Sottotitolo - Comunisti contro comunisti : l'odio come forma di lotta.
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Possiamo
ritrovare nelle pieghe della Storia, fin dagli esordi della rivoluzione di
ottobre in Russia, un diverso comunismo, di ispirazione trotzkista, che,
proprio a causa del differente allineamento politico, più vicino cioè a Trotzky e ad Amedeo Bordiga che a Stalin, costituì per i bolscevici una vera e propria
spina nel fianco, al punto da essere perseguitato sia dal Partito Comunista
Italiano che da quello sovietico.
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Copertina del 1924 |
I
comunisti europei non allineati alla corrente staliniana, dal 1924 in poi,
fecero capo ad un giornale chiamato “Il Prometeo”, di cui troviamo traccia
anche nel libro “Roma a Mosca : lo spionaggio fascista in URSS e il caso
Guarnaschelli”, scritto da Giorgio Fabre ed edito da Dedalo.
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Il
Prometeo è citato anche a più riprese, come fonte informativa, da Romolo
Caccavale nel suo libro : “Comunisti italiani in Unione Sovietica”.
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Tra
gli appartenenti di spicco, affiliati a “Prometeo”, come desunto dai testi
sopra citati, appaiono personaggi italiani, emigrati in Russia, come :
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Ersilio
Ambrogi, comunista italiano, nel
1924 fu condannato a 21 anni di carcere per aver ucciso un miltante fascista a
Cecina, ma poi rilasciato in quanto membro del Parlamento.
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Nel
corso dello stesso anno emigrò in Unione Sovietica, dove ricoprì incarichi
all’interno dei servizi segreti (GPU e NKVD).
Al VI° Plenum dell’Internazionale Comunista Ambrogi difese le posizioni di Bordiga,
tentando anche di formare un nucleo insieme a Virgilio Verdaro e Arnaldo Silva.
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Per
questo motivo fu trasferito a Berlino, dove dal 1930 al 1932 svolse attività di
contatto con la Sinistra, sorvegliato dalla GPU.
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Rientrò
in Russia e sostenne condizioni di vita particolarmente difficili, fino a
quando non prese posizione di sostegno dello stalinismo, nel 1934.
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Nel
1936 si trasferì in Belgio dove svolse l’ambiguo compito di informatore per
conto sia dei sovietici che del Governo Italiano, frequentando gli ambienti antifascisti.
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Nel
1942 ottenne la revisione del suo processo, che si svolse a Padova e portò alla
sua condanna al confino e poi alla deportazione in Germania.
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Nel
1945 tornò in Italia, dove riprese la professione di avvocato.
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Si
iscrisse al partito Comunista Italiano nel 1956, e lo rimase fino alla morte.
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Virgilio
Verdaro, detto Gatto Mammone, di cui oltre.
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Dante
Corneli, comunista italiano,
romano di Tivoli, sparò al Segretario del fascio di Tivoli, uccidendolo, il 22
aprile del 1922.
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Dante Corneli |
Fuggì
in Russia, dove aderì al gruppo di Trotzky, Zinov’ev e Kamenev.
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Nel
1936 fu arrestato e condannato per attività controrivoluzionaria, e deportato a
Vorkuta, un lager situato oltre il Circolo Polare artico, dove rimase per dieci
anni.
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Riuscì
a sopravvivere e a ritornare in Italia, offrendo una testimonianza sulle
persecuzioni staliniane, denunciando il vero volto del comunismo sovietico.
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Non
trovò alcun editore disposto a pubblicare le sue vicende, osteggiato e
boicottato dal Partito Comunista Italiano, per cui decise di pubblicare in
proprio i suoi opuscoli di ricordi.
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Diede
alle stampe il libro “Il redivivo tiburtino” che rappresenta la più importante
testimonianza italiana del sistema repressivo comunista sovietico.
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Emilio
Guarnaschelli, comunista italiano
di Torino, emigrò spontaneamente in Russia all’età di vent’anni, attratto
dall’idea di contribuire alla realizzazione e all’edificazione del socialismo.
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Dopo
un anno di vita nel “paradiso socialista” era rimasto molto deluso dalla realtà
dei fatti e chiese quindi il Passaporto per tornare in Italia, rivolgendosi
all’Ambasciata Italiana a Mosca.
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Fu
quindi guardato con sospetto e infine accusato di Trockismo.
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Fu
arrestato con l’accusa di essere un controrivoluzionario, e condannato al
confino, in una regione dell’estremo nord della Russia.
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Nel
1936 subì una seconda condanna a cinque anni di gulag, e dopo due anni fu
condannato alla fucilazione.
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Dopo
questo breve “escursus” su alcuni degli “affiliati” a Prometeo,
torniamo alle vicende del giornale stesso.
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Pare
che la sua esistenza, a livello europeo, facesse comodo al fascismo, che lo
riteneva infatti come una “spina nel fianco”, appunto, del Partito Comunista
Italiano, notoriamente legato a Stalin, a sua volta convinto nemico della corrente trotzkista.
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Molti
degli affiliati al “Prometeo” emigrarono in Unione Sovietica per motivi
politici, in quanto ricercati per reati di vario tipo dal regime fascista, ma
furono arrestati dai loro stessi confratelli comunisti, che vedevano in loro,
come soggetti legati a Trotzki, appunto, un vero e proprio nemico.
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Tra
questi troviamo Luigi Calligaris, Vincenzo Baccalà, Giovanni
Bellusich (arrestato a Leningrado perché amico di Calligaris), e una
miriade di altri comunisti (di fede Trotzkista) che trovarono la morte per mano
del comunismo russo, con il beneplacito di Palmiro Togliatti e dei massimi
dirigenti comunisti italiani degli Anni ’30.
Il
libro sopra citato, di Giorgio Fabre, tenta di addurre le responsabilità
iniziali delle deportazioni staliniane a cause secondo cui i malcapitati erano
legati a connivenze col fascismo,
mentre la Storia e i documenti desunti dall’apertura degli archivi
storici, oltre alle testimonianze di ex deportati, come ad esempio, Dante
Corneli, provano che ciò non sia vero.
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La
responsabilità dell’accanimento contro i seguaci di Trotzki, sia da parte del
PCI che del PCUS, ossia dei due movimenti comunisti, italiano e russo, è da
ascrivere al delirio di onnipotenza di Stalin e alla paranoia con cui ricercava
il potere assoluto, da un lato, mentre dall’altro riconduce al palese desiderio
di compiacenza estrinsecato nei fatti dai comunisti italiani, Togliatti “in
primis”.
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Il
tentativo, peraltro riuscito, di annichilire le opposizioni condusse Stalin
lungo un sentiero lastricato di omicidi, di repressioni, di diffamazione, di
lotta senza esclusione di colpi, proprio contro Trotzki e il “Prometeo” che li
rappresentava.
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Trotsky fu espulso dal partito ed esiliato negli anni venti, e trovò la morte in
Messico, per mano di un sicario di Stalin, Ramon Mercader, il 20 agosto del
1940.
Mercader
era un agente dell’NKVD (il famigerato servizio segreto russo) che si era
infiltrato nell’entourage di Trotzki, dopo aver sedotto la sua segretaria
Sylvia Sangeloff.
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Lo
assassinò piantandogli un punteruolo per il ghiaccio nella parte posteriore del
cranio e per questo fu poi condannato a 20 anni di carcere.
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Dopo
aver scontato la pena tornò a Mosca nel 1960 e fu insignito dell’onoreficenza
di Eroe dell’Unione Sovietica, e gli furono dati un appartamento di tre stanze
e una pensione da generale.
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“Prometeo”
professava un comunismo internazionalista, di ispirazione bordighista, vicino
alle tesi di Trotzky (Rivoluzione permanente), in antitesi con quelle di Stalin
(Rivoluzione in un solo Paese), e nella sua prima serie nacque in seno al
giovane Partito Comunista d’Italia come portavoce e come rivista teorica di
educazione marxista, per collocarsi poi nella seconda serie, come organo della
frazione più a sinistra del PCI, per continuare l’opera di elaborazione
ideologica, erede della tradizione di un comunismo, appunto, internazionalista.
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L’immagine,
suggestiva, con cui il giornale si proponeva, era quella del Titano Prometeo,
l’eroe mitologico incatenato da Zeus sulle rocce del Caucaso per aver rubato
agli Dei il fuoco, che rappresenta il potere della conoscenza, per donarlo agli
uomini.
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Numerose
riviste della sinistra comunista hanno adottato questo nome, Prometeo appunto,
ad iniziare da quella di cultura sociale del 1924, per passare poi a quella che
dal 1928 al 1938 uscì in Belgio come pubblicazione in lingua italiana della
Frazione di Sinistra del PC d’Italia, e in ultimo, uscendo dalla clandestinità
come organo del Partito Comunista Internazionalista dal 1943 al 1945.
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Proprio
a Bruxelles, nel gennaio del 1938, Prometeo denunciò mediante un articolo il
dramma subìto da molti comunisti italiani che, per vari motivi, si rifugiarono
in Russia, trovandovi poi la morte per mano di Stalin e del comunismo stesso.
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L’articolo
di Prometeo si intitolava : “ La tragedia dell’emigrazione politica italiana
in Russia ”, e pubblicava un elenco di 13 nomi di comunisti italiani
arrestati in Unione Sovietica, specificando che “ i due terzi
dell’emigrazione politica italiana in Russia si trovavano in galera o erano
sottoposti a deportazione ”.
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Questa
problematica era già stata evidenziata in precedenza, nel gennaio del 1936,
allorquando Prometeo dopo aver iniziato una campagna in difesa di Luigi
Calligaris, si schierò anche in difesa di Emilia Mariottini, rea di essere la
moglie di Virgilio Verdaro.
L’autore
di queste denunce si firmava con lo pseudonimo di “Gatto Mammone”, al secolo Virgilio
Verdaro (il marito della Mariottini, appunto), nato a Ceresio (Canton
Ticino) il 28 giugno 1885.
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Verdaro,
ex socialista rivoluzionario, si schierò fin dal 1918 con l’ala sinistra del
Partito Socialista, appunto, che
sosteneva i princìpi della Nuova Internazionale Comunista, divenendo poi nel
1920 segretario del Comitato esecutivo della Frazione Comunista.
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In
questo ruolo, ebbe parte attiva nella formazione del Partito Comunista d’Italia
nel 1921.
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Prima
espulso dall’Italia, emigrò poi in Urss, dove rimase fino al 1931, mantenendosi
sulle posizioni politiche della Sinistra Italiana e costituendo la Frazione di
sinistra del PCR (Partito Comunista Russo).
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Tale
iniziativa fu però considerata illegale dal Partito Comunista Russo che lo
espulse, inducendolo a lasciare la Russia per la Francia, dove divenne
Direttore di redazione del Prometeo.
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Nell’articolo
in cui denunciava le persecuzioni di Stalin verso i comunisti italiani, “Gatto
Mammone” faceva chiaramente capire che le deportazioni e gli arresti erano
rivolti maggiormente, come fossero “pilotati”, verso coloro che avevano
dimostrato orientamenti Trotzkisti e Bordighisti.
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Alla
luce degli studi condotti in occasione della temporanea apertura degli archivi
dei Servizi Segreti Russi, è lecito supporre una diretta responsabilità della
classe dirigente dell’allora Partito Comunista Italiano, che per mano di
Togliatti segnò il macabro destino di questi sventurati.
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Tra
i nomi degli arrestati o deportati nei gulag sovietici nel 1935 che Prometeo
segnalò sulle sue pagine troviamo:
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Calligaris
Luigi,
triestino, fu spedito a Mosca dal PCI perchè
indiziato di “propaganda trotzista” e successivamente espulso dal PCI stesso quando questi era già nella capitale sovietica.
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Fu
così arrestato, insieme ad altri italiani, con l’accusa di essere un
controrivoluzionario, e sottoposto a torture e deportazione nei lager
staliniani.
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Tra il 1937 e il 1938 fu processato nuovamente e condannato
alla fucilazione, da eseguire nel lager in cui era detenuto, quello di
Sevvostoklag.
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Il
segretario del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti, a Mosca in quel
periodo, non fece nulla per salvare la vita di Calligaris (e di molti altri),
benchè avesse l’autorità per farlo.
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Addirittura dopo la morte
di Stalin gli fu chiesto di procedere alla riabilitazione sia di Calligaris che
di altre centinaia di comunisti italiani, assassinati dal comunismo russo, ma
Togliatti rispose :
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Nonostante
ciò, ancora oggi i comunisti italiani si riferiscono a Togliatti chiamandolo
con il seguente appellativo : “Il Migliore” …
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Gaggi
Otello, anarchico toscano, ebbe molti guai con la giustizia italiana, sia
per diserzione, per omicidio, per danneggiamenti, minacce, e incendio doloso.
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Per
questo motivo fuggì in Russia dove però fu condannato per “attività
controrivoluzionaria”.
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Di lui
si persero le tracce nella località di Semipalatinsk in Kazakistan, e solo a
seguito dell’apertura degli archivi si saprà della sua morte, avvenuta in “stato
di detenzione”.
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Anche
in questo caso Togliatti (a quell’epoca Ministro in Italia) non fece nulla per
salvare la vita al connazionale, e anzi rifiutò esplicitamente di intervenire.
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“Il
Migliore” non rispose neppure all’appello scrittogli per l’occasione da Viktor
Serge, lo scrittore e rivoluzionario russo di ispirazione socialista
libertario.
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Biondini
Ezio di Udine (pseudonimo Merini
Giovanni, Edmundo, Rubini) emigra in Russia per sfuggire alla Giustizia
italiana.
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A
Mosca fu poi arrestato per attività controrivoluzionaria viene condannato più
volte, a varie riprese, prima a 5 anni.
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Chiede
alla delegazione del PCI, allora a Mosca per un congresso (nella persona di
Giancarlo Pajetta) di essere rimpatriato.
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Il
giorno successivo viene arrestato dall’NKVD e condannato ad altri 10 anni di
gulag e in seguito ad altri 25 anni di
deportazione.
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Muore
nel 1952 nella regione di Krasnojarsk, ucciso da un delinquente in circostanze
mai chiarite.
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Guarnaschelli Emilio, comunista
italiano (vedi scritto precedente)
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Martelli
Gino, di Firenze, comunista, viene
condannato a 21 anni di reclusione per l’omicidio di un fascista.
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Emigra
in Urss, ma poi viene arrestato per attività antisovietica e condannato a 5
anni da scontare nel lager di Severo-Vostochnyj, in Estremo Oriente.
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Successivamente
viene condannato alla pena di morte per sabotaggio, e fucilato il 28 aprile
1938 a Magadan.
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Nel 1937, definito da Viktor Serge come "l'annata del boia", il triste elenco si arricchì di nuovi nomi :
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Umberto Specchi, anarchico milanese, emigrò in Russia nel 1934.
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Dopo
tre anni venne accusato di attività controrivoluzionaria e condannato a 5 anni
di lager.
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Inviato
al Severo-Vostocnyj venne poi condannato alla pena capitale e fucilato fra il
10 e il 14 marzo del 1938.
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Sensi
Giuseppe, di Castiglion dei Pepoli
(Bologna) venne condannato dalla Giustizia Italiana perché correo di un
omicidio politico ed espatriò prima in Francia poi in Unione Sovietica.
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Arrestato
a Mosca nel ’37 venne condannato a 5 anni di deportazione nei gulag staliniani
(condanna rinnovata ad altri 5 anni) poi alla pena di morte e fucilato nel 1938
al Severo-Vostocnyj.
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Lazzaretti
Arduino, macellaio fiorentino,
anch’egli condannato da un tribunale fascista, seguì lo stessi iter di Specchi,
emigrando in terra di Russia, dove fu poi arrestato e condannato a 5 anni di
deportazione (condanna rinnovata ad altri 5 anni).
Silva
Arnaldo di Roma, fu condannato a
24 anni di carcere da un tribunale fascista e arrestato.
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Evase
dal carcere di Regina Coeli ed espatriò in Russia.
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Nel
1937 fu accusato di trotzkismo dall’NKVD, e rinchiuso a Mosca nel carcere della
Taganka.
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Condannato
alla pena capitale fu fucilato il 3 giugno 1938 al Poligono di Butovo.
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Manservigi
Nino di Torino,
operaio aggiustatore, profugo dal 1921.
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Elodia Valenti, sorella di Manservigi e vedova di un altro comunista deceduto a Mosca.
Elodia Valenti, sorella di Manservigi e vedova di un altro comunista deceduto a Mosca.
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Cerquetti
Renato geometra di San Severino Marche
(Macerata), iscritto al PCI nel 1921, si trasferì legalmente in Urss nel 1924.
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A
causa del suo passato bordighista viene arrestato a Mosca con l’accusa di
spionaggio e fucilato il 9 febbraio 1938, a Butovo
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Allegrezza
Francesco (pseudonimo “Visconti”),
nacque a Corinaldo di Ancona il 31 dicembre 1898.
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Assegnato
al confino fascista per cinque anni, scappa dall’Italia ed emigra in Urss.
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Nel 1937 è espulso dal partito comunista sovietico per i
suoi legami con il "nemico del popolo" Renato Cerquetti.
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Venne arrestato nel 1937 come membro di un'organizzazione
terroristica controrivoluzionaria, e condannato alla pena capitale.
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Venne fucilato il 14 marzo 1938 alla Kommunarka
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Costoro
furono prelevati nella sola città di Mosca, mentre in altre zone, come ad
esempio Odessa, l’intera comunità italiana venne “tolta dalla circolazione”.
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L’accusa
di Prometeo punta il dito, oltre che su Palmiro Togliatti, il feroce criminale
comunista che divenne boia dei suoi stessi compagni, anche sulla moglie di
“Ercoli” (lo pseudonimo di Togliatti), Rita Montagnana, e su Paolo Robotti
(cognato di Togliatti), Presidente in Unione Sovietica del gruppo emigrati
italiani.
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“Gatto
Mammone” definisce i vari personaggi come Togliatti, Grieco, Di Vittorio,
Berti, Longo, come l’edizione italiana dei
filibustieri, forse ancora più spregevoli dei carnefici moscoviti.
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Nota
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Ruggero Grieco fu tra
i fondatori, nel 1921, del PCd’I (Partito Comunista d’Italia), inizialmente a
capo della fazione bordighista che poi abbandonò, schierandosi con Antonio
Gramsci).
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Giuseppe Di Vittorio
fu sindacalista della CGIL e politico comunista.
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Giuseppe Berti, era
membro del Comintern, e “inquisitore” del Centro estero del PCI a Parigi
(1937).
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Luigi Longo, dirigente
del PCI, membro del Comintern, e partigiano (fu colui che diede il colpo di
grazia a Benito Mussolini dopo la sua
fucilazione).
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Prometeo
divenne dal 1946 rivista teorica del Partito comunista internazionalista,
mentre dal 1952 in seguito alla scissione dello stesso seguì il troncone legato
a Onorato Damen, il comunista rivoluzionario e internazionalista che era tra
i fondatori del Partito stesso.
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Copertina del 1946 |
Damen,
a causa delle divergenze ideologiche, che lo contrapponevano alla “costruzione
del socialismo in un solo paese”, fu inviso a Palmiro Togliatti, che nel clima
della “Liberazione” lo accusò addirittura di “sabotaggio al servizio della
Gestapo”, chiedendone la condanna a morte al CLN (Comitato di Liberazione
Nazionale, che coordinava la lotta di Resistenza e di Liberazione).
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Paradossalmente
assistiamo quindi, con Prometeo, ad un antistalinismo di sinistra, radicato su
posizioni internazionaliste e legate alla impostazione del programma politico
della III internazionale di Lenin, così come al pensiero internazionalista,
appunto, di Amedeo Bordiga, fino alla
secessione della corrente che farà poi capo a Onorato Damen.
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In
quel periodo ci si trovò quindi di fronte a due comunismi, l’uno impostato
sulla ricerca dell’edificazione del socialismo in un solo paese, l’altro
assertore di una espansione della rivoluzione socialista in tutto il mondo.
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La
contrapposizione delle due visioni condusse la fazione più forte e spietata,
quella di Stalin, verso un sentiero costellato di nefandezze e di odio,
ritorcendo verso i suoi stessi compagni una spirale di odio e di violenza che è
tipica del comunismo marxista.
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Spesso
infatti il comunismo si è pasciuto del sangue dei suoi stessi figli e fratelli,
e lo dimostrano l’assassinio di Trotzki per mano di un sicario di Stalin, così
come gli omicidi degli innumerevoli comunisti italiani rifugiati in Russia e
poi deportati nei lager del regime, oppure come il tentativo del criminale
Togliatti di far giustiziare Onorato Damen.
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Ecco
una citazione estrapolata dal Prometeo N° 7 del Maggio-Giugno 1947 :
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“Occorre abbandonare
senza residui la difesa dell'URSS, a profitto di una politica di lotta senza
pietà contro il capitalismo e contro lo stalinismo suo complice.
Per condurre vittoriosamente questa
lotta, bisogna svelare ad ogni passo e concretamente il carattere controrivoluzionario
della burocrazia russa, smascherare la menzogna delle nazionalizzazioni e delle
riforme agrarie, sviluppare la fraternizzazione fra occupanti e occupati,
dichiarando apertamente che nè gli uni nè gli altri hanno più nulla da
difendere in Russia, ma al contrario hanno tutto da distruggervi allo stesso
titolo che, in non importa quale stato capitalista, sia che al governo di
questo partecipino o no gli agenti del Cremlino.”
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Comunisti contro comunisti, quindi, per difendere
rispettivamente la propria visione di quello stesso stereotipo marxista dalle
mille sfaccettature, ma che nella sostanza non rifugge dall’acclamazione di
quelle pietre miliari che ne costituiscono l’essenza.
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In primis, i due schieramenti antagonisti sono
accomunati dall’uso e dal ricorso alla violenza cieca, pura e incontrollata,
prodromica alla dittatura del proletariato, come chiaramente indicato e
auspicato dallo stesso Marx.
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Lev Trotsky (pseudonimo di Lev Davidovic
Bronstejn), come indicato dallo studio delle carte esaminate all’apertura degli
archivi sovietici, era propenso all’uso della
violenza come metodo di lotta, alla pari, se non più, di Lenin e di
Stalin.
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Scrisse infatti “Terrorismo e Comunismo” in cui
rivendicava la violenza rivoluzionaria, spingendosi fino all’approvazione del
terrorismo, per mantenere il potere sulle classi borghesi, dopo la Rivoluzione
di Ottobre del 1917, in cui prese parte attivamente.
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Trotsky afferma che il connubio tra la forza e la violenza sono
indispensabili al superamento del capitalismo, in uno sviluppo storico che
conduce verso l’unica alternativa possibile : una ferrea dittatura di classe
del proletariato.
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A questo proposito è sintomatico quanto accadde nel
mese di Febbraio del 2004 a Venezia, nel corso di un convegno sulla “non
violenza”, a cui hanno parteciparono elementi di spicco dela sinistra italiana.
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Un
comunista italiano “storico”, come Fausto Bertinotti, ammise che nella concettualità
intrinseca del comunismo la teorizzazione della non violenza, proprio non
esiste, rinnegando così, in qualche modo, l’essenza stessa del Partito in cui
aveva da sempre militato.
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D’altra parte, anche Trotsky, l’ispiratore della
linea politica comunista di “Prometeo”, si macchiò di una grave infamia nota
sotto il nome di : “Repressione di Kronstadt”.
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In pratica l’autorità sovietica, Trotsky in testa,
non permise agli abitanti della città fortificata di Kronstadt (50.000
persone), sull’isola di Kotlin, nel golfo di Finlandia, di ribellarsi al potere
centrale bolscevico, dopo la Rivoluzione di Ottobre, e di autoproclamare nel
1921 un governo federativo e libertario.
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Prima dell’assalto alla Cittadella la popolazione fu avvisata con un manifesto,
firmato da Lenin e Trotkzy, che recitava :
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"Arrendetevi entro 24 ore o sarete
mitragliati e massacrati come pernici."
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La
resistenza degli insorti si protrasse per dodici giorni, dopo i quali le truppe
di Mosca irruppero nella Cittadella, al comando del Generale Tuchacevskij.
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I
combattimenti continuarono casa per casa e le truppe russe massacrarono
chiunque capitasse loro sotto tiro, persino chi si arrendeva, uomini, donne o
bambini.
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Da
tutto ciò, da Prometeo, dalla Storia, e dai comunisti stessi, si può tracciare
quindi il vero volto del comunismo, spesso dissimulato, celato, nascosto,
distorto, e offerto alle masse come artefatto, nella sua dimensione meno reale e crudele.
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Altro
che bandiere della pace multicolori, in cui ipocritamente si ammantano i
politici di fama che simpatizzano con la falce e martello.
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Altro
che bonomia e accondiscendenza, abbinate simbioticamente al comunismo, come se
esso fosse una forza politica da amare e da coccolare….
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Si
può forse amare la morte ?
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Possono
essere la violenza e la tortura elementi di condivisione universale tra le
persone e i popoli ?
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A queste domande dovrebbero rispondere tutti coloro
che, stupidamente e irrazionalmente, si dichiarano comunisti.
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Dissenso
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