lunedì 26 dicembre 2016

COMUNISMO : IL "PARADISO" NORD-COREANO


La Corea è una penisola situata nell’estremo oriente, fra Manciuria e Giappone, ed è divisa tra due Stati : Corea del Nord e Corea del Sud.
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Anticamente erano presenti nella penisola tre regni (denominati dagli storici come “anteriori”) : Goguryeo, Baekje, e Shilla.
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Il regno di Goguryeo, ebbe vita dal 37 a. C. fino al 668 d. C., e si estendeva dal sud della Manciuria alla Corea del Nord settentrionale e centrale
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Il regno di Baekje invece, esistette dal 198 a.C. fino al 660 d.C., e occupava il territorio sito nel sud ovest della Corea.
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Il regno denominato Shilla o Silla, nel periodo che va dal 57 a.C. al 935 d. C, era situato nel sud della penisola, e nel 668 si alleò con la Cina per conquistare gli altri due regni, Baekje nel 660 e Goguryeo nel 668 .
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Dopo queste conquiste il Regno di Silla (ribattezzato dagli storici Silla unificata) occupò la maggior parte della penisola coreana, poi dopo circa trecento anni si frammentò in tre ulteriori piccoli Stati, denominati Tre Regni Posteriori :
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Silla, Hubaekje (originato da Baekje, posteriore), e Taebong, noto anche come Hugoguryeo (derivato da Goguryeo, posteriore) e si sottomise alla dinastia dei Koryo nel 935.
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Nel 936  il controllo dei Tre Regni passò nelle mani di Wang Geon che proclamò il Regno di Goryeo, mettendo fine al periodo dei Tre Regni posteriori.
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Nel 1897 nacque l’Impero coreano guidato dal re Gojong fino al 1910, anno in cui il Paese fu conquistato dall’Impero giapponese.
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Al termine della seconda guerra mondiale, nel 1945 la penisola coreana fu divisa in due zone :
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il territorio a nord del 38° parallelo, sotto l‘influenza e l’occupazione sovietica, e il territorio a sud del 38° parallelo, sotto l’influenza e l’occupazione americana.
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Nel 1948 nacquero la Repubblica democratica di Corea (Corea del Nord) e la Repubblica di Corea (Corea del Sud) con governi diversi e sistemi politici ostili l’uno all’altro :
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KIM IL-SUNG in una banconota da 100 wong
La Corea del Nord divenne una dittatura comunista e filocinese con capitale a Pyongyang, presieduto da KIM IL - SUNG, mentre la Corea del Sud divenne una democrazia capitalista filostatunitense con capitale a Seul, presieduta da Syngman Rhee.
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Nel 1950 la Corea del Nord impose la sua volontà di estendere “per il bene del popolo” la propria zona di influenza e lo fece invadendo militarmente i territori della Corea del Sud.
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La Corea del Nord si rivelò subito come lo Stato comunista più chiuso del mondo, e fu per questo soprannominata il “regno eremita”.
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La guerra, che iniziò nel 1950 e proseguì fino al 1953, causò ben 2.800.000 vittime, metà delle quali civili, e innescò una delle fasi più acute e pericolose della cosiddetta “guerra fredda” , per il conseguente rischio di conflitto nucleare.
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Gli Stati Uniti, insieme ad altri 17 Paesi, intervennero militarmente su mandato dell’Onu per rovesciare il Governo nordcoreano e liberare la Corea del Sud.
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Kim, il dittatore comunista nord coreano, aveva già combattuto insieme ai guerriglieri comunisti cinesi per contrastare le truppe di occupazione nipponiche in Manciuria, e aveva seguito dei corsi di indottrinamento comunista politico e militare a Chabarovsk, in Unione sovietica, tanto che negli anni trenta aveva assunto la carica di capitano dell’Armata Rossa.
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Rientrò in Corea nel 1946, dove fu subito nominato dalle forze sovietiche di occupazione “Capo del Comitato Popolare Provvisorio” in quanto il Partito Comunista Coreano aveva sede a Seul, nel territorio di occupazione americano.
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Successivamente divenne Primo Ministro della neonata Repubblica Democratica Popolare di Corea (RDPC).
