L’editoria clandestina si sviluppò in Unione sovietica
dopo la morte di Stalin, nella seconda metà degli anni Cinquanta, allorquando
gli artisti, i poeti, e gli scrittori, disillusi dalla supposta ventata di
libertà auspicata dalla Conferenza di Helsinki si resero invece conto che la
repressione del regime contro gli intellettuali era tutt’altro che conclusa.
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I testi dei vari scrittori venivano copiati a mano e
ridistribuiti, per essere a loro volta ricopiati, e per ripetere poi il ciclo,
più volte, fino ad assumere caratteristiche di distribuzione significativa.
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In questi spazi culturali, clandestini e vietati dal
regime sovietico, prese forma una cultura civica rilevante per il significato
alternativo con cui questa si proponeva come alternativa alle imposizioni della
censura ufficiale.
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Nei salotti in cui si leggevano i samizdat e i tamizdat si
era risvegliata una coscienza critica sincronica con le stesse pubblicazioni
edite dagli esuli russi nei Paesi ospiti, non più clandestinamente e sotto
forma di tamizdat (“pubblicato laggiù”) , di almanacco o di rivista.
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In pratica si definivano scritti Samizdat quelli “autopubblicati”
di autori del posto, russi, cechi, polacchi ecc. mentre si definivano Tamizdat
(dalla radice “tam”, là, altrove) quelli tradotti e importati clandestinamente
di autori occidentali, o specularmente quelli di autori del blocco
realsocialista portati in qualche modo fuori, nel mondo “libero”.
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La macchina da scrivere fu
introdotta e diffusa in Russia a partire dagli anni Cinquanta e divenne il
mezzo principe attraverso cui poter riprodurre i libri, battendoli a macchina e
facendoli propri, in una sorta di appropriazione personale e di restaurazione
di una sfera privata devastata dal regime comunista.
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Lo sviluppo della cosiddetta
cultura non ufficiale fu veicolato, oltre che dalla diffusione delle macchine
da scrivere, anche dalla scomparsa della pratica abitativa che consisteva nella
coabitazione coatta, fatto che permise agli autori di poter contare su uno spazio
“privato”, su una “tana” sicura, precedentemente non permesso.
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Vennero a formarsi,
parallelamente ai ritrovi negli appartamenti comunitari, anche spazi privati
in cui le cerchie di gruppi dissidenti trovavano maggior sicurezza nelle
precauzioni cospirative delle loro letture e discussioni.
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Edizione tamizdat di Arcipelago Gulag di Solzenicyn, nascosta in un fustino di detersivo |
La ricopiatura dei testi faceva
da contraltare alla lettura nei salotti letterari, poiché permetteva modalità
di comprensione profonda dei testi, divenendo un elemento fondamentale della
letteratura russa.
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Si riproducevano i libri anche
mediante le fotocopiatici presenti negli ambienti di lavoro, soprattutto per
diffondere i tamizdat (come nel caso di Solzenicyn e Zinov’ev) , mentre le
produzioni di autori come Nabokov e Platonov erano affidate alla dattilografia.
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Il fiorente mercato clandestino
del samizdat si autoalimentava grazie anche alla vendita dei libri stessi, come
testimoniato ad esempio dal cantautore Petr Starcik, il quale affermò che il
suo primo "Bulgakov" costò 6 rubli (una somma relativamente alta, vale a dire due
bottiglie di ottima vodka, o tre chilogrammi di carne della qualità migliore).
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Le testimonianze però sono
discordanti e sembrano negare la pratica della compravendita, nel timore forse
che la conferma dell’esistenza di tali risvolti commerciali possa sminuire il
carattere “eroico” del samizdat stesso.
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Va detto che il ricorso all’uso
del samizdat non può essere storicamente delimitato entro il limite temporale
che va dagli anni Cinquanta fino agli anni Ottanta, poiché tale pratica di
lettura clandestina era presente in
Russia già nell’800 e proseguì attraversando il meglio del pensiero filosofico
dell’epoca fino all’immersione drammatica nel terrore rosso instaurato dai
bolscevichi.
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Il primo ad usare il termine
samizdat fu il poeta Nikolaj Glazkov negli anni ’40 che utilizzò il termine “samsebjaizdat” (pubblicato da me) per le sue
poesie, facendo il verso ai titoli delle case editrici statali come “Gosizdat”
e “Politizdat”.
