domenica 6 dicembre 2015

"PROMETEO" : il giornale trotzkista che dava fastidio al P.C.I.

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Sottotitolo   -   Comunisti contro comunisti : l'odio come forma di lotta.
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Possiamo ritrovare nelle pieghe della Storia, fin dagli esordi della rivoluzione di ottobre in Russia, un diverso comunismo, di ispirazione trotzkista, che, proprio a causa del differente allineamento politico, più vicino cioè a Trotzky e ad Amedeo Bordiga che a Stalin, costituì per i bolscevici una vera e propria spina nel fianco, al punto da essere perseguitato sia dal Partito Comunista Italiano che da quello sovietico.
Copertina del 1924
I comunisti europei non allineati alla corrente staliniana, dal 1924 in poi, fecero capo ad un giornale chiamato “Il Prometeo”, di cui troviamo traccia anche nel libro “Roma a Mosca : lo spionaggio fascista in URSS e il caso Guarnaschelli”, scritto da Giorgio Fabre ed edito da Dedalo.
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Il Prometeo è citato anche a più riprese, come fonte informativa, da Romolo Caccavale nel suo libro : “Comunisti italiani in Unione Sovietica”.
Tra gli appartenenti di spicco, affiliati a “Prometeo”, come desunto dai testi sopra citati, appaiono personaggi italiani, emigrati in Russia, come :
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Ersilio Ambrogi, comunista italiano, nel 1924 fu condannato a 21 anni di carcere per aver ucciso un miltante fascista a Cecina, ma poi rilasciato in quanto membro del Parlamento.
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Nel corso dello stesso anno emigrò in Unione Sovietica, dove ricoprì incarichi all’interno dei servizi segreti (GPU e NKVD).
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Al VI° Plenum dell’Internazionale Comunista Ambrogi difese le posizioni di Bordiga, tentando anche di formare un nucleo insieme a Virgilio Verdaro e Arnaldo Silva.
Per questo motivo fu trasferito a Berlino, dove dal 1930 al 1932 svolse attività di contatto con la Sinistra, sorvegliato dalla GPU.
Rientrò in Russia e sostenne condizioni di vita particolarmente difficili, fino a quando non prese posizione di sostegno dello stalinismo, nel 1934.
Nel 1936 si trasferì in Belgio dove svolse l’ambiguo compito di informatore per conto sia dei sovietici che del Governo Italiano, frequentando gli ambienti antifascisti.
Nel 1942 ottenne la revisione del suo processo, che si svolse a Padova e portò alla sua condanna al confino e poi alla deportazione in Germania.
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Nel 1945 tornò in Italia, dove riprese la professione di avvocato.
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Si iscrisse al partito Comunista Italiano nel 1956, e lo rimase fino alla morte.
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Virgilio Verdaro,  detto Gatto Mammone, di cui oltre.
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Dante Corneli, comunista italiano, romano di Tivoli, sparò al Segretario del fascio di Tivoli, uccidendolo, il 22 aprile del 1922.
Dante Corneli
Fuggì in Russia, dove aderì al gruppo di Trotzky, Zinov’ev e Kamenev.
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Nel 1936 fu arrestato e condannato per attività controrivoluzionaria, e deportato a Vorkuta, un lager situato oltre il Circolo Polare artico, dove rimase per dieci anni.
Riuscì a sopravvivere e a ritornare in Italia, offrendo una testimonianza sulle persecuzioni staliniane, denunciando il vero volto del comunismo sovietico.
Non trovò alcun editore disposto a pubblicare le sue vicende, osteggiato e boicottato dal Partito Comunista Italiano, per cui decise di pubblicare in proprio i suoi opuscoli di ricordi.
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Diede alle stampe il libro “Il redivivo tiburtino” che rappresenta la più importante testimonianza italiana del sistema repressivo comunista sovietico.
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Emilio Guarnaschelli, comunista italiano di Torino, emigrò spontaneamente in Russia all’età di vent’anni, attratto dall’idea di contribuire alla realizzazione e all’edificazione del socialismo.
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Dopo un anno di vita nel “paradiso socialista” era rimasto molto deluso dalla realtà dei fatti e chiese quindi il Passaporto per tornare in Italia, rivolgendosi all’Ambasciata Italiana a Mosca.
Fu quindi guardato con sospetto e infine accusato di Trockismo.
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Fu arrestato con l’accusa di essere un controrivoluzionario, e condannato al confino, in una regione dell’estremo nord della Russia.
Nel 1936 subì una seconda condanna a cinque anni di gulag, e dopo due anni fu condannato alla fucilazione.
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Dopo questo breve “escursus” su alcuni degli “affiliati” a Prometeo, torniamo alle vicende del giornale stesso.
Pare che la sua esistenza, a livello europeo, facesse comodo al fascismo, che lo riteneva infatti come una “spina nel fianco”, appunto, del Partito Comunista Italiano, notoriamente legato a Stalin, a sua volta convinto  nemico della corrente trotzkista.
