giovedì 25 ottobre 2018

LA DITTATURA DI GOOGLE


Mi sono ritrovato all’improvviso con il profilo Google plus bloccato, e contemporaneamente ho ricevuto l’avviso che potete leggere qui sopra.
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Evidentemente la Democrazia in Google plus NON esiste, ma è subordinata a considerazioni di carattere soggettivo di chissà quale personaggio deputato a “tagliare” in base ai suoi elaborati mentali.
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Suppongo di essere stato oggetto di segnalazioni da parte di elementi idioti della sinistra che, in attesa della estinzione totale dell’apparato PD e dei comunisti affiliati, non trovano di meglio che tentare di boicottare chi, come me, ha contribuito alla loro disfatta.
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Ed è così che fioccano le segnalazioni a Google plus, il quale dovrebbe almeno controllare che queste rispondano al vero, invece di bloccare con una tempestività talmente repentina da apparire quasi sospetta coloro che, guarda caso, appartengono all’Universo della destra.
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Ho richiesto subito un riesame, grazie al quale poi il mio profilo è stato ripristinato, senza comunque sapere quali e quanti fossero gli scritti incriminati e sottoposti a censura.
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Non è certamente un caso che, comunque, esistano all’interno di Google plus dei gruppi e delle community che inneggiano spudoratamente al comunismo, ai suoi simboli e ai suoi gerarchi, senza preoccuparsi minimamente di diffondere un palese odio verso chiunque non sia allineato con i dictat marxisti, ma pare che in questi casi Google plus si dimostri indifferente.
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E’ evidente che la politica di Google plus si rivela inadeguata a contenere fasce di utenza nelle quali una buona parte degli internauti si riconosce nelle linee di cambiamento che hanno scosso l’intera società italiana.
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Gli pseudo intellettuali delle sinistre, che appaiono oggi in via di estinzione, sono evidentemente riusciti prima di intraprendere il loro cammino senza ritorno, ad inquinare e manipolare anche il mondo dei social, ponendosi come ostacolo contro coloro che hanno contrastato fino ad oggi la disinformazione comunista.
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Infatti è prassi abituale degli squallidi censori di Facebook, così come di quelli di Google plus, ricorrere all’impedimento fisico della scrittura e alla sospensione degli account di coloro che sono nel loro mirino, mentre nel frattempo si “chiude un occhio” sui simboli di morte del comunismo.
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Ritengo che NON si possa e NON si debba rimanere ostaggio di tutto ciò, in balia di chi oggi decide se tu puoi o non puoi scrivere articoli o commentare su questi social.
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Google plus, inoltre, ha arbitrariamente deciso di chiudere i battenti entro il mese di Agosto 2019, privandoci di uno strumento comunicativo al quale prima ci ha abituati.
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Il gioco sporco di Google deve essere contrastato, magari cercando di sostituirlo ricorrendo all’uso di browser alternativi, come ad esempio Opera, Opera neon, Comet bird, Maxthone, Mozilla Firefox, Pale moon, Slim jet, solo per citarne alcuni.
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Google non merita la nostra approvazione, poichè prende a calci la libertà di espressione, e applica una censura a cui tra l’altro è abituata, avendo prodotto un servizio ad hoc per il Governo comunista cinese, plasmando il software assecondando, contro lo stesso popolo cinese, i dictat del regime di Xi Jinping.
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Possiamo fare a meno di Google anche come “motore di ricerca” oltre che come “browser”, infatti possiamo rivolgerci a programmi quali Bing, Startpage, Yahoo, Qwant, Duck Duck Go, e Virgilio, tanto per citarne alcuni.
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Concludo invitando chi legge a imitare ciò che i “compagni” della falce e martello fanno contro di noi, popolo della destra, e cioè segnalare i loro scritti che inneggiano al comunismo (e quindi alla violenza e all’odio sociale) e a contrastarli con blocchi e altre segnalazioni a Google plus.