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Kim preparò la proditoria aggressione alla Corea del Sud con molto anticipo, ammassando truppe al confine e facendo esercitazioni nascoste per preparare le truppe all’invasione.
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La notte del 25 giugno 1950 circa 120.000 soldati nordcoreani varcarono senza preavviso il confine con la Corea del Sud, e occuparono la città di Seul.
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KIM JONG-IL
Dopo tre anni di guerra e di perdite di vite umane il conflitto ebbe termine, grazie anche al fatto che l’Unione sovietica, in contrasto con Mao Tse Tung negò alla Corea del Nord gli aiuti militari richiesti.
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La pace però non ha fermato i propositi dittatoriali della Corea comunista, che continua ancora oggi a soggiogare il popolo sotto rigide imposizioni di stampo maoista e staliniano.
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Imperversano nel Paese le “purghe” repressive, cui seguono le condanne alla pena di morte, che raggiungono il numero di 90.000 vittime.
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Vengono organizzati innumerevoli prigioni e campi di detenzione e di lavoro forzato per i criminali comuni, le zone di deportazione per i nuclei familiari, e le zone di dittatura speciale per i detenuti politici.
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I prigionieri subiscono torture di ogni tipo e soprusi, e vengono obbligati a lavorare dalle cinque del mattino fino a mezzanotte, continuamente sottoposti a brutalità e ferocia.
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Le nascite di bambini in regime di detenzione vengono punite con la sgozzatura del neonato.
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La dinastia KIM stringe la popolazione coreana nella ferrea morsa del terrore comunista, iniziando con KIM IL-SUNG (1972/1994), e proseguendo con KIM JONG-IL (1994/2011), per arrivare fino ad oggi con KIM JONG-UN, compiendo e tramandandosi una serie continua di crimini contro l’umanità, massacrando il loro stesso popolo, come confermato anche da racconti di sopravvissuti.
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Si narra di corpi spremuti per estrarne il grasso e della cremazione delle ossa rimaste, di urla inumane provenienti dalle celle di tortura, di capelli insanguinati incollati al muro, di strumenti di tortura applicati ai genitali degli sventurati prigionieri, di esecuzioni capitali e di uccisioni provocate apposta con estrema lentezza per prolungare l’agonia delle vittime.
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Anche le donne non sfuggono alla ferocia comunista, e si racconta di seni lacerati a colpi di coltello, di parti genitali sfondate con il manico di un badile, di nuche fracassate a martellate, di cani addestrati a sbranare esseri umani, di cui non rimangono che le ossa spolpate.
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Anche le persone anziane vengono torturate e uccise, così come i ragazzi, come nemici della rivoluzione comunista, in un parossismo di furore sadico e perverso che disonora l’intera umanità.
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KIM JONG-UN
Le vittime dei campi di concentramento nordcoreani raggiungono la cifra di un milione e mezzo di unità, mentre fuori dai campi, nella cosiddetta società civile, persiste una totale mancanza di ogni minima libertà o diritti.
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Le politiche economiche fallimentari del regime comunista affamano la popolazione e provocano un vero e proprio genocidio, con un numero di vittime stimato intorno ai due milioni, mentre la Croce Rossa afferma che ogni mese muoiono 10.000 bambini per fame e denutrizione.
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L’orrore di Stato che la Corea del Nord produce sulla popolazione inerme e incolpevole è pari solo a quello nefasto e sadico dei tristemente famosi khmer rossi cambogiani.
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E’ anche pari alla stupidità criminale di coloro che in Occidente inneggiano alla “falce e martello”, con il pugno chiuso alzato, in segno di appartenenza al mondo comunista.
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E’ pari anche alla colpevole idiozia di quelle masse studentesche manipolate dalla sinistra che in Italia, negli anni ‘68/’70, sventolavano il “libretto rosso” di Mao, in un delirio di macabra condiscendenza, durante i cortei e le manifestazioni di piazza organizzate dalla sinistra.
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Costoro dovrebbero provare sulla loro pelle ciò che il popolo coreano ha dovuto subire e sta ancora subendo a causa della dittatura comunista.