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L’immersione nel bieco
totalitarismo staliniano produsse una radicalizzazione della censura di regime,
non solo per quanto riguarda
l’introspezione socio politica, legata all’ortodossia di riferimento, ma anche
per quanto riguarda l’ingerenza assoluta e costante sull’intima essenza individuale,
come i gusti estetici personali e il tempo libero, fagocitati in nome di una
spersonalizzazione totale della persona in quanto tale.
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Il samizdat espresse il proprio
dissenso documentando al contrario il valore assoluto della persona, e la sua
irriducibilità a dare per scontato il significato delle cose e dell’esistenza.
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Una rinascita spirituale che nel
samizdat emergeva prepotentemente, in difesa della libertà, contro gli abusi
del potere comunista, lottando per la dignità umana e la sua mai sopita
coscienza.
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Inizialmente il samizdat nacque
ed emerse dal punto vista letterario, precedendone l’evoluzione in senso
politico e filosofico, in difesa dei diritti dell’uomo.
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Qualsiasi iniziativa
indipendente era considerata ostile allo Stato e percepita come oltraggio
all’autorità costituita, divenendo bersaglio delle persecuzione dei sadici
collaboratori di
Stalin,
come
Ezov,
Berija,
Jagoda
, o
Dzerzinskij.
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Apparvero poi, accanto ai libri
russi anche le traduzioni di autori stranieri, a partire dai romanzi
anti-utopici di Orwell.
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Samizdat di Anna Akhmatova |
I poeti proibiti, per la lettura
dei quali si poteva essere deportati nei gulag siberiani, erano ben noti nel
panorama clandestino del sottosuolo samizdat, come ad esempio Marina Cvetaeva,
Osip Mandel’stam, Boris Pasternak (autore di Dottor Zivago), Anna Achmatova e
il marito Nikolaj Gumilev (fucilato nel 1921).
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L’argomento che riguarda il
samizdat e i tamizdat è molto vasto e non riuscirò in questo breve post a dare
risposte esaustive a tutte le domande con cui il lettore si interrogherà, ma
traccerò almeno il profilo dei soggetti salienti che li contraddistinsero.
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L’evoluzione delle forme di
dissenso letterario si manifestò con la nascita di riviste e almanacchi che,
sempre in forma di autoedizione clandestina, videro la nascita di “Goluboj Buton” (Bocciolo azzurro), (1955) per
iniziativa degli studenti Afanas’ev,
Bogdanov, Pupisov e Fabricnyi.
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Sulla testata, accanto al
titolo, scrissero emblematicamente : “Casa editrice Noi”.
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Un’altra rivista però può
vantare il titolo di prima rivista samizdat, non in riferimento ad un ordine
temporale ma subordinatamente alla grande tiratura di copie (per l’epoca)
raggiunte in clandestinità.
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Questa rivista che si chiamava “Sintaksis” (1959) ideata da Aleksandr Ginzburg
che la ideò all’età di 23 anni fu infatti riprodotta fino a raggiungere la
tiratura di 300 esemplari.
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Ginzburg, già appassionato
frequentatore delle riunioni poetiche di Piazza Majakovskij, a Mosca, era
figlio dell’architetto Cizov, vittima delle purghe staliniane degli anni
trenta.
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I samizdat presenti nella
rivista erano opere scritte da noti poeti russi, come Bella Achmadulina, Bulat
Okudiav, o Viktor Nekrasov, Josif Brodskij, e da altri meno noti, come Natal’ja
Gorbanevskaja.
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In seguito nacquero altre
riviste e almanacchi letterari, come naturale contrapposizione alla feroce
repressione del regime comunista.
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Ricordiamo fra queste, in ordine
alfabetico :
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“Al’jans”
(1960) di V. Kocanov.
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“Al’manach”
(1965), V. Sazin, T. Arkad’eva, L. Eptina, N. Piven’, T. Faleva, G. Salita.
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Samizdat di Leonid Gubanov |
“Amegob”
(1970) di M. Abdulachatov, V. Petranovskij.
Il nome letto al contrario indica
la parola “bogema”, boheme.
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“Avangard”
(1965), di Leonid Gubanov (1946-1983).
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“Bum!”,
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“Bumerang”,
(1960) diretta da Vladimir Osipov.
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“Casy”
(1976) di Boris Ivanov, almanacco letterario con cadenza periodica.
