giovedì 30 agosto 2012

Mikhail Andreyevich Suslov : CRIMINALE COMUNISTA

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Propongo la biografia di uno dei maggiori criminali comunisti sovietici, pressocchè sconosciuto alla maggior parte della “gente comune”, a causa dell’opera di disinformazione operata per decenni dai comunisti di casa nostra e dai suoi eredi metamorfizzati.
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Mikhail Suslov fu attore protagonista delle purghe staliniane e si distinse per la meticolosità con cui istruiva i processi farsa che costarono la vita ad un numero enorme di malcapitati.
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Anche al termine della carriera, dopo la morte di Stalin, in epoca Krusciov e poi Breznev, si arroccò su posizioni integraliste, a difesa di quel comunismo barbaro e assassino che caratterizzò il suo incedere nel corso della carriera politica.
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Si distinse come criminale e assassino, interpretando poi ad alto livello un ruolo di politico ad alto livello, osannato dai suoi affabili ed entusiasti compagni di partito italiani, come dimostrano gli incontri immortalati dalla macchina fotografica.
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Il comunista italiano Luigi Longo, segretario del PCI dal 1964 al 1972,  ha intrattenuto con Suslov rapporti politici intensi, a dimostrazione che il PCI si è sempre nutrito alla tavola di un malcelato comunismo sovietico, feroce e assassino.
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Ecco la biografia del criminale comunista Suslov :
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Nacque a Shakhovskoye, una località del distretto rurale di Pavlosky, nell’Impero russo il 21 nov 1902.
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Era sposato con Yelizaveta Alexandrovna, da cui ebbe due figli : Revolii (1929) e Maya (1939).
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E’ stato un politico russo che durante la “guerra fredda” ha ricoperto il ruolo di secondo Segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (dal 1965) e come ideologo del partito fino alla sua morte nel 1982.
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Iniziò a lavorare per l’organizzazione locale Komsomol a Saratov nel 1918, e dopo tre anni, nel 1921, decise di intraprendere la carriera politica entrando a far parte del Partito Bolscevico.
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Si dedicò all’attività politica a tempo pieno, però, solo dal 1931, anno in cui lasciò il suo lavoro di insegnante.
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Nel frattempo si laureò in Economia e si dedicò appunto all’insegnamento presso l’Università di Mosca e presso l’Accademia industriale.
 
Divenne ispettore della Commissione sovietica di controllo del Partito Comunista e Ispettore del Commissariato del popolo dei lavoratori e dei contadini.
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Nel 1933 e 1934 diresse la commissione incaricata di epurare il Partito nelle province degli Urali e di Chernigov, organizzata da Kaganovich, allora Presidente della Commissione di controllo sovietica.

Suslov fu coinvolto nella creazione di “processi farsa” contro coloro che discostandosi dalla linea di partito venivano identificati come trotskisti, zinovievisti, e deviazionisti.
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Nel 1938, partecipò alla repressione di massa iniziata dal regime comunista di Joseph Stalin e, per suo ordine, Suslov iniziò la "purga" della città di Rostov.
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Successivamente nel 1939 fu nominato Primo Segretario di zona nell’amministrazione del Krai (Federazione) di Stavropol.
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Come capo del territorio caucasico, Suslov si rese responsabile delle deportazioni in quel territorio, aiutando gli organi della NKVD nella repressione del gruppo etnico dei Karachay, appartenenti al popolo dei Circassi, che furono deportati in massa e “brutalmente eliminati”, come ebbe a dire lo storico Simon Sebag-Montefiore.
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Dal 1944 al 1946 fu Presidente dell’Ufficio per gli affari della Repubblica Socialista Lituana, all’interno del Comitato centrale del PCUS e condusse una spietata politica di epurazione dell’apparato statale e di partito, e contro i nemici del comunismo, come i cosiddetti “fratelli del bosco”.
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Nel 1946 Suslov divenne membro dell’Orgburo e fu eletto Capo del Dipartimento di politica estera del Comitato Centrale.
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Nel 1947 fu trasferito a Mosca ed eletto alla Segreteria del Partito comunista russo e divenne il leader della corrente conservatrice che si opponeva alla leadership di Nikita Krusciov.
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Dal 1949 al 1951 è stato redattore capo della “Pravda” , il quotidiano ufficiale del partito comunista russo.
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Nel 1949 divenne anche membro di una commissione creata per il controllo dei tributi , insieme a Georgij Malenkov, Lavrentij Berija e Lazar Kaganovich, e nel 1950 fu eletto al Presidium del Soviet Supremo.
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Dopo il 19° Congresso del Partito, fu promosso al Presidium del PCUS (noto poi come Politburo), da cui fu licenziato nel 1953 alla morte di stalin, subendo una temporanea regressione.