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Personaggi come Cossutta, Bertinotti, Togliatti, Alboresi, che appartengono o hanno fatto parte dell’universo comunista dovrebbero portare le loro stesse famiglie a vivere in quello che dovrebbe essere, secondo i loro standard socio politici, un vero e proprio paradiso in terra.
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Potrebbero così provare l’ebbrezza della deportazione in Laogai di stampo cinese, per iniziare la “rieducazione attraverso il lavoro” a cui sono sottoposti almeno una volta nella vita tutti i coreani, oppure scoprire un giorno che i propri familiari sono scomparsi, fagocitati da un regime che non ti dirà nemmeno che fine abbiano fatto.
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La falsità dei comunisti europei è ignobile, poiché fingendo scaltramente di non sapere quali crimini compiono i loro confratelli coreani, ne diventano complici a tutti gli effetti.
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E’ proibito anche l’acceso a Internet, allo scopo di circoscrivere qualsiasi sussulto di dissenso, mentre la comunicazione con l’estero tramite telefono cellulare è considerata una attività di spionaggio ed è repressa con l’arresto e la detenzione.
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Centinaia di migliaia di persone vengono tenute in segregazione e torturate senza che nei loro confronti venga formulata alcuna accusa, se non quella generica di “colpa per associazione” che corrisponde al fatto di essere parenti o amici di persone che sono invise al regime comunista.
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Non pago, il regime comunista nordcoreano ha inviato forzatamente 50.000 coreani in altri Paesi come Libia, Mongolia, Nigeria, Qatar e Russia, come mano d’opera schiavizzata,  sorvegliati e sfruttati, incamerando i loro salari e costringendoli a turni lavorativi sfiancanti.
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L'attuale dittatore nordcoreano Kim Jong-un, pur interpretando il ruolo di comunista alla guida dei lavoratori, ha paradossalmente studiato alla scuola inglese di Berna in Svizzera e si è laureato due volte, tentando di dissimulare la sua vera natura, che ce lo dipinge invece come crudele e spietato, amante del lusso sfrenato e della violenza gratuita, come dimostrano le leggi imposte al suo stesso popolo.
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Il suo delirio di onnipotenza lo spinge alla ricerca di un ruolo come leader di una potenza nucleare, per il quale si spinge ad incrementare sempre di più le esercitazioni militari e la corsa all’armamento.
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Il terrore resta comunque la sua arma prediletta, con cui esercita la tirannia sull’intero popolo nord coreano, nel modo in cui i marxisti-leninisti sono maestri, con ferocia e disprezzo per la vita umana.
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Il comunismo dunque, ancora una volta, è esempio di disprezzo per i più elementari diritti, come la libertà e l'uguaglianza, e ripercorre sentieri di orrore sulla pelle del popolo, già collaudati nei regimi di Stalin, di Mao, o di Fidel Castro.
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Fino a quando l'Occidente continuerà a fare affari con le superpotenze comuniste, come ad esempio la Cina, anziché dare un chiaro segnale di condanna per le violazioni dei diritti umani in tali Paesi, le masse popolari planetarie saranno facile preda degli insaziabili appetiti dei gerarchi comunisti.
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Articoli de "l'Unità" che negli anni '70/'80 falsavano la realtà criminale della Corea del Nord
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Sta a noi combattere perché ciò non avvenga, opponendoci in tutti i modi al comunismo, boicottando i loro prodotti e le loro merci, rifiutando qualsiasi approccio amichevole, condannando apertamente il loro operato..
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Spero che la cupidigia dei miopi Governi occidentale non prevalga sugli ideali di libertà che dovrebbero contraddistinguere il nostro stereotipo di civiltà, e che si cessi immediatamente di commerciare con i Paesi comunisti, imponendo anzi loro una ferrea sequenza di sanzioni di ogni tipo.
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Non facendolo, ci renderemo, più di quanto oramai siamo, loro complici a tutti gli effetti.
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Dissenso
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sabato 10 dicembre 2016

TIBET : IL SILENZIO DELL'OCCIDENTE


Il Tibet, chiamato anche Tetto del Mondo o Paese delle nevi, a causa della sua altitudine media che si aggira sui 4.900 metri sul ivello del mare, è una regione dell’Asia centrale.