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“Cervello”,
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“Epsilon-salon”
(1985) dei fratelli Michail e Aleksandr Baras, Valerij Krupnik, Nikolaj Bajtov,
Aleksandr Platonov, Aleksandr Kurgancev, Vadim Pevzner.
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“Feniks”,
(1961) di Jurij Galanskov (raccolta poetica, o “sbornik”).
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“Feniks
66”, (1966) di Jurij Galanskov. Seconda raccolta, ispirata dal processo
contro Andrej Siniavskij e Julij Daniel’.
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“Fonar”
(Fanale), (anni ‚60) di M.Kaplan e V. Kononenko.
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Samizdat Feniks 66 |
“Il
cavallo turchino”,
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“Kokteil” (1960),
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“Kolokol”
(La campana), di V.Iofe, V.Smolkin.
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“La
rivista 37” (1976) di Krivulin e la moglie, L. Rudkevic, E. Pazuchin, N.
Sarymova (pseudonimo Kononova).
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“Lo
spettro”,
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“Masterskaja” (L’officina),
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“Metropol” (1979).
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“Mnemozina”, di Vladimir
Odoevskij e Vil’gel’ Kjuchel’becker.
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“Seja”
(Il collo),
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“Sfinge”(1965),
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“Sirena” (1962),
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“Smog”.
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“Vremena goda”
(Le stagioni).
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Questo
seppur breve elenco di titoli
di samizdat riveste una eccezionale rilevanza, sia dal punto di vista storico
che sociale, così come per i suoi risvolti di carattere umanitario, se si tiene
conto che nella quotidianità sovietica del sottosuolo culturale clandestino,
l’appartenza al mondo del dissenso comportava il rischio di essere deportati
nei gulag siberiani.
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A tale proposito voglio citare alcuni nomi di artisti che pagarono con la privazione della libertà la loro indipendenza dai dictat del regime comunista sovietico.
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Molte di queste anime
artistiche esprimevano nel samizdat la loro stessa essenza culturale,
intrinsecamente libera, trasmettendo al lettore una sorta di amalgama
intellettuale che li rendeva simbiotici e interdipendenti.
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Gulag di Vorkuta, a nord del Circolo Polare Artico |
Vladimir Alejnikov, uno dei fondatori del gruppo Smog, scrisse :
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“Il samizdat è autocrazia. Il
potere esercitato dall’autore di un libro dattiloscritto sul testo, sul proprio
prodotto, è autosufficiente. Ma non è nulla rispetto a quello del samizdat
stesso. Che inghiottisce tutti quelli che vi si sono dedicati, li attira in una
specie di imbuto senza fondo. Proprio per questo proviamo tutto ra nostalgia
per il samizdat, perché il suo potere su di noi è immenso".
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Ecco alcuni degli eroi a cui il regime comunista tolse la libertà, senza alcuna esitazione :
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Vladimir Al’brecht
(Mosca, 1933), scrisse
: “Come comportarsi durante un interrogatorio”, nel 1976, e per questo
motivo fu incarcerato per la durata di tre anni.
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Iosif Brodskij
(Leningrado, 1940
- New York, 1996), per i sui
scritti venne arrestato e accusato di parassitismo.
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Fu condannato a 5 anni di lavori
forzati, ma a seguito delle proteste di numerosi esponenti del mondo culturale
la pena fu commutata in esilio.
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Vladimir Bukowskij |
Vladimir Bukowskij
(Belebej, 1942). Contro di lui il regime comunista usò
l’arma del ricovero in strutture psichiatriche, arrestandolo e imprigionandolo
dal 1963 al 1965.
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Venne poi arrestato altre due volte e in occasione della terza fu condannato a tre anni di lavori forzati.
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Liberato nel 1970 scrisse sui metodi repressivi mediante l'uso della psichiatria e per questo motivo subì un quarto arresto e una condanna a ben 7 anni di reclusione, per agitazione e propaganda anti-sovietica.
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Nel 1979 grazie alla mediazione di Andrej Sacharov, Bukowskij venne "scambiato" con il segretario del partito comunista cileno Luis Alberto Corvalan.
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Julij Daniel’
(Mosca, 1925
- 1988), pubblicò all’estero con
lo pseudonimo di Nikolaj Arzak, descrivendo i toni surreali della vita in Unione
sovietica.