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Dimenticavo : non c’è solo la piattaforma blogger per farsi un proprio blog (ma per cui è necessario avere un account google), ma anche Wordpress, Livejournal, Wattpad, e altri…
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Dissenso
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venerdì 12 ottobre 2018

AMALRIK ANDREJ ALEKSEEVIC

Amalrik nel 1976

Andrej Amalrik (Mosca 1938 - Guadalajara (Spagna) 1980) è stato un narratore, uno storico, e un drammaturgo russo, oltre che un dissidente. 
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Il padre era archeologo e storico, e anche Amalrik si iscrisse alla Facoltà di Storia dell’Università di Mosca, frequentandola a partire dal 1959.
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Nel 1963 fu però espulso a causa delle sue tesi poco ortodosse sul passato della Russia, espresse nella pubblicazione intitolata I Normanni e la Russia di Kiev che venne peraltro diffusa clandestinamente, in cui dava una rappresentazione paradossale della società sovietica.
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In pratica Amalrik  aveva avanzato l’ipotesi che, prima del nono secolo, i greci scandinavi avessero svolto un ruolo determinante nello sviluppo della Russia, ipotesi questa che, secondo il regime, sminuiva il ruolo delle popolazioni slave.
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Per questo motivo e per il fatto che i testi fossero diffusi clandestinamente attraverso lo strumento del samizdat, l’autore fu arrestato nel 1965 e condannato all’esilio interno e al lavoro coatto in Siberia.
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Dopo aver effettuato un breve viaggio a Mosca in occasione della morte di suo padre, Amalrik rientrò in Siberia e si sposò con Gyuzel Makudinova, una artista espressionista tartara, la quale condivise con lui l’esilio che gli era stato imposto.
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L’accusa con cui fu deportato nella regione siberiana di Tomsk fu quella di tenere “una condotta parassitaria”, ma poi il verdetto fu rivisto dalla Corte Suprema dell’Urss e Amalrik venne liberato nel 1966.
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Il dissidente
Pavel Litvinov
Iniziò a collaborare con la Stampa straniera divenendo freelance per l’agenzia “Novosti” (Notizie) facendo da anello di congiunzione fra i dissidenti e i giornalisti occidentali
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Nel 1968 partecipò con Pavel Litvinov alla stesura del libro “Il processo dei quattro” riguardante l’arresto degli scrittori dissidenti Yuri Galanskov, Alexander Ginsburg, Alexei Dobrowolski e Vera Lashkova, imprigionati per “agitazione e propaganda antisovietica”.
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Litvinov fu arrestato dal regime comunista e quindi toccò ad Amalrik il compito di finire di scrivere il libro e di consegnarlo ai giornalisti occidentali.
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Grazie ai suoi contatti con la stampa estera riuscì a far arrivare in Occidente anche il saggio manoscritto di Andrei Sakharov “Pensieri sul progresso, convivenza pacifica e libertà spirituale”.
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Amalrik tornò a Mosca nel 1969, dove compose il saggio politico e filosofico ”Sopravviverà l'Unione Sovietica fino al 1984 ?“ che trovò subito ampia diffusione nel samizdat e venne pubblicato nello stesso anno anche in Olanda e poi in altri Paesi occidentali.
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Questo saggio letterario prevedeva una crisi incombente del sistema sovietico, che avrebbe portato secondo l’autore alla scomparsa dell’URSS nell’arco di quindici anni, soprattutto a causa della minaccia cinese.
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L’Urss in effetti finì nel 1985 con la Perestroika, un anno dopo la fine prevista dall’autore, anche se, ufficialmente, fu sciolta nel 1991.
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Nel 1970 decise di raccontare la sua esperienza nel gulag staliniano scrivendo ”Viaggio involontario in Siberia e per questo fu arrestato in base all’art. 190/1, e condannato dal Tribunale di Sverdlovsk a 3 anni di lager a regime speciale.
