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Igor Argamakow è l’ultimo ed il più giovane dei quattro figli di Aleksej Aleksandrovic Argamakow.
Il padre fu arrestato dalla NKVD, la Polizia segreta di Stalin, alla fine di settembre del 1939.
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Nato a Wilno in Polonia, oggi Vilnius capitale della Lituania, Aleksej fu portato via dagli agenti sovietici ed entrò a fra parte di quei milioni di poveri disgraziati che divennero vittime dell’odio comunista.
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Igor ci offre oggi una ricostruzione fedele del calvario patito da suo padre, tramite il libro “Morte da cani”, in un percorso fatto di infiniti interrogatori, di coercizione, di violenza, tipici dei meandri repressivi del comunismo sovietico, in cui scomparvero nel nulla milioni di vittime innocenti.
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Anche Aleksej era innocente, e la sua unica colpa fu quella di appartenere ad una antica famiglia dell’aristocrazia russa, e quindi nemico della “rivoluzione proletaria”.
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L’inchiesta cui fu sottoposto è riassunta nella pratica N° 51879 dell‘NKVD lituano, da cui il figlio ha potuto attingere in occasione della conquistata indipendenza nazionale e della successiva apertura degli archivi.
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Tutta l’istruttoria è documentata, ed appare evidente la prodromica certezza della condanna ad una deportazione nell’universo dei Gulag, cui fu infatti destinato Aleksej, confinato nei recessi più profondi di Karlag, in Kazachstan.
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Il procedimento giudiziario di Aleksej pervenne poi nelle mani dell’Oso, il famigerato “consiglio speciale” della Polizia politica, che poteva decidere della sorte di qualunque malcapitato, senza doverne motivare o spiegare alcunchè.
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Aleksej fu condannato a 8 anni di “rieducazione” mediante il lavoro forzato, prorogabili se il soggetto avesse dimostrato di averne bisogno, a totale discrezione dell’Oso.
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I colpevoli di tutto ciò sono stati “amnistiati” dalla coscienza storica contemporanea, poiché una sorta di amnesia collettiva è calata a coprire le loro colpe.
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“Morte da cani” è uno di quei testi che andrebbero studiati a scuola, per far capire ai giovani studenti l’effettiva portata del “male assoluto” rappresentato dal comunismo.
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Ma forse è proprio per questo che si preferisce tenere nell’ignoranza sull’argomento la maggior parte di persone possibili, per non intaccare una falsa immagine di un comunismo presentato come rifugio ideale per la classe operaia e i contadini.
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In
realtà tutti dovrebbero sapere che le direttive spietate emanate da Lenin
e applicate poi da Stalin hanno guidato
milioni di individui verso morte certa.
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Alcune
di queste direttive recitano :
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«Le masse devono sapere che […] loro compito sarà
l’implacabile annientamento del nemico»
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(29 agosto 1906)
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«Purgare la terra russa da ogni sorta di insetti nocivi»
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(Come organizzare la competizione, articolo del 7
e 10 gennaio 1918)
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«Compagni, la rivolta di cinque distretti di kulaki deve
essere repressa spietatamente. […]
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1. Impiccare, in modo che il popolo veda, non meno di un
centinaio di kulaki noti. […]
3. Prendere loro tutto il grano.
4. Designare gli ostaggi.
5. Attuare un implacabile terrore di massa contro kulaki,
pope e guardie bianche; rinchiudere i sospetti in un campo di concentramento
fuori della città»
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(Telegramma del 9 agosto 1918 al Comitato Esecutivo del
Partito di Penza)
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«È ora e soltanto ora, quando nelle regioni affamate la gente
mangia carne umana e migliaia di cadaveri coprono le strade, che possiamo (e
perciò dobbiamo) procedere alla confisca dei preziosi della Chiesa con la più
selvaggia e spietata energia […] senza fermarci dinanzi a nulla. […] sono giunto
alla conclusione inequivocabile della necessità di attaccare adesso con la
massima decisione e spietatezza i preti […] e vincere la loro
resistenza con una brutalità tale che non la dimenticheranno per decenni.
Quanto più clero e borghesia reazionari giustizieremo per questo, tanto meglio»
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(Lettera segreta al Politbjuro del 19 marzo 1922)
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«Il tribunale non deve eliminare il terrore;
prometterlo significherebbe ingannare se stessi o ingannare gli altri; bisogna
giustificarlo e legittimarlo sul piano dei principi, chiaramente, senza falsità
e senza abbellimenti»
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(1922)
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Feliks Dzerzinskij, uno dei più feroci carnefici della
Polizia bolscevica, affermò che per costruire il socialismo sarebbe stato
necessario “
sterminare alcune classi
”,
mentre Gregorij Zinov’ev, capo del Soviet di Pietrogrado e Presidente
dell’Internazionale comunista, parlava di
“annientare”
dieci milioni di russi su cento.
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“Morte da cani”
ci aiuta a capire che i milioni di vittime del comunismo,
non solo in Unione Sovietica, sono in realtà tanti Aleksej Argamakow, e cioè
delle persone in carne e ossa, e non numeri.
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I responsabili del loro
sterminio sono coloro che hanno intrapreso un’azione dell’idea comunista contro
l’uomo stesso, nel tentativo di ricostruire un mondo non solo senza Dio, ma
contro Dio stesso, ossessivamente e violentemente, rivelando il vero volto del
marxismo.
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Dissenso
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Vim retribuir e agradecer a sua visita. Bom conhecer a história de outro país. Adquirir novos conhecimentos nos ajuda a pensar com coerência.
RispondiEliminaUm bom domingo
Um abraço
Olá parabéns pelo site, muito legal. Aproveitamos e convidamos para conhecer também
RispondiEliminanosso blog. Ficaremos felizes por vossa visita e mais ainda se nos seguir-nos.
Deus vos abençoe
Josiel Dias
http://josiel-dias.blogspot.com
Rio de Janeiro