Durante la campagna di “liberazione” dell’Italia,
nell’ultima guerra mondiale, erano presenti come corpi di spedizione armati
varie rappresentative nazionali, non solo europee, ognuna delle quali si
muoveva con peculiarità differenti e con premi di ingaggio particolari.
Ogni strategia era permessa sul nostro territorio, e
si andava quindi dai bombardamenti a tappeto compiuti dagli aerei americani sui
quartieri popolari delle nostre città, ai raid compiuti da squadracce di nord
africani inferociti e istigati dalla promessa di usufruire del cosiddetto
“diritto di saccheggio”, una delle pratiche più in uso tra le milizie delle
truppe mercenarie.
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Questi gruppi armati marocchini, algerini, tunisini,
e senegalesi, furono arruolati nel corpo di spedizione francese per combattere,
appunto, sul fronte italiano nel 1944.
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Il dilagare delle violenze che queste truppe
esercitarono nei territori conquistati, fu originato dal “via libera” concesso
dal Generale francese Alphonse Juin, che alla vigilia dell’attacco alla Linea
Gustav, nei pressi di Cassino, emise il seguente comunicato rivolto alle truppe
marocchine :
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« Soldati
!
Questa volta non è solo la libertà delle
vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia.
Alle spalle del nemico vi sono donne,
case, c'è un vino tra i migliori del mondo, c'è dell'oro.
Tutto ciò sarà vostro se vincerete.
Dovrete uccidere i tedeschi fino
all'ultimo uomo e passare ad ogni costo.
Quello che vi ho detto e promesso
mantengo.
Per cinquanta ore sarete i padroni
assoluti di ciò che troverete al di là del nemico.
Nessuno vi punirà per ciò che farete,
nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete.. »
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Nonostante il fatto che la Francia non
abbia mai ufficialmente ammesso questo grave arbitrio, la realtà tragica dei
fatti ha confermato le spaventose conseguenze della bestialità del Generale
Juin.
Orde di marocchini, infatti, furono
libere per oltre 50 ore di attuare qualsiasi nefandezza venisse loro in mente
di compiere, sulla popolazione inerme di una vasta area delle Provincie di
Frosinone e di Latina.
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Bambine di 8 anni di età,
insieme a donne anziane di 85, per un totale di decine di migliaia di persone,
vennero stuprate e violentate ripetutamente da una banda di delinquenti
composta da truppe marocchine prive di controllo.
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Tutte le donne delle località di
Patrica, Polfi, Isoletta, Supino, e Morolo, in Provincia di Frosinone, furono
violentate, mentre a Lesola i “valorosi” marocchini stuprarono anche i bambini
e le persone anziane, come risulta dalla testimonianza dello scrittore Norman
Lewis nel libro “Napoli ‘44”.
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Le truppe marocchine, denominate
“goumier” sfogarono la loro violenza anche in altri territori della Provincia
di Frosinone, come ad esempio Esperia, Castro dei Volsci, Vallemaio,
Sant’Apollinare, Ausonia, Giuliano di Roma, Ceccano, San Giorgio a Liri,
Morolo, e Sgurgola.
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La foga brutale dei nordafricani si
ripetè anche nei territori della provincia di Latina, e precisamente nelle
località di Lenola, Campodimele, Sabaudia, Spigno Saturnia, Formia, Terracina,
San Felice Circeo, Sabaudia, Roccagorga, Priverno, Maenza, e Sezze, a volte con
efferatezze quali lo stupro di ragazzine e bambine in presenza dei loro stessi
genitori, costretti ad assistere all’infame scempio.
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La ferocia e la vigliaccheria dei “prodi
combattenti” nordafricani si rivolse anche verso la popolazione maschile,
sottoponendo 800 persone a sodomizzazione.
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Anche il prete di Santa Maria di
Esperia, don Alberto Terrilli fu barbaramente stuprato, subendo una violenta
sodomizzazione che gli causò ferite devastanti, e la successiva morte.
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Coloro che intervennero in difesa dei
propri concittadini vennero impalati…
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Era consuetudine comune tra i marocchini
evirare gli uomini per appropriarsi di un trofeo, a dimostrazione
dell’uccisione del “nemico”.
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Molte delle vittime furono contagiate da
sifilide, gonorrea, ed altre malattie veneree, e l’epidemia che ne conseguì fu
arginata solo grazie alla penicillina degli Americani.
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Le vittime furono definite, in termine
alquanto rozzo e privo di sensibilità, come “marocchinate”.
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Dopo la guerra il Generale Juin fu
promosso Capo di Stato Maggiore della Difesa Nazionale francese, e dal 1951
divenne Comandante per il Centro Europa della NATO.
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Leggendo tutto ciò, viene spontaneo
chiedersi se si trattò quindi di Liberazione, o se invece ci si trovi davanti
ad un vero e proprio incubo intriso di violenza.
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Certo che è più facile, per i cosiddetti
vincitori, esibirsi in canzonette come “Bella ciao” in occasione del 25 aprile,
anziché ricordare le tante vittime delle “Forze di liberazione”, comprendendo
anche coloro che sono rimasti sepolti dai crolli causati dai bombardamenti
americani, oltre a quelli sopra citati, vittime cioè della cieca violenza
marocchina.