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Amalrik fu tenuto prigioniero in un lager nella Regione di Novosibirsk della Siberia occidentale e a Magadan sulla costa del Mare di Okhotsk.
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Il 21 maggio 1973, al termine della pena la Procura di Magadan gli  contestò di nuovo il fatto di aver contravvenuto al medesimo articolo di Legge, infliggendogli altri tre anni di detenzione.
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Amalrik intraprese uno sciopero della fame durato 117 giorni, in seguito al quale la Corte Suprema dell’Urss modificò la condanna a tre anni di esilio, da scontare a Magadan.
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Nel mese di Maggio del 1975 Amalrik fu liberato e potè far ritorno a Mosca, poi l’anno successivo lasciò l’Unione Sovietica per stabilirsi in Occidente dove continuò a diffondere la verità sul sistema repressivo dell’Unione Sovietica.
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Nel 1976 dopo un tour di addio nella sua amata Russia, emigrò infatti in Olanda, dove iniziò a lavorare per l’Università di Utrecht, salvo poi trasferirsi negli Stati Uniti per tenere varie conferenze.
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A proposito dell’uso fatto dall’Unione Sovietica dei manicomi criminali, in cui venivano rinchiusi poeti e artisti dissidenti come Vladimir Bukovskij, Natal’ja Gorbanevskaja, Jurij Mal’cev, Piotr Grigorenko, e Josif Brodskij, Amalrik rivolse al Presidente russo Gorbaciov una riflessione :
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Io penso  -  scrisse Andrej Amalrik  -  che sia la cosa più ripugnante commessa dal regime. Nel contempo mi sembra un esempio lampante della completa capitolazione ideologica del regime di fronte ai propri avversari, non trovare di meglio che dichiararli pazzi”.
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Amalrik e la moglie Gyuzel al loro arrivo ad Amsterdam nel 1976
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Amalrik e la moglie Gyuzel comprarono una villa in Francia, vicino al confine Svizzero, dove iniziò a scrivere il libro “Taccuini di un rivoluzionario”.
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Morì in un incidente d’auto vicino a Madrid mentre si recava in compagnia della moglie e di due esuli sovietici (Vladimir Borisov e Viktor Fainberg) a portare la sua ennesima testimonianza e la sua protesta ad una Conferenza indetta per rivedere gli accordi di Helsinki con l’Urss del 1975.
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La moglie si salvò dal violento impatto della vettura contro un camion, mentre Amalrik fu ucciso dal piantone dello sterzo che lo trafisse all’altezza della gola.
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Amalrik stava per essere nominato rappresentante ufficiale dei dissidenti russi e l’incidente in cui morì è stato quindi motivo di sospetti, nel timore che si trattasse di un assassinio ordinato dal comunismo russo, ma non furono mai trovate le prove che confermassero questa ipotesi.
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Fu sepolto a Parigi nel cimitero russo di Sainte-Geneviève-des-bois.
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Prima di morire Amalrik scrisse un libro intitolato : “Rasputin. Il monaco nero e la corte dell’ultimo zar”, in cui traccia la storia del contadino semianalfabeta russo che divenne un influente consigliere dello zar, raccontandola sotto forma di romanzo.
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L’autore però morì prima di completare l’opera, che fu quindi pubblicata postuma con l’aggiunta di appendici estratte da altri libri su Rasputin.
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Una di queste compilazioni ausiliarie trae spunto da un capitolo dell’opera di Felix Yusopov (La morte di Rasputin) intitolata “La fine di Rasputin”.
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Concludo questo breve "escursus" su uno degli autori russi più chiaroveggenti per quanto riguarda la fine del regime comunista sovietico, offrendovi il link al PDF dell’edizione completa del libro “Sopravviverà l'Unione Sovietica fino al 1984 ?
