domenica 30 ottobre 2016

In ricordo di Olga Adamova-Sliozberg


Voglio presentare un frammento del libro di Anne Applebaum, intitolato "Gulag", in cui l’autrice narra lo stato d’animo di Olga Adamova-Sliozberg che chiede al regime comunista sovietico il certificato di riabilitazione, dopo aver trascorso oltre vent’anni nei gulag staliniani.
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Olga Adamova-Sliozberg, fu deportata nelle gelide prigioni siberiane solo per il fatto di essere la moglie di un brillante Professore dell’Università di Mosca, Judel Sakgejm, che il regime comunista aveva deciso di distruggere.
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Gli assassini dell’apparato comunista sovietico, nelle vesti del famigerato NKVD lo fucilarono infatti pochi giorni dopo averlo arrestato, mentre Olga fu  imprigionata prima alla Lubjanka e poi alla Butyrka, le terribili carceri in cui il regime torturava i suoi prigionieri, per poi essere deportata nel lager di Solovki.
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Olga Adamova-Sliozberg
Olga è una delle tantissime vittime innocenti del comunismo sovietico di cui nulla si è saputo per lungo tempo, a causa della disinformazione che i Partiti comunisti europei hanno attuato per difendere l’immagine del comunismo stesso.
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Lo hanno fatto nascondendo la sua vera natura, malvagia e basata sul terrore e sulla violenza, come è scritto nell’eredità intellettuale stessa di Marx,  rendendosi complici in questo modo delle stesse efferate atrocità compiute dal comunismo, e oltraggiando i milioni di vittime innocenti.
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Anna Applebaum nel suo libro ci spiega esaustivamente e con dovizia di dati storici, desunti sia dagli archivi ex sovietici che dalle testimonianze dirette di sopravvissuti, come sia stato devastante il cosiddetto “paradiso comunista”.
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In realtà il comunismo, come è oramai assodato a livello universale, è stato ed è, nei Paesi in cui ancora esiste, un vero e proprio bagno di sangue che si alimenta con la vita del popolo, un sistema che si basa sulla violenza pura e sull’annichilimento delle persone per affermarsi, e che non lascia spazio alcuno a qualsiasi forma di dissidenza.
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Anne Applebaum
Riporto di seguito la trascrizione di una pagina di “Gulag” di Anne Applebaum, molto toccante e significativa, che ci dà l’idea della violenza subita dal popolo russo soggiogato dalla dittatura comunista.
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Nel 1954 fece domanda di riabilitazione per sé e per il marito.
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Attese due anni.
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Nel 1956, dopo il rapporto segreto di Hruscev, ottenne il certificato in cui si diceva che l’inchiesta su di lei era stata revisionata e archiviata per mancanza di circostanze probanti :
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Ero stata arrestata il 27 aprile 1936.Vale a dire che per quello sbaglietto ho pagato con venti anni e quarantuno giorni della mia vita”.
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In risarcimento, dichiarava il ceriticato, la Adamova-Sliozberg aveva diritto a due mesi di salario suo e del marito morto, oltre a 11 rubli e 50 copechi come rifusione del denaro di cui il marito era in possesso al momento della morte.
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Tutto qui.
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Mentre la Adamova-Sliozberg si trovava nella sala d’attesa davanti a un ufficio della sede della Corte suprema, a Mosca, e cercava di digerire la notizia, si rese conto che qualcuno stava gridando.
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Era un’anziana donna ucraina, alla quale era stata appena consegnata una comunicazione di carattere analogo :
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La vecchia ucraina prese il certificato e cacciò un griso terribile.
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Non ho bisogno dei soldi per il sangue di mio figlio. Teneteveli !”, poi strappò il certificato e scaglò i pezzetti a terra.
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Cittadina si calmi .
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Ma la vecchia gridò ancora :
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Assassini !” sputò in faccia al militare e cadde giù svenuta.
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Arrivarono di corsa un medico e due infermieri e la portarono via.
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Tutti tacevano turbati.
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Qua e là si udivano scoppi di pianto e singhiozzi.
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Tornai nel mio appartamento, da dove ora i poliziotti non avrebbero potuto cacciarmi.
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In casa non c’era nessuno, e io finalmente potei piangere.
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Piansi per mio marito, morto a trentasette anni nei sotterranei della Lubjanka, nel fiore delle forze fisiche e intellettuali.
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Piansi per i miei figli che erano cresciuti come degli orfani, con il marchio di figli di nemici del popolo, per i miei genitori morti di dolore, per Nikolaj, e per le sue sofferenze nei lager, piansi per gli amici, ormai sepolti nella terra gelata della Kolyma, che non erano riusciti a vedere la propria riabilitazione.
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Lenin e Stalin, i criminali comunisti sovietici ideatori del GUlag
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Qualsiasi persona con un minimo di sensibilità non può rimanere impassibile di fronte a tale testimonianza, e all’evidenza di una arroganza sconfinata, tipica del’universo comunista.
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Ritroviamo la stessa prepotenza in tutti i regimi comunisti, a partire da quello Cambogiano, passando per quello cinese, e finendo con quello cubano.
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In ognuno di questi tragici luoghi in cui esistono ancora (con la forza) i residui di un comunismo sempre devastante, è purtroppo costante la caratteristica comune che li vede in simbiosi con la totale mancanza dei diritti umani, che vengono infatti metodocamente sprezzantemente calpestati.
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In Cina si muore ancora oggi, dopo essere stati torturati nei famigerati Laogai, per aver espresso il proprio dissenso verso il regime comunista, e la stessa cosa accade a Cuba come in Cambogia.
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Il criminale comunista cinese Mao, responsabile della morte di oltre 40 milioni di cinesi.
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I comunisti di casa nostra, compreso quelli metamorfizzati sotto altro nome (forse si vergognano del loro stesso passato) non rinunciano a proclamare il loro amore verso quegli stereotipi che riconducono verso un universo composto di simboli come la falce e il martello, piuttosto che canzoni come “Bella ciao”, o le bandiere rosse.
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Molti di costoro sono ideologicamente complici delle nefandezze comuniste compiute in tutto il mondo, a partire dagli omicidi efferati scaturiti in Italia dalla ferocia dei partigiani rossi nel dopoguerra, ad armi deposte, in un delirio di odio e di violenza.
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Uccisi dai partigiani comunisti a guerra finita, ad Argelato (Bologna) :
una serie di omicidi efferati che ha annientato una intera famiglia
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Ancora oggi nessuno dei caporioni comunisti o ex, nel panorama politico nazionale,  si è degnato di chiedere scusa per il sangue versato, ma anzi si assiste ad un vero e prorpio linciaggio morale contro chiunque tenti di evidenziare la reale verità storica.
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Per questo motivo ringrazio tutti quegli autori del calibro di Anne Applebaum per aver contribuito a fare luce sulle vicende del passato, contrastando l’incessante opera di disinformazione messa in atto da decenni dagli intellettuali della sinistra.
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Dissenso
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sabato 29 ottobre 2016

