martedì 30 luglio 2019

Partigiano comunista e assassino : GUERRINO AVONI

Partigiano Comunista e assassino : GUERRINO AVONI
(Bologna, 26 luglio 1920 - 1993)
Figlio di Riccardo e di Cesarina Petardi, di Monzuno (BO)
Titolo di studio 2° avviamento
Lavoro : impiegato
Sposato con la “staffetta” partigiana Ines Crisalidi (Monzuno, 13 luglio 1923 –23 ottobre 2015) figlia del luogotenente di “Lupo”, Umberto Crisalidi.
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Guerrino Avoni fu un partigiano della 3a Brigata Partigiana "Stella Rossa Lupo" dal 16 Giugno 1944 al 30 Dicembre 1944, e operò in tale contesto compiendo atti criminali.
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Dal 10 gennaio 41 all'8 settembre 1943 prestò servizio militare presso l'accademia di Modena.
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L'8 settembre 1943 fu fatto prigioniero dai tedeschi a Modena, dove era di guardia all’Accademia Militare come Caporale, ma il giorno 25 dello stesso mese riuscì a fuggire dalla caserma del 36° reggimento fanteria in cui era stato incarcerato.
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Raggiunse Bologna con una bicicletta che gli era stata data dai contadini della zona di Campegine e raggiunse la casa della madre in Via San Vitale.
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Nella brigata "Lupo" gli fu dato il grado di tenente dal 16 giugno 1944 alla Liberazione, e in questa veste partecipò a molte azioni di guerriglia commettendo anche molti crimini contro vittime civili innocenti. 
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Una di queste azioni delittuose fu quella organizzata per procurarsi risorse a spese della popolazione residente, in una sorta di estorsione a scopo di autofinanziamento.
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L’obiettivo prefissato era Anacleto Monti, un benestante di Pian di Setta, proprietario di un mulino situato in località Ponte Locatello, e amministratore di terreni confinanti con il suo.
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Guerrino Avoni, alias “Guerrino”, comandava la squadra che la notte del 18/19 luglio 1944 si recò presso il mulino del Monti, chiedendo al mugnaio Gino Piacenti e a sua moglie Margherita Mantovani che abitavano nello stesso stabile della famiglia Monti, al piano terreno, se questi fossero a casa, visto che dopo averli chiamati più volte non avevano avuto risposta. 
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Il mugnaio confermò loro che Monti era in casa e quindi il manipolo di partigiani prese a colpire la porta di casa minacciando di farla saltare.
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Monti rispose che non avrebbe aperto a nessuno, scatenando così la violenta reazione dei partigiani che spararono raffiche di mitra sulla serratura, fino a scardinarla, ed entrarono.
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Monti reagì all’aggressione sparando con una pistola e ferendo uno dei partigiani che stava forzando la porta, ma gli altri riuscirono ad entrare sparando sia a lui che alla moglie e al genero.
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Minacciarono il mugnaio intimandogli di tacere sull’accaduto, pena ritorsioni, e si allontanarono dal luogo dell’assassinio, ma in quel frangente si accorsero che stava sopraggiungendo una camionetta tedesca.
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I partigiani si appostarono e al momento opportuno la colpirono con bombe a mano e raffiche di mitragliatrici pur sapendo che ciò avrebbe scatenato una rappresaglia.
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La prevedibile reazione del comando tedesco non si fece infatti attendere e alle prime luci dell’alba del giorno successivo (20 luglio 1944) giunsero in forze i militari dell’esercito, che dopo aver trascinato all’aperto il mugnaio e la moglie, ritenuti complici dei partigiani, li portarono a Pian di Setta e li uccisero, non prima di aver dato fuoco alla casa.
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I partigiani assassini erano, oltre al già citato Guerrino Avoni (di Monzuno), anche Archimede Tossani (classe 1923) di Loiano, e Marcello Poli, alias “Topo”, che rimase ferito nella sparatoria.
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“Topo” percepirà poi un indennizzo negli anni ’50 proprio per quella ferita.
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Avoni invece, considerato dagli “Alleati” come un personaggio molto attivo nell’eseguire sentenze capitali, fu arrestato e incarcerato per alcuni mesi.
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Dopo la cosiddetta “liberazione” Avoni negli anni ‘60 fu messo a ricoprire la carica di Sindaco a Monzuno, come esponente del PCI, nonostante i crimini che aveva commesso.