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LINK :
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Dissenso
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domenica 7 ottobre 2018

CRIMINALE COMUNISTA : GIANGIACOMO FELTRINELLI

Giangiacomo Feltrinelli
(Milano, 1 giugno 1926  -  Segrate, 14 marzo 1972)
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Giangiacomo Feltrinelli è stato un editore, fondatore della omonima Casa editrice ma anche dei GAP (Gruppi d’Azione Partigiana) una formazione armata comunista, oltre che un terrorista.
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La moglie Inge, consapevole delle attività eversive del marito, disse di lui :
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Aveva capito che non avrebbe cambiato il mondo con il libri, o l’avrebbe cambiato troppo lentamente”.
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Lo scopo eversivo di questo personaggio è palesato infatti dalle sue stesse azioni di marxista rivoluzionario, sia come fondatore dei GAP e fautore della violenza marxista e guevarista, che come attuatore delle politiche che, rifacendosi alle sanguinarie prepotenze partigiane, produssero sangue e disperazione nell’Italia democratica del dopoguerra.
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Lo stesso Feltrinelli, a conferma del suo “status” di terrorista, morì durante la preparazione di un attentato ad un traliccio dell’Enel con il nome di battaglia di “Osvaldo”.
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Il suo complice nell’attentato fu Ernesto Grassi, un appartenente ai GAP, con il nome di battaglia di “Gunter”, il quale fu successivamente interrogato da elementi delle Brigate Rosse che indagarono sulla vicenda.
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L’interrogatorio fu registrato su un nastro magnetico che fu poi ritrovato nel covo brigatista e il cui ascolto confermò la tesi dei Carabinieri, secondo cui l’editore terrorista sarebbe rimasto vittima del suo stesso tentativo di attentato.
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La voce di “Gunter”, infatti, affermava :
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All'inizio Osvaldo ha i candelotti di dinamite (della carica che serviva a far saltare il longherone centrale) in mezzo alle gambe... Si trova impacciato nella posizione, impreca. Sposta i candelotti, probabilmente sotto la gamba sinistra e, seduto con i candelotti sotto la gamba, in modo che li tiene fermi, sembra che prepari l'innesco, cioè il congegno di scoppio. È in questo momento che quello a mezz'aria sul traliccio sente uno scoppio fortissimo. Guarda verso l'alto e non vede nulla. Guarda verso il basso e vede Osvaldo a terra, rotolante. La sua impressione immediata è che abbia perso entrambe le gambe. Va da lui immediatamente e gli dice: "Osvaldo, Osvaldo ...". Non c'è ... è scoppiato ...
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Il cadavere dell'editore ai piedi del traliccio che voleva far esplodere
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Ricordo a chi legge che un movimento rivoluzionario, per definirsi tale, si deve ammantare della condiscendenza e dell’approvazione popolare, raccogliendo consensi per un operato che anima gli ideali dei suoi appartenenti, per non scadere in terrorismo e violenza settaria, particolare questo che identifica esattamente le azioni di Feltrinelli e dei Gap, delle Brigate Rosse o di Lotta Continua, e di tutti i gruppuscoli armati di ispirazione marxista-leninista o anarcoide presenti in Italia nel dopoguerra.
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Come a ricalcare un triste stereotipo già troppe volte visto nel corso di dittature rosse, le azioni compiute dai terroristi comunisti hanno come filo conduttore la violenza, cieca e irrazionale, volta solo alla coercizione di chiunque non sia allineato al pensiero marxista.
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Sono questi gli ideali marxisti dell’editore che finanziava il P.C.I. del dopoguerra, amico di Fidel Castro e innamorato della guerriglia, e ambiguamente quanto intimamente legato alle tristemente famose vicende dell’Italia di piombo.
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Giangiacomo Feltrinelli e Fidel Castro
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Feltrinelli viene dipinto, sia dalla moglie che dall’intera sinistra, come un idealista “rivoluzionario” che amava l’Italia e il popolo, ma i fatti raccontano una storia diversa, fatta di formazioni armate, di attentati, e di sangue, in pratica gli assiomi predeterminati dalla violenza marxista, cui l’editore era assuefatto in maniera totale.
