sabato 27 gennaio 2018

Commemorazione dei Martiri delle FOIBE 2018


Durante questi ultimi anni il Governo italiano, retto dalle sinistre e mai votato dagli Italiani, si è prodigato a proclamare e ad esibire sentimenti di ripugnanza verso il fascismo, approfittando di ogni occasione per manifestare un apprezzamento incondizionato verso i partigiani, compresi quelli comunisti e assassini che insanguinarono l’Italia a guerra finita.
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Evidentemente il retaggio culturale, o pseudo tale, che collega i nuovi pasionari post comunisti alla filosofia marxista di Togliattiana memoria è tutt’altro che sopito, ma anzi viene rinfocolato al suono delle note di “bella ciao”.
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Laura Boldrini è l’esempio principe di un fanatismo anacronistico e partigiano, nel vero termine della parola, e lo prova il fatto che durante tutto il suo mandato (mai richiesto dai Cittadini) ha volutamente ignorato le vittime civili uccise proprio da quei partigiani che ha palesemente dimostrato di adorare svisceratamente.
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Mai una parola, un segno di rispetto, una commemorazione, né a livello istituzionale (come dovrebbe) e nemmeno su piano umano e cristiano.
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Ma già, dimenticavo, loro non sono “clandestini” e quindi appaiono indegni agli occhi di una Ministra islamizzata e totalmente indegna di ricoprire quel ruolo.
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Nemmeno il ricordo delle donne, spesso violentate e stuprate ripetutamente dai partigiani comunisti, ha scalfito la crosta di malanimo e di rancoroso odio sviscerato che la contraddistingue.
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Anche i suoi “compagni” di viaggio hanno tenuto lo stesso “modus operandi”, come ad esempio Matteo Renzi, e tutto lo staff demenziale del PD che, compatto, ha sempre disertato le cerimonie commemorative.
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In particolare, le stragi delle Foibe, assumono un rilievo particolare, in quanto furono compiute dai partigiani comunisti titini in complicità con colui che è stato ed è ancora, nell’immaginario collettivo delle sinistre, un simbolo di riferimento, e cioè Palmiro Togliatti.
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Una foiba carsica
L’ordine impartito ai partigiani italiani da questo criminale assassino fu quello di non interferire con i partigiani confratelli jugoslavi, al soldo del comunismo titino.
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Evidentemente, ancora oggi la cosiddetta “coda di paglia” dell’apparato dirigente delle sinistre impedisce loro di metterci la faccia, consci di trovarsi di fronte ad un misfatto che la Storia riconosce come tale.
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Questo spiega perché, per lunghi decenni, la sinistra, guidata dai comunisti in prima persona, ha relegato nel limbo della memoria, nascondendo e mistificando, tutto ciò che poteva avere a che fare con le stragi feroci e assassine delle Foibe.
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La popolazione di etnia italiana nei territori carsici fu brutalmente uccisa con modalità sadiche e perverse, ma ciò non impedisce ai caporioni rossi, oggi metamorfizzati, di osannare Togliatti definendolo ancora con il soprannome di “il Migliore” !
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L’odio è il sentimento che anima la politica delle sinistre, a partire dai gruppuscoli dei centri sociali (pupilli indiscussi del Partito Democratico) che mettono a ferro e fuoco intere città, fino ai disgustosi personaggi della politica “ufficiale” che massacrano gli oppositori politici mediante il ricorso alla menzogna, alla gogna mediatica e alla disinformazione.
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Le popolazioni civili dei territori carsici che subirono il martirio delle Foibe, venivano prima riunite in lunghe file, in cui le persone erano legate le une alle altre, con le mani imprigionate da filo metallico, e poi condotte sul ciglio delle voragini in cui venivano fatte recipitare.
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Era sufficiente spingere la prima vittima verso l’inghiottitoio perché questa, cadendo, trascinasse con il proprio peso la vittima successiva, e così via, in un crescendo orribile di  morte e di dolore.
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Tipica "testa di cazzo" comunista
Le vittime precipitavano in voragini profonde anche centinaia di metri e a volte rimanevano vive, pur maciullate dalla caduta, e iniziava per loro un calvario di sofferenza, coperte da altre vittime che a loro volta cadevano sui corpi già straziati.
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La morte arivava come una liberazione, in un abisso di orrore che non trova precedenti nella Storia dell’umanità.
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Il comunismo è alla base di tutto ciò, e dell’odio profondo che ha sempre dimostrato con ferocia contro chiunque non fosse un idolatra della falce e martello.
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Palmiro Togliatti, uno dei responsabili dei massacri delle Foibe, corresponsabile in quanto silente e compiacente verso i partigiani assassini comunisti titini, è portato ad esempio da squallidi personaggi della politica sinistroide italiana, come Matteo Renzi, oppure Laura Boldrini, la “pasionaria” che ama immigrati clandestini e partigiani assassini allo stesso modo, oppure come Emanuele Fiano, regista occulto della disinformazione post comunista.
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Questi zombies fanatici della sinistra dimostrano punte di ambiguità davvero incredibili, ergendosi da un lato a paladini delle donne e dei diritti umani, mentre dall’altro dimostrano il loro dispregio verso le vittime (anche donne e bambini) della ferocia comunista.
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Cantano “bella ciao” in coro, innalzando il “pugno chiuso”, e leggono “il diario di Anna Frank” come se fosse una bibbia di un’unica verità, ma ignorano completamente e volutamente i gulag sovietici e i laogai cinesi, così come lo sterminio del popolo nord coreano e le torture dei dissidenti a Cuba… in pratica tutto l’universo del MALE comunista
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E’ necessario schiacciare i topi di fogna comunistoidi che caplestano i diritti umani,  e ricacciarli nel fango e negli escrementi da cui provengono.
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La Storia NON si può cancellare e mistificare a lungo, e pare che oggi, piano piano, la verità si stia facendo largo, e che si riesca quindi a squarciare il nero velo di omertà e di complicità steso dai post comunisti su tutte le loro nefandezze, passate e odierne.
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I lager nazisti e le torture, così come lo sterminio di massa e il genocidio, non sono altro che una piccola porzione di quanto il comunismo ha realizzato su vasta scala e a livello non solo sovietico ma mondiale, anzi universale.
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L’arma principale che ha reso possibile tutto ciò non è comunque la ferocia, con cui il comunismo è in perfetta simbiosi, ma la disinformazione attraverso cui ha nascosto al mondo l’intero palinsesto dinamico, alterandone i connotati e l’essenza stessa.
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Per decenni, attraverso politiche di corruzione mentale, gli intellettuli legati al mondo comunista hanno disseminato ambiguità in tutto il mondo occidentale, ponendosi come alternativa alle guerre e all’americanismo.
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In realtà, mentre da un lato fin dal 1949 veniva costituito a Parigi il Movimento “Partigiani della Pace” (finanziato da Mosca) nel frattempo, dall’altro, i comunisti sovietici si armavano al punto di diventare una potenza nucleare e realizzavano uno degli eserciti più potenti del globo.
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In realtà, mentre i comunisti tuonavano contro l’America, colpevole a loro dire di annichilire la libertà, loro deportavano a milioni la popolazione e le etnie sovietiche, distruggendo le vite di interi gruppi sociali, di famiglie, di bambini e donne.
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Lager siberiano di Vorkuta - La scritta che troneggia all'ingresso :
" Il lavoro in URSS è una questione di onore, gloria, orgoglio ed eroismo ".

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Ambiguità e disinformazione hanno nascosto il dispregio totale di qualsiasi forma di vita che non fosse quella consentita dal Dio comunista, da Stalin o dal marxismo, e condotto verso fenomeni di crudeltà inimmaginabili, come appunto quella dimostrata in occasione delle stragi della Foibe, pianificate scientemente a tavolino con fredda determinazione.
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Era necessario per il comunista Tito che sui territori oggetto della sua cupidigia non fosse presente alcun rappresentante dell’etnia italiana, al fine di presentarlo al Congresso di Pace come prettamente slavo e quindi rivendicabile ai fini di una immediata annessione, come in effetti avvenne.
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Secondo la teoria tipica del gesuitismo e del machiavellismo, così come si trova anche negli scritti di Ovidio, il fine giustica i mezzi, nel senso che il raggiungimento del potere e il suo mantenimento presuppone una immersione in azioni che non possono comunque mai essere condannate, anche se riprovevoli,  poiché volte alla salvaguardia di un ideale supremo e di un bene comune.
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In contrapposizione a questi principi etici, possiamo evidenziare che in ogni genocidio o strage etnica compiuta dai gerarchi comunisti non c’è assolutamente nulla di idealizzato, ma solo e sempre una freda determinazione ad imporre dictat che nulla hanno a che vedere con il bene comune o l’ideale.
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Interi gruppi etnici, familiari, religiosi, politici, sono stati annientati in nome del comunismo.
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La Boldrini dovrebbe vergognarsi per aver sempre taciuto su queste verità storiche e su questi abnormi crrimini che esulano da una qualsiasi dimensione di tollerabilità, contrapponendo anzi la proposizione idealizzata di criminali partigiani e assassini che hanno insanguinato l’italia.
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A questi personaggi meschini e loschi, falsi e disinformatori, correi ideologici del male comunista va il mio tale disprezzo e il mio disgusto.
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Alle vittime delle Foibe va il mio ricordo e il mio abbraccio, insieme al mio affetto incondizionato.
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Dissenso
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sabato 20 gennaio 2018

JAN PALACH LA FIAMMA DELLA LIBERTA'

Tratto da : "il Resto del Carlino" di Sabato 20 gennaio 2018
di Giovanni Morandi
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Le speranze nate con la Primavera di Praga, 50 anni fa, vengono schiacciate dai carri armati.
Un ragazzo si ribella e diventa un eroe universale.
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Il giovane martire anticomunista JAN PALACH
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Come si diventa un eroe.
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Questa è la storia di un ragazzo che morì a vent'anni, proprio in questi giorni di gennaio.
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Non tutti i ragazzi di Praga che oggi hanno la sua età sanno chi sia, anzi tanti non conoscono nemmeno il suo nome.
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Nonostante che in piazza San Venceslao ci sia un originale monumento che lo ricorda :
due assi di legno a croce, bruciate e appoggiate per terra, anzi pare emergano dalla terra.
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Da quella terra per cui Jan Palach si immolò.
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Jan era il tipico ragazzo per bene, cresciuto in una famiglia molto normale che era poco in sintonia con il regime.
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Il padre Josef era iscritto al partito socialista, la madre a quello comunista ma solo perché voleva che i figli studiassero.
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Ne aveva due.
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Il maggiore si chiamava Jiri.
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Nel tempo libero i genitori recitavano in una compagnia teatrale di dilettanti, a Vsetaty, dove vivevano, ad una cinquantina di chilometri da Praga.
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La madre era casalinga e molto presente nella vita della Chiesa evangelica locale e attenta verso i figli che cercò di educare nello spirito della tradizione patriottica.
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Il padre invece veniva da una dinastia di pasticcieri proprietari di un negozio e di un forno.
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Ma dopo la fine della guerra con l'arrivo del comunismo dovette prima chiudere il negozio e poi il laboratorio.
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Si riciclò come banconista nella mensa aziendale alla stazione ferroviaria.
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La morte se lo portò via per un infarto quando Jan aveva 14 anni e faceva il liceo.
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Jan era il tipico figlio che tutti si augurano di avere, ascoltava quello che gli dicevano il padre e la madre e lo faceva suo.
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Era tranquillo, riflessivo, studioso, leggeva tanto ed era un appassionato di scacchi.
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Tutto filò liscio fino al 1968, anno fatidico.
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L'anno dopo la maturità andò in Kazakistan per scambi con i coetanei sovietici e si comportò così bene che l'anno dopo, nel giugno del '68, ebbe un altro invito per un altro soggiorno estivo a Leningrado.
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Tutto sembrava essere uguale all'anno prima ed invece era cambiato tutto il contorno :
da sei mesi era stato eletto segretario del partito comunista cecoslovacco, Alexander Dubcek, e a Praga e nell'università c'era un gran fermento e sembrava che stesse per nascere un nuovo mondo.
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Tanto che la chiamarono la primavera di Praga, che poi voleva dire solo sentirsi e volersi sentire liberi.
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Fra l'altro in quell'anno a cavallo tra il '67 e il '68 Jan aveva dovuto parcheggiarsi alla facoltà di economia  perché a lettere e filosofia c'era un eccesso di iscritti.
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Dovette aspettare un anno per fare il cambio di facoltà.
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Ma nulla era più come prima da quella notte del 21 agosto 1968, quando 200mila soldati e 5mila carri armati del Patto di Varsavia avevano messo fine a quello che chiamavano il comunismo dal volto umano.
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Il destino ci mise del suo.
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Il partito era così soddisfatto di Jan che gli offrì una vacanza-lavoro, oggi si direbbe un agriturismo, in Francia, nel cuore della rivoluzione giovanile che aveva travolto l'Occidente e aveva avuto la sua punta più alta nel maggio francese.
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Vi rimase una ventina di giorni, giusto il tempo per venir contagiato da quegli slogan :
non è che l'inizio continueremo la lotta.
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Torna all'università e si accorge che i militari hanno schiacciato sotto i cingoli gli animi dei cecoslovacchi e la loro voglia di combattere.
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I carri armati sovietici invadono le città della Cecoslovacchia

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Ma gli studenti riprendono le agitazioni e le occupazioni.
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Il 6 dicembre Jan dà l'ultimo esame.
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E comincia a pensare a come passare all'azione.
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Ragiona su due ipotesi, occupare la radio cecoslovacca per trasmettere un appello allo sciopero generale o adottare la protesta dei monaci buddisti che si davano fuoco a Saigon contro la guerra in Vietnam.
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Il 15 gennaio tornò a Vsetaty per partecipare al funerale dello zio e la mattina dopo, era giovedì, partì per Praga.
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Arrivò alla casa dello studente e in camera scrisse in quattro copie una lettera firmata "Torcia Umana n°. 1" :
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"Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo.
Il nostro gruppo è costituito da volontari pronti a bruciarsi per la nostra causa.
Poiché ho avuto l'onore di estrarre il numero uno, è mio diritto scrivere la prima lettera e i essere la prima torcia umana.
Noi esigiamo l'abolizione della censura e la chiusura del giornale dell'esercito di occupazione.
Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, una nuova torcia si infiammerà".
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Alle 11 uscì dalla casa dello studente, imbucò tre lettere e la quarta la tenne con sé.
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A mezzogiorno e mezzo acquistò due recipienti di plastica e li riempì con la benzina comprata ad un distributore in via Opletalova.
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Si diresse verso la scalinata del Museo nazionale in piazza San Venceslao.
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Si rovesciò sulla testa la benzina e con un accendino appiccò il fuoco.
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Un grido di dolore si levò sulla piazza di fronte alla folla terrorizzata.
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In quel momento Jan Palch (che morirà il 19 gennaio) diventò un eroe e nei giorni seguenti le piazze di mezzo mondo ne invocarono il nome.
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Ma il comunismo gli sarebbe sopravvissuto per altri vent'anni.
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P.S. Le immagini sono state aggiunte dal blog
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Dissenso
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venerdì 19 gennaio 2018

In ricordo di ANASTASIA BABUROVA e STANISLAV MARKELOV


La furia omicida di Putin, nuovo zar di tutte le Russie ed ex colonnello del KGB che ha lavorato nella Germania Est fino alla caduta del muro, spunta ciclicamente in occasione delle ricorrenze in cui si celebra il ricordo delle sue vittime.
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Il ricordo di loro è limitato a quelle persone cui i media hanno dato una rilevanza internazionale, come Anna Politkovskaja o Natalja Estemirova, ma comprende tutte le altre numerosissime vittime di cui il mondo intero pare essersi dimenticato, compreso la "civile" Europa.
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Anastasia Baburova e Stanislav Markelov, vittime della repressione di Putin

Si contano infatti a centinaia i morti ammazzati dal regime di Putin, che stronca con la violenza qualsiasi moto di dissidenza, anche democratica e seppur espressa con la sola arma della scrittura.
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La giornalista Anastasia Baburova fu ammazzata il 19 gennaio 2009 nel pieno centro di Mosca ed insieme a lei fu freddato con un colpo di pistola alla nuca anche l’avvocato Stanislav Markelov, difensore dei diritti civili.
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Lei era collaboratrice del quotidiano “Novaia Gazeta”, la stessa testata per cui lavorava Anna Politkovskaja, anch’essa uccisa nell’androne di casa da un sicario di Putin.
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L’avvocato Markelov difendeva la diciottenne Elsa Kungajeva, la quale la notte del 26 marzo 2000 fu rapita nel suo villaggio a sud di Grozny, in Cecenia, da soldati russi comandati dal colonnello Budanov.
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Il criminale Vladimir Putin
Il corpo della giovane vittima fu ritrovato in una discarica.
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L’autopsia del medico legale stabilì che la ragazza fu sottoposta ripetutamente a sevizie e a violenza sessuale prima di essere uccisa mediante strangolamento.
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Il colonnello russo fu processato e condannato a 10 anni di carcere nel 2003, ma già nel 2009 fu liberato per “infermità mentale momentanea”.
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La perizia psichiatrica grazie a cui l’assassino fu liberato fu emessa da Tamara Pavlovna Pecernikova che da oltre 50 anni lavorava al servizio del KGB presso l’Istituto di Psichiatria forense “Serbskij” di Mosca.
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Molti dei dissidenti che si opponevano al regime comunista furono da lei marchiati come folli e spediti a marcire nei manicomi criminali russi.
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Anna Politkovskaja, nel suo libro “La Russia di Putin”,  aveva già denunciato le ripetute  violenze e gli abusi commessi dal colonnello di Putin, sfociate poi nell’uccisione della giovane cecena.
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Nel 2011 il colonnello fu  ucciso da un commando armato che lo freddò con quattro colpi di arma da fuoco, eliminando così l’interprete diretto di una delle proiezioni militari direttamente emanate dalla furia assassina di Putin.
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L’assassinio di Anna Politkovskaja e di Anastasia Baburova, oltre a quello di Stanislav Markelov sono quindi legati a filo doppio con il regime di Putin e alle nefandezze da lui compiute in terra di Cecenia, così come sta facendo oggi anche in Ucraina e in Georgia.
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In questo momento molti dissidenti ucraini giacciono prigionieri e dimenticati anche dalla “civile” Europa nelle carceri dell’ex Unione sovietica.
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Nelle foto il viso del Sig. Bulatov, dissidente ucraino, torturato dai russi.
(Foto : Corriere della sera)
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Addirittura parte della destra europea si stringe erroneamente a Putin, identificandolo come simbolo di un nazionalismo a cui fare riferimento.
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Un falso mito, alimentato dall’ignoranza dei fatti  e dalla disinformazione che la sinistra europea continua a propagare sistematicamente e capillarmente.
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Quando Anastasia Baburova e l’avvocato Markelov sono stati uccisi erano appena usciti dalla conferenza stampa in cui denunciavano la liberazione anticipata del criminale Budanov.
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Per questi omicidi, nel 2015, il tribunale di Mosca ha poi condannato Ilya Goryachev, leader dell’organizzazione estremista militare dei nazionalisti russi.
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Elenco di seguito una breve lista di persone uccise dall’ex colonnello del KGB, Vladimir Putin, indicativa del suo “modus operandi” verso chiunque dimostri una qualsiasi forma di dissidenza verso il regime da lui retto con pugno di ferro  :
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Aleksander Litvinenko
Aleksander Litvinenko  -  Ex colonnello del KGB  -  Accusò Putin di essere il mandante del tentato omicidio di Boris Berezovsky.

Accusò i servizi segreti russi di aver organizzato attentati a Mosca (oltre 300 morti) per poi addossare la colpa ai ceceni e creare un motivo per la seconda guerra cecena.
Fu avvelenato con un  tè “corretto” al polonio (una potente sostanza radioattiva).
Prima di morire accusò Putin di essere il mandante dell’assassinio di Anna Politkovskaja.
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Aleksander Perepilichny   -  Denunciò frodi finanziarie di alti funzionari russi e scappò in Gran Bretagna.
Fu avvelenato con il Gelsemium elegans, una pianta tossica.
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Anna Politkovskaja  -  Giornalista della Novaja Gazeta  -  Fu uccisa da un sicario di Putin.
Le sue inchieste riguardavano i crimini commessi dai soldati russi, e il modus operandi di Putin.
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Boris Nemtsov  -  Ex vicepremier nel 1998 con Eltsin, liberale e oppositore di Putin.
Fu ucciso con 4 colpi di pistola la notte fra il 27 e il 28 febbraio 2015.
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Natalia Estemirova  -  Giornalista e attivista per i diritti umani  -  Fu rapita il 15 luglio 2009 a Grozny in Cecenia.
Il suo corpo fu ritrovato il giorno dopo nella vicina Repubblica dell’Inguscezia.
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Olga Kotovskaya  -  Giornalista dissidente dell’emittente Kaskad.
Nel 2009 “cadde” dal 14° piano il 16  novembre 2009.
Per le autorità russe fu un suicidio.
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E’ sufficiente fare una breve ricerca in internet per scoprire che le vittime di Putin si contano a centinaia.
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Vladimir Putin e Matteo Renzi

Vittime innocenti che hanno pagato con la vita il loro anelito di libertà e di giustizia, freddati spietatamente da chi esprime con la violenza il proprio modus operandi : Vladimir Putin.
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Quante Baburova, o Estemirova, o Politkovskaja, dovranno essere ancora sacrificate sull'altare della libertà prima che l'Occidente decida di porre fine a tutto ciò ?
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Vladimir Putin e Silvio Berlusconi

Perché non si decide di tagliare la mano di quel mostro dei nostri tempi che continua a ghermire vittime innocenti ?
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Perché i politici europei (e italiani) si recano a Mosca a colloquiare amichevolmente con Putin, a iniziare da Berlusconi che dovrebbe, anzi, rifiutare a priori le politiche dittatoriali dell'ex colonnello del KGB, in quanto tale ?
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Perché altri politici, che pur godono della mia stima, come Matteo Salvini, lo indicano come punto di riferimento di un nazionalismo che prende però le tinte di espansionismo militare su territori di altre nazioni, in casa di popoli sovrani ?
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Tutti questi personaggi politici che disinvoltamente stringono la mano a dittatori feroci e crudeli come Putin, o come avvenne per Gheddafi, o anche per i Capi del Partito comunista cinese, si rendono complici delle nefandezze da loro compiute, avallandole appunto con quella stessa stretta di mano.
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Intanto, lo scorrere del tempo ci presenta un drammatico conto : quello delle vittime ...
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Dissenso
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