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L’apparato disinformatore comunista si adoperò per falsare la realtà dei fatti, asserendo che dopo che il Monti ferì alla mano uno dei partigiani che stavano entrando in casa, questi se ne andarono.
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Secondo la falsa ricostruzione operata dalle sinistre (come accadde di regola in centinaia di migliaia di altri casi) sarebbero stati i tedeschi ad uccidere il Monti, al momento della ritorsione per l’agguato subìto.
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Molta letteratura sull’argomento, riporta fedelmente la manipolazione effettuata dagli intellettuali eredi del retaggio pseudo culturale di Togliatti, fornendo così agli assassini partigiani un facile alibi per i loro efferati delitti. 
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Il 19 aprile 2009 la giunta rossa di Monzuno (Sindaco Andrea Marchi), non paga delle mistificazioni e in totale dispregio delle vittime, emise una delibera per intitolare a Guerrino Avoni la Piazza della Stazione di Vado.
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Vorrei ricordare a chi legge che una delle fonti da cui ho ricavato gli elementi di base per questo articolo è il libro di Gianfranco Stella intitolato “I grandi killer della liberazione”. 
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Lo scrittore fu denunciato dai vertici dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) da sempre impegnati nel perenne tentativo di nascondere la verità, per le affermazioni fatte da Stella nei suoi scritti. 
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La magistratura, dopo un processo che può essere definito una pietra miliare nella Storia della Giustizia italiana, ha decretato la completa e piena assoluzione di Gianfranco Stella.
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Ne consegue quindi che, a tutti gli effetti, tutto ciò che Stella ha espresso sui partigiani comunisti e sui loro crimini sia, come da sentenza, da considerare veritiero ed esatto, mentre per contro ogni affermazione dell’ANPI contraria ed ostile alle affermazioni di Stella debba ritenersi priva di fondamento, il che vale a dire palesemente mistificata o manipolata.
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La mistificazione rappresenta esattamente il modus operandi tramandato in origine dal Partito comunista e dai suoi gerarchi e trasmesso poi come retaggio pseudo-culturale agli eredi poli-metamorfizzati dell'odierno PD e dell'ANPI.
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Sappiamo che l’attività principale dei comunisti delle Brigate partigiane, documentata nei territori di Marzabotto, Vado, Rioveggio, Grizzana, Monzuno, ecc, consisteva nella sistematica spoliazione dei civili, che venivano derubati di qualsiasi cosa avesse un certo valore.
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Inoltre è emerso chiaramente che le rappresaglie tedesche erano provocate, come diretta conseguenza,  dalle azioni delittuose dei partigiani comunisti.
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La Storia non si può imbrigliare e manipolare a lungo termine, e prima o poi “i nodi vengono al pettine”, tant'è che oggi conosciamo molti dettagli, precedentemente occultati, sui crimini commessi dai feroci killer partigiani, come appunto Guerrino Avoni.
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Dissenso
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domenica 7 luglio 2019

Christopher Andrew e Oleg Gordievskij : LA STORIA SEGRETA DEL KGB


Il libro scritto da questi due autori, Andrew e Gordievskij, rappresenta il frutto di un importante lavoro di ricerca e di approfondimento storico sulla Storia dei servizi segreti sovietici e del loro impatto sulla vita e sulla morte di milioni di persone, scritto con profusione di particolari, tanto che la descrizione degli eventi e dei protagonisti potrebbe essere considerata quasi eccessivamente minuziosa, se non fosse per il fatto che la dovizia di attribuzioni contestuali si rivela essere un valore aggiunto, poiché arriva a completare un contesto mai abbastanza saturo di verità.
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La narrazione si snoda addentrandosi con decisione in ogni aspetto della Storia dei Servizi segreti russi, accompagnando il lettore nella consapevolezza di poter finalmente attribuire le precise responsabilità dei gerarchi comunisti e dell'apparato criminale sovietico precedentemente nascoste o poco conosciute.
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Attraverso la Storia dei servizi segreti comunisti viene ripercorso un itinerario di orrore, di nefandezze, di falsità, di strategie e di compiacenze che ne hanno caratterizzato l’essenza, mettendo in evidenza i prodromi di contestuali o successive tragiche evoluzioni.
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Emerge e si consolida l’assioma che ci induce a ritenere che non è stata solamente la popolazione russa ad essere stata soggiogata dal mostro vorace e assetato di sangue impersonificato dal comunismo, ma anche tutti gli Stati dell’Europa dell’Est e molti altri territori del pianeta che ne hanno dovuto subire la nefasta influenza.
