perché…
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Dissenso
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domenica 17 giugno 2012

OMBRE SU TOGLIATTI

Vorrei portare a conoscenza di chi legge alcuni fatti che riguardano la militanza politica di Palmiro Togliatti, membro del Partito Comunista Italiano nel dopoguerra, e N° 2 del Comintern (l’organo di diffusione internazionale del comunismo sovietico), denominato ancora oggi “Il Migliore” dai suoi fanatici sostenitori.
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Tra le molte ombre che costellano la sua attività di fervente comunista al soldo di Mosca ne spiccano alcune a riguardo del suo ruolo di cassiere e gestore dei finanziamenti sovietici alla sezione italiana dell’Internazionale.
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Nel 1930 Togliatti era infatti delegato insieme alla moglie Rita Montagnana a ritirare i finanziamenti di Mosca per le attività politiche comuniste in Italia.
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La moglie fu nominata amministratrice del Partito  anche se, il più delle volte, dopo aver ritirato le somme di denaro lei li consegnava direttamente a Togliatti stesso.
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In un paio di occasioni però si verificarono intoppi dalle caratteristiche piuttosto strane, se non inquietanti.
Nel 1926 ad esempio la Montagnana disse di aver perso un assegno di ben 7.000 franchi francesi ricevuto dagli emissari sovietici.
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Questo episodio fu rivelato da Giuseppe Berti (membro PCd'I del Comintern) a Sergio Bertelli (segretario dell'Istituto Italiano per gli studi storici).
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Due anni dopo, nel 1928, scomparvero addirittura altri 25.000 franchi.
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Il denaro contante, appena ricevuto all’ambasciata dalla Montagnana, fu da lei  subito dato a Togliatti, il quale affermò poi di averlo perso, forse perché caduto dalla tasca del soprabito in cui lo aveva riposto.
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Questi due episodi, a dir poco singolari, non passarono sotto silenzio, tanto che successivamente, nel 1930, in occasione della riunione dell’Ufficio Politico gi furono contestati.
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In quel particolare periodo storico, per coincidenza del destino, caddero a Mosca i maggiori sostenitori del Partito Comunista Italiano, a causa appunto della destituzione di Bucharin, lasciando Togliatti in difficoltà.
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Il PCI infatti fu accusato di essere “di destra” cioè della fazione che Stalin intendeva togliere di mezzo.
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Togliatti reagì, dapprima espellendo dal Partito Angelo Tasca, uno dei fondatori del PCI, noto per essere dichiaratamente antistalinista, poi inoltrando a Mosca una serie di scritti analitici sulla situazione della borghesia italiana, dipingendo il quadro sociale come molto favorevole ad una rivoluzione operaia e contadina.
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Tutto ciò al solo scopo di ingraziarsi Mosca, gettando fumo negli occhi.
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Le sue manovre non passarono però inosservate, unitamente ai soldi persi nelle occasioni già citate.
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Nel 1930, appunto, i nodi vennero al pettine.
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Una triade di oppositori interni al partito comunista, composta da Alfonso Legnetti, Pietro Tresso, e Luigi Ravazzoli si compattò per chiedere spiegazioni a Togliatti, accusandolo di negligenza e di leggerezza.
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In conseguenza di ciò Luigi Longo propose di promuovere una inchiesta che culminò con la revoca dell'incarico di Amministratrice a Rita Montagnana.
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Fu chiesto a Togliatti di rendere conto delle sue dichiarazioni non veritiere sul quadro politico italiano esposte a Mosca.
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La reazione di Togliatti fu  feroce, forte degli appoggi di cui poteva disporre come "Numero due" del Comintern.
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Infatti dopo appena sei mesi i tre oppositori che gli avevano mosso le contestazioni  furono espulsi dal partito.
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Leonetti fu poi catturato dalla Polizia Italiana e incarcerato.
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Ravezzoli morì di cancro nel 1936.
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Tresso fu assassinato da sicari mandati da Giulio Cerreti, un membro del Comitato Centrale del PCI,  per ordine dello stesso Togliatti.
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Si saprà poi, dagli scritti di Gianfranco Berardi del 1995, che Natta, D’Alema, e Occhetto fecero dei tentativi per distruggere tutta la documentazione (allora nelle mani di Leonetti), allo scopo di cancellare le prove del ruolo di Togliatti nell’omicidio di Tresso.
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A proposito della scomparsa di soldi, la tesi che trova maggior riscontro è quella secondo cui le causalità andrebbero individuate in un preciso disegno politico.
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Bisogna premettere che, in quegli anni, chi aveva in mano i soldi di Mosca, aveva in mano il partito.
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Togliere le risorse economiche, alterando la ripartizione dei mezzi finanziari fra le correnti del partito ( con la scomparsa dei soldi di Mosca ), significava lasciare “a secco” l’opposizione, cioè la componente di “destra” del partito stesso, invisa a Togliatti e a Stalin.
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Sembra quindi che l’insieme degli “ammanchi di cassa” rientri in un semplice caso di tattica per il controllo del partito da parte della fazione pro-Stalin, messo in atto da colui che sarebbe diventato per tutti i comunisti “Il Migliore”.
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A suo carico rimangono comunque sia il fatto che le somme non furono mai ritrovate, che l’assassinio di Tresso.
Complimenti !
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Il Migliore” ha indicato la strada da seguire ai suoi futuri seguaci !
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Dissenso
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