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Negli anni successivi continuò a lavorare nel Soviet Supremo, fino a diventare Presidente della Commissione degli Affari Esteri nell'era del dopo Stalin.
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Suslov recuperò la sua autorità nel 1955 e gli fu dato un posto come membro del presidio.
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Nel 1956 appoggiò la decisione del presidio di intervenire militarmente in Ungheria, e di sostituire la leadership del governo controrivoluzionario.
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Nel 1957 si schierò apertamente in sostegno di Krusciov, durante la sua lotta contro il gruppo politico interno al partito, costituito e guidato da Georgij Malenkov, Vyacheslav Molotov, Lazar Kaganovich, e Dmitry Sepilov.
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In seguito Suslov, a causa dell'accusa di "bonapartismo" mossagli dal Ministro della Difesa Georgy Zhukov, fu rimosso da tutti i suoi incarichi.
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Nel 1958 Krusciov propose una riforma sulla proprietà cooperativa, da cui Suslov si dissociò perchè a suo parere era in contrasto con l'ideologia marxista e quindi inacettabile.
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Suslov espresse i suoi concetti sul "piano settennale" di Krusciov anche nel 21° Congresso del Partito, nel 1959, rifacendosi agli insegnamenti ideologici di Marx e di Lenin, e ponendosi in maniera sempre più critica nei riguardi delle politiche di Krusciov stesso e del suo tentativo di destalinizzazione.
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Si dedicò con intransigenza a difendere ciò che era rimasto della vecchia guardia stalinista, divenendo sempre più critico nei confronti di Krusciov, al quale contestava anche il proponimento di migliorare le ralzione diplomatiche con gli Stati Uniti e i tentativi di riavvicinamento con la Jugoslavia.
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Suslov divenne il leader della "fazione Mosca" che si opponeva alla leadership del Comitato centrale e di Krusciov.
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In seguito all'incidente del 1960 ( fu abbattuto un areo da ricognizione in terra di Russia), e alla crisi missilistica cubana, Suslov potè approfittare dell'indebolimento di Krusciov susseguente ai fatti, e iniziare una campagna volta a cacciare Krusciov stesso dalla carica, spianando la strada all'opposizione di Leonid Breznev e Alexei Kosygin.
 
Nel 1964 fu estromesso Krusciov, mentre Suslov che fu l'artefice principale della sua destituzione, divenne uno dei politici più influenti, insieme ad Alexei Kosygin e al nuovo segretario Leonid Breznev.
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Breznev e Suslov costituirono una sorta di troika non ufficiale all'interno della Direzione del Partito Comunista.
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In questa fase politica Suslov divenne ancor più conservatore, opponendosi alle riforme radicali, come quella economica proposta da Kossighin, e osteggiando una qualsiasi forma di distensione verso tutti coloro che, secondo lui, avevano minato la rivoluzione socialista nel mondo.
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Secondo lo scrittore Christian Schmidt-Hauer, Suslov era un "nazionalista russo" che credeva che la Russia fosse al centro dell'Universo, tanto che gli fu dato, in epoca Breznev, il titolo non ufficiale di principale ideologo del Partito Comunista.
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Morì il 25 gennaio 1982 a causa del diabete di cui soffriva.
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Dissenso
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domenica 26 agosto 2012

Monsignor ENELIO FRANZONI

Con questo post vorrei ricordare una figura a me molto cara.
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Si tratta di un parroco da sempre legato alla famiglia di mia moglie, e quindi, di riflesso, a me.
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Mi riferisco a Monsignor Enelio Franzoni, nato a San Giorgio di Piano nel 1913, e sacerdote dal 28 marzo 1936
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Personalmente, ho potuto conoscerlo quando svolgeva il suo incarico di Parroco nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie in San Pio V, in Via F. Ambrosini, 1 (angolo via Saffi), a Bologna, prima che si ritirasse in pensione nella Casa del Clero in via Barberia, 24.
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Mi ha sempre colpito la sua gentilezza e la sua armonia nel proporsi alle persone con cui veniva in contatto, oltre che ad un’aura di immensa umanità e bontà d’animo che si percepiva quando si aveva il privilegio di poter colloquiare con lui.
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Don Enelio, di umanità ne aveva davvero tanta, ed ebbe modo di esprimerla durante la sua vita tumultuosa, eroica, e per certi versi tragica.
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Prese infatti parte alla campagna di Russia con il Corpo di Spedizione Italiano, in qualità di Cappellano militare della «Divisione Pasubio», e visse le drammatiche vicende della ritirata e della prigionia nei gulag sovietici, sopportando atroci sofferenze pur di continuare la sua preziosa opera di assistenza ai soldati.
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Nel mese di luglio del 1941 fu nominato Cappellano Militare dal Cardinale Nasalli Rocca, e partì da Senigallia per la Russia, insieme all’ 837° Ospedale da Campo.