Fu arrestato nel 1965 insieme a
Sinjavskij, e condannato a 5 anni di lavori forzati.
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Aleksandr Esenin-Vol’pin
(Leningrado, 1924), subì nel 1949 l’internamento in un
ospedale psichiatrico a causa del carattere “antisovietico” delle sue poesie.
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Nel 1950 fu condannato a 5 anni
di esilio nella regione di Karaganda come “elemento socialmente pericoloso”.
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Alla morte di Stalin venne
amnistiato, salvo poi essere nuovamente internato in un ospedale psichiatrico
nel 1959.
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Jurij Galanskov |
Nel 1972 fu costretto ad emigrare e si stabilì negli
Stati Uniti.
Jurij Galanskov
(Mosca, 1939
- Barasevo, Mordovia, 1972),
fondò “Feniks” e successivamente “Feniks-66” , ma per aver pubblicato i suoi
scritti anche all’estero venne colpito dal regime sovietico comunista che lo
condannò a 7 anni di lavori forzati a regime duro.
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Durante questo periodo di
detenzione fu sottoposto ad operazione chirurgica e morì a causa di
sopraggiunte.
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Aleksandr Ginzburg (Mosca, 1936
- Parigi, 2002), amava definirsi
“prigioniero politico della terza generazione” a causa del fatto che il nonno
morì nel 1918 durante il “terrore rosso” scatenato da Lenin, mentre la nonna fu
imprigionata alla Lubjanka perché religiosa praticante, e che infine il padre morì in carcere nel
1937.
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Dal 1959 al 1960 redasse i tre
numeri di “Sintaksis”, ma non riuscì a completare il quarto perché fu
arrestato, non a causa di Sintaksis ma per aver dato un esame al posto di un
amico, falsificando alcuni documenti.
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Nel 1968 il regime comunista,
tramite il Tribunale di Mosca, condannò Ginzburg a 5 anni di reclusione, in
quello che fu definito “il processo dei quattro”.
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Furono condannati, oltre a
Ginzburg, altri tre giovani dissidenti : Jurij Galanskov (7 anni di lager),
Aleksej Dobrovol’skij (2 anni), e Vera
Laskova (1 anno, ma fu liberata alcuni giorni dopo la fine del processo).
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Dopo aver scontato la pena
Ginzburg fu nuovamente arrestato nel 1977 e condannato a 8 anni di lavori
forzati a regime duro.
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Fortunatamente nel 1979, a
seguito di trattative con il Governo americano, venne scambiato (insieme ad
altri 4 compagni di sventura) con due agenti del KGB che erano stati arrestati
negli USA.
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Natalija Gorbanevskaja |
Natalija Gorbanevskaja
(Mosca, 1936), fu arrestata nel 1969 e sottoposta a
trattamento psichiatrico obbligatorio.
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La sua detenzione terminò nel
1972.
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La poetessa si trasferì in Parigi nel 1975, dove continuò la sua attività
di dissidente contro il regime comunista.
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Vladimir Osipov (Slancy, Leningrado, 1938), tra il 1960 e il 1961 è tra i
giovani che partecipavano alle letture poetiche che si tenevano a Mosca intorno
al monumento di Majakovskij.
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Redattore della rivista
“Bumerang” (1960) venne arrestato nel 1961 e condannato a 7 anni di lager a
regime duro, per agitazione e propaganda antisovietica.
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Scontò la pena in un campo della
Mordovia, ma poi nel 1974 venne nuovamente condannato a 8 anni di detenzione, e
rimandato nel lager da cui era uscito.
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Questo è solo un breve accenno
relativo al lungo elenco di poeti, scrittori, e artisti, che il comunismo
sovietico ha tentato di zittire.
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In tutto il mondo la presenza
del comunismo ha avuto lo stesso brutale “modus operandi” , basato sul
tentativo di annichilire gli esseri umani e sulla violenza esercitata contro
chiunque non si chini al volere della dittatura.
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Mao, Stalin, Lenin, Pol Pot,
Ceausescu, Enver Hoxha, Fidel Castro, Togliatti, sono solo alcuni dei macabri
personaggi che hanno interpretato il ruolo di aguzzini del popolo, e tutti
hanno avuto la stessa carattersitica : il dispregio della vita umana.
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Tutti i comunisti che si sono
alternati nel tentativo di rendere succubi le popolazioni hanno calpestato
ignobilmente i diritti umani, uccidendo e deportando, distruggendo e
torturando.