UCRAINA, terra di confine


L'Ucraina è uno Stato dell’Europa orientale, ed occupa una superficie di 603.700 km2 e in cui risiedono 48 milioni circa di abitanti.

La sua capitale è Kiev.

Ha uno sbocco sul Mar Nero a sud e confina con la Russia ad est, la Bielorussia a nord, e con Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Moldavia ad ovest.

La lingua ufficiale è l’ucraino.

Nelle regioni orientali e nel sud è molto diffusa la lingua russa, in particolare in Crimea, dove oggi è la lingua ufficiale insieme al Tataro.

La Repubblica autonoma di Crimea è una repubblica facente parte dell’Ucraina dal 1954 e, dall'11 marzo 2014 è entrata nell'orbita di influenza russa che ne ha fagocitato i territori.

La Crimea è stata unita da Putin alla Federazione russa, in seguito ad processo di russificazione imposto da Mosca, che ha portato ad un referendum fasullo il 16 marzo 2014.

In seguito al fatto che l'apparato disinformatore di Putin ha manipolato le popolazioni residenti, ponendole a contatto con flussi immigratori di etnia russa, e dopo che l'esercito russo ha imposto la sua presenza su quei territori, la Crimea è stata dichiarata dall'ex colonnello del kgb Vladimir Putin uno Stato indipendente.

L'Ucraina non riconosce quindi nè l'indipendenza della Crimea e neanche la successiva annessione russa di questo territorio, mentre l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America considerano illegali sia la proclamazione d'indipendenza che il referendum, oltre alla successiva richiesta di annessione alla Russia, e al fatto che il territorio sia ora sotto "occupazione militare" dell'esercito russo.

Il 17 marzo 2014 è stata adottata come moneta a corso legale il ruble russo, mentre dal 30 marzo 2014 vige l’ora di Mosca.

La sovranità della Russia sulla penisola è riconosciuta solo da una parte minoritaria della comunità internazionale.

