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A tutt’oggi, quotidianamente, in
Tibet prosegue l’opera cinese di annichilimento del popolo tibetano, iniziata
nello stesso momento dell’aggressione armata della Cina a questo territorio,
fino ad allora indipendente.
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Nel 1950 le truppe dei comunisti cinesi
entrarono nel Paese, dilagando nel Tibet orientale con 40.000 uomini del
cosiddetto esercito di liberazione popolare.
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L’indifferenza del mondo intero, di
fronte a questa manifestazione di spavalda ferocia, si trincerò dietro al fatto
che il Tibet non era ancora riconosciuto come Stato indipendente a livello
diplomatico, ma come territorio interno alla Cina.
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La massima autorità riconosciuta dal
popolo tibetano veniva identificata nella persona del Dalai Lama, Tenzin Gyatso,
ma la potenza militare cinese obbligò tutti a riconoscere l’autorità imposta di
Mao Tse Tung e del suo “secondo” Deng Xiaoping.
La cosiddetta “Rivoluzione culturale” di
Mao impose a chiunque non solo di esprimersi, ma anche di pensare, e di agire,
solo nell’unico modo consentito da una nuova concezione socialista.
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Secondo i parametri cinesi, bisognava
purificare le menti, e confessare i propri crimini, sottomettendosi al volere
del popolo.
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Fu istituita la pratica delle sessioni
giornaliere di auto denuncia e di studio, in cui ognuno doveva emendarsi,
mostrando rammarico, confessando i propri errori e denunciando quelli di altri.
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Nessuno era esente da questa pratica, a
cui si doveva partecipare attivamente, e non era consentito non denunciare
qualcuno, poiché ciò era dimostrazione di spirito reazionario e anti
rivoluzionario.
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Si creò quindi un clima surreale di
sfiducia e di terrore, in cui le sorelle denunciavano i fratelli, i figli
puntavano il dito contro i padri, e in cui gli interpreti di attività come
quella di “maestro elementare” venivano sottoposti a verifica e a sedute di
studio, come sospetti di attività borghese e contraria al volere delle masse.
In particolare al popolo tibetano venne
proibito di manifestare qualsiasi richiamo alla religione, o al Dalai Lama,
riconosciuto dai cinesi come massimo traditore e fulcro della ribellione
anticinese.
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I monaci furono perseguitati,
incarcerati, torturati, uccisi, e la loro repressione continua ancora oggi,
nella quasi indifferenza della società cosiddetta “civile” internazionale.
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Centinaia di monaci si sono dati fuoco,
trasformandosi in torce umane, per protestare contro la distruzione progressiva
del mondo tibetano, fagocitato dal gigante cinese, e inglobato inesorabilmente.
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Palden Gyatso è uno dei monaci che la
Cina ha costretto in catene per quasi tutta la sua esistenza.
E’ stato tenuto prigioniero infatti per
ben 33 anni, dal 1959 al 1992, e sottoposto ad ogni genere di sevizie.
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La sua liberazione, avvenuta grazie
all’intervento di una sezione italiana di Amnesty International, ci ha permesso
di conoscere tutti i particolari delle violenze che Palden è stato obbligato a
subire.
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L’anziano monaco, sfinito e provato nel
fisico, non ha mai cessato di amare il suo paese, e non appena ne ha avuto la
possibilità ha scritto un libro in cui illustra gli abusi a cui i tibetani sono
stati sottoposti dai comunisti cinesi.
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“ Tibet - Il fuoco sotto la neve “ è il
titolo dell’opera con la quale denuncia la ferocia e il vero volto del
comunismo cinese.
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Si tratta di un libro che tutti
dovrebbero leggere per rendersi conto di cosa sia veramente il comunismo, e di
come in suo nome si pratichi l’abuso come regola primaria di vita, di come in
nome di Marx e di Stalin si vogliano “rieducare” forzatamente le coscienze di
chiunque non sia perfettamente allineato ai suoi dogmi.
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La tortura e il terrore, insieme al
disprezzo per la vita umana, sono i mezzi di persuasione usati dai comunisti
per il raggiungimento del socialismo.
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La scusante ricorrente di dover
rieducare le menti ostili al socialismo, è per i comunisti l’alibi ideale per
poter ricorrere all’uso di mano d’opera gratuita, incarcerando nei Laogai gli
oppositori del regime.
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Quando il detenuto muore, per le percosse o per il denutrimento, lo Stato Comunista Cinese provvede all’espianto e alla vendita dei suoi organi .
Quando il detenuto muore, per le percosse o per il denutrimento, lo Stato Comunista Cinese provvede all’espianto e alla vendita dei suoi organi .
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La Cina è al primo posto nel mondo per
il turpe commercio degli organi umani.
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Nonostante tutto ciò la comunità
internazionale ed europea intrattiene normali rapporti di affari con il Governo
cinese.
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All’Europa è stato addirittura
riconosciuto il Premio Nobel, nel 2010, per il suo contributo a favore della
pace, della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani.
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Nel 2008 a Pechino si sono
tranquillamente svolte le Olimpiadi, senza che alcuna voce di protesta
ufficiale si levasse dagli Stati partecipanti, tra cui l’Italia, contro
l’assoluto dispregio dei diritti umani.
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I nostri governanti, anzi, in più
occasioni hanno ricevuto i rappresentanti del Governo Cinese, con tutti gli
onori, e con tanto di strette di mano e larghi sorrisi compiacenti.
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A questo rituale non si sono sottratti
né Giorgio Napolitano, il nostro Presidente della Repubblica, né rappresentanti
dei vari partiti politici, quali Berlusconi o Prodi, fotografati con i più
grandi criminali della Storia contemporanea.
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Ecco una carrellata di “esempi” nei
quali possiamo vedere :
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Berlusconi che stringe la mano a Xi Jinping, l'attuale Presidente cinese |
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Prodi che stringe la mano ad Ahmadinejad, il feroce dittatore iraniano |
Napolitano che stringe la mano a Hu Jintao, Presidente cinese dal 2003 al 2013 . |
Napolitano che stringe la mano a Xi Jinping, l'attuale presidente cinese . |
Napolitano che stringe la mano ad Omar el-Bashid, il dittatore sudanese condannato dalla Corte dell'Aja per crimini contro l'umanità per gli eccidi compiuti nel Darfur . |
Berlusconi che stringe la mano a Hu Jintao, Presidente cinese dal 2003 al 2013 . |
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I monaci tibetani, comunque, continuano a condurre una eroica resistenza contro l’oppressione comunista in Tibet, e il loro tributo in vite umane è altissimo.
I monaci tibetani, comunque, continuano a condurre una eroica resistenza contro l’oppressione comunista in Tibet, e il loro tributo in vite umane è altissimo.
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Sono ben 125 le auto-immolazioni di coloro che hanno sacrificato la loro vita
chiedendo a gran voce la libertà per il Tibet.
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L’invasione cinese ha oramai modificato la società tibetana, innestando sul loro territorio numerosissime famiglie cinesi di razza Han, che hanno sostituito le millenarie usanze e tradizioni tibetane con nuovi usi e costumi del “celeste impero”.
L’invasione cinese ha oramai modificato la società tibetana, innestando sul loro territorio numerosissime famiglie cinesi di razza Han, che hanno sostituito le millenarie usanze e tradizioni tibetane con nuovi usi e costumi del “celeste impero”.
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La lingua, la bandiera, i monasteri, le
numerose forme d’arte come la pittura, gli strumenti di meditazione… tutto è
stato annichilito e quasi totalmente distrutto e sostituito.
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L’avanzata cinese è inarrestabile e distruttiva, nella sua devastante corsa alla prevaricazione, e all’imposizione di un comunismo che sempre di più dimostra il suo vero volto.
L’avanzata cinese è inarrestabile e distruttiva, nella sua devastante corsa alla prevaricazione, e all’imposizione di un comunismo che sempre di più dimostra il suo vero volto.
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Il paradiso socialista si fonda in
questo caso sullo sterminio etnico
sposando ferocia e violenza in un connubio devastante e immorale.
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Noi occidentali ne siamo correi ogni
qualvolta giriamo lo sguardo per non vedere, oppure quando, come in occasione
delle olimpiadi di Pechino, permettiamo che il Dio Denaro interceda benevolo al
proseguo di interpretazioni subdole e ingannevoli.
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Come si possono festeggiare record
olimpici mentre nei Laogai si torturano esseri umani ?
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Oggi le cose non sono cambiate.
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Da “Pechino 2008” sono trascorsi 5 anni ma i diritti
umani rimangono in Cina un lontano irraggiungibile miraggio, anche per colpa
nostra…
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Dissenso
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