Premessa
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20
aprile 1949 - Nasce a Parigi il “Comitato mondiale dei partigiani della
Pace” - Primo Congresso
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Ottobre
1949 - Secondo Congresso internazionale, a Roma
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Marzo
1950 -
Terzo Congresso internazionale a Stoccolma
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Nel
1950 Mosca decise di “lanciare” la cosiddetta grande “offensiva di Pace”,
promuovendo tramite il Congresso di Stoccolma una campagna di interdizione
assoluta alla guerra atomica.
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Ambiguamente
l’Unione Sovietica però, nel mese di settembre del 1949 e cioè l’anno precedente a questa iniziativa,
sperimentò la sua prima bomba atomica, rivelando così l’evidenza di finalità
diverse da quelle propagandate.
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Il
III° Congresso dei “Partigiani della Pace” riunito a Stoccolma, preparò
una petizione per un appello, proclamato dal Presidente Joliot-Curie (Premio
Nobel per la Fisica), inerente al divieto assoluto dell’arma atomica e alla sua
messa al bando come “arma di intimidazione e di sterminio di massa”.
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Questa
campagna si ricollegava alla risoluzione del Politburo russo del 17 gennaio
1950 sulle “Misure per un ulteriore sviluppo del Movimento dei partigiani
della Pace”.
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Tale risoluzione, delineò un appello alla cui stesura parteciparono
Thorez (segretario del Partito Comunista Francese), Josè Casanova (Partito
Comunista Portoghese), Joliot-Curie in qualità di Presidente, e lo scrittore
Aleksandr Fadeev (scrittore e deputato del Soviet supremo dell’Urss), oltre a
Gabriel d’Arbussier (Uno dei fondatori dell’African Democratic Rally, per la
decolonizzazione dell’Africa), e a Pierre Cot (politico del Partito Comunista
Francese), e che reintroduceva una nuova nozione riguardante i “crimini contro
l’umanità”.
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In
pratica l’impianto ideologico costruito sapientemente da Mosca, e propagato
attraverso l’organizzazione pseudo-pacifista, dichiarava criminale di guerra e
contro l’umanità quello Stato che “per primo” avesse fatto ricorso all’arma
nucleare, dichiarando però che la responsabilità dell’aggressione era da
imputare “a priori” all’imperialismo, in quanto tale.
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Furbescamente
e non a caso, Suslov (Deputato del Soviet Supremo dell’Urss) affermò, sostenendo
poi la sua tesi dal 1954 fino al 1963, che l’Unione Sovietica si dichiarava apertamente
a favore della possibile coesistenza pacifica tra Russia e Stati capitalistici,
riprendendo il concetto già espresso da Lenin nel 1920.
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Ne
conseguiva, secondo Suslov, che chiunque si fosse sottratto all’obbligo di un
dialogo, avrebbe di fatto dichiarato la propria ostilità, prefigurando una
aggressività dal potenziale criminale.
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“…
è necessario lo schieramento di tutti i popoli per chiedere con voce di
irresistibile potenza che sia sancito da tutti gli Stati civili il divieto
delle armi atomiche, che a questo scopo venga concluso un solenne patto
internazionale e siano dichiarati criminali di guerra coloro che lo violino o
ad esso si rifiutino.”
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Il
passo successivo, inevitabile quanto ricercato e fortemente voluto da Mosca,
incentrò il fulcro della propria posizione, avvalorata da tutta la
pubblicistica comunista, sul concetto di “criminale potenziale”.
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Il
mondo comunista tentò in questo modo di ergersi a punto di riferimento della
morale e del giudizio, e la petizione dei Partigiani della Pace iniziò quindi a
circolare per essere sottoposta all’approvazione universale, fermo restando che
chiunque non l’avesse firmata sarebbe stato bollato come aspirante criminale di
guerra.
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In
Italia l’assunto della politica “nazionale” del PCI negli anni ’50 era
imperniato sulla supposta “imminenza di una guerra” e sulle direttive emanante
dall’Unione Sovietica a cui
affidarsi “a priori”, a prescindere
dagli eventi futuri.
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Le
proposte politiche comuniste rivolte da Togliatti alla popolazione, come ad
esempio quella del “Piano del Lavoro”, costituivano in realtà delle
proposizioni tattiche che avevano il solo scopo di mantenere un contatto con le
masse popolari in chiave antimperialista.
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Richiamandosi
alla “Lotta per la Pace” il PCI pianificò una sorta di “unità dei lavoratori”,
sventolando un inesistente spauracchio fascista ed un fondamentalismo
ideologico che paventava il pericolo imperialista.
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La
paranoia sovietica plasmò i comunisti italiani ed europei, proni e asserviti,
in quanto economicamente dipendenti da Mosca, imponendo le basi per la
radicalizzazione di teorie complottiste e di politiche che avevano come
baluardo l’antifascismo e l’antimperialismo americano.
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Togliatti,
nei suoi interventi in Parlamento, raffigurava la società occidentale come un
mondo in crisi, ostile e in preda alle convulsioni, causate dagli imbrogli del
mondo capitalista e dai cattolici allo
scopo di erigere barriere fra i popoli,
di accentuare gli odi, e di frenare il progresso.
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Nella
mente contorta di colui che ancora oggi viene definito “il Migliore” da schiere
di fanatici nostalgici della “falce e martello” marxista, il capitalismo era
destinato a scomparire una volta che fosse venuto meno l’appoggio delle forze
reazionarie, identificate nel clero e negli imperialisti.
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In
questo contesto la “Lotta per la Pace”
doveva dotarsi di un altissimo grado di compattezza ideologica, e
identificarsi totalmente con la linea generale del partito comunista di
Mosca.
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Il
partito comunista si rivolse quindi ad esplorare universi politici che
potessero alimentare la “Lotta per la Pace”, imponendo però un rigido criterio,
ribadito più volte da Togliatti, che era quello fissato dalla linea politica
della Terza Conferenza del Kominform, e prendendo le distanze da chi non si
allineava agli interessi geostrategici dell’Unione Sovietica.
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Il
pacifismo indiscriminato, cioè scevro da ideologie preconfezionate, non era
accettato da Togliatti, che lo considerava nocivo in quanto discriminava le
“guerre giuste” condotte dall’Unione Sovietica da quelle “ingiuste” intraprese
dall’Occidente.
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L’ambiguità
sta nel fatto che però la raccolta delle firme relative alla petizione di
Stoccolma fosse di pertinenza esclusiva dei “Partigiani della Pace” e non delle
cellule e delle sezioni del Partito Comunista, allo scopo di conferire ai
comitati per la Pace una sorta di verginità e di autonomia, e per evitare che
si palesassero etichette di partito, controproducenti all’esito
propagandistico.
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La
pubblica scoperta di una simbiosi identificativa dell’attività dei Partigiani
della Pace con le Federazioni del Partito comunista, avrebbe potuto allontanare
personaggi autorevoli come Rettori di Università, Direttori di Istituti
Scientifici, Conservatori di Musei o Biblioteche, medici, assicuratori, enti
assistenziali, e tutto un panorama sociale di persone non proprio legate al
comunismo e al marxismo.
I
grandi nomi dello sport, del cinema, del teatro, della scienza, così come i
vescovi e il mondo clericale, generalmente estranei alle prese di posizione
politiche, vennero fagocitati mediante questa procedura improntata alla falsità
ideologica, opacizzando i riferimenti e i connotati di Partito.
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Il
controllo del pensiero è stato sempre alla base della mentalità comunista,
fondata sulla spersonalizzazione dell’individuo, sul controllo dei sentimenti,
sulla disciplina, sul senso del collettivo, e sulla sottomissione volontaria al
partito.
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Partendo
da questi assiomi Togliatti riuscì ad allargare il consenso verso i Partigiani
della Pace, e grazie alla mobilitazione di massa, acquisì una maggiore capacità
di incidenza sulle scelte di politica estera del Governo, seguendo le direttive
dell’Unione Sovietica.
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Il
suo ruolo di traditore della Patria si delineò perfettamente, divenendo chiaramente inequivocabile, e oggi, alla
luce di tutto ciò, è assurdo che ancora ci siano vie o piazze nei territori
italiani che portano il suo nome.
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L’organizzazione
dei Partigiani della Pace venne costantemente finanziata dal Partito Comunista,
fin dalla sua nascita, come si evince dalla lettura dei libri contabili
conservati a Follonica, da cui risulta che, ad esempio, nel 1957 il contributo
del PCI era di 14.300.000 Lire, mentre altri 19.300.000 Lire vennero ricavati
dalla vendita di materiale e da contributi di singoli simpatizzanti.
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Mentre Mosca rilasciava un vero e proprio fiume di denaro verso i Partiti comunisti europei, come risulta dal libro di Valerio Riva "Oro da Mosca", dal
1960 in poi il Partito Comunista Italiano ridusse sempre di più i
finanziamenti ai Partigiani della Pace, limitandosi a sostenere le iniziative ritenute prioritarie e
smantellando progressivamente i Comitati territoriali.
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Questo
comportamento è una ulteriore riprova del fatto che ai comunisti italiani,
Togliatti in testa, interessava solamente compiacere l’Unione Sovietica,
utilizzando, manipolando, e spremendo qualsiasi eventuale risorsa,
interrompendo poi il rapporto a seconda della opportunità contestuale.
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Durante
questo percorso Togliatti ha partecipato alle purghe staliniane ed è stato
complice del dittatore georgiano, in quanto corresponsabile politico, dello
sterminio delle masse contadine ucraine.
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E’
stato responsabile della deportazione di decine di comunisti italiani esuli in
Russia, compilando le liste dei personaggi scomodi al Partito.
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Togliatti
fece parte del Tribunale ideologico che consegnò alla Polizia sovietica
l’intero gruppo dirigente polacco, decretandone la morte, così come di quello dei
comunisti tedeschi, anch’essi eliminati.
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Durante
la guerra civile spagnola partecipa all’annientamento degli anarchici.
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E’
quindi protagonista non dichiarato della politica di terrore espressa da Stalin
e dal comunismo sovietico, che produrrà anche epurazioni, assassinii,
deportazioni, decimazioni interne al Partito.
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Un
Togliatti quindi che solo alcuni vecchi nostalgici in malafede si arrischiano
a denominare come “il Migliore”.
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Dissenso
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