Il termineUcraina” (Украи́на) e’ una parola composta :

у–Краи–на, che in russo significaterra di confine.
Questa denominazione non ha quindi alcuna origine storica ne’ alcun richiamo a popoli o nazioni, ma solo una valenza geografica che deriva dal fatto di essere una provincia di confine.
Questo spazio di frontiera (l’Ucraina), è sempre stato conteso e fatto oggetto di conquista dalle potenze confinanti, in particolare dalla Russia ad est, e dalla Polonia ad ovest.
In precedenza i territori ucraini furono insidiati anche dall’Impero Austro-ungarico.
L’Ucraina è situata al centro del continente europeo, che è quindi molto più a est di quanto comunemente si creda, tanto che nel 1911 è stato eretto un piccolo monumento (vicino al confine con la Slovacchia), a testimonianza di ciò.
La Società Geografica di Vienna fece apporre un’epigrafe in latino che recita :

«Grazie a un sistema di meridiani e paralleli, in questo punto è stato fissato il centro dell’Europa».
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Monumento del 1887 a Rachiv, in Ucraina, al centro dell'Europa
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L’Ucraina rappresenta quindi una vasta frontiera proprio al centro del nostro continente, un grande territorio, secondo per estensione solo alla Russia.
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E’ per lo più pianeggiante, se si escludono le verdi montagne dei Carpazi a sud, ed è quindi senza grandi difese naturali : vi si trovano distese di fertili campi, steppe che arrivano fino al mare, colline ondulate, immensi boschi, molti laghi e fiumi, e un sottosuolo ricco soprattutto di carbone.
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Per molto tempo, nell’immaginario collettivo, l’Ucraina è stata considerata solo una frazione della Russia, ma i fatti storici smentiscono questa visione riduttiva.
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L’Ucraina ha infatti un proprio bagaglio di ricchezze artistiche e di tradizioni che riempiono il suo panorama culturale, rendendola di fatto, nonostante le influenze imposte dal regime comunista sovietico, una Nazione a tutti gli effetti.
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La poesia e le canzoni cosacche rappresentano solo uno dei tanti anelli che contraddistinguono le tradizioni ucraine, come ad esempio “l’uovo di Pasqua”, risalente a prima della nascita di Cristo.
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L’Ucraina ha conquistato la sua indipendenza grazie al referendum del 1991 in cui la stragrande maggioranza del popolo (90,32 %) si è espressa a favore, appunto, dell’indipendenza.
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Il paradosso storico che lega Ucraina e Russia è dato dal fatto che proprio nel territorio di  Kiev nacque la Russia.
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Le cronache relative a quei territori risalgono al IX secolo d.c. :
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Queste sono le genti slave che vi abitano :
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i Poljani, i Drevljani, gli slavi di Polozk, i Dregovici, i Severiani, quelli del Bug, i Volyniani e i Novgorodesi”.
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La leggenda dice che quattro fratelli (tre maschi e una femmina), appartenenti alla tribù slava dei Poliani, fondarono una città e le diedero il nome di Kyiv, dal nome del maggiore :
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Kiy (gli altri due si chiamavano Shcheck e Khoryv, mentre la sorella si chiamava Lybid).
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Alcune popolazioni del Nord, in particolare i Normanni, gli Svien, i Finni, gli Angleni, i Goti, si insediarono in quei territori, occupando il capolugo della regione del Dnieper, Kiev.
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Questi uomini del Nord si fusero con la polazione slava, prendendo il nome di “Variaghi” (termine bizantino)  e “Rus’” (termine slavo).
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Quando, nell’882 dc, il principe scandinavo Oleg (Helghi) conquistò Kiev (Kyiv), uccise i signori della città (Ascold e Dir, appartenenti alla tribù slava dei Poliani) e dichiarò :