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E’ la Storia ad affermarlo, e
chiunque tenti di negare queste palesi verità si rende complice delle nefandezze
perpetrate dal comunismo.
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I nostri stessi Governanti (mai
eletti, come La Boldrini, Gentiloni, Renzi, Mattarella (la famigerata “banda
dei quattro”) permettono che ancora oggi esistano in Italia vie e piazze
intitolate a Lenin, uno dei più efferati criminali di tutti i tempi.
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Mi unisco quindi ai valorosi
interpreti dei Samizdat e al loro impeto patriottico, artistico, culturale, che
in difesa della libertà hanno avuto il coraggio di schierarsi contro il
comunismo, male assoluto dei nostri tempi.
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Il Samizdat non morirà mai, così
come la mia lotta al comunismo, in nome della libertà, della vita, della
civiltà, dei diritti umani, e dell’amore.
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Un esempio di come si possano
ripristinare le verità nascoste dal comunismo e di come si possano far
affiorare dalle paludi del negazionismo le vere espressioni e i sentimenti che
l’umanità oppressa tenta di esprimere, è dato dall’ottimo lavoro di Valentina
Parisi.
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Valentina Parisi |
Valentina Parisi
è nata a Milano il 29 febbraio 1976.
Nel 2000 si è laureata in lingua
e letteratura russa presso l’Università degli Studi di Milano e nel 2005 ha
conseguito un dottorato di ricerca in Letterature slave nello stesso ateneo.
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Ha scritto “Il lettore
eccedente. Edizioni periodiche del Samizdat sovietico 1956-1990”.
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Quest’opera, frutto di cinque
anni di ricerche estensive negli archivi di Brema, Mosca, e San Pietroburgo, ci
propone in chiave esaustiva e completa i suoi approfondimenti sul fenomeno
dell’auto-editoria in ambito sovietico,
regalandoci squisite prospettive precedentemente inedite nel panorama
culturale italiano.
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Dal titolo della sua opera
emerge una caratteristica del lettore/editore di Samizdat, che "diventa eccedente in quanto
sconfina nel campo della selezione delle opere da far circolare, con copie
manoscritte o dattiloscritte, aggirando la censura, i cosiddetti Tamizdat, da
Tam che in russo significa Là, quindi al di fuori dei confini dell’Unione
Sovietica - racconta la Parisi - dimostrando così tutto l’interesse del
pubblico".
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Un altro componente dell’universo contemporaneo che spicca come
un faro, nel tentativo di squarciare il buio dell’ignoranza e della
disinformazione attuata dai comunisti per decenni, è rappresentato da “Russia
Cristiana”, una rivista on line che diffonde la conoscenza delle ricchezze
liturgiche, artistiche, e filosofiche della tradizione russa, senza tralasciare
gli aspetti che ne hanno condizionato l’esistenza stessa.
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Memorial
è invece una associazione per la difesa dei diritti umani,
con sede a Mosca (e una in Italia), che
cerca di diffondere la verità sulle nefandezze attuate dal regime comunista
staliniano, come i gulag e le deportazioni, ricercando la documentazione di
tali crimini e offrendoci il frutto dei loro studi.
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L’area di ricerca storica è finalizzata alla
salvaguardia della memoria del ‘900, della raccolta di dati nelle sue svariate
forme, e di tutto ciò che possa fornire fonti di studio sui temi del XX secolo,
come la violenza, i diritti umani, la giustizia, i totalitarismi.
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Parallelamente agli studi sulle realtà presenti e passate del comunismo russo, esiste anche un altro aspetto della stessa medaglia, e cioè lo studio degli stessi fenomeni (orrori, responsabilità, personaggi, criminali, gerarchi, storia, deportazioni, lager, ecc) del comunismo cinese.
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Se ne occupa la Fondazione “Laogai
Research Foundation Onlus”, che da anni è impegnata in una impari lotta per
far sapere al mondo ocidentale, freddo e refrattario ad un impegno civile
contro i soprusi del comunismo cinese, quello che accade quotidianamente in
Cina.
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Concludo con un grazie rivolto a tutti coloro che esprimono una voce di dissenso, fuori dal coro orchestrato dalle sinistre, e che ribadiscono la volontà di non venire membri assuefatti del gregge di pecore manipolato dal regime.
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Dissenso
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