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Esaminando le problematiche espresse dal lavoro di questi due autori, Andrew e Gordievskij, si nota come l’ingerenza dei servizi segreti sovietici volesse assumere carattere di rilevanza estrema nelle vite e nella politica dei Paesi sovrani, in qualunque parte del mondo.
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Appare infatti chiaro l’intento della dittatura di Stalin e di come il comunismo volesse insinuarsi nelle intime essenze dei tessuti sociali nazionali, per corromperli, manipolarli, e fagocitarli.
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La paranoia del dittatore georgiano, dimostrata dal suo continuo tentativo di liberarsi da un accerchiamento nemico da cui si sentiva assediato, si fonde con l’arroganza dimostrata nel volersi insinuare, non richiesto, nelle civiltà sia orientali che occidentali, spaziando attraverso il medio oriente, il sud America e l’Africa.
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Il percorso dei servizi segreti russi si snoda attraverso un itinerario storico che va dal periodo zarista, passando per la dittatura di Lenin e Stalin, fino alla Seconda Guerra Mondiale e alla successiva cosiddetta Guerra Fredda, per finire con il periodo del crollo dell’Unione sovietica, successivo al 1989.
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Christopher Andrew è stato Preside della facoltà di Storia all’Università di Cambridge, dove ha insegnato Storia moderna e contemporanea ed è considerato uno dei massimi esperti planetari di intelligence.
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Christopher Andrew
Insieme a Vasilij Mitrokhin ha scritto anche  L’archivio Mitrokhin, grazie al quale possiamo comprendere i meccanismi principali utilizzati dai servizi segreti di tutto il mondo.
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Il co-autore di Andrew nella realizzazione della Storia segreta del Kgb, Oleg Gordievskij,  è stato invece un autentico agente del KGB stesso.
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Il suo percorso di vita ci racconta che fu reclutato nel 1962 ma successivamente, in seguito alla sanguinosa repressione della Primavera di Praga nel 1968, decise di iniziare a collaborare con i servizi segreti britannici, interpretando così, a tutti gli effetti, il ruolo di spia.
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A causa dei pericoli che tutto ciò comportava dovette trasferirsi definitivamente in Occidente, diventando giornalista e saggista.
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Oleg Gordievskij
La sua esperienza nel settore lo colloca come autorevole storico della materia insieme al Professor Andrew, considerando anche il fatto che per la prima volta in letteratura è stata narrata grazie a loro due, con informazioni di prima mano, l’intera vicenda storica di uno dei servizi segreti più famosi e temuti : il KGB.
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I misteri dello spionaggio internazionale, accompagnati da clamorose rivelazioni, sottolineano eventi drammatici come quello dell’eliminazione fisica di Trotskij, e focalizzano l’attenzione verso quegli aspetti umani che permisero alla paranoia staliniana di agire con ferocia per neutralizzare minacce reali o immaginarie.
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Una di queste, denominata Operazione “Barbarossa”, che appariva al dittatore georgiano come l’innocuo frutto dell’incompetenza dei suoi agenti infiltrati, si rivelò invece essere tragicamente veritiera, mettendo a nudo la sua impreparazione di fronte alla minaccia nazista.
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L’opera è certamente monumentale, con oltre 800 pagine di notizie estremamente dettagliate, come già affermato in apertura di articolo, tipico degli autori storici anglosassoni che amano mostrare non solo i dettagli tecnici, ma anche gli aspetti e le trame che ne compongono il tessuto, rivelando così la concretezza reale della verità essenziale, insita come particolare pittorico in un affresco contestualmente più generale.
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Dopo un escursus cognitivo che inizia il suo itinerario dall'analisi degli apparati segreti dello Zar, gli autori si soffermano su colui che fu, a tutti gli effetti, il capostipite fondatore dei moderni servizi segreti, cioè il personaggio che con la fondazione della Ceka, la famigerata organizzazione segreta e primigenia dello Stato sovietico, diverrà poi il punto di riferimento ideale per i futuri funzionari del Kgb, e cioè  Feliks Edmundovich Dzerzinskij.
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Il percorso divulgativo prosegue poi senza incertezze raccontando le metamorfosi e le involuzioni relative all’espansione dei sevizi segreti russi in altri Paesi, accompagnate perennemente dall'impeto paranoico del dittatore georgiano Iosif Stalin, punto di riferimento per l’intero apparato comunista.