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Il Tibet è un Paese la cui Storia millenaria risale, come conoscenza e documentazione, al 617 dopo Cristo.
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Libero ed autonomo per secoli, il Tibet conobbe anche un periodo di espansione territoriale che arrivò a comprendere parti dell’attuale Cina, ma in seguito divenne prima uno Stato vassallo dell’Impero Mongolo (XIII secolo), proseguendo poi sotto il dominio della dinastia cinese Ming (1368-1644), e infine della dinastia cinese Qing (1644-1911).
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Dal 1911 il Tibet divenne uno Stato indipendente, fino al 1950, anno in cui la Repubblica Popolare Cinese decise di annettersi questi territori, invadendoli e occupandoli militarmente.
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Il 7 ottobre 1950, 40.000 soldati dell’esercito cinese dilagarono in tutto il Tibet orientale, approfittando del fatto che l’opinione pubblica mondiale fosse distratta dalla guerra tra la Corea del Nord e la Corea del Sud, e dall’intervento americano in difesa di quest’ultima.
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I militari comunisti cinesi bombardarono Lhasa, la città più importante del Tibet, radendo al suolo i suoi millenari monasteri buddisti e iniziando così l’occupazione cinese.
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Il popolo tibetano fu sottoposto alla privazione della propria autonomia non solo politica ma anche religiosa, e obbligato a subire gli effetti di feroci repressioni e di devastanti carestie.
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La durezza delle atrocità commesse dai comunisti cinesi si è focalizzò nell’intento di annichilire le coscienze nazionali tibetane, per svuotarle di ogni contenuto e sostituirle con la dottrina del nuovo dominio comunista.
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Nel 1956, durante il Capodanno tibetano, il grande monastero Chode Gaden Phendeling, a Batang, venne completamente distrutto da un bombardamento aereo in cui persero la vita 2.000 persone, tra monaci buddisti e pellegrini.
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La sistematica distruzione del culto tibetano, si accanì proprio sui monasteri e sui monaci buddisti provocando una forte reazione popolare, guidata dal movimento di resistenza tibetano.
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Bandiera tibetana
Il legittimo dissenso popolare fu però stroncato dai comunisti cinesi col sangue di 80.000 vittime, per la maggior parte donne e bambini del Tibet, che vennero massacrati sia nelle strade di Lhasa che in altre località del Paese.
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Nel 1959 i patrioti tibetani si riappropriarono militarmente di Lhasa, ma in seguito al bombardamento cinese della città, che provocò oltre 20.000 vittime, dovettero cedere allo strapotere comunista che rioccupò la città, provocando altre 10.000 ulteriori vittime.
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Il Governo cinese decide di ribattezzare il Tibet con il nome di “Regione autonoma dello Xizang”, escludendo alcune importanti regioni di tradizione e cultura tibetana che saranno poi accorpate  alle Province cinesi dello Szechuan e del Ch’ing-hai.
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In conseguenza di tutto ciò, il 17 marzo 1959, il Dalai Lama, la massima autorità politia-religiosa del Tibet fu costretto a lasciare Lhasa, per cercare asilo politico in India, seguito da 80.000 profughi suoi seguaci.
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Il Governo tibetano si appellò all’ONU, così come agli Stati Uniti, e alla Gran Bretagna, ma l’Occidente decise di “liquidare” la questione tibetana come una normale diatriba interna alle vicende politiche cinesi.
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Nacquero così sul territorio tibetano 166 campi di lavoro forzato, in cui trovarono la morte oltre 170.000 vittime, in perfetto stile comunista, così come avevano già sperimentato sia Mao in Cina che Stalin in Unione sovietica.
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Il modello comunista ripropose in Tibet anche un altro devastante elemento già tragicamente sperimentato sulla pelle del popolo, sia cinese che russo, e cioè la collettivizzazione  delle terre, che anche qui si evolse nello stesso modo, causando una grande carestia e oltre 70.000 morti per fame.