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Una volta arrivato sul fronte del Don fu trasferito al Quartiere Generale della «Divisione Pasubio con il grado di Tenente Cappellano, ma qui fu fatto prigioniero.
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Propongo di seguito uno scritto che Don Enelio ci ha lasciato sulla sua esperienza di vita che comprende il periodo di prigionia in Russia, durante il quale ha tenuto un eroico comportamento, a causa del quale è stato decorato con la Medaglia d'Oro al Valor Militare.
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Ecco la motivazione ufficiale del conferimento della medaglia d'oro :
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Cappellano addetto al Comando di una grande unità, durante accaniti combattimenti, recava volontariamente il conforto religioso ai reparti in linea.
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In caposaldo impegnato in strenua difesa contro schiaccianti forze nemiche, invitato dal comandante ad allontanarsi finché ne aveva la possibilità, rifiutava recisamente e, allorché i superstiti riuscirono a rompere il cerchio avversario, restava in posto, con sublime eroismo, per prodigare l'assistenza spirituale ai feriti intrasportabili.
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Caduto prigioniero e sottoposto a logorio fisico prodotto da fatiche e da privazioni, noncurante di sé stesso, con sovrumana forza d'animo, si prodigava per assolvere il suo apostolato.
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Con eroico sacrificio rifiutava per ben due volte il rimpatrio onde continuare tra le indicibili sofferenze dei campi di prigionia la sua opera che gli guadagnò stima, affetto, riconoscenza ed ammirazione da tutti.
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Animo eccelso votato al cosciente sacrificio per il bene altrui."
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Monsignor Franzoni è deceduto il 5 marzo 2007, all’età di quasi 94 anni.
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A suo perenne ricordo è stata intitolata una piazzetta vicino alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie in San Pio V, e precisamente all'angolo fra via dello Scalo e via Saffi, ove è stato anche collocato un busto commemorativo in bronzo.
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Ho inserito i suoi scritti relativi all'esperienza della deportazione nei gulag sovietici, nel sito in cui raccolgo tutti gli autori del Dissenso.
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Quale migliore testimonianza di chi ha vissuto in prima persona gli orrori del gulag staliniano ?
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Per accedere al collegamento ai racconti di Monsignor  Enelio, cliccare sul seguente Link :
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Dissenso
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lunedì 13 agosto 2012

DALIT E CHIESA CATTOLICA

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Nei primi giorni del 2012 ho scritto un post sul sistema delle caste in India, che potete leggere al seguente Link :
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http://www.italian-samizdat.com/2012/01/schiavitu-in-india.html
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Vorrei ora approfondire uno degli aspetti sulla discriminazione che lega gli appartenenti al popolo degli “intoccabili”, i cosiddetti “impuri” o “fuori casta”, alla Chiesa Cattolica.
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Ho ricevuto delle segnalazioni da un sacerdote indiano dalit che ben conosce la realtà in cui vivono i credenti cristiani in India, compresi coloro che prendono i voti ed entrano a far parte della Chiesa cattolica.
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Il 2,5 della popolazione in India è cristiana, e di questi il 65 % è dalit.
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All’interno della Chiesa indiana si contano 200 vescovi, ma nonostante il fatto che la stragrande maggioranza dei fedeli appartenga al popolo dei dalit, solamente 6 di loro sono stati ammessi a far parte dell’episcopato.
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La discriminazione è evidente, e viene compiuta oltre che dalla gerarchia ecclesiastica anche dai cristiani laici delle caste “superiori”e dallo Stato indiano stesso.
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C’è una maggiore discriminazione perfino verso i dalit cristiani rispetto ai dalit hindu, ponendo il fattore religioso come elemento di ulteriore influenza negativa nel sistema delle caste indiane.
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I cimiteri cattolici accolgono i defunti in spazi separati a seconda che questi siano dalit oppure no, costringendo così gli “intoccabili” a subire una ulteriore onta anche dopo la loro morte, e ponendo le famiglie di fronte ad una vergognosa presa di posizione ecclesiastica, indegna dei valori di fratellanza cristiana.
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Anche all’interno delle chiese, durante le cerimonie religiose, i dalit sono confinati in posti loro riservati e distaccati dai non dalit, quasi a voler evitare una “contaminazione” da parte della casta “inferiore”.
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Il potere ecclesiastico è gestito dai non dalit, che approvano evidentemente il sistema discriminatorio che impera da sempre in India.
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La Chiesa Romana non può non sapere come è strutturato l’insieme delle Diocesi indiane, ma sembra insensibile a tutto ciò, e appare refrattaria a ripristinare quei valori cristiani predicati dai primi missionari che, in India, si rivolsero proprio alla popolazione dalit per ottenere proseliti e conversioni.
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I media occidentali sono corresponsabili della situazione sociale indiana, e del vergognoso sistema di caste su cui si regge l’intera società di quel Paese, in quanto compiono una vera e propria disinformazione, raccontando solo una parte della realtà quotidiana.
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Si parla dell’India come Nazione emergente, del suo boom economico, e della crescita delle sue città, ma si omette di tracciare un quadro esaustivo della tragica situazione di povertà in cui vivono i milioni di persone che abitano l’entroterra e i territori lontani dagli agglomerati urbani più importanti.
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La miseria è in effetti la caratteristica che accomuna la maggior parte della popolazione indiana, e a ciò si aggiunge la discriminazione di casta, lo sfruttamento, e la schiavitù.
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La chiesa impedisce ai dalit di accedere alla carriera ecclesiastica, boicottandoli fin dal loro ingresso in seminario, o addirittura espellendoli.
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Le proteste, tra cui anche quelle più plateali, sono passate inosservate, compresa quella di una dalit che si voleva dare fuoco di fronte al vescovado, allo scopo di attirare l’attenzione sulla esclusione di un seminarista dalit dal percorso di formazione religiosa.
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Un sacerdote dalit che vive in Italia ha scritto a Radio Vaticana, ringraziando l’emittente per l’articolo diffuso in rete sui dalit cristiani , ( che potete vedere al seguente LINK :
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ma ponendo anche una serie di interrogativi sulla realtà effettiva dei dalit cristiani in India, compresa la discriminazione della stessa Chiesa cattolica.
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Il sacerdote esprime il dubbio che Radio vaticana non sia, in effetti, a conoscenza della reale situazione contingente indiana, poiché nell’articolo non viene fatta alcuna menzione sul fatto che i cimiteri siano divisi tra dalit e non dalit, oppure sulla alta percentuale dei dalit nella composizione della chiesa indiana (70 %) , contrapponendola al numero molto basso dei vescovi dalit.
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La chiesa è a conoscenza di tutto ciò fin dal 1992, anno in cui il Padre gesuita dalit e sociologo Don Antony  Raj SJ, diffuse i risultati di uno studio sulla discriminazione contro i cristiani dalit in Tamil Nadu, nel sud est della penisola indiana.
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Lo studio evidenziava diversi aspetti discriminanti insiti all’interno della Chiesa cattolica, diffusi nelle zone rurali :
La presenza di due cappelle separate, una per dalit e una per non dalit.
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In alcune parrocchie i servizi liturgici sono condotti separatamente.
La disposizione dei posti, all’interno della stessa cappella, è separata, e disloca i dalit lungo le navate laterali.
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Anche se ci sono sedie e panche i dalit devono sedere sul pavimento.
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Esistono cimiteri separati e servizi funebri differenziati, compresi i carri funebri per dalit e per non dalit.
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Durante il ricevimento dell’ostia, nel rito della Comunione, sono previste due diverse file, separate.
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In alcune località, ricevono la comunione prima i non dalit, poi per ultimi i dalit.
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La lettura dei testi sacri durante la messa non è permessa ai dalit, così come essere chierichetti.
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I Dalit non possono partecipare alla cerimonia del lavaggio dei piedi durante il Giovedì Santo.
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In occasione della celebrazione del Santo patrono di ogni parrocchia, non vengono accettati i contributi in denaro dei dalit ( perché non possano rivendicare una parità di partecipazione ).
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Queste sono solo alcune delle discriminazioni effettuate dalla Chiesa verso i dalit cattolici, nonostante che questi compongano il 65/70 % dell’intera comunità cristiana.
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E’ interessante e significativo anche il contributo di Padre William Premdass Chaudary, un prete dalit, che ha scritto una autobiografia dal titolo :
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Un sacerdote indesiderato”.
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Il libro rivela senza mezzi termini il dispotismo all’interno del mondo della Chiesa, e solleva domande sullo stile di funzionamento di questa grande istituzione, mostrando con chiarezza le ingiustizie e le discriminazioni inflitte al popolo dei dalit, sia laici che sacerdoti.
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Lo stesso Padre William si definisce polemicamente un “prete indesiderato” proprio perché è un sacerdote dalit locale, e ciò riflette il ruolo interpretato all’interno della chiesa cattolica indiana.
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La Chiesa ufficialmente ha preso posizione solamente nel 2003 con l’intervento di Papa Giovanni Paolo II, l’amato Karol Woityla, in occasione del suo incontro con i vescovi indiani di Madras, Mylapore, Maturai, Cuddalore, e Pondicherry.
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Il Papa espresse una critica verso la discriminazione di casta della Chiesa cattolica in India, e proseguì dicendo :
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E’ dovere della Chiesa lavorare incessantemente per cambiare i cuori, aiutando tutte le persone a vedere ogni essere umano come figlio di Dio, un fratello o sorella di Cristo, e quindi un membro della nostra famiglia.”
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Auspichiamo quindi che il vergognoso comportamento della Chiesa indiana sia stigmatizzato dalla Chiesa Romana, affinché cessino le discriminazioni e le repressioni che non appartengono ai valori e agli insegnamenti di Cristo.
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Coloro che negano la fratellanza e l’amore per il prossimo si identificano con il Male, e non possono certo esprimere l’esempio da seguire in un contesto non solo cristiano.
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Ci appelliamo quindi a tutti quei sacerdoti che, in cuor loro, sentono di appartenere alla fratellanza umana, e non ad una casta di riferimento.
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I Dalit non chiedono altro che non sia il rispetto dei loro diritti, a partire da quelli umani.
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In particolare, le rivendicazioni che i Dalit Cristiani vorrebbero vedere risolte sono :
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1 ) Abolizione dei cimiteri separati . (Perfino nella Città di Trichy, dove risiede il Vescovo esistono luoghi di sepoltura diversi per dalit e non dalit.)
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2 ) Permettere la carriera ecclesiastica dei Preti dalit all’interno della Chiesa indiana, al fine di consentire loro di governare le proprie Diocesi e di servire la propria gente.
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3 ) Abolizione della separazione dei posti tra dalit e non dalit all’interno delle Chiese.
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4 ) Riservare posti di lavoro nelle istituzioni cristiane anche per i dalit.
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5 ) Aumento del numero di vescovi dalit all’interno della Chiesa indiana.
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6 ) Mettere al bando le pratiche discriminatorie come quelle adottate per i funerali discriminatori, vietando l’uso di carri funebri specifici e separati tra dalit e non dalit.
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7 ) Divieto per tutto l’apparato ecclesiastico, vescovi compresi, di maltrattare i cristiani dalit, che anzi devono poter godere di un trattamento amorevole e umano e basato su sentimenti di rispetto e dignità.
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8 ) Controllo delle numerose risorse economiche espressamente destinate a progetti di sostegno per i dalit, come le donazioni occidentali finalizzate a questo scopo, che ora vengono dissipate dai vescovi indiani.
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Lo sviluppo dei dalit è compromesso dall’apparato gerarchico ecclesiastico della chiesa cattolica indiana, che fagocita ogni risorsa disponibile, a discapito degli stessi dalit.
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La Chiesa deve appoggiare queste rivendicazioni, in nome di quell’uguaglianza che viene da sempre predicata e che appartiene al retaggio culturale lasciatoci da Gesù stesso.
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E’ bene che i vescovi, in quanto successori degli apostoli, e responsabili delle rispettive diocesi, tengano ben presente il ruolo che devono interpretare, al di sopra di ogni interesse di casta.
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L’amore universale e la fratellanza dovrebbero costituire il perno attorno a cui ruota l’opera di evangelizzazione che sono chiamati a svolgere.
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Ridiamo ai dalit la stessa dignità che per troppo tempo è stata loro negata, e ai sacerdoti cristiani dalit il loro ruolo di pastori di anime, alla stregua di ogni altro prete di Santa Romana Chiesa.
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Dissenso
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sabato 11 agosto 2012

SAFARI UMANI

Nella Baia del Bengala, e precisamente nelle isole Andamane, esiste il popolo indigeno degli Jarawa.
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Questa tribù dalle origini antichissime vive cacciando maiali selvatici e varani, e pescando con l’aiuto di arco e di frecce, nonché cibandosi di radici e bacche della foreste e di miele.
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Gli Jarawa sono prevalentemente nomadi e vivono in gruppi di 40 o 50 persone.
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Fin dal 2010 Survival, l’organizzazione che si occupa della tutela dei popoli tribali, ha denunciato l’esistenza di “safari umani” in questi territori.
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Si tratta di “turismo dedicato”, che avviene ad opera di persone che vogliono avvicinare le tribù locali, allo scopo di osservarne la popolazione, fotografarla, ed entrare in contatto con loro.
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In pratica i turisti cercano di avvistare le popolazioni tribali, come se queste fossero animali in un parco, infatti a tale scopo vengono lanciati dolci e biscotti dai finestrini delle auto, per farli avvicinare.
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I turisti sono i grado di entrare nella riserva, per guardare e filmare, grazie alla complicità della Polizia locale.
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Tutto ciò fu provato mediante video diffusi dai media, che suscitarono enorme scandalo.
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Il Direttore Generale di Survival International, Stephen Corry ha dichiarato che esiste la prova concreta, costituita da registrazioni, che i safari continuano ancora oggi.
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dal sito di "Survival"
La popolazione degli Jarawa è raggiungibile percorrendo una strada, la Andaman Trunk Road, che attraversa la riserva della tribù.
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La Corte suprema indiana, ancora dieci anni fa, impose la chiusura dell'arteria stradale, ma l'Amministrazione delle Andamane continua a ignorare la sentenza, lasciando aperta la strada.
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La strada apre le porte a tutti, bracconieri, coloni, taglialegna e turisti, con grande pericolo per le tribù locali.
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Gli Jarawa, infatti, sono usciti dal loro isolamento solamente pochi anni fa, nel 1998, e quindi risultano essere estremamente vulnerabili alle malattie introdotte dall’esterno, verso cui non hanno difese immunitarie.
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Il nocciolo della questione è proprio questo : basterebbe un comune virus per decimarli tutti.
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Purtroppo le stesse autorità che dovrebbero proteggere le tribù sono invece coloro che  aiutano i turisti a raggiungere "la tribù primitiva".
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Le motivazioni sono prettamente economiche, infatti “andare a vedere” gli Jarawa costa 450 euro, di cui 150/ 200 vanno alla Polizia.
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La media dei visitatori della riserva è di 250 veicoli al giorno.
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I bracconieri invece, si accampano nei loro territori per giorni interi depredando la selvaggina della tribù, compiendo anche abusi sessuali, e diffondendo malattie nell’area.
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Nel 1999 e nel 2006 gli Jarawa sono stati colpiti da una epidemia di morbillo, a seguito proprio dei ripetuti contatti con il mondo esterno.
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Questa malattia ha cancellato dalla faccia della Terra molte tribù in ogni parte del mondo.
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Le tribù degli Andamanesi erano originariamente composte da 10 distinti gruppi, tra cui gli Jeru, i Bea, i Bo, i Hhora, e i Pucikwar.
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I Bo furono decimati dalle malattie importate dai colonizzatori Britannici, mentre altri Andamanesi non sopravvissero alla reclusione bei luoghi dideportazione in cui furono da questi confinati.
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L'ultimo superstite dei Bo, la signora Boa Sr, si è spenta a 85 anni, nei primi giorni del 2010, e con lei si è estinta la lingua e le tradizioni della sua tribù.
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Fino a quando dovremo assistere a tutto ciò ?
. Come mai i “pacifisti” delle bandiere multicolori non protestano con energia ?
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E pensare che per dissentire da Berlusconi sono stati capaci di portare in piazza un milione di persone… e questo mi dà da pensare …
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E’ quindi più importante la politica spicciola, piuttosto che la sopravvivenza di un popolo ?
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Dissenso .
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sabato 4 agosto 2012

IL NEMICO

Lo Stato non è  una entità astratta a cui guardare come ad un riferimento mistico, evanescente, e impalpabile, bensì è un organismo reale, concreto, composto da un insieme di strutture, come una sindrome, che ne definiscono l’essenza.
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Gli apparati dello Stato sono noti a tutti, nelle sue più svariate componenti, e rappresentano ognuno un anello di quella catena che ne costituisce l’ossatura stessa.
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La conduzione dell’intero organismo pulsante dipende dall’apparato politico, cioè da un insieme di partiti eletti dal popolo che vengono rappresentati in Parlamento.
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I partiti politici sono quindi, in ultima analisi, coloro che sono deputati a reggere il governo dello Stato, legiferando e compiendo azioni in nome del Popolo italiano.
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I politici che quindi occupano le posizioni di comando in Parlamento lo fanno in nostra vece, in quanto votati da noi ed eletti a tale scopo.
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Va da sé che lo Stato si identifichi con i politici di turno, simbioticamente, poiché tutto ciò che anima la vita politica stessa viene considerato come un evento sviluppatosi in nome del Popolo italiano.
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Questo vale per la Magistratura, per la Guardia di Finanza, per il Parlamento, per i legislatori, e per ogni altro anello della catena Stato.
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A questo punto viene spontaneo porsi una serie di interrogativi.
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Come può accadere che due Giudici dello Stato, tali Lucio di Pietro e Felice di Persia inquisiscano un cittadino modello di nome Enzo Tortora, dando credito alle dichiarazioni di tre personaggi appartenenti alla schiera dei “pentiti”, dalle seguenti caratteristiche ?
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1 ) Gianni Melluso, detto “il bello”, un mitomane denominato anche “bum bum” per quanto le sparava grosse.
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2 ) Giovanni Panico, il segretario del camorrista Tutolo, descritto dagli psichiatri come uno psicopatico abnorme, affetto da schizofrenia paranoide.
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3 ) Pasquale Barra, definito “o animale” per la crudeltà con cui uccide le sue vittime.
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Il killer, ha attentato in carcere alla vita di un malavitoso, e gli ha mangiato un pezzo di intestino.
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Le dichiarazioni di questi tre “pentiti” hanno avuto, per i Giudici, maggior peso di una vita intera condotta con linearità integerrima, quale quella di Enzo Tortora.