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In questa ottica vengono individuati coloro da additare come “nemici del Popolo” sia in Unione Sovietica che all’estero, e viene raccontato l'impeto  repressivo scatenato contro di loro, definito come “operazione speciale”, ed eseguito da criminali del calibro di Lavrentij Berija, il sadico torturatore di ragazzine innocenti.
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Emerge poi dalle pagine del libro l’impreparazione di Stalin di fronte all’attacco nazista del  giugno 1941, nonostante l’importanza data alle operazioni di intelligence fin dai primi anni del ‘900.
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Come già accennato, nonostante l’imponente apparato dei servizi segreti, ramificati capillarmente a livello planetario, venne a mancare una corretta analisi dei dati a disposizione, spesso perché si preferiva assecondare Stalin nelle sue paranoie di complotti immaginari piuttosto che uscire dal tunnel del servilismo e dedicarsi alla reale sicurezza dello Stato.
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L’opera di Gordievskij e di Andrew risulta essere molto dettagliata, fornendoci organigrammi e appendici con cui, avvalendosi di una fitta serie di note esplicative, è possibile ricavare un quadro esaustivo e completo dell’intero percorso storico-evolutivo dei servizi segreti russi.
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Questo libro dovrebbe essere inserito fra i testi di studio per le scuole medie e per i licei, ma pare che i Governi che fino ad oggi si sono susseguiti preferiscano invece ignorarlo e continuare a preferirgli riferimenti stereotipati e intrisi di un pietismo didattico apertamente politico come quello di cui è costituito il trito e ritrito  Diario di Anna Frank” .
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Dissenso
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sabato 6 luglio 2019

La confusione ideologica della destra


Qualche giorno fa ho potuto constatare personalmente il livello di indifferenza e di impreparazione culturale verso il comunismo che contraddistingue i movimenti politici italiani legati alla destra radicale, e cioè Forza Nuova e Casa Pound.
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Alcune note stonate del loro incedere non propriamente culturale, ma imperniate anzi su frettolose analisi che non tengono conto delle origini tradizionali del pensiero anticomunista, li collocano su posizioni inaccettabili per chi effettivamente si pone alla destra del panorama politico.
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Le ambiguità e le ambivalenze di certi schieramenti politici, come quelli che appaiono simbiotici con il terrorismo palestinese, dimostrano una confusione mentale e ideologica che non può non sfuggire ad un pensiero razionale e preparato dal punto di vista storico.
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L’anticomunismo, che dovrebbe appartenere ad un retaggio culturale da cui scaturisce ogni altra divagazione prospettica, è praticamente ignorato e disattende qualunque aspettativa che ne possa produrre un incremento.
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Ho constatato in prima persona, ad esempio, che alla dirigenza di Forza Nuova non interessa minimamente condurre politiche di divulgazione che interpretino un pensiero anticomunista, poiché tale argomento non solo non è considerato prioritario ma anzi viene etichettato come obsoleto e non degno di attenzione.
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Casa Pound dal canto suo tende al superamento dei conflitti fra destra e sinistra, e queste tesi sono rafforzate dalla convinzione che non esista più un pericolo per la democrazia come quello che sussisteva all’epoca di Stalin, ma gli intellettuali di entrambi gli schieramenti di destra dimenticano che il comunismo è comunque vivo e vegeto, anche se metamorfizzato nelle sue diverse emanazioni prospettiche.
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E’ sufficiente constatare quanto sia devastante il comunismo cinese, che ha tratto linfa vitale dalla copulazione con un capitalismo precedentemente considerato il nemico numero uno, oppure quello russo, nel quale gli eredi del KGB si sono alleati con le mafie costituendo una immensa associazione a delinquere comandata dal loro alfiere Vladimir Putin, a sua volta ex colonnello dei servizi segreti sovietici.
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Entrambi i gruppi esprimono anche un deciso compiacimento verso le politiche palestinesi, senza tenere conto, forse per ignoranza, che le organizzazioni terroristiche come la OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) sono di matrice marxista e sono sempre state finanziate, guarda caso, da Mosca.
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Il terrorismo palestinese istiga i bambini all'odio e li utilizza come kamikaze
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Inoltre il terrorismo comunista italiano del secolo scorso, rappresentato dalle Brigate Rosse, era legato a filo doppio proprio con la OLP, il cui operato sul nostro territorio sembra coincidere con stragi come quella avvenuta alla stazione di Bologna nel 1980.