Molti degli affiliati al “Prometeo” emigrarono in Unione Sovietica per motivi politici, in quanto ricercati per reati di vario tipo dal regime fascista, ma furono arrestati dai loro stessi confratelli comunisti, che vedevano in loro, come soggetti legati a Trotzki, appunto, un vero e proprio nemico.
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Tra questi troviamo Luigi Calligaris, Vincenzo Baccalà, Giovanni Bellusich (arrestato a Leningrado perché amico di Calligaris), e una miriade di altri comunisti (di fede Trotzkista) che trovarono la morte per mano del comunismo russo, con il beneplacito di Palmiro Togliatti e dei massimi dirigenti comunisti italiani degli Anni ’30.
Luigi Calligaris
Il libro sopra citato, di Giorgio Fabre, tenta di addurre le responsabilità iniziali delle deportazioni staliniane a cause secondo cui i malcapitati erano legati a connivenze col fascismo,  mentre la Storia e i documenti desunti dall’apertura degli archivi storici, oltre alle testimonianze di ex deportati, come ad esempio, Dante Corneli, provano che ciò non sia vero.
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Vincenzo Baccalà
La responsabilità dell’accanimento contro i seguaci di Trotzki, sia da parte del PCI che del PCUS, ossia dei due movimenti comunisti, italiano e russo, è da ascrivere al delirio di onnipotenza di Stalin e alla paranoia con cui ricercava il potere assoluto, da un lato, mentre dall’altro riconduce al palese desiderio di compiacenza estrinsecato nei fatti dai comunisti italiani, Togliattiin primis”.
Il tentativo, peraltro riuscito, di annichilire le opposizioni condusse Stalin lungo un sentiero lastricato di omicidi, di repressioni, di diffamazione, di lotta senza esclusione di colpi, proprio contro Trotzki e il “Prometeo” che li rappresentava.
Trotsky fu espulso dal partito ed esiliato negli anni venti, e trovò la morte in Messico, per mano di un sicario di Stalin, Ramon Mercader, il 20 agosto del 1940.
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Ramon Mercader
Mercader era un agente dell’NKVD (il famigerato servizio segreto russo) che si era infiltrato nell’entourage di Trotzki, dopo aver sedotto la sua segretaria Sylvia Sangeloff.
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Lo assassinò piantandogli un punteruolo per il ghiaccio nella parte posteriore del cranio e per questo fu poi condannato a 20 anni di carcere.
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Dopo aver scontato la pena tornò a Mosca nel 1960 e fu insignito dell’onoreficenza di Eroe dell’Unione Sovietica, e gli furono dati un appartamento di tre stanze e una pensione da generale.
“Prometeo” professava un comunismo internazionalista, di ispirazione bordighista, vicino alle tesi di Trotzky (Rivoluzione permanente), in antitesi con quelle di Stalin (Rivoluzione in un solo Paese), e nella sua prima serie nacque in seno al giovane Partito Comunista d’Italia come portavoce e come rivista teorica di educazione marxista, per collocarsi poi nella seconda serie, come organo della frazione più a sinistra del PCI, per continuare l’opera di elaborazione ideologica, erede della tradizione di un comunismo, appunto,  internazionalista.
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L’immagine, suggestiva, con cui il giornale si proponeva, era quella del Titano Prometeo, l’eroe mitologico incatenato da Zeus sulle rocce del Caucaso per aver rubato agli Dei il fuoco, che rappresenta il potere della conoscenza, per donarlo agli uomini.
Numerose riviste della sinistra comunista hanno adottato questo nome, Prometeo appunto, ad iniziare da quella di cultura sociale del 1924, per passare poi a quella che dal 1928 al 1938 uscì in Belgio come pubblicazione in lingua italiana della Frazione di Sinistra del PC d’Italia, e in ultimo, uscendo dalla clandestinità come organo del Partito Comunista Internazionalista dal 1943 al 1945.
Proprio a Bruxelles, nel gennaio del 1938, Prometeo denunciò mediante un articolo il dramma subìto da molti comunisti italiani che, per vari motivi, si rifugiarono in Russia, trovandovi poi la morte per mano di Stalin e del comunismo stesso.
L’articolo di Prometeo si intitolava : “ La tragedia dell’emigrazione politica italiana in Russia ”, e pubblicava un elenco di 13 nomi di comunisti italiani arrestati in Unione Sovietica, specificando che “ i due terzi dell’emigrazione politica italiana in Russia si trovavano in galera o erano sottoposti a deportazione ”.
Questa problematica era già stata evidenziata in precedenza, nel gennaio del 1936, allorquando Prometeo dopo aver iniziato una campagna in difesa di Luigi Calligaris, si schierò anche in difesa di Emilia Mariottini, rea di essere la moglie di Virgilio Verdaro.
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Manifesto di reduci
dai gulag comunisti
L’autore di queste denunce si firmava con lo pseudonimo di “Gatto Mammone”, al secolo Virgilio Verdaro (il marito della Mariottini, appunto), nato a Ceresio (Canton Ticino) il 28 giugno 1885.
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Verdaro, ex socialista rivoluzionario, si schierò fin dal 1918 con l’ala sinistra del Partito Socialista, appunto,  che sosteneva i princìpi della Nuova Internazionale Comunista, divenendo poi nel 1920 segretario del Comitato esecutivo della Frazione Comunista.
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In questo ruolo, ebbe parte attiva nella formazione del Partito Comunista d’Italia nel 1921.
Prima espulso dall’Italia, emigrò poi in Urss, dove rimase fino al 1931, mantenendosi sulle posizioni politiche della Sinistra Italiana e costituendo la Frazione di sinistra del PCR (Partito Comunista Russo).
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Tale iniziativa fu però considerata illegale dal Partito Comunista Russo che lo espulse, inducendolo a lasciare la Russia per la Francia, dove divenne Direttore di redazione del Prometeo.
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Nell’articolo in cui denunciava le persecuzioni di Stalin verso i comunisti italiani, “Gatto Mammone” faceva chiaramente capire che le deportazioni e gli arresti erano rivolti maggiormente, come fossero “pilotati”, verso coloro che avevano dimostrato orientamenti Trotzkisti e Bordighisti.
Alla luce degli studi condotti in occasione della temporanea apertura degli archivi dei Servizi Segreti Russi, è lecito supporre una diretta responsabilità della classe dirigente dell’allora Partito Comunista Italiano, che per mano di Togliatti segnò il macabro destino di questi sventurati.
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Tra i nomi degli arrestati o deportati nei gulag sovietici nel 1935 che Prometeo segnalò sulle sue pagine troviamo:
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Calligaris Luigi, triestino, fu spedito a Mosca dal PCI perchè  indiziato di “propaganda trotzista” e successivamente espulso dal PCI stesso quando questi era già nella capitale sovietica.
Fu così arrestato, insieme ad altri italiani, con l’accusa di essere un controrivoluzionario, e sottoposto a torture e deportazione nei lager staliniani.
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Tra il 1937 e il 1938 fu processato nuovamente e condannato alla fucilazione, da eseguire nel lager in cui era detenuto, quello di Sevvostoklag.
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Il segretario del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti, a Mosca in quel periodo, non fece nulla per salvare la vita di Calligaris (e di molti altri), benchè avesse l’autorità per farlo.
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Addirittura dopo la morte di Stalin gli fu chiesto di procedere alla riabilitazione sia di Calligaris che di altre centinaia di comunisti italiani, assassinati dal comunismo russo, ma Togliatti rispose :
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"Queste sono cose da dimenticare".
Togliatti su
francobollo russo
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Nonostante ciò, ancora oggi i comunisti italiani si riferiscono a Togliatti chiamandolo con il seguente appellativo : “Il Migliore” …
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Gaggi Otello,  anarchico toscano, ebbe molti guai con la giustizia italiana, sia per diserzione, per omicidio, per danneggiamenti, minacce, e incendio doloso.
Per questo motivo fuggì in Russia dove però fu condannato per “attività controrivoluzionaria”.
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Di lui si persero le tracce nella località di Semipalatinsk in Kazakistan, e solo a seguito dell’apertura degli archivi si saprà della sua morte, avvenuta in “stato di detenzione”.
Anche in questo caso Togliatti (a quell’epoca Ministro in Italia) non fece nulla per salvare la vita al connazionale, e anzi rifiutò esplicitamente di intervenire.
“Il Migliore” non rispose neppure all’appello scrittogli per l’occasione da Viktor Serge, lo scrittore e rivoluzionario russo di ispirazione socialista libertario.
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Biondini Ezio di Udine (pseudonimo Merini Giovanni, Edmundo, Rubini) emigra in Russia per sfuggire alla Giustizia italiana.
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A Mosca fu poi arrestato per attività controrivoluzionaria viene condannato più volte, a varie riprese, prima a 5 anni.
Chiede alla delegazione del PCI, allora a Mosca per un congresso (nella persona di Giancarlo Pajetta) di essere rimpatriato.
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Il giorno successivo viene arrestato dall’NKVD e condannato ad altri 10 anni di gulag e in seguito ad altri  25 anni di deportazione.
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Muore nel 1952 nella regione di Krasnojarsk, ucciso da un delinquente in circostanze mai chiarite.
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Guarnaschelli Emilio, comunista italiano (vedi scritto precedente)

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Martelli Gino, di Firenze, comunista, viene condannato a 21 anni di reclusione per l’omicidio di un fascista.
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Emigra in Urss, ma poi viene arrestato per attività antisovietica e condannato a 5 anni da scontare nel lager di Severo-Vostochnyj, in Estremo Oriente.
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Successivamente viene condannato alla pena di morte per sabotaggio, e fucilato il 28 aprile 1938 a Magadan.
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Nel 1937, definito da Viktor Serge come "l'annata del boia", il triste elenco si arricchì di nuovi nomi :
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Umberto Specchi, anarchico milanese, emigrò in Russia nel 1934.
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Dopo tre anni venne accusato di attività controrivoluzionaria e condannato a 5 anni di lager.
Inviato al Severo-Vostocnyj venne poi condannato alla pena capitale e fucilato fra il 10 e il 14 marzo del 1938.
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Sensi Giuseppe, di Castiglion dei Pepoli (Bologna) venne condannato dalla Giustizia Italiana perché correo di un omicidio politico ed espatriò prima in Francia poi in Unione Sovietica.
Arrestato a Mosca nel ’37 venne condannato a 5 anni di deportazione nei gulag staliniani (condanna rinnovata ad altri 5 anni) poi alla pena di morte e fucilato nel 1938 al Severo-Vostocnyj.
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Lazzaretti Arduino, macellaio fiorentino, anch’egli condannato da un tribunale fascista, seguì lo stessi iter di Specchi, emigrando in terra di Russia, dove fu poi arrestato e condannato a 5 anni di deportazione (condanna rinnovata ad altri 5 anni).
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Silva Arnaldo di Roma, fu condannato a 24 anni di carcere da un tribunale fascista e arrestato.
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Evase dal carcere di Regina Coeli ed espatriò in Russia.
Nel 1937 fu accusato di trotzkismo dall’NKVD, e rinchiuso a Mosca nel carcere della Taganka.
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Condannato alla pena capitale fu fucilato il 3 giugno 1938 al Poligono di Butovo.
Manservigi Nino di Torino, operaio aggiustatore, profugo dal 1921.
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Elodia Valenti, sorella di Manservigi e vedova di un altro comunista deceduto a Mosca.
Cerquetti Renato geometra di San Severino Marche (Macerata), iscritto al PCI nel 1921, si trasferì legalmente in Urss nel 1924.
A causa del suo passato bordighista viene arrestato a Mosca con l’accusa di spionaggio e fucilato il 9 febbraio 1938, a Butovo
Allegrezza Francesco (pseudonimo “Visconti”), nacque a Corinaldo di Ancona il 31 dicembre 1898.
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Assegnato al confino fascista per cinque anni, scappa dall’Italia ed emigra in Urss.
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Nel 1937 è espulso dal partito comunista sovietico per i suoi legami con il "nemico del popolo" Renato Cerquetti.
Venne arrestato nel 1937 come membro di un'organizzazione terroristica controrivoluzionaria, e condannato alla pena capitale.
Venne fucilato il 14 marzo 1938 alla Kommunarka
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Costoro furono prelevati nella sola città di Mosca, mentre in altre zone, come ad esempio Odessa, l’intera comunità italiana venne “tolta dalla circolazione”.
L’accusa di Prometeo punta il dito, oltre che su Palmiro Togliatti, il feroce criminale comunista che divenne boia dei suoi stessi compagni, anche sulla moglie di “Ercoli” (lo pseudonimo di Togliatti), Rita Montagnana, e su Paolo Robotti (cognato di Togliatti), Presidente in Unione Sovietica del gruppo emigrati italiani.
“Gatto Mammone” definisce i vari personaggi come Togliatti, Grieco, Di Vittorio, Berti, Longo, come l’edizione italiana dei filibustieri, forse ancora più spregevoli dei carnefici moscoviti.
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Nota :
Ruggero Grieco fu tra i fondatori, nel 1921, del PCd’I (Partito Comunista d’Italia), inizialmente a capo della fazione bordighista che poi abbandonò, schierandosi con Antonio Gramsci).
Giuseppe Di Vittorio fu sindacalista della CGIL e politico comunista.
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Giuseppe Berti, era membro del Comintern, e “inquisitore” del Centro estero del PCI a Parigi (1937).
Luigi Longo, dirigente del PCI, membro del Comintern, e partigiano (fu colui che diede il colpo di grazia  a Benito Mussolini dopo la sua fucilazione).
Prometeo divenne dal 1946 rivista teorica del Partito comunista internazionalista, mentre dal 1952 in seguito alla scissione dello stesso seguì il troncone legato a Onorato Damen, il comunista rivoluzionario e internazionalista che era tra i  fondatori del Partito stesso.
Copertina del 1946
Damen, a causa delle divergenze ideologiche, che lo contrapponevano alla “costruzione del socialismo in un solo paese”, fu inviso a Palmiro Togliatti, che nel clima della “Liberazione” lo accusò addirittura di “sabotaggio al servizio della Gestapo”, chiedendone la condanna a morte al CLN (Comitato di Liberazione Nazionale, che coordinava la lotta di Resistenza e di Liberazione).
Paradossalmente assistiamo quindi, con Prometeo, ad un antistalinismo di sinistra, radicato su posizioni internazionaliste e legate alla impostazione del programma politico della III internazionale di Lenin, così come al pensiero internazionalista, appunto,  di Amedeo Bordiga, fino alla secessione della corrente che farà poi capo a Onorato Damen.
In quel periodo ci si trovò quindi di fronte a due comunismi, l’uno impostato sulla ricerca dell’edificazione del socialismo in un solo paese, l’altro assertore di una espansione della rivoluzione socialista in tutto il mondo.
La contrapposizione delle due visioni condusse la fazione più forte e spietata, quella di Stalin, verso un sentiero costellato di nefandezze e di odio, ritorcendo verso i suoi stessi compagni una spirale di odio e di violenza che è tipica del comunismo marxista.
Spesso infatti il comunismo si è pasciuto del sangue dei suoi stessi figli e fratelli, e lo dimostrano l’assassinio di Trotzki per mano di un sicario di Stalin, così come gli omicidi degli innumerevoli comunisti italiani rifugiati in Russia e poi deportati nei lager del regime, oppure come il tentativo del criminale Togliatti di far giustiziare Onorato Damen.
Ecco una citazione estrapolata dal Prometeo N° 7 del Maggio-Giugno 1947 :
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Occorre abbandonare senza residui la difesa dell'URSS, a profitto di una politica di lotta senza pietà contro il capitalismo e contro lo stalinismo suo complice.
Per condurre vittoriosamente questa lotta, bisogna svelare ad ogni passo e concretamente il carattere controrivoluzionario della burocrazia russa, smascherare la menzogna delle nazionalizzazioni e delle riforme agrarie, sviluppare la fraternizzazione fra occupanti e occupati, dichiarando apertamente che nè gli uni nè gli altri hanno più nulla da difendere in Russia, ma al contrario hanno tutto da distruggervi allo stesso titolo che, in non importa quale stato capitalista, sia che al governo di questo partecipino o no gli agenti del Cremlino.
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Comunisti contro comunisti, quindi, per difendere rispettivamente la propria visione di quello stesso stereotipo marxista dalle mille sfaccettature, ma che nella sostanza non rifugge dall’acclamazione di quelle pietre miliari che ne costituiscono l’essenza.
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In primis, i due schieramenti antagonisti sono accomunati dall’uso e dal ricorso alla violenza cieca, pura e incontrollata, prodromica alla dittatura del proletariato, come chiaramente indicato e auspicato dallo stesso Marx.
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Lev Trotsky (pseudonimo di Lev Davidovic Bronstejn), come indicato dallo studio delle carte esaminate all’apertura degli archivi sovietici, era propenso all’uso della  violenza come metodo di lotta, alla pari, se non più, di Lenin e di Stalin.
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Scrisse infatti “Terrorismo e Comunismo” in cui rivendicava la violenza rivoluzionaria, spingendosi fino all’approvazione del terrorismo, per mantenere il potere sulle classi borghesi, dopo la Rivoluzione di Ottobre del 1917, in cui prese parte attivamente.
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Trotsky afferma che il connubio tra la forza e la violenza sono indispensabili al superamento del capitalismo, in uno sviluppo storico che conduce verso l’unica alternativa possibile : una ferrea dittatura di classe del proletariato.
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A questo proposito è sintomatico quanto accadde nel mese di Febbraio del 2004 a Venezia, nel corso di un convegno sulla “non violenza”, a cui hanno parteciparono elementi di spicco dela sinistra italiana.
Un comunista italiano “storico”, come Fausto Bertinotti, ammise che nella concettualità intrinseca del comunismo la teorizzazione della non violenza, proprio non esiste, rinnegando così, in qualche modo, l’essenza stessa del Partito in cui aveva da sempre militato.
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D’altra parte, anche Trotsky, l’ispiratore della linea politica comunista di “Prometeo”, si macchiò di una grave infamia nota sotto il nome di : “Repressione di Kronstadt”.
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In pratica l’autorità sovietica, Trotsky in testa, non permise agli abitanti della città fortificata di Kronstadt (50.000 persone), sull’isola di Kotlin, nel golfo di Finlandia, di ribellarsi al potere centrale bolscevico, dopo la Rivoluzione di Ottobre, e di autoproclamare nel 1921 un governo federativo e libertario.
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Prima dell’assalto alla Cittadella la popolazione fu avvisata con un manifesto, firmato da Lenin e Trotkzy, che recitava :
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"Arrendetevi entro 24 ore o sarete mitragliati e massacrati come pernici."
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La resistenza degli insorti si protrasse per dodici giorni, dopo i quali le truppe di Mosca irruppero nella Cittadella, al comando del Generale Tuchacevskij.
I combattimenti continuarono casa per casa e le truppe russe massacrarono chiunque capitasse loro sotto tiro, persino chi si arrendeva, uomini, donne o bambini.
Da tutto ciò, da Prometeo, dalla Storia, e dai comunisti stessi, si può tracciare quindi il vero volto del comunismo, spesso dissimulato, celato, nascosto, distorto, e offerto alle masse come artefatto, nella sua dimensione meno reale e crudele.
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Comunismo è sinonimo di morte e di violenza, indiscutibilmente, storicamente e dichiaratamente.
Altro che bandiere della pace multicolori, in cui ipocritamente si ammantano i politici di fama che simpatizzano con la falce e martello.
Altro che bonomia e accondiscendenza, abbinate simbioticamente al comunismo, come se esso fosse una forza politica da amare e da coccolare….
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Si può forse amare la morte ?
Possono essere la violenza e la tortura elementi di condivisione universale tra le persone e i popoli ?
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A queste domande dovrebbero rispondere tutti coloro che, stupidamente e irrazionalmente, si dichiarano comunisti. 
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Dissenso
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domenica 29 novembre 2015

IOSIF STALIN

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“ Baffone” è uno dei nomignoli con cui “affettuosamente” i comunisti si rivolgono al loro idolo di riferimento, il defunto ma indiscusso capo del comunismo sovietico Iosif Vissarionovič Džugašvili, meglio conosciuto come Iosif Stalin.
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Gli studi compiuti su questo personaggio, su cui sembra calare incessantemente un’aura di condiscendenza e di bonomia, e sulla cui essenza gli intellettualoidi di mezza Europa hanno taciuto o mentito, ci permettono di rivelare oggi, forti della conoscenza dataci dall’esame dei documenti storici, precedentemente preclusi, ciò che realmente è stato Stalin per l’umanità.
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Si può considerare, a ragione, come il più efferato criminale comunista che la Storia ci possa presentare, come responsabile della morte e della tortura di milioni di persone, uguagliato in ferocia da pochi altri esseri umani, come ad esempio il dittatore comunista cinese Mao Tse Tung o quello cambogiano Pol Pot.
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L’”intellighenzia” sinistroide europea ha dissimulato per interi decenni la reale portata dell’immensa ferocia con cui il comunismo, per mano di Stalin, e non solo, ha causato dall’avvento del bolscevismo russo, instaurato dopo la rivoluzione di ottobre nel 1917, fino ad oggi, ben cento milioni di morti.
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Nonostante ciò Stalin è ancora oggi idolatrato da schiere di fanatici comunisti che vogliono coscientemente ignorare i massacri e i bagni di sangue compiuti da questo sadico assassino in nome dell’ideologia cui si riferiva : il comunismo.
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All’inizio della sua escalation dittatoriale Stalin fu subito responsabile della morte di milioni di persone in Ucraina, inducendo consapevolmente una carestia di proporzioni bibliche, che privò la polazione intera del sostentamento alimentare.
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Criminalizzò il ceto contadino, dichiarando nemico del popolo chiunque fosse proprietario anche di una sola mucca, requisendone le proprietà e collettivizzandole mediante l’inserimento di gruppi di persone fatti arrivare dalle città.
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I contadini che si opposero a tutto ciò vennero fucilati o deportati nei gulag staliniani.
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Tutti i raccolti vennero confiscati dallo Stato, che arraffò anche quella parte di sementi necessarie alla risemina per il futuro raccolto dell’anno successivo.
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Questa condotta criminale fu la causa di quello che ancora oggi viene ricordato come “Holodomor” dalla popolazione dell'Ucraina, e come uno dei maggiori crimini contro l’umanità che sia mai stato perpetrato.
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Furono infatti ben sette i milioni di vittime che perirono a causa della fame prodotta dalla carestia indotta consapevolmente e criminalmente da Stalin.
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La collettivizzazione delle campagne causò una inversione di tendenza nel ceto contadino, per cui gli agricoltori persero interesse nella produzione cercando di fuggire e facendo diminuire drasticamente la produttività dei territori,  anche successivamente alla carestia degli anni 1929-1933.
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Infatti nel 1946 ci fu una nuova carestia che colpì gran parte dell’intero territorio sovietico, che provocò la morte di altri 2 milioni di persone.
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In risposta a tutto ciò il comunismo russo rispose con la deportazione di altre decine di migliaia di contadini, trasferendoli nei gulag siberiani insieme alle loro famiglie.
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Molti di loro trovarono quindi la morte, come chi li aveva preceduti.
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La mente criminale e marxista di Stalin manifestò il suo delirio in ogni settore della società, a iniziare dalle fasce operaie che divennero bersaglio di nuove costrizioni, come l’obbligo di raggiungere una “quota” di produzione, l’obbligo di residenza coatta, il divieto di ritardare l’arrivo sul posto di lavoro, o di assenza, la proibizione di associarsi in gruppi sindacali, pena l’arresto e la deportazione.
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Il non raggiungimento delle quote di produzione veniva spesso interpretato come sabotaggio, con conseguente fucilazione degli operai ritenuti responsabili o la loro deportazione nei famigerati gulag siberiani.
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Iosif Stalin instaurò una feroce dittatura adottando il “Terrore” come metodo per mantenere il controllo sulla popolazione, e deportando milioni di persone, in un delirio paranoico di potere.
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Intere categorie di persone, divise per classe sociale, religione, etnia, furono deportate a milioni, trovando la morte nei gulag staliniani.
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Stalin ideò infatti una serie di strutture detentive, dislocate anche nei territori artici della Siberia, in cui si moriva non solo per le torture subite dagli aguzzini dell’NKVD (la famigerata Polizia segreta), ma anche per la temperatura proibitivamente bassa (si arrivava fino a meno 50 o 60 gradi sotto lo zero), per la denutrizione, e per la fatica dei massacranti turni di lavoro.
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Nel suo disegno criminale Stalin fu assistito da personaggi poco noti in Occidente, a causa del silenzio della classe intellettuale sinistroide che ha manipolato l’informazione per decenni.