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«Questa città sarà la madre di tutte le città dei Rus’».
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I “Rus’” (uomini che remano, in dialetto scandinavo) erano quindi l’insieme delle popolazioni scandinave che abitavano le regioni che attualmente fanno parte di Ucraina e Russia, un potente clan vichingo fondatore di ciò che si può definire la “culla” della moderna Russia, la Rus’ di Kiev.
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Infatti la città divenne una tappa fondamentale del percorso mercantile vichingo, che si snodava dal Mar Baltico al Mar Mediterraneo, e in poco tempo, quella città commerciale, attraversata dal grande fiume Dnepr (che i romani chiamavano Danaper) divenne la capitale del grande e potente impero Rus’ che andava dal Mar Baltico al Mar Nero.
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La Rus’ di Kiev era quindi una elìte vichinga alla guida di una popolazione a maggioranza slava, che si componeva anche di popolazioni delle steppe.
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L’idea che in origine lo stato russo non fosse poi così “russo” è stata sempre respinta dagli storici e dagli studiosi sovietici e russi perché impedisce qualsiasi argomentazione e rivendicazione di tipo nazionalistico sui territori dell’attuale ucraina.
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Nel XII secolo la Rus’ di Kiev era un ricco stato normanno-slavo e si ritiene che Kiev fosse allora la città più grande d’Europa, con circa diecimila abitanti.
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I principati di Kiev nel secolo XII°
Sul fiorente regno della Rus’ si abbattè, nel 1240, l’orda dei conquistatori mongoli guidati da Baty Khan.
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Kiev fu rasa al suolo e i suoi abitanti sterminati.
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Dopo le invasioni tataro-mongole non rimase più nulla dell’antica grandezza.
Tutto il principato di Kiev venne colpito da una serie di invasioni che ne distrussero il tessuto sociale e politico.
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Nel frattempo la Rus’ di Kiev andò incontro a lotte di successione e venne smembrata.
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Solo la città di Novgorod scampò alla distruzione, proseguendo la linea dinastica scandinava (quella dei Rurik, che prende il nome dal capostipite Heinrich, nome certo non slavo) fino alla morte del figlio di Ivan il Terribile avvenuta nel 1598.
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In seguito, alla fine del dominio mongolo, il territorio della Rus’ fu diviso in tre principati :
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la Galizia, che divenne Polonia;
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la Volynia, divenuta Lituania;
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e la Moscovia, in seguito conosciuta come Russia.
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Il caos sociale che seguì l’invasione tataro-mongola in area kieviana fu risolto solo quando i lituani conquistarono la città di Kiev incorporandola nel loro grande stato, a sua volta poi fuso nel granducato polacco-lituano che dominò la regione fino al 1795.
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L’area kieviana, quindi, non solo non è la culla dello stato “russo” nell’accezione moderna del termine ma ha avuto, rispetto agli altri principati russi, un destino a sé.
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L’élite scandinava kieviana, dopo le invasioni mongole, venne sostituita da quella polacco-lituana, mentre genti slave tornarono a popolare la regione.
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Il confine orientale dello stato polacco-lituano correva, grossomodo, su quello che era stato il confine della Rus’ di Kiev.
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Entro quel confine le genti slave locali poterono sviluppare una cultura distinta rispetto a quella russa.
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Vennero chiamati ruteni, russini, piccoli russi, e sono gli antenati degli attuali ucraini.
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Confini Ucraina 1917