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Anche in questo caso quindi la confusione ideologica appare enorme, in un turbinio di contraddizioni che produce e consolida malcelate espressioni di consenso verso il terrorismo islamico di ispirazione marxista.
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Il paradosso è costituito dal fatto che, contemporaneamente, si manifesta nei gruppi della destra italiana una decisa ostilità verso l’immigrazione, soprattutto se islamica, e verso il proliferare dei luoghi di culto come le moschee.
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L’odio verso Israele vince quindi contro ogni logica e ogni razionalismo, avvelenando l’ideologia di riferimento e producendo un ossimoro dalle caratteristiche indefinibili e indecifrabili.
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La mancanza di preparazione culturale porta la destra a non riconoscere più le origini del Male assoluto, e a considerare con bonomia gli eredi di un bolscevismo metamorfizzato come ad esempio Putin, indicandolo a gran voce come esempio di nazionalismo da seguire e da imitare.
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Si confondono le finalità di intento e si stravolgono i ruoli, senza distinguere la differenza che esiste fra un acceso nazionalismo e il voler spadroneggiare in casa d’altri.
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E’ il caso proprio del tanto osannato Putin che in nome di un supposto nazionalismo ha occupato militarmente i territori della Cecenia, radendo al suolo intere città e compiendo massacri epocali sulla popolazione civile.
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Caricatura di Putin
Questa forma di “nazionalismo” cui la destra guarda con aperta condiscendenza ha prodotto un numero enorme di stupri, di mutilazioni, di stragi, di torture, e di efferatezze, annichilendo interi strati sociali e riducendo in schiavitù la popolazione residente.
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Tutto ciò è stato ampiamente documentato sia da Anna Politkovskaja attraverso la pubblicazione di numerosi libri sull’argomento, che da Natalja Estemirova con i suoi articoli, entrambe giornaliste del periodico indipendente moscovita Novaja Gazeta.
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Per questa opera di informazione che ha squarciato il velo omertoso e criminale dell'apparato militare di Putin, mettendo a nudo le precise responsabilità del Cremlino nei massacri della popolazione, le due coraggiose giornaliste hanno pagato con la vita, uccise appunto dai sicari del nuovo Zar di Mosca, Vladimir Putin.
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Le nefandezze di Putin, camuffate da impeto nazionalista, si sono ampiamente palesate anche non solo nei reiterati tentativi di impossessarsi militarmente della Georgia, ma anche nel vero e proprio violento assalto all’Ucraina, della quale ha già prepotentemente fagocitato la penisola di Crimea.
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A causa della sua imponente opera di russificazione dei territori, metodo tra l’altro già sperimentato dall’Unione sovietica nei Paesi baltici dopo l’invasione degli stessi e successiva al trattato Molotov-Ribbentropp, Putin ha compromesso gli equilibri sociali in Crimea, creando i presupposti per una significativa destabilizzazione dell'opinione pubblica, grazie alla quale ha potuto intervenire militarmente su quei territori.
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Il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, ha apertamente affermato che Putin è da considerare un vero e proprio garante della pax romana, dimostrando così di cadere in uno svarione culturale dai toni imbarazzanti.
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Come si sa, o si dovrebbe sapere, la pax romana rappresenta il periodo di Pace offerto dall’Impero romano all’interno dei suoi smisurati confini.
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In pratica era l’imposizione del proprio dominio sulle singole identità socio culturali ed etniche fagocitate mediante l’uso della forza, comprendente il controllo totale sulle risorse economiche e territoriali.
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Ogni allargamento dei confini rientrava in questa specifica stabilità, conglobando le nuove conquiste in una Amministrazione di regime che ne costituiva l’orgoglio romano.
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Secondo le dichiarazioni del leader di Forza Nuova, Putin avrebbe quindi il diritto di colonizzare nuovi territori, strappandoli alle loro prerogative etniche, religiose, sociali, o politiche, perché ciò giustificherebbe la pianificazione di un livellamento tale da essere paragonato alla Pax romana, come sembra in effetti essere il paventato piano di espansione russo denominato Eurasiatismo.
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L'Eurasiatismo di Putin prevede che l'Europa diventi un satellite della Russia
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Prima il bastone e poi la carota ?
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E’ questo il nazionalismo che tanto piace alle destre ