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Ceausescu è stato Segretario del Partito comunista Rumeno
dal 1965, Presidente della Romania e Presidente del Consiglio di Stato dal 1967
al 1989, anno in cui fu deposto e processato.
Nicolae Ceasusescu |
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La rivoluzione del popolo rumeno, stremato e ridotto in
miseria da decenni di regime comunista, pose fine alla sua dittatura,
sanguinaria e feroce, accusandolo di crimini contro lo Stato e di genocidio, e
condannandolo alla pena di morte.
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Fu processato infatti dal “Tribunale Militare
Eccezionale” (l’organo di Stato rumeno creato dai rivoluzionari nel 1989) e
giudicato insieme alla moglie Elena il 25 dicembre, insieme alla quale fu
fucilato.
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Il dittatore viveva nel lusso e nello sfarzo insieme
alla consorte, mentre il Paese arrancava stretto dalla morsa della miseria più
nera e dall’oppressione politica di un regime da cui non ci si poteva aspettare
di meglio, come si evince dalla Storia di tutti i territori nel mondo in cui il
comunismo si è imposto come dittatura.
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Il Premio Nobel Herta Muller |
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In uno dei suoi scritti afferma :
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«La bruttezza
onnipresente era l’unica uguaglianza del socialismo. Ed era voluta, era
programmatica», perché rendeva «apatici e privi di aspirazioni».
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E
aggiunge che tutto ciò non è sparito con la caduta del muro di Berlino :
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«L’arrogante squallore dei funzionari
comunisti è lo stesso ovunque, sembrano usciti tutti, ancora oggi, dalla stessa
scuola di cadetti», citandone uno per tutti :
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“Vladimir Putin”.
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L'aguzzina Maria Trusca |
Un dato di cronaca :
l’ex segretaria di Ceausescu, Maria Trusca, dopo che il dittatore fu
giustiziato, fu assunta come badante presso una Casa di cura di Sassari.
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Evidentemente però, costei aveva assorbito i metodi staliniani del suo
ex datore di lavoro, infatti fu arrestata per aver torturato i suoi pazienti
all’interno della clinica sassarese, a suon di schiaffi e di secchiate d’acqua
gelata.
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L’aguzzina, ex
pedina dei servizi segreti di Ceasusescu, che sfuggì per un pelo alla mannaia
della rivoluzione rumena, teneva legato ad una sedia, col nastro adesivo per
pacchi, un suo paziente ammalato di Alzehimer.
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Il regime di
Ceausescu era principe nella ricerca dei metodi coercitivi da applicare contro
gli oppositori politici, come testimoniato da Dario Fertilio nel suo libro,
“Musica per lupi” pubblicato dall’editore Marsilio, in cui si riporta alla luce
uno degli esperimenti più disumani mai realizzati nel ‘900.
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Fra il 1949 e il
1952 infatti nel carcere di Pitesti, a nord di Bucarest, il regime decise di
attuare un “piano di rieducazione” degli oppositori politici basato sulla
tortura ininterrotta, giorno e notte.
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In tale contesto
possiamo affermare che la connotazione assunta dal male, interpretato
dall’essenza devastante del comunismo, assunse dimensioni mai vissute prima,
nonostante i parallelismi con i genocidi avvenuti nello stesso secolo, come lo
sterminio ebraico, e come i deportati nei gulag staliniani.
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Il regime comunista
si servì di una squadra di criminali comuni guidati da Eugen Turcanu che,
partendo dalle teorie del pedagogo sovietico Anton Semenovyc Makarenko, si
adoperò per annientare qualsiasi eresia al credo comunista, al fine di
“riprogrammare” i giovani della società comunista rumena.
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Il metodo, seguito
da tutti i regimi comunisti è tristemente famoso nelle sue pur diverse
divagazioni territoriali, offrendo un comune stereotipo di orrore e di
violenza, come nel caso dell’Isola Calva nella Jugoslavia di Tito, del lavaggio del cervello cinese e
cambogiano, o della rieducazione attraverso il lavoro dei gulag sovietici.
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Turcanu, seguendo
l’aberrante iter praticato dal suo vate ispiratore Makarenko, si dedicò a
questa feroce pratica, applicando la teoria secondo cui per rieducare un
delinquente è necessario un altro delinquente (quale lui infatti era), e
operando per alterare la personalità stessa delle sue vittime.
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I “più terribili
atti di barbarie del mondo moderno”,
così come furono definiti da Aleksandr Solgenitsin i tentativi macabri e
crudeli di Ceausescu di annichilire il dissenso rumeno, furono compiuti appunto
nella prigione della città di Pitesti, che è divenuta così tristemente famosa
per le atrocità che vi si commisero, così come in molte altre carceri del Paese.
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I metodi usati
spaziavano dalla privazione del sonno, del cibo, e della parola, allo scopo di
“indebolire il soggetto” al suo ingresso nella prigione di
Pitesti, poi successivamente si proseguiva con la tortura e i supplizi, per
ottenere lo “smascheramento interiore”, con cui il prigioniero
dichiarava le proprie convinzioni politiche e religiose.
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Si passava poi allo
“smascheramento esteriore” con il quale si otteneva, sempre
mediante l’uso della tortura, un elenco di nomi dei complici, veri o immaginari
che fossero, per procedere poi agli arresti.
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Un passo molto
importante nel percorso di rieducazione consisteva nello “smascheramento
morale pubblico”, attraverso cui il prigioniero doveva pubblicamente
abiurare i suoi ideali politici e religiosi (attraverso la blasfemia, e
distruggere la reputazione dei propri parenti e amici più cari.
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L’ultimo passo,
decisivo per completare la procedura e dimostrare di essersi ravveduti, era quello della “metamorfosi”,
in cui si veniva arruolati nel gruppo stesso dei torturatori per effettuare a
propria volta, in prima persona su parenti e amici, le medesime torture precedentemente subìte.
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Il regime comunista
si sbizzarrì nel fornire ai torturatori un vero e proprio catalogo di torture e
di sevizie da applicare senza risparmio sugli sventurati prigionieri.
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Lesioni sul corpo
con corpi contundenti.
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Marchiature a fuoco
e bruciature sul corpo.
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Perforazione delle
piante dei piedi per mezzo di aghi.
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Privazione del sonno
o costrizione a dormire in posizioni fisse (ad esempio immobili con le braccia
rigidamente incrociate sul petto).
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Privazione della
luce per lunghi periodi.
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Esposizione per
lungo tempo a luce intensa.
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Divieto di parlare.
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Sospensione dello
sventurato al soffitto, appeso per le ascelle, con pesi sulle spalle.
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Schiacciamento del
corpo con pesi.
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Strappamento dei
capelli alla radice.
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Rottura delle dita
delle mani e dei piedi.
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Obbligo di
inghiottire sale senza poter bere acqua.
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Tortura della goccia
cinese (il malcapitato veniva immobilizzato e una goccia gli veniva fatta cadere
sulla fronte ripetutamente per giorni interi, nello stesso punto, causando
follia e lesioni al cranio).
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Obbligo di mangiare
dalla gavetta il cibo bollente.
Costrizione ad
urinare nelle bocche dei compagni.
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Immersione
prolungata della testa in secchi colmi di urina e feci.
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Umiliazione con i
compagni di cella, a cui si doveva baciare il posteriore nudo.
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Coprofagia forzata.
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Atti sessuali contro natura.
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Costrizione a
rituali sacrileghi, come blasfemia durante messe e processioni in cui si
parodiavano bestemmie rituali sulla vita sessuale del Cristo.
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Una delle parodie
più diffuse era quella in cui le processioni si svolgevano con i partecipanti completamente
nudi, al seguito di uno di loro vestito con abiti sacerdotali e reggente un
fallo di sapone, che tutti erano costretti a
baciare.
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Si organizzavano
scene blasfeme, come quella della natività, in cui si rappresentavano la
sodomizzazione di Giuseppe o di Gesù e Maria, o ancora con sedute prolungate
sul water, con scene di giubilo dopo la defecazione, interpretata come la
nascita del Messia.
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Si simulava la
cerimonia battesimale, sostituendo all’acqua un miscuglio di urina e feci e vi
si faceva immergere la testa ai condannati, ogni mattina, per mesi e mesi.
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Tutto ciò finì solo
perché le notizie di tali nefandezze travalicarono i confini della Romania,
costringendo il regime comunista a nascondere in tutta fretta le prove di tutti
i misfatti.
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Furono così fucilati
in gran segreto sia lo stesso Turcanu che la sua congrega di assassini, al
soldo di Ceausescu, e la documentazione riguardante Pitesti fu manipolata e
parzialmente distrutta, compresi gli atti processuali del processo-farsa a
Turcanu stesso.
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Su un totale di 550
mila detenuti politici incarcerati dal
regime comunista, circa 5 mila transitarono per Pitesti.
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Nel frattempo il
popolo romeno agonizzava, stretto in una morsa economica e in una crisi causata
dalla colpevole incompetenza del dittatore, che fece arretrare il Paese fino
all’ultimo posto nelle già fragili economie dei paesi dell’est comunista.
Il regime eseguì centinaia di migliaia di arresti, comprendendo intere categorie sociali, come avvenne nel 1948 per tutti gli ex impiegati di polizia (la notte del 27 luglio); opppure negli anni tra il 1949 e il 1953 per i contadini che non avevano pagato le quote prescritte; o ancora trail 1958 e il 1960 per gli intellettuali e i preti giudicati reazionari, mistici o nemici del popolo.
In assoluto però, coloro che subirono la feroce repressione comunista furono i militanti e i simpatizzanti dei partiti politici che si erano opposti alla trasformazione del Paese in un regime totalitario marxista.
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Ceausescu bloccò le importazioni e ogni innovazione tecnologica,
penalizzando pesantemente l’industria romena.
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Vietò l’uso
prolungato delle lampadine, per cui ogni cittadino poteva accenderne una di 40
watt, per un massimo di tre ore a testa.
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L’uso del
frigorifero e degli elettrodomestici era al bando, mentre quello dell’acqua
calda era consentito per un massimo di quattro ore al giorno e solo nei mesi
più freddi.
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I ristoranti
dovevano chiudere alle 21, e i negozi alle 17.30.
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Ceausescu realizzò
il canale Danubio-Mar Nero che fu ribattezzato “il canale della morte”
poiché il dittatore si servì di prigionieri politici (a costo zero) per la sua
costruzione.
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Il regime comunista
nazionalizzò le terre, le banche e le maggiori industrie del paese,
sovietizzando di fatto la Romania, sotto la guida dei “consiglieri” sovietici,
che di fatto avevano occupato i posti chiave del potere politico, come i
ministeri.
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Ceausescu può essere ben definito un prodotto dello stalinismo, poiché
dopo aver venerato il dittatore sovietico come modello politico, ne seguì i
metodi tipici, così come ne condivise la stessa paranoia nella sua ricerca di
nemici e oppositori, che eliminò senza
esitazioni liquidandoli come “nemici di classe”.
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In
questa ottica si scagliò contro i partiti democratici, l’esercito del re, gli
intellettuali, il clero, gli studenti e i suoi stessi compagni di partito che
gli erano ostili.
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La
stampa fu imbavagliata e il braccio repressivo del regime comunista, attraverso
“il terrore”, raggiunse e punì tutti coloro che non si allinearono alla
politica del dittatore rumeno.
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Ceausescu
impose una politica delle nascite che, vietando l’aborto per mezzo del
famigerato “Decreto 770”, fece aumentare il numero dei bambini abbandonati dai
genitori.
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Molti
bambini indesiderati furono messi in orfanatrofi e istituzioni romene,
soprattutto quelli che erano malati o erano portatori di disabilità, frutto del
tentativo di un aborto approssimativo.
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Era
vietato l’uso del preservativo ed era anche prevista una pesante tassa sul
celibato per gli over 25 poiché non procreando sarebbero incorsi nel crimine di
tradimento delle leggi relative alla “continuità nazionale”.
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In
pratica i “feti” erano di proprietà dello Stato e si istituì una vera e propria
polizia anche per le donne sotto i quarant’anni, che venivano controllate
mediante le registrazioni dei periodi mestruali.
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Chi non rimaneva incinta veniva interrogata.
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Gli effetti
collaterali di questa devastante politica governativa portarono a 170 mila
bambini abbandonati, molti dei quali trovarono “sistemazione” nelle fogne
cittadine, che divennero la loro “casa” negli anni ’90.
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Ancora oggi 5000
bambini vivono per strada dedicandosi all’accattonaggio e alla prostituzione
per procacciarsi di che vivere.
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Dopo le prestazioni
sessuali molti si infettano e si ammalano di Aids, oppure diventano preda dei
pedofili di mezza europa, mentre negli orfanotrofi la violenza e la fame sono strumenti abituali che spingono i ragazzi stessi a scappare.
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La moglie di
Ceausescu, Elena, anche lei comunista, fu responsabile della più grande
epidemia di Aids dell’Occidente, non solo compiendo esperimenti con cavie umane
(i piccoli orfani degli orfanotrofi), ma proibendo gli esami del sangue in
Romania, sostenendo che tale malattia non era presente nel Paese, essendo
tipica dei “decadenti occidentali”.
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Il 16 dicembre 1989 iniziò il declino della
dittatura comunista e della famiglia Ceausescu, in seguito a disordini a
Timisoara causati da una manifestazione popolare a sostegno di un sacerdote
ungherese, Laszlo Tokes, incarcerato per aver attaccato il regime.
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L’esercito sparò sulla folla, provocando la morte di centinaia di
persone.
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Quattro giorni dopo
ci fu una nuova manifestazione, in cui parteciparono più di 50 mila persone,
per protestare contro il governo di Ceasusescu, a cui il dittatore rispose
ordinando un altro raduno di massa per il giorno successivo, a Bucarest, nella
Piazza centrale.
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Si presentarono 100
mila persone, che presenziarono sulla
Piazza fino al giorno seguente, in cui il dittatore iniziò a rivolgersi alla
folla per condannare i fatti di Timisoara.
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Poco dopo si udirono
degli spari, e si sparse la voce che i miliziani del dittatore avessero sparato
sulla folla.
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I manifestanti
reagirono inferociti, dando di fatto inizio alla rivoluzione rumena, che si
diffuse capillarmente in ogni angolo del Paese, mentre il popolo iniziò a
combattere contro l’esercito che nel frattempo li fronteggiava con i carri
armati e l’uso delle armi.
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Molte vittime furono sottoposte a fucilazione, maltrattamento e accoltellamento, oppure schiacciate dai cingoli dei carri
armati, ma contrariamente a quanto pensava Ceausescu, certo di riuscire a
sopprimere la ribellione, la rivoluzione fu inarrestabile.
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Il dittatore e la
moglie tentarono la fuga, ma furono catturati e trasportati nella scuola
elementare di Targoviste, dove un tribunale militare pronunciò per loro una
sentenza di condanna a morte.
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Ciò avvenne il 25
dicembre, e nello stesso giorno fu eseguita anche la sentenza nel cortile
dell’edificio, mentre il popolo abbatteva tutti i simboli del potere
comunista, abbattendo le statue del dittatore e devastando i palazzi del
potere.
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Il mondo occidentale
manifestò la propria solidarietà al popolo romeno, ma dietro la rivoluzione che
abbattè Ceausescu si nasconde una devastante
ambiguità, per colpa della quale non furono prodotti cambiamenti di rilievo.
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La guida politica
della Romania, sotto il regime di Ceausescu, era gestita da Mosca e dal KGB,
che consideravano però il dittatore come un ribelle, a causa del suo disallineamento dai dictat sovietici, e del suo recalcitrare
al controllo totale, polemico anche a
riguardo dell’invasione russa della Cecoslovacchia
del 1968.
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La polizia segreta,
la famigerata "Securitate", organizzata dal KGB sovietico, preparò l’ascesa al
comando di colui che fu poi messo a capo, in effetti, del popolo rumeno, dopo
la morte di Ceausescu : Ion Iliescu.
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Mosca diede al popolo rumeno l’illusione di essersi
liberato da un regime, quello comunista, mentre il realtà stava solo
riappropriandosi per mezzo di una rivoluzione ambigua e inconcludente, del
potere a cui Ceausescu stava sfuggendo.
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Il nuovo Presidente
rumeno, messo al comando del paese dal KGB russo, era in realtà proprio un
agente dei servizi segreti sovietici,
che in questo modo proseguirono a tutti gli effetti il totale controllo sul
popolo rumeno che si era allentato sotto la dittatura di Ceausescu.
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Oggi i servizi
segreti della sfera comunista si sono organizzati mediante la creazione di vere
e proprie “mafie” che monopolizzano le risorse energetiche dei Paesi in cui
sono presenti, a partire dalla Romania.
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Nel paese,
l’organizzazione KGB-Securitate ha prodotto una lobby che si è appropriata del
potere economico e politico, fagocitando i tycoon televisivi e imprenditoriali,
le amministrazioni e i CDA delle banche, inserendo alla guida dei posti chiave
gli agenti che provengono dalle file dei servizi segreti, come nel resto dei
paesi satelliti comunisti, secondo un piano collaudato.
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In Bielorussia il
KGB di oggi si chiama ancora così, ed è il braccio operativo della dittatura
che attanaglia il Paese.
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In Moldova il governo è guidato dal Partito Comunista, presieduto da un
generale del KGB, Vladimir Voronin.
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In Transnistria il
Ministro per la Sicurezza è il generale del KGB Vladimir Antufeev, ricercato a
livello internazionale per omicidio plurimo.
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Questo paese è
considerato il buco nero d’Europa, sede di traffici internazionali di armi e di
droga, non è riconosciuto da alcun Paese al mondo.
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Complice di Antufeev
è anche il Presidente Igor Smirnov, proveniente dalle file del KGB, che ha in
mano la bilancia commerciale del Paese.
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I traffici di questo
personaggio si sviluppano con il terrorismo mondiale, come Hamas, Hezbollah,
Lupi Grigi, e Al Qaeda, cui fornisce armi e appoggio.
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Un bel quadro, non
c’è che dire, che si sovrappone alla caduta di Ceasusescu, salutata da tutti
come vittoria sul comunismo in Romania, ma che in realtà ha rafforzato proprio
il regime sanguinario e tristemente famoso che ancora attanaglia molti Paesi
nel mondo : il regime comunista.
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Dissenso
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I poveri rimangono sempre poveri e i soldi andranno sempre ai soldi ma cristo paga il sabato
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