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Quando nel XV secolo i principati russi scacciarono i tataro-mongoli, quella che sorse fu una Russia diversa dalla precedente.
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Il dominio mongolo, durato due secoli, ebbe una certa influenza nella cultura e nella mentalità russe segnando così uno scarto rispetto alla Russia slavo-vichinga dell’alto Medioevo.
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Tuttavia gli slavi orientali mantennero il nome di “russi” che in passato fu attribuito agli scandinavi.
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Oggi il più consistente popolo slavo, quello russo, porta il nome che i suoi antenati diedero ai loro dominatori scandinavi.
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E il primo regno di questi dominatori, quello di Kiev, non fu un regno eminentemente slavo.
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Monumento a Kiy,
il fondatore di Kiev
La Rus’ di Kiev è senz’altro il primo stato “russo”, ma di quella Russia che ancora non aveva conosciuto le invasioni tataro-mongole che ne avrebbero cambiato sensibilmente la cultura e la mentalità.
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Una Russia “slavo-normanna” andata in rovina che è certo legata alla Russia moderna – quella che sorse nel XV secolo dalla forza motrice del principato di Moscovia – ma che non ne è diretta progenitrice.
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Fatte le debite proporzioni, la Rus’ di Kiev sta ai russi di oggi come l’impero romano sta agli italiani.
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E come l’impero romano, anche la Rus’ di Kiev ebbe più filiazioni :
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la moderna ucraina ne è un’erede indiretta ma in buona misura distinta dalla cugina Russia.
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L’eredità della Rus’ di Kiev è grande proprio perché non è direttamente collegata ai moderni stati nazionali.
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Ai suoi re si deve la conversione al cristianesimo nella forma greco-bizantina (che noi diciamo “ortodossa”) e la formazione di una cultura specifica degli slavi orientali.
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Una cultura che oggi lega gruppi nazionali differenti ma non così distanti come il nazionalismo, le guerre e le propagande vogliono far credere.
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Con il XX secolo la storia dell’Ucraina prese un nuovo indirizzo, in un’alternanza di speranze, rivoluzioni e violenze.
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La Rivoluzione del 1905 e poi la Rivoluzione Bolscevica del 1917 coinvolsero direttamente il paese e portarono alla nascita della Repubblica socialista ucraina.
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Già nel 1922 la regione (che era stata uno dei granai d’Europa) fu investita dalla prima terribile carestia, dovuta al collasso dell’ammiistrazione statale e alle continue guerre che l’avevano dilaniata negli ultimi sette anni.
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(Prima guerra mondiale , Rivoluzione , Guerra civile tra rossi e bianchi , Guerra russo-polacca del 1920).
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Poi, quando il Partito comunista prese il controllo del paese tentò di imporre alla totalità dei contadini la collettivizzaione delle terre.
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Interi villaggi rurali si opposero al progetto di collettivizzazione delle campagne, previsto dal Primo piano quinquennale del 1929.
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Tutti i contadini (piccoli, grandi e medi) che non accettarono di sottomettersi alla collettivizzazione vennero bollati, con una campagna di denigrazione molto violenta, come “kulaki” (proprietari), e vennero trattati come dei veri e propri nemici dello Stato :
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furono quindi caricati a forza sui treni (catti merci o bestiame) e deportati lontano, con il risultato di impoverire ancor di più le campagne.
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La politica di collettivizzazione forzata di Stalin non portò nessun risultato economico, ma morte per fame ed eccidi di massa.
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Holodomor”, deriva dall’espressione ucraina moryty holodom, che significa “infliggere la morte attraverso la fame”, ed è il nome attribuito alla carestia, non generata da cause naturali, che si abbatté sul territorio dell’Ucraina negli anni dal 1929 al 1933 e che causò circa SETTE MILIONI DI MORTI.
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Vittime ucraine del genocidio per fame compiuto dal leader comunista Stalin
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Un disegnatore italiano della “scuola bolognese”, è riuscito a farci visualizzare, con un graphic novel, questa tragedia inimmaginabile :
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"Igort, Quaderni ucraini. Memorie dai tempi dell'Urss. (Mondadori, Milano 2010)".
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Questa infinita serie di nefandezze attuate dall’Unione Sovietica sulla pelle del popolo ucraino spiega perché quando i tedeschi, nel 1941, invasero l’Ucraina, molte persone li accolsero salutandoli con il pane e il sale, come dei “liberatori” (numerosi furono gli episodi di collaborazionismo :
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30.000 ucraini combatterono assieme ai tedeschi, nella famigerata 14esima divisione Halychyna e alcuni dei più crudeli guardiani dei lager nazisti erano ucraini).
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In realtà l’occupazione tedesca fu, in quella regione, di una ferocia particolarmente spietata, non soltanto contro gli ebrei, ma contro tutta la popolazione civile considerata complice di un movimento di resistenza partigiana sembre più forte ed eroico.
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Alla fine della guerra, l’Ucraina contò 8 milioni di morti, di cui 1,5 milioni di ebrei, e 2 milioni di deportati come schiavi (200.000 rimasero in Occidente).
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Se ad essi si aggiungono i 7 milioni di morti tra deportazioni, fucilazioni e fame, si ha un quadro del costo enorme di vite che furono spezzate durante quindici anni in quella regione.
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Combattenti dell'UPA ucraina

Dopo la guerra mondiale si protrasse fino al 1950 una strisciante e violenta guerra condotta dall’esercito e dalle forze di sicurezza russe contro le formazioni clandestine dell’UPA, l’ala militare dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini, fondata il 14 ottobre del 1942, guidata dal generale antisemita Roman Shukhevich.
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Dalla fine della guerra (1945) alla morte di Stalin (1953) 500.000 ucraini vennero deporti in prigioni o in campi di lavoro (Gulag).
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Bambino malformato a causa
delle radiazioni a Chernobyl
Il 26 aprile del 1986 una nuova tragedia si abbattè sull’Ucraina :
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esplose il reattore 4 della centrale atomica di Chernobyl.
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I morti come risultato diretto dell’incidente  furono diecimila, ma quelli per le conseguenze delle radiazioni sono milioni (anche se la Russia ha sempre contestato i dati forniti da Greenpeace e dalle organizzazioni internazionali).
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Da questo episodio, che mostrò tutta l’inefficienza del potere sovietico, iniziarono a svilupparsi vari movimenti di opposizione che si raggrupparono, nel 1990, nel Rukh (Movimento Popolare per la Perestrojka) che ebbe un notevole risultato nelle elezioni locali e preparò la strada al distacco dall’URSS.
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Il 24 agosto 1991 l’Ucraina proclamò l’indipendenza, passando da “membro della famiglia delle nazioni sovietiche” a Stato sovrano e iniziando un lungo, e non privo di intoppi, cammino verso la democrazia.
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Nel 1996, l’ala riformatrice del Parlamento (Verhovna Rada), impose una nuova Costituzione :
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nel dicembre del 2004 l’Ucraina divenne una Repubblica parlamentare, assumendo finalmente le caratteristiche, nel bene e nel male, di un paese “normale e democratico”.
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Successivamente però, una ristretta èlite di personaggi senza scrupoli, appartenenti per lo più alla vecchia oligarchia del Partito Comunista, si impadronirono delle ricchezze del paese e riuscirono in pochi anni, grazie anche alla dilagante corruzione, ad accumulare enormi fortune economiche.
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Come molte altre città dell’Est europeo, forzatamente condannate a subire frustrazioni e umiliazioni per lungo tempo, Kiev si è riappropriata negli ultimi anni di un benessere fondato sul trionfo del denaro e dei beni materiali, come rivalsa sulle privazioni imposte dal Partito comunista.
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I valori della vita sono stati travisati a vantaggio della convinzione che il denaro possa comprare qualsiasi cosa, e un effimero benessere, volgare e sfacciato, come quello dato dal crescente mercato del sesso facile post sovietico, oppure quello stereotipato dei nuovi ricchi che in un estremo desiderio di oblio escludono la popolazione, lasciandola ad un crescente impoverimento e dimenticando le tragedie del passato.
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Non a caso il fenomeno delle donne ucraine che migrano verso l’occidente per lavorare come badanti, cameriere, e infermiere, assume dimensioni ragguardevoli.
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Le donne lavoratrici ucraine partono sole, lasciando a casa i figli e i mariti, mantenendoli con la loro nuova attività con l’invio di parte del denaro guadagnato (in Ucraina 200 dollari al mese costituiscono una cifra ragguardevole).
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Soprattutto nei piccoli paesi si nota uno strano spopolamento :
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soltanto giovani, anziani e uomini soli che, nella maggior parte dei casi, non lavorano più e affogano nell’alcool il proprio senso di inutilità.
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La mafia ucraina controlla quasi tutto.
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Il più grande boss mafioso della storia, secondo la rivista Time, non è italiano né italo-americano, bensì ucraino :
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si chiama Semion Judkovich Mogilevich.
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Nato a Kiev nel 1946, da una famiglia della media borghesia ebraica, si laureò a 22 anni in Economia all’università di Leopoli.
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Agli inizi degli anni Settanta, non si sa bene come, divenne membro, a Mosca, del gruppo criminale Lyuberetskaya.
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Quando, negli anni Ottanta, più di 10.000 ebrei ucraini e russi emigrarono in Israele, Mogilevich dette loro la possibilità di mutare i loro oggetti preziosi in denaro che avrebbero poi trovato nella nuova patria.
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Nel 1990, ormai milionario, grazie a fruttuosi investimenti in attività come mercato nero, prostituzione e droga, anche lui si trasferì in Israele, con alcuni dei suoi collaboratori.
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Sposatosi, nel 1991, con una certa Katalin Papp (dalla quale ha avuto tre figli), si stabilì in Ungheria, ottenendone subito la cittadinanza e andando ad abitare in una lussuosa villa fortificata alla periferia di Budapest.
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Là divenne proprietario della fabbrica di cannoni e missili antiaerei «ArmyCo-Op».
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Putin e il caccia SUKHOI FA 50
Nel 1994, il gruppo di Mogilevich ottenne il controllo della Inkombank, una delle maggiori banche private della Russia.
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La banca fallì nel 1998, ma grazie ad essa egli conquistò una quota significativa della fabbrica di armamenti russa Sukhoi.
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Braccato dalle polizie di mezza Europa e considerato da molti paesi «persona non gradita», Mogilevich si trasferì in Canada prendendo il controllo, con altri membri della mafia russa, della Toronto Stock Exchange (TSX).