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Risultato : lo Stato è diventato acerrimo nemico di un cittadino onesto e stimato.
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Gli interrogativi proseguono, nella aumentata mole di perplessità in cui sprofonda il Popolo italiano.
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Ci si chiede come mai, ad esempio, perché moltissimi politici, costituenti l’apparato dello Stato, percepiscano stipendi da 20.000 o più euro al mese, mentre i lavoratori stentano a sopravvivere con 1.000 euro al mese.
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Questi parassiti “guadagnano” in un mese quanto il salario di due anni di un operaio, senza contare i benefici aggiuntivi, le auto blu, i rimborsi spese, i vitalizi.
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Costoro non sono forse nemici del popolo italiano ?
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Non sono forse parassiti che andrebbero schiacciati senza pietà ?
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Lo Stato, che permette tutto ciò, ed è anzi rappresentato proprio da questa schiera di personaggi , non è forse nemico ?
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Ministri, onorevoli, deputati, segretari, sottosegretari, manager, supermanager, assessori, direttori, sono accomunati a costituire una grande associazione a delinquere sulla pelle degli italiani.
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Le propaggini che lo Stato allunga sui cittadini sono lunghi tentacoli con cui afferma, a volte, una dispotica autorità cieca e ottusa, che non di rado ha condotto al suicidio dei malcapitati finiti sotto la sua ferrea morsa.
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E’ il caso, ad esempio dei numerosi suicidi di quei lavoratori che, stritolati nel perverso meccanismo di “Equitalia”, si sono trovati dopo una vita di sacrifici davanti ad un bivio : fallire miseramente, o pagare le esorbitanti richieste dello Stato sotto forma di tributi, che come gabelle medioevali pesano sui contribuenti italiani.
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La pressione fiscale è infatti altissima, nel nostro paese, così come gli stipendi di coloro che ci impongono sacrifici e privazioni.
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Lo Stato, oggi, in Italia è tutto ciò, e sfido chiunque a controbattere le mie affermazioni.
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Sfido chiunque a negare il fatto che mentre ogni lavoratore può andare in pensione per riposarsi solamente dopo una vita di duro lavoro, percependo una misera cifra dopo decenni di versamenti, per contro, i parassiti politici possono godere di un vitalizio anche solo dopo una legislatura.
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Più aumenta il periodo di tempo durante il quale costoro ricoprono cariche politiche, “naturalmente” ultra retribuite anch’esse, e maggiore è l’incremento del vitalizio che riceveranno dopo il compimento del 66° anno di età.
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La disoccupazione in Italia oggi è drammaticamente al 1° posto, rispetto agli altri Paesi europei, ma inspiegabilmente Mario Monti afferma di “vedere la luce” alla fine del tunnel della crisi.
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Chissà cosa ne pensano tutti coloro che non hanno più una occupazione e che non vedono sbocchi e alternative per il loro futuro.
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Chissà cosa ne pensano le persone che, ridotte in stato di povertà, ingrossano le file di coloro che si recano alla Caritas per poter dare da mangiare ai propri figli.
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Lo Stato cosa fa ?
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Continua a nutrire quelle schiere di politici che si ingozzano alla tavola sempre riccamente imbandita del suo stesso apparato.
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Parallelamente all’opulenza dei servitori dello Stato assistiamo all’incedere di situazioni disastrose e allo sfacelo dell’intera società italiana.
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L’ultima trovata di quell’accozzaglia di delinquenti che si arroga il diritto di ergersi a “deus ex machina” sulla nostra pelle è quella di diminuire di 18.000 unità i posti letto della sanità, mentre parallelamente da pochi mesi è stato approvato l’acquisto di 131 caccia F35 Joint Strike Fighter, per una spesa di ben 16 miliardi di euro.
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La stangata per la sanità è stata decisa nell’ottica perversa ideata da chi regge attualmente le sorti di questo Stato, con una manovra denominata “spending review”, e che prevede di recuperare ogni singolo euro possibile dalle nostre tasche, pur di non toccare quelle dei politici.
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Ecco che allora, mentre ogni italiano si reca al lavoro (chi ancora ce l’ha) con mezzi propri, i politici sfruttano i  privilegi loro concessi dallo Stato,  percorrendo i loro itinerari su auto blu in modalità totalmente gratuita (per loro, ma in realtà pagate da noi).
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Lo Stato come nemico si erge oggi in tutta la sua prepotenza, e assomiglia sempre di più ad una struttura di tipo feudale, in cui la nobiltà si spartiva il potere ricorrendo all’uso della violenza e della “santa inquisizione”.
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Le similitudini sono molteplici, dalle vessazioni subite dai cittadini che assumono sempre di più le sembianze di “servi della gleba”, alle imposizioni fiscali assurde e vergognose che ricordano da vicino le gabelle imposte dai vari signorotti locali con l’uso della forza, l’esclusione del popolo dalla conduzione del potere, lo strapotere di una magistratura che si sovrappone, a volte, allo stesso Stato, e infine ma non ultima, l’annichilimento di ogni strato sociale che non sia quello politico.
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L’informazione e la cultura sono strettamente manipolate dallo Stato, che in questo modo fagocita le coscienze e favorisce una interdipendenza con i partiti responsabili della disinformazione pianificata.
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Tutto ciò è ampiamente dimostrabile, e si evince anche dalle mistificazioni che, sotto forma di insegnamento, vengono instillate negli studenti durante il processo di condizionamento culturale.
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Accade così anche se in maniera più radicale in molti dei Paesi meno democratici del mondo, come in Iran, in Palestina, nella Corea del Nord, e nei Paesi comunisti in genere.
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Lo Stato così facendo, indottrinando e facendo metabolizzare agli studenti ogni insegnamento subdolamente politico loro impartito, si pone nelle condizioni di non dover temere eventuali e improbabili espressioni di dissenso.
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Il menefreghismo della classe politica ha raggiunto livelli veramente disgustosi e l’intera Italia è disseminata di “cattedrali nel deserto” erette a testimoniarlo :
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tratti di autostrada e viadotti che finiscono nel vuoto, nel nulla, senza che si possa ipotizzare, neanche lontanamente, che un giorno saranno terminati ;
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ospedali completati e mai inaugurati, scuole che non sono mai state rese operative e che stanno lentamente ma inesorabilmente diventando rovine, costituiscono una triste e diffusa realtà ;
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E l’autostrada Salerno Reggio-Calabria ?
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Quanti politici corrotti hanno divorato enormi risorse, sottraendole al popolo italiano?
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Quante centinaia di rappresentanti dello Stato sono stati indagati, inquisiti, e condannati ?
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Duilio Poggiolini fu incarcerato per aver permesso la commercializzazione di sangue infetto, e per questa nefandezza che causò la morte di un numero imprecisato di persone, fu lautamente strapagato e protetto.
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Ogni apparato dello Stato italiano ha i suoi scheletri nell’armadio, che costituiscono oramai non l’eccezione, ma la regola.
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La differenza tra i delinquenti comuni e i politici corrotti è solo che questi ultimi difficilmente vengono messi dietro le sbarre.
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Personalmente io non riconosco più l’autorità di questo Stato, nemico e pericoloso per il futuro dei nostri figli e nipoti.
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Personalmente auspico un rinnovamento totale dell’intero sistema politico, la messa al bando dei partiti, che ritengo in toto coinvolti nella corsa all’arraffo, l’uscita dall’Europa e dall’euro.
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Occorre ripristinare lo strumento del “confino”, di mussoliniana memoria, per isolare gli elementi nocivi che parassitano la nostra società.
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Il sistema attuale, e lo Stato italiano, oggi non permettono di fare alcuna ipotesi sul futuro, che appare nebuloso e condizionato esclusivamente dalla voracità di coloro che sono al comando.
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Siamo ostaggio delle Banche, e dei poteri forti rappresentati da quel Club Bilderberg cui appartiene il Presidente del Consiglio Mario Monti.
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La spersonalizzazione dell’individuo e la metodicità con cui si tenta di universalizzare le singole identità nazionali, appaiono come aspetti costituenti di un modello operativo tipico del fabianismo, adottato da chi vuole rivoluzionare il mondo esistente, non con la forza, ma con la sottomissione economica, la quiescenza forzata, l’indottrinamento subdolo e coatto.
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Poco importano, quindi, le battaglie di civiltà, o i tentativi di uscire da emarginazioni non solo culturali, oppure le diversificazioni ideologiche che traggono linfa vitale dai retaggi filosofici del passato, poiché tutto è già finalizzato e destinato ad uno scopo preciso :
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l’asservimento totale che i potenti gruppi economici vogliono esercitare sull’umanità intera.
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Lo Stato, in questo preciso momento storico è complice di tutto ciò, poiché si identifica con l’intero apparato politico che sta devastando il Paese, e che è diventato un'unica gigantesca metastasi.
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Lo Stato come nemico … potrei continuare a scriverne il perché, e avrei sufficienti esempi da addurre, riempiendo intere pagine, ma tutto ciò non sarebbe sufficiente a sfogare la tristezza che provo, per le sorti dell’Italia e degli italiani.
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Penso spesso che noi potremmo essere la Nazione numero UNO al mondo, se solo fossimo stati gestiti con un minimo di onestà.
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Invece eccoci qua … in balia degli eventi, a guardare il fluttuare dello spread nei notiziari televisivi …
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Chissà, forse reagiremo a tutto ciò ...
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Oppure, chissà, forse i nostri figli, un domani, ci chiederanno perché non ci siamo ribellati…
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Dissenso
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