I crimini di guerra compiuti nel 1944
furono stigmatizzati anche da Alberto Moravia ne “La Ciociara” da cui venne poi
tratto anche il famoso film interpretato magistralmente da Sophia Loren.
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Una nota del 25 giugno del
1944 del Comando dell’Arma dei Carabinieri dell’Italia liberata, rivolta alla
Presidenza del Consiglio, indicava le violenze e i furti commessi dai soldati
marocchini :
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« …infuriarono contro quelle popolazioni
terrorizzandole.
Numerosissime donne, ragazze e bambine vennero violentate, spesso
ripetutamente, da soldati in preda a sfrenata esaltazione sessuale e sadica,
che molte volte costrinsero con la forza i genitori e i mariti ad assistere a
tale scempio.
Sempre ad opera dei soldati marocchini vennero rapinati
innumerevoli cittadini di tutti i loro averi e del bestiame.
Numerose abitazioni vennero saccheggiate e spesso devastate e
incendiate.»
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Questo stato di cose indusse il Vaticano, alla
vigilia della “presa di Roma”, a chiedere che solo truppe cristiane potessero
entrare nella “Città eterna”.
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Oggi, a distanza di tanti anni, dobbiamo ancora
constatare come l’Italia sia un Paese in cui ci si dimentica di eroi e di
martiri, di vittime di olocausti, come nel caso delle Foibe, o delle
“marocchinate”, appunto.
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In Italia, sotto l’alibi della “liberazione” e con i
vessilli al vento di una storiografia insufficiente e colpevolmente complice di
una disinformazione endemica, sono avvenuti massacri e pulizie etniche,
saccheggi, violenze e stupri di ogni genere.
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Questo capitolo storico della seconda guerra
mondiale viene però ignorato e passato sotto silenzio, dando poca o nulla
importanza a tutto ciò, incorrendo sempre in strane omissioni o amnesie.
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Come mai eminenti giornalisti, come ad esempio
Miriam Mafai, fondatrice del quotidiano “La Repubblica” e storico esponente del
PCI, autrice del libro “Le donne italiane”, non ha mai neppure accennato ad una
sola delle 60.000 donne, incolpevoli vittime della violenza della “liberazione”
?
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Eppure perfino alcune parlamentari esponenti del PCI
rivolsero una interpellanza al Ministro ad interim del Tesoro, nell’aprile del
1952, come risulta dalla lettura degli Atti Parlamentari.
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Si chiedeva, in particolare, come mai non fossero
ancora state liquidate le oltre 60.000 pratiche di indennizzo e pensione per le
donne che subirono violenza dalle truppe di “liberazione” marocchine.
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A questo proposito l’Onorevole Rossi Maria
Maddalena fornì alcuni esempi delle violenze innominabili perpetrate su uomini
e donne :
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Ad Esperia, un paese del cassinate, perfino il
Parroco fu legato ad un albero e costretto ad assistere alle sevizie, prima di
essere sodomizzato e ucciso.
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A Vallecorsa non furono risparmiate nemmeno le Suore
dell’Ordine del Preziosissimo Sangue.
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A Castro dei Volsci morirono per le sevizie ben 42
tra uomini e donne..
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In contrada Monte Lupino, il 27 maggio 1944, una
ragazza di 17 anni, Molinari Veglia, fu violentata davanti alla mamma, e poi
uccisa con un colpo di fucile.
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In contrada Farneta un’altra madre, Rossi Elisabetta
di 50 anni, venne sgozzata per aver tentato di difendere le sue due figlie, di
17 e 18 anni che verranno poi stuprate.
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Stessa tragica sorte toccò a Margherita Molinari di
55 anni, che cercava di salvare la figlia Maria di 21 anni.
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Un bambino di 5 anni di età che assisteva impaurito
a quanto succedeva intorno a lui diventò uno scomodo testimone, e per questo
venne lanciato in aria e lasciato ricadere a terra, procurandogli così ferite
che lo portarono a morire di lì a poco.
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Più di diecimila donne, spesso anziane, dell’età di
75/80 anni, vennero violentate e
contagiate da malattie veneree trasmesse loro dai marocchini.
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E noi Italiani ogni anno, ancora oggi, dovremmo
festeggiare la “Liberazione” il giorno 25 Aprile ?
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C’è da vergognarsi al solo pensiero, ma soprattutto
dovrebbero chiedere scusa tutti coloro che, mistificando la realtà dei fatti,
hanno fino ad oggi nascosto e omesso di portare a conoscenza dei Cittadini
questi tragici fatti.
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La disinformazione che aleggia sotto le note
trionfanti di “Bella ciao” è complice di questi misfatti, poiché nascondendoli
impedisce alle vittime un giusto e doveroso riconoscimento, insieme ad un
affettuoso ricordo.
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Anche per questo io NON FESTEGGERO’ la ricorrenza
del 25 aprile, ma anzi mi stringerò idealmente in un abbraccio fraterno alle
donne italiane che trovarono la morte e le sevizie per mano delle truppe di
“Liberazione”.
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Il 25 aprile è un giorno di LUTTO per l’Italia intera,
e forse un giorno la verità squarcerà il velo di silenzio che ha fino ad oggi
ricoperto queste vicende.
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Fonti :
Centro Documentazione Studi Cassinati, Digilander.libero.it, InStoria.it, Mario Cervi-Patriottismo.net, StoriaLibera.it, Wikipedia.
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Dissenso
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