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Oggi, con l’apertura degli archivi, il crollo dell’Ursss,  la caduta del Muro di Berlino, e l’avvento di Internet, possiamo identificare e riconoscere gli autori di decenni di carneficine.
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I maggiori macellai comunisti che in prima persona hanno compiuto e ordinato di compiere le fucilazioni, le deportazioni e le torture di milioni di vittime innocenti, in Unione Sovietica, sono :
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Abakumov Viktor Semenovic
Berija Lavrentij Pavlovic
Dzerzinski Edmundovic Feliks
Ezov Nikolaj Ivanovic (diede nome al’era di Ezov, detta “Ezovscina”)
Jagoda Genrich
Suslov Mikhail Andreyevick
Vysinskij Andrej Januarevic
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A loro volta costoro si sono affidati alla spietatezza dei loro sottoposti e al sadismo degli affiliati agli organi delle spietate Polizie segrete, come :
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CEKA, GPU, NKGB, NKVD, MGB, KGB, fino all’attuale FSB in cui il Colonnello  Vladimir Putin è stato Direttore dal luglio del 1998 all’agosto del 1999, prima di diventare Primo Ministro della Federazione russa.
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I lager sovietici erano sparsi a centinaia dall’Ovest all’Est dell’intera Russia, dalla Bielorussia e dall’Ucraina fino alle isole Solovki e alla Kolyma per un totale di 384 insediamenti.
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Uno dei lager più terribili per le disumane condizioni di vita era dislocato nel territorio della Kolyma, cosiddetto per la presenza del fiume omonimo, nella Russia siberiana nord orientale.
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In questi territori la temperatura arrivava spesso a 55 gradi sotto lo zero.
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La lunga mano del comunismo russo, estese i suoi artigli anche alle nazioni confinanti, di cui Stalin voleva appropriarsi.
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Nel giugno del 1941, successivamente al Patto Ribbentrop-Molotov (1939), dopo aver deportato dai territori dell’Ucraina e della Bielorussia ben 380.000 persone, Stalin si trovò di fronte all’imminenza dell’invasione nazista di quegli stessi territori.
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L’attacco tedesco interruppe le ondate di deportazione dei sovietici,  che avvenivano mediante l’uso della rete ferroviaria, poiché i treni erano necessari ai Russi per poter trasferire interi complessi industriali prima dell’arrivo delle truppe di Hitler.
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Conscio di tale problema, in una lettera del  5 marzo 1940 , Berija chiese a Stalin di poter procedere  alla fucilazione di 25.700 ufficiali polacchi che si trovavano  nei campi per prigionieri  di guerra sovietici e nelle prigioni  dei territori dell’Ucraina e Bielorussia occidentali “poichè avrebbero costituito una minaccia permanente  per il potere sovietico”.
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Il permesso venne immediatamente accordato e, nei giorni successivi, nelle diverse località dove si trovavano i prigionieri avvennero segretamente  le esecuzioni di massa.
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Fossa comune a Katyn
Le fosse comuni in cui vennero ammassati i corpi per farli sparire non furono mai ritrovate, ad eccezione di quella di Katyn, in cui vennero scoperti i resti di 4.400 ufficiali fucilati.
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I Russi negarono fino al 1992 la responsabilità di tale crimine, incolpando i tedeschi di esserne gli autori, e solo con il crollo dell’URSS vennero alla luce i documenti che fecero inequivocabilmente  luce sul misfatto approvato da Stalin.
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Non pago del bagno di sangue Stalin diede precise indicazioni per deportare 25.586 persone (12.682 lituani, 9236 lettoni, e 3.668 estoni) fornendo a Berija e a Merkulov il permesso di arrestare le famiglie rientranti nella categoria di nazionalità baltica.
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Il Partito comunista sovietico, guidato da Stalin, ideò anche un programma di sfruttamento dei deportati, allo scopo di utilizzare il lavoro forzato come risorsa per la realizzazione di opere come, ad esempio, il canale Mar Bianco – Mar baltico (1931-1933).
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In realtà, nonostante l’opera sia stata presentata come un successo del programma di lavoro dei Gulag, a causa della scarsa profondità (4 metri) fu invece di scarsa utilità economica, a causa proprio delle limitazioni che proibiscono il passaggio a grandi imbarcazioni.
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Le condizioni di lavoro erano brutali e proibitive, e le razioni alimentari talmente insufficienti che i deportati (150.000) si riducevano a scheletri ambulanti ricoperti di pelle, e finivano per morire nell’indifferenza dei loro aguzzini.
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Oggi l’Occidente sa praticamente tutto sulle deportazioni che il nazismo di Hitler ha operato, a partire dal genocidio di 6 milioni di ebrei, ma nulla o quasi si sa delle deportazioni eseguite dall’altro male assoluto dell’età moderna : il comunismo, per mano di Stalin.
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La mancanza di informazione e il silenzio, così come la sistematica omissione dei fatti avvenuti e la disinformazione, sono stati lo strumento abituale con cui la sinistra europea ha tentato di nascondere i misfatti dietro cui i comunisti si sono nascosti, all’insegna della bandiera rossa con la falce e il martello.