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Sfatiamo dunque il falso mito di un Feltrinelli geniale e ammantato da un’indole rivoluzionaria, e confermiamo invece la cruda realtà che lo vede interpretare il ruolo di becero terrorista, come conferma anche la situazione nella quale egli stesso ha trovato la morte per sua stessa mano durante la preparazione di un ordigno esplosivo in un attentato.
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Feltrinelli è stato colui che si è impegnato economicamente, moralmente, e ideologicamente per importare in Italia i modelli di guerriglia castristi e guevaristi, finanziando gruppi armati e sostenendoli fornendo loro gli armamenti necessari, grazie anche alla collaborazione dei servizi segreti cecoslovacchi e russi, come comprovato dalle indagini su di lui.
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L’editore milanese è stato l’astro nascente di marxismo eversivo italiano nel panorama del nascente terrorismo che avrebbe condotto a stragi, sangue, e disperazione su tutto il territorio nazionale.
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La sua attività clandestina denota non una fierezza d’animo che talvolta si riscontra nell’indole rivoluzionaria di personaggi che lottano contro la tirannia, ma una spiccata e subdola vigliaccheria con cui operava perseguendo finalità antidemocratiche.
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La sua delirante creazione, quella dei GAP (Gruppi di Azione Partigiana), era una formazione paramilitare armata, che a guerra finita, in pieno assetto democratico e parlamentare, ne voleva sovvertire l’ordine con l’uso della violenza e delle bombe.
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Criminali comunisti delle BR al processo Gap-Feltrinelli
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Feltrinelli è il tipico personaggio criminale su cui le sinistre hanno ricamato, grazie ad apparato disinformativo sempre pronto a mistificare la realtà dei fatti, la pseudo leggenda del rivoluzionario da ammirare comunque, a prescindere dalla sua schizofrenica condizione di aspirante guerrigliero e bombarolo.
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Dietro ai movimenti paramilitari dell’editore terrorista c’era un universo di collusioni che, passando per i servizi segreti cubani, russi, e cecoslovacchi, riconducevano a vecchi schemi collaudati e tipici di un becero Partito Comunista, il quale nella sua incessante esigenza di imporsi tentava di riproporre, anche con l’uso della coercizione, il modello stalinista e comunista.
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Feltrinelli era ricchissimo di famiglia, e per questo la sua dimensione politica all’interno del PCI è sempre stata sia sotto un costante esame che oggetto di diffidenza, al punto che nel 1958 l’editore venne praticamente estromesso dal Partito e si dichiarò appartenente alla sinistra universale rivoluzionaria che si riconosceva nelle guerre di liberazione del sudamerica e del Terzo mondo.
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Feltrinelli diventò quindi il simbolo di una sorta di “rivoluzione permanente”, apocalittica, che esaltava il libretto rosso di Mao, l’orazione funebre per Che Guevara, i discorsi di Ho Chi Min e gli scritti del Capitale di Marx.
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L’ingresso nella clandestinità segnò il confine che lo porrà da quel momento in poi tra coloro che, rifiutando la società e la democrazia, ne volevano annichilire la stessa essenza.
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Il delirio totale di Feltrinelli e dei suoi seguaci era simile a quello di una setta sanguinaria, nei cui raduni clandestini si vagheggiava di tritolo, di vigilia rivoluzionaria, di vigilanza antifascista, di resistenza.
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I mezzi espressivi di Feltrinelli diventarono non più i libri, ma i bottiglioni di benzina e le scatole di pelati piene di esplosivo, i sabotaggi, le armi, il furore cieco, incontrollato, devastante.
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Il suo stesso odio per la società sarà poi il boia che metterà fine alla sua esistenza.
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Una morte che, obiettivamente, renderà il mondo migliore, senza di lui …
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Dissenso
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