Forse non tutti conoscono le origini di
Unipol, il colosso finanziario assicurativo che ha rappresentato la cassaforte
del PCI a partire dagli anni 60.
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Il salto di qualità più significativo,
dai suoi inizi, si ebbe subito dopo la caduta del muro di Berlino, nel Novembre
del 1989, quando venne annunciata la quotazione in borsa delle sue azioni
ordinarie.
In questo periodo la società si trovava
al 6° posto tra le compagnie assicurative, con un capitale di 96,8 miliardi e
una raccolta “premi” di ben 900 miliardi di lire.
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Azionista principale era FINCOOPER, il
consorzio di intermediazione finanziaria di LEGACOOP (Lega delle Cooperative),
con 1800 cooperative socie.
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Fincooper è sul mercato dal 1963, da
quando il PCI bolognese, all’epoca del Sindaco Giulio Cerreti, acquistò tramite
la FEDERCOOP (che fino ad allora si era occupata solo di piccoli cabotaggi
assicurativi) per 60 milioni, dalla famiglia Foglione (azionista di LANCIA di
Torino) una “scatola vuota” la cui sigla era l’abbreviazione di “UNICA POLIZZA”,
e cioè UNIPOL.
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Gli inizi di tale “scatola vuota”
furono incerti e difficili, al punto che i debiti superavano i crediti e che
nessuna compagnia assicurativa voleva fornire una qualsiasi riassicurazione
sulle polizze Unipol.
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Unipol decise quindi di rivolgersi
all’ORO DI MOSCA, come già avevano fatto i compagni del PCI per decenni.
L’allora Sindaco bolognese, Guido
Fanti, decise di spedire i responsabili di Federcoop a Mosca, indirizzandoli a
Boris Ponomarev (membro del Soviet e vecchio ideologo capo del Dipartimento
internazionale del Comitato Centrale) che a sua volta deviò la delegazione
verso il Presidente del Centrosojouz, l’ingegner Klimov.
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Klimov mise a disposizione di Unipol
una compagnia assicurativa di Vienna “amica”, che dipendeva dalla INGOSSTRAKCH,
cioè dalle compagnie assicurative statali sovietiche.
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Con questa manovra, l’Unipol acquisì
credibilità e consensi, aumentando in pochi anni sia il suo capitale, che passò
da 100 milioni a 1 miliardo e 300 milioni, sia la raccolta premi, che passò da
275 milioni a 8 miliardi e mezzo.
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Il legame con Mosca, ancora una volta,
è stato quindi determinante per l’economia finanziaria dei comunisti italiani.
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Le strategie successive dovranno poi
fare i conti con una serie di compromessi, che porteranno però ad un ulteriore
giovamento per la crescita economica di Unipol.
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E’ da considerare storica, infatti, la
rinuncia di CGIL (che rientrava nella sfera sindacale mondiale di obbedienza al
potere sovietico) ad una qualsiasi forma di resistenza verso le cooperative
socialdemocratiche tedesche che detenevano la proprietà del gruppo assicurativo
Volksfursorge, un vero e proprio gigante del settore, a cui Unipol guardava con
crescente interesse, a causa della necessità contingente di aumentare il proprio
capitale sociale.
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Ritter pretese infatti che oltre a
CGIL, entrasse nel capitale Unipol anche la componente UIL, attraverso la sua
società assicurativa, la Finlabor.
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Nel 1975, entreranno in Unipol anche
L’Alleanza Contadina e la CISL.
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Il riscontro positivo, in termini di
effetti economici e finanziari fu immediato, infatti il capitale sociale di
Unipol passò dai 3,3 miliardi di lire del 1973 ai 73,3 del 1986, mentre la
raccolta premi passò dai 15 miliardi del 1971 ai 630 del 1986.
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La deflagrante potenza economica del gruppo
permise a Unipol di costituire una serie di società specializzate in
investimenti, come Ifiro e Ficest, o come Artigianfin Leasing (insieme a BNL),
o come Esaleasing (insieme a Banca Popolare di Ancona).
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Venne creata la Finanziaria del
Movimento Cooperativo, la Finec, e anche una Banca, la Banec.
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Le manovre finanziarie proseguirono con
l’acquisizione del 33,3 % di Einaudi Editore, e del 2 % di Feltrinelli Editore,
oltre che con la costituzione di Uniger Comunicazione, di cui fu nominato
amministratore delegato Valerio Veltroni, fratello di Walter Veltroni.
Tutto ciò portò all’ingresso in Borsa
di Unipol, nel 1986.
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Inizialmente Unipol registrò un
notevole successo, ma poi Volksfursorge decise di vendere le sue quote
azionarie, e di lasciare il Gruppo.
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Le cause di questa decisione furono
molteplici :
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In primis i risultati fallimentari
dello sconsiderato entusiasmo finanziario dei soci PCI, le cui iniziative
produssero esiti disastrosi
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Le speculazioni di Veltroni produssero
enormi buchi, oltre che il risentimento del mondo bancario
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I motivi politici.
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Dopo la riunificazione delle due
Germanie, la socialdemocrazia tedesca si interrogò sull’opportunità di rimanere
in Unipol.
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Tra i motivi per cui i soci tedeschi di
Unipol se ne volevano andare è particolarmente significativo il terzo a cui
accenno sopra.
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La Germania di Willy Brandt non era
così sicura che il PCI riuscisse a sopravvivere alla caduta del muro di Berlino
e al crollo dell’Impero sovietico.
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I tedeschi temevano in particolare che,
all’apertura degli archivi segreti, potessero venire alla luce i coinvolgimenti
del PCI con il regime del terrore staliniano, mettendo in grande imbarazzo chi
si fosse trovato ad avere rapporti e
collegamenti col Partito Comunista Italiano.
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Unipol fu costretta a fare cassa per
comprare il pacchetto di azioni messo in vendita da Volksfursorge, e iniziò ad
incorporare una serie di società immobiliari di Legacoop, come Unifin
Immobiliare, Immobiliare Emis, Immobiliare Bologna Uno, Immobiliare Bologna
Due, ecc.
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Venne creata in Lussemburgo la Euresa
Holding, che raggruppava compagnie assicurative e immobiliari spagnole, belghe,
greche, portoghesi, e una russa.
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Come si vede, il connubio tra Unipol e
comunisti, non solo italiani, è ben documentato, ed è ciò che ha permesso alla
Società Assicurativa di diventare un colosso finanziario.
Ritroviamo quindi l’oro di Mosca,
ancora una volta, dietro all’evoluzione di un pezzo di storia dell’Italia del
dopo guerra.
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Il denaro è sempre il filo conduttore
che appare dovunque il comunismo tenti di estendere i suoi tentacoli, sempre
intrisi del sangue di molti innocenti.
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Le collusioni con chiunque venga a
trovarsi in rapporti di stretta
condiscendenza con il potere comunista sono quindi da considerare
immorali e devastanti per qualsiasi considerazione di carattere etico,
morale, e sociale.
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Il denaro fornito da Mosca è lordo del
sangue di milioni di vittime, e non dissimile da quello che i cinesi ancora
oggi fanno affluire in Occidente, per mezzo dei loro sporchi traffici commerciali.
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Il rispetto e la dignità delle persone
e i diritti umani dovrebbero prevalere sulle considerazioni di carattere
opportunistico, al di sopra di qualsiasi interesse commerciale o economico.
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Ma si sa, il Dio denaro corrompe spesso
le coscienze….
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Dissenso
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