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Fatti di sangue, di orrore, di sadismo, crimini contro l’umanità, genocidi, stupri, annientamento degli individui sia fisico che delle loro coscienze, e terrore, sono gli strumenti di cui si è avvalso a piene mani il comunismo, in tutte le manifestazioni in cui esso è apparso ed è stato presente, a partire da quello sovietico.
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Donne e bambini deportati
Interi popoli sono scomparsi dalla faccia della terra, per la sola colpa di appartenere ad una etnia invisa a “baffone”, così come viene ancora oggi benevolmente definito dai suoi seguaci il maggiore criminale comunista di tutti i tempi : Josif Stalin.
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Elenco di seguito alcune delle popolazioni deportate in masssa, prelevate dai loro territori di nascita per essere trasferiti su carri bestiame in territori desertici della Siberia, a 50 gradi sotto lo zero, senza che fosse stata prima preparata alcuna struttura che li accogliesse.
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A migliaia venivano fatti scendere a destinazione direttamente sulla nuda terra gelata di quei territori siberiani, malvestiti poiché erano stati prelevati in fretta dalle loro case, senza dare loro il tempo di preparare nemmeno le valigie.
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Il freddo gelo di quei territori li accoglieva in un abbraccio mortale, falcidiando famiglie intere disperate e distrutte dal terrore.
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Nell’ottobre del 1943 furono trasferite 69.267 persone di etnia KARACAI dai territori del Caucaso e dislocate nei lager del Kirghstan e in Kazachstan.
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Nel mese di dicembre toccò a  91.919 CALMUCCHI deportati  in Siberia.
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Poi nel febbraio del 1944 fu la volta di 387.229 CECENI e INGUSCI, che furono deportati contro la loro volontà, per volere di Stalin e del suo feroce esecutore Lavrentij Pavlovič Berija, il famigerato capo della Polizia segreta sovietica.
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La lucida follia omicida dei criminali comunisti si accanì poi nel marzo del 1944 contro 37.107  BALKARI e subito dopo, nel mese di maggio contro 191.000 TATARI di CRIMEA.
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Nel giugno dello stesso anno fu poi la volta della popolazione non autoctona della Crimea, in cui avevano trovato insediamento fasce di etnia tedesca, armena e greca, tra cui furono prelevati con la forza ben 41.854 persone, la cui sorte seguì la stessa procedura di migliaia di altri sventurati.
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Per completare questo quadro genocida drammatico e sconvolgente dobbiamo registare l’accanimento successivo, nel novembre 1944, contro 92.000 persone, tra CURDI, TURCHI, e CHEMSILY.
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Nelle scuole occidentali, oggi, si leggono (giustamente) brani del “Diario di Anna Frank” e si aprono dibattiti sui campi di concentramento nazisti in cui è avvenuta la “shoà”, ma non viene mai detta alcuna parola su argomenti che appaiono sconosciuti ai nostri studenti, come ad esempio : Kolyma, gulag, Berja, Ezov.
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I cento milioni di morti prodotti dal comunismo nel secolo scorso sono stati abilmente celati perché esso potesse essere presentato sotto un velo di accondiscendenza e di bonomia.
Territori della Kolyma
Questo vergognoso “modus operandi” ha fatto sì che intere generazioni di giovani seguaci del comunismo stesso, abbiano inneggiato a criminali come Stalin, Mao Tse Tung e Pol Pot, nonostante la loro provata responsabilità nei crimini.
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Oggi infatti, dopo l’apertura degli archivi, è finalmente possibile PROVARE, per mezzo di monumentali documentazioni di archivio di fonte comunista, le precise attività criminali e i genocidi compiuti in nome del comunismo.
E’ possibile anche provare la diretta responsabilità del Partito Comunista Italiano che per voce del suo leader, Palmiro Togliatti, si è reso correo di crimini sia contro l’umanità che contro i suoi stessi compagni di fede, in un delirio di compiacenza verso il feroce assassino Josif Stalin.
Il dittatore russo ha ripagato questa servitù politica inondando per decenni i partiti comunisti occidentali con fiumi di denaro, come risulta dallo studio di documenti riservati, e coinvolgendoli così in una spirale di sudditanza simbiotica.
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Delinquenti e criminali comunisti sono stati anche eletti in Parlamento nelle file del PCI, pur se condannati per gravi fatti di sangue, grazie alle generose amnistie dei vari Presidenti della Repubblica, come nel caso degli assassini della Volante Rossa, che nel dopoguerra uccideva impunemente gli oppositori politici.

La violenza è stata infatti, come si è visto, il denominatore comune in tutte le formazioni comuniste esistenti,  e anche oggi le frange extraparlamentari della sinistra, come i Noglobal. o i gruppi dei Centri Sociali, così come gli Autonomi, usano la spranga e la guerriglia come metodi per affermare i loro dictat.
Chiunque non la pensi come loro è un nemico da abbattere, escludendo dalla lotta l’uso della dialettica e del confronto democratico.
Mi viene da dire : “Il lupo perde il pelo, ma non il vizio !
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Dissenso
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