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Il popolo tibetano scappò dai propri territori oramai devastati dalla furia comunista e cercò riparo in India, proseguendo la diaspora già iniziata al momento dell’esilio del Dalai Lama, e raggiungendo la cifra di 130.000 esuli.
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Mao, in clima di piena “rivoluzione culturale”, la terrificante e devastante politica di annichilimento della cultura, delle arti e della letteratura, in quanto sinonimo di borghesia e di intellettualismo (nemici da combattere), fece arrestare il Panchen Lama, il secondo più alto dignitario del buddismo tibetano e iniziò la persecuzione dei monaci buddisti.
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Su un totale di 6.259 luoghi di culto presenti in Tibet ne rimasero in funzione solo tredici, mentre tutti gli altri vennero devastati, saccheggiati, dati alle fiamme, o trasformati in prigioni.
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Tutti i manoscritti secolari, le statue e i dipinti scomparvero, distrutti o rubati dalla furia comunista.
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Nel 1984 il Governo tibetano in esilio denuciò al mondo le cifre delle vittime del dominio cinese, che avevano raggiunto la cifra di un milione e 200.000 persone.
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Il comunismo cinese ha operato scientemente un vero e proprio genocidio culturale del Tibet, sostituendo le popolazioni autoctone con flussi di immigrazione forzata di etnia Han, proibendo la lingua tibetana e rendendo obbligatorio l’uso della lingua cinese, radendo al suolo gli edifici storici del paese e sostituendoli con caseggiati di cemento armato, proibendo la libertà di associazione, di espressione religiosa, e instaurando la legge marziale.
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Nel 1989 Il Presidente cinese Hu Jintao aumentò la durezza della politica repressiva, associando e parificando l’attività religiosa dei monaci tibetani ad attività terroristica, e condannandoli a lunghe pene detentive o alla pena di morte.
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Tenzin Rinpoche
Il famoso maestro religioso Tenzin Delek Rinpoche fu arrestato nel 2002 perché accusato di aver compiuto attentati esplosivi, mentre in realtà la sua sola colpa è stata quella di aver pacificamete svolto attività religiosa nelle comunità tibetane dello Sichuan.
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Nel 2003 gli fu confermata la sentenza di condanna a morte, e durante la detenzione fu torturato e maltrattato nei più svariati modi previsti dagli aguzzini comunisti, come essere appeso con i piedi e i polsi incatenati.
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Di lui, come dei molti monaci incarcerati non si è più potuto sapere nulla, come se fossero tutti improvvisamente scomparsi.
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La caccia al monaco tibetano sembrò essere diventata una priorità per la politica espressa dal comunismo cinese, al punto che i religiosi venivano intercettati anche se tentavano di scappare attraversando il confine con il Nepal, motivo per il quale si apriva il fuco contro di loro, tanto che nel 2007 i militari cinesi occupati in queste operazioni di rastrellamento uccisero a colpi di arma da fuoco anche un bambino.
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Oggi la dissidenza tibetana che i monaci buddisti esprimono fermamente si avvale di mezzi tragicamente autolesivi, al fine di evidenziare davanti al mondo intero la disperazione che il regime comunista cinese provoca su loro stessi e sull’intero popolo tibetano.
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A decine oramai si sono infatti dati fuoco da vivi, auto immolandosi per attirare l’attenzione dell mondo, morendo in modo atroce per opporsi alla dittatura cinese che li sta distruggendo.
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Spesso e incredibilmente i monaci ardono seduti e con le mani giunte, come se le fiamme appartenessero non alla tragica e dolorosa realtà in cui sono immersi e protagonisti, ma ad un universo irreale e lontano.
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Questi religiosi diventano interpreti ed emblemi di una storia scritta col loro stesso sangue di vittime innocenti, che però troppo spesso viene archiviata dai mezzi di comunicazione con un colpevole atteggiamento di disinteresse e di indifferenza.
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Questi eroi del nostro tempo, che a costo della vita lottano per gli ideali di libertà contro l’oppressore comunista, rappresentano la sublimazione del dissenso, la capacità di resistere oltre le umani possibilità, preferendo l’affratellamento con sorella morte piuttosto che con il comunismo cinese.
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Decine di migliaia di tibetani sono stati uccisi dall’invasore comunista cinese, senza alcun processo, nei modi più svariati e documentati : crocefissi, arsi vivi, annegati, strangolati, impiccati, sepolti vivi, decapitati, fatti a pezzi, torturati e martoriati.
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I comunisti hanno costretto perfino i bambini a sparare sui loro stessi genitori.
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I Lama, considerati dai cinesi come parassiti, sono stati legati agli aratri e cavalcati come cavalli, frustati e abbattuti, mentre li si scherniva chiedendo loro sarcasticamente di produrre un miracolo che li preservasse dai dolori inflitti.
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I monaci sono stati costretti dai cinesi ad interrompere il loro celibato, nel tentativo di violare la loro intima essenza religiosa e spirituale, e la loro forza interiore.
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Più di cento monaci, ad oggi, hanno sacrificato la loro vita per denunciare l’oppressione del loro popolo, urlando il loro sacrificio alle nostre orecchie, divenute ormai sorde e assuefatte perfino alle emergenze umanitarie.
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Renzi e Xi Jinping
I politici occidentali, soggiogati dalla bramosia economica di concludere affari col gigante asiatico, si recano ossequiosi nel Paese del Celeste Impero per stringere la mano ai Presidenti di turno,  in spregio ai diritti umani calpestati.
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Prodi, Berlusconi, Napolitano, Renzi, Alfano, così come Sarcozy, Cameron, Merkel e Obama, sono stati immortalati mentre si intrattengono cordialmente con i maggiori criminali della società globale odierna : i rappresentanti del potere comunista cinese.
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Affamatori del loro stesso popolo, dittatori e invasori del Tibet, responsabili di crimini contro l’umanità, nonchè di politiche che vanno nel senso contrario della direzione indicata per salvare l’intero pianeta dall’inquinamento, fautori di un comunismo distruttivo e insaziabile, i politici cinesi rappresentano, nonostante tutto, un target appetibile cui rivolgersi per soddisfare le voraci necessità del mondo commerciale ed economico occidentale.
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Napolitano e Xi Jinping
I politici occidentali sopra citati, incuranti della devastazione non solo morale compiuta in nome del comunismo, si prodigano in iniziative (come quella delle Olimpiadi) che possano assicurare un reciproco e proficuo vantaggio economico alle parti interessate, in totale dispregio dei diritti umani, e rendendosi complici di un sistema marcio, corrotto, violento e sanguinario.
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La Storia scriverà a caratteri cubitali i nomi di coloro che hanno permesso che tutto ciò accadesse, identificando con il senso di verità che il tempo inesorabilmente produce, tutti coloro che risulteranno esserne implicati.
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Napolitano e Hu Jintao
Le fotografie di coloro che oggi stringono la mano al Presidente comunista cinese di turno, saranno testimonianze inoppugnabili della loro collusione e responsabilità.
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Le torture, i laogai, i sacrifici dei monaci buddisti, e tutte le altre molteplici nefandezze compiute dal comunismo cinese, anche oggi in questo stesso momento, sono una precisa responsabilitòà proprio di quei politici che con il sorriso sulle labbra ne avallano, con il loro silenzio, il tragico e incessante  proseguo.
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Prodi e Hu Jintao
Come possono essere definiti quindi Napolitano, e tutti quelli come lui, che stringono la mano ai criminali comunisti ?
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E se stringessero la mano di Hitler, di Pol Pot, o di qualunque altro gerarca della falce e martello piuttosto che della svastica, che differenza ci sarebbe ?
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E’ ripugnante che l’opinione pubblica occidentale non punti il dito contro costoro, che con il loro silenzio-assenso avallano la politica di terrore messa in atto dal comunismo cinese.
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E’ ripugnante che falsi pacifisti ammantati nelle loro bandiere multicolori della Pace si ritrovino nelle Piazze, gremendole in nome di un anti berlusconismo esasperato, e parallelamente tacciano sui crimini che vengono compiuti quotidianamente in nome del comunismo.
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Berlusconi e Hu Jintao
E’ falso e ipocrita tutto ciò che gli intellettuali della sinistra ci fanno arrivare, filtrato e metamorfizzato, a partire dalle informazioni, o meglio dalle disinformazioni che ci trasmettono.
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Le persone di buon senso e con un minimo di percezione della reale portata del modus operandi attuato da chi manipola l’informazione, appannaggio delle sinistre, dovrebbero quanto meno prendere le distanze da chi, impunemente e sfacciatamente, omette di prendere atto delle problematiche umanitarie esistenti.
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Non possiamo, a prescindere dallo spirito cristiano che anima la società occidentale, evitare di prendere in considerazione le terribili condizioni di vita cui sono sottoposti sia il popolo tibetano che lo stesso popolo cinese, strangolati da un regime cruento e sanguinario.
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La Cina è al primo posto nella vendita di organi umani, ma non tutti sanno che occorre collegare due fatti eclatanti e metterli a confronto per far emergere una realtà devastante :
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  -  In Cina c’è la pena di morte (al primo posto per numero di esecuzioni).
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- I detenuti politici condannati a morte sono sottoposti forzatamente all’espianto dei loro organi.
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Le due cose, già di per sé terribili, fanno sorgere il sospetto che l’eliminazione degli oppositori politici sia attuata con il duplice scopo di annientare il dissenso e di procurare organi freschi e disponibili da commercializzare.
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Cosa occorre, oltre a ciò, perché i politici occidentali prendano le distanze da questo universo di orrore ?
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Fino a quando questo non avverrà io personalmente li posso considerare semplicemente come complici, scrivendoli a chiare lettere nell’elenco dei peggiori criminali dell’umanità…
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Dissenso
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giovedì 8 dicembre 2016

LA MENTALITA' COMUNISTA


Propongo alcune riflessioni tratte dal libro “La mentalità comunista”, scritto da Vasil Bykov, Vladimir Bogdanovic Rezun (Viktor Suvorov), e Vladimir Konstantinovic Bukovskij.
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Bykov
Vasil Bykov (1924 – 2003) è stato uno scrittore bielorusso che ha raccontato nelle sue opere l’atmosfera di sospetto del regime verso coloro che erano caduti prigionieri dei tedeschi durante l’ultimo conflitto mondiale, e poi da loro liberati.
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L’autore ci ha narrato come questi sventurati siano stati poi deportati nei gulag oppure fucilati come sospetti traditori.
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La sua dissezione sulla disumanità della guerra sfociò poi verso una più generale riflessione sulla recente storia russa di cui, appunto, ci ha fornito ampia dissertazione.
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Suvorov
Viktor Suvorov (1947), al secolo Vladimir Bogdanovic Rezun, è uno storico e romanziere russo che dopo aver servito nell’Armata Rossa e dopo aver lavorato come agente con il grado di Maggiore del GRU (il servizio segreto militare) è scappato nel regno Unito, dove ha scritto diversi libri sull’Unione sovietica e sui suoi Servizi segreti.
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Per questo il regime comunista russo lo ha condannato a morte in contumacia.
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La sua teoria come studioso e storico è che Stalin avesse accuratamente pianificato di utilizzare Hitler come veicolo contro l’Occidente, fornendogli supporto tecnico, militare, e politico, preparando nel frattempo l’Armata Rossa per “liberare” l’Europa dall’occupazione nazista e poi sovietizzare i territori orientali, come poi accadde.
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Bukovskij
Vladimir Konstantinovic Bukovskij (1942) è uno scrittore russo, dissidente del regime sovietico, noto per il suo attivismo anticomunista.
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Fu imprigionato dal regime comunista russo e costretto alla reclusione per dodici lunghi anni, che trascorse tra prigioni, campi di lavoro, e ospedali psichiatrici.
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Il suo primo arresto avvenne perché aveva organizzato incontri di poesia nel centro di Mosca presso il monumento a Vladimir Majakovskij.
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In occasione di un accordo internazionale tra il Cile di Pinochet e l’Urss per lo scambio di prigionieri, fu scambiato con Luis Corvalan (segretario del Partito comunista cileno) e trasferito in Svizzera in manette.
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Il crollo del comunismo svela i retroscena di un grande inganno e scopre una grande e conseguente delusione, in un inferno di repressione che poggia il suo essere sulla dittatura, feroce e spietata.
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In occasione della pubblicazione del loro libro “La mentalità comunista” i tre autori sono intervenuti ad un congresso internazionale, tenutosi in Italia, durante il quale hanno risposto alla seguente domanda :
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Esiste ancora una mentalità comunista ?
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Queste le loro risposte, che ognuno di noi dovrebbe soppesare con attenzione, riflettendo su come l’informazione e le coscienze dell’intera Europa siano state manipolate dagli intellettualoidi delle sinistre …
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Vasili Bykov :

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Se noi perdiamo di vista l’unico scopo dei bolscevichi, dei comunisti e dei dittatori, il rafforzamento della presa di potere, è impossibile capire la logica del loro modo di governare.
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Il loro esercizio del potere è dialettico :
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oggi condannano il nazionalismo e il giorno dopo gli danno il benvenuto ;
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oggi esecrano il terrorismo ma non esitano a farne uso domani, dove faccia loro comodo.
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Dopo aver messo in guardia la società contro il terrorismo individuale, applicano i metodi del terrorismo di Stato …
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Viktor Suvorov :
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Se siete davvero intenzionati a salvare il vostro Paese e l’Europa dal totalitarismo, dovrete prima di tutto mutare radicalmente il vostro atteggiamento nei confronti del comunismo sovietico.
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Ma questo potrà avvenire soltanto se ci sarà un processo, se si apriranno gli archivi e il mondo potrà finalmente vedere per intero la vastità dei crimini del comunismo …”
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Suvorov ha scritto 5 saggi fondamentali, tradotti in 20 lingue e pubblicati in decine di edizioni.
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In questi scritti l’autore, ex analista dei servizi segreti prende i fatti pubblicati allora sotto l’occhio vigile della censura sovietica, li colloca in cronologie stereometriche, a scacchiera,  e giunge dopo oltre 50 anni di distanza alla spiegazione logica delle sconfitte dell’Armata rossa nel ’41.
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Spiega il perché sia stato possibile che per costruire quell’Armata nel paese più vasto e ricco del mondo, il regime comunista sia arrivato, in poco meno di vent’anni, a ridurre il popolo al cannibalismo.
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Vladimir Bukovskij :

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Il comunismo non è stato battuto, quelli che hanno cooperato con esso non sono stati condannati né eliminati, tutt’altro :
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oggi sono al potere …
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In Italia sono arrivati al potere i comunisti per la prima volta nel dopoguerra, e nessuno è sembrato preoccuparsene.
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Io temo che noi viviamo in una situazione di schizofrenia morale e non siamo più capaci di dire bianco al bianco e nero al nero.
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E finchè non riusciremo a farlo, finchè il comunismo non verrà sottoposto a un processo di Norimberga come quello a cui fu sottoposto il nazismo, non potremo affermare di esserci liberati del comunismo …
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Bukovskij ha anche dichiarato :
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Avendo fallito di farla finita in modo definitivo con il sistema comunista, ora rischiamo di integrare il mostro sopravvissuto nel nostro mondo.
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Non può certamente essere più chiamato comunismo, ma conserva ancora molti dei suoi caratteri pericolosi …
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Finchè un tribunale simile a quello di Norimberga non avrà espresso il suo giudizio su tutti i crimini commessi dal comunismo, non è morto e la guerra non è finita.
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E ancora, aggiunge :
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"Quando mi dicono che il comunismo è crollato, mi chiedo sempre se sia crollato davvero.
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Se il nazismo è stato cancellato, è perché l’operazione è stata radicale, nel senso che fu completamente smantellato, le sue strutture eliminate e i suoi capi processati e condannati.
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Insomma tutt’altro atteggiamento che nei confronti del comunismo, sebbene i crimini di cui si sono macchiati siano analoghi, dalle torture al genocidio.
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Ma, alla fine i nazisti sono stati dichiarati criminali mentre i comunisti passano per gente che ha commesso errori…
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Dissenso
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