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Il 24 gennaio del 2008 fu arrestato a Mosca per sospetta evasione fiscale, ma un anno e mezzo dopo fu liberato.
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Il Ministro degli esteri russo dichiarò che le accuse contro di lui non erano di natura particolarmente grave.
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È considerato invece dall’FBI uno dei criminali più pericolosi in circolazione ed è stato soprannominato, per la sua grande intelligenza, «brainy don» (il don con il cervello).
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Andruchowycz
Come ha notato, nel 2002, Jurij Andruchowycz, il più grande poeta e scrittore ucraino di oggi :
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«Dopo Chernobyl ci è caduta in testa la mafia ucraina con tutto il suo peso negativo, non soltanto sotto forma di omicidi e attentati.
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La corruzione è lo stato permanente dei rapporti tra le persone, la prostituzione un fenomeno assolutamente normale.
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Il mercato delle donne è uno dei lavori più redditizi».
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Dal 2004, la vicenda politica ucraina si è radicalizzata e complicata, venendo monopolizzata da due personaggi e dal loro scontro come rivali in occasione delle elezioni Presidenziali :
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Viktor Juscenko, e Viktor Janukovyc.
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Il primo (Viktor Juscenko) era Capo della Banca Nazionale dell’Ucraina, filo-occidentale e favorevole ad una integrazione europea (motivi per cui subì anche un tentativo di avvelenamento con la diossina, ad opera del FSB, il servizio segreto russo), mentre il secondo (Viktor Janukovyč)  era l’allora Primo Ministro in carica, di ispirazione politica filo-russa, gravato da condanne penali, e leader del Partito delle regioni.
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Le elezioni registrarono brogli e irregolarità, confermate dal fatto che gli exit poll diedero risultati favorevoli a Juscenko (+11 %), molto diversi però da quelli ufficiali che davano vincente Janukovyc (+ 3 %).
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Nacque una protesta popolare, chiamata rivoluzione arancione (dal colore di coccarde, sciarpe, striscioni della protesta), e denominata anche come Prima rivoluzione ucraina, che indusse la Corte Suprema ad annullare le elezioni.
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Julija Tymosenko
La protesta fu guidata da Julija Volodymyrivna Tymosenko (1960), divenuta poi leader dell’- Unione di Tutti gli Ucraini - “Patria” e del "Blocco Elettorale Julija Tymošenko".
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La nuova consultazione elettorale portò alla vittoria di Juscenko con il 52% dei voti che divenne quindi Presidente della Repubblica dal 2005 al 2010, mentre la Tymošenko divenne invece Primo Ministro (prima donna a ricoprire questa carica in Ucraina).
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Durante questo periodo l’Ucraina si avvicinò molto all’Occidente, preoccupando sempre di più Mosca.
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Alle elezioni presidenziali del 2010, la Russia appoggiò apertamente e con tutti i mezzi Janukovyč, che vinse, al ballottaggio, contro la Tymošenko (Juščenko venne sconfitto al primo turno, ricevendo solo 5,45% dei voti).
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Con la Presidenza di Janukovyč in Ucraina il potere si riavvicinò alla Russia, divenendo più autoritario, al punto di processare e imprigionare la Tymošenko, mantenendo al contempo l’aspirazione ad entrare in Europa.
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La titubanza della Commissione Europea però, riluttante ad accogliere l’Ucraina in Europa, spinse il Governo ucraino a sospendere l’accordo di associazione denominato DCFTA (per il libero scambio commerciale), fondamentale per la sopravvivenza economica del paese.
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Per contro, Janukovyc, avvicinandosi ancora di più alla Russia, accettò il prestito offerto da Putin, innescando così una forte protesta popolare pro-europeista, iniziata nel novembre 2013 con l’occupazione da parte dei manifestanti della Piazza Maidan nel centro di Kiev.
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Le manifestazioni presero il nome di Euromaidan comprendendo tra i motivi della protesta la presunta corruzione degli organi di Governo, l'abuso di potere e le violazioni dei diritti umani in Ucraina, e il fatto che i figli e la parentela di Janukovyc diventarono rapidamente miliardari, mentre l’economia del Paese si indeboliva altrettanto rapidamente.
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Euromaidan
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Inoltre, alcuni comparti industriali ucraini furono delocalizzati in Russia e vasti territori agricoli furono venduti alla Cina, che a sua volta  inviò in Ucraina la propria manodopera, a discapito di quella locale, creando ampie sacche di disoccupazione e di malcontento in aree rurali dell’Ucraina stessa.
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Nel gennaio 2014 gli scontri di piazza si fecero sempre più violenti e le barricate più alte e meglio organizzate.
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Tra i manifestanti fecero la loro comparsa gruppi paramilitari nazionalisti.
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Unità della Berkut, la
Polizia antisommossa
Sia la Polizia che cecchini anonimi appostati sui tetti iniziarono a sparare e fu dato alle fiamme il Palazzo dei Sindacati, quartier generale dei dimostranti.
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Alla fine si contarono circa 150 morti e più di 1000 feriti.
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Il 22 febbraio i manifestanti chiesero le dimissioni di Janukovyč che, ormai circondato, fuggì dalla capitale, rifugiandosi vicino al confine russo.
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Con lui scapparono anche il Presidente del Parlamento e il Ministro dell’Interno, che lasciarono i loro incarichi.
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Il palazzo presidenziale fu assaltato dai manifestanti.
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La Tymošenko venne liberata e tornò a parlare alla piazza (costretta su una carrozzella a causa di una malattia ai dischi intervertebrali).
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Il Parlamento nomina Presidente del Parlamento e Premier “ad interim” Oleksandr Turčinov, ex vice presidente dell’Unione degli industriali e degli imprenditori ucraini, fondatore insieme alla Tymosenko dell’Unione Pan-UcrainaPatria“, oltre che suo “braccio destro”.
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A Turcinov successe poi Petro Poroshcenko che, il 25 maggio, giura davanti al Parlamento di Kiev e si insedia come Capo dello Stato Ucraino.
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Il Governo intende subito ristabilire una serie di prerogative nazionali in ogni territorio del Paese e per questo decreta di abolire la lingua russa come una delle lingue dell’Ucraina, scatenando le proteste delle popolazioni orientali.
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Le pesanti ingerenze della Russia provocano un mutamento nel clima politico ucraino, poiché appoggiano apertamente le proteste inducendo le forze russofone delle regioni orientali ad occupare le sedi istituzionali.
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Il governo di Kiev invia le forze armate e la guardia nazionale nelle regioni orientali, denunciando il progetto russo di ripetere nelle regioni dell’est lo scenario della Crimea.
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L'inviato Usa all'Onu Samantha Power afferma che gli attacchi di gruppi armati filo-russi nelle città dell'Ucraina dell'Est "sono segnali del coinvolgimento di Mosca".
separatista
filo - russo
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In effetti il disegno espansionistico di Mosca verso l’Ucraina, appare uguale al modello adottatto per venire in possesso della penisola di Crimea nella cosiddetta Crisi del 2014.
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Prima fase : consolidamento della proprie basi militari.
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Agli inizi del mese di marzo, la presenza dei militari russi nella penisola di Crimea è salito fino a 22.000 unità (mentre, secondo gli accordi tra Ucraina e Russia del 1991, il limite doveva essere 12.500).
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Seconda fase :
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Il parlamento della Repubblica di Crimea ha proclamato l’indipendenza dall’Ucraina e ha indetto un referendum per l’annessione alla Russia.
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I Paesi dell’Unione Europea, gli Stati Uniti d’America, e 71 Paesi dell‘ONU ritengono tale referendum una palese violazione del diritto internazionale e della Costituzione dell’Ucraina, ma ciò poco importa alla Russia, che in seguito all’esito (scontato) del referendum si annette la Crimea, appropriandosene.
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Il referendum si è tenuto domenica 16 marzo e ha visto, con molti sospetti di brogli, la vittoria, con il 93% dei voti, di coloro che vogliono ricongiungersi alla Russia.
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La penisola di Crimea torna quindi alla Russia, che l’aveva conquista nel XVIII secolo con l’imperatrice Caterina, ma che era stata data all’Ucraina nel 1954 da Nikita Sergeevic Chruscev, allora segretario del PCUS per festeggiare il 300° anniversario del trattato di Perejaslav.
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Nello stesso tempo, nella parte orientale dell’Ucraina (dove si è “rifugiato” il deposto presidente Janukovyč) i “filorussi” hanno indetto manifestazioni contro il “colpo di stato” che si sarebbe compiuto a Kiev ad opera di “forze fasciste”.
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La manovra russa è evidente agli occhi di tutti :
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Si tenta di replicare ciò che è avvenuto in Crimea, ma non tutti i russi che stanno in Ucraina intendono però finire sotto il controllo di Mosca (un’Ucraina aperta all’Occidente che pare a loro, infatti, preferibile alla Russia di Putin).
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Non sono state sufficienti nemmeno le proteste del popolo russo che in una manifestazione di 50.000 persone a Mosca il 14 marzo, ha espresso il proprio dissenso verso la politica aggressiva di Putin, sfilando con le bandiere ucraine.
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La comunità internazionale, impotente, ha deciso sanzioni economiche per punire la Russia, nella speranza, comunque, che si accontenti della Crimea.
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Il conflitto prosegue ora tra l’esercito ucraino e i ribelli delle province di Donetsk e Luhansk (a maggioranza russa) causando circa 9.000 morti.
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Il capo della missione di monitoraggio in Ucraina dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), Alexander Hug, ha rilasciato una testimonianza al quotidiano americano affermando di aver notato la presenza di 88 carri armati tra le fila dei ribelli filorussi al fronte.
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Hug non ha specificato da dove provenissero questi mezzi corazzati, e la Russia ha negato di aver fornito degli armamenti ai ribelli.
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Il conflitto siriano ha distolto l’attenzione dei media dal conflitto ucraino–russo.
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Ciò ha portato ad una sorta di “congelamento” dell’attenzione verso il conflitto ucraino che a lungo andare porterà giovamento solo alla causa russa, facendo scivolare inesorabilmente i territori contestati sotto la sua orbita di influenza.
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Una subdola manovra espansionistica, in perfetto stile sovietico, ma MAI così spietata come quella che vide la deportazione di oltre 240 mila tatari nel 1944, deportati da Stalin, dalla Crimea all’Asia centrale.
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Il lupo perde il pelo ma non il vizio, e Putin, ricordiamolo, è un ex colonnello del famigerato KGB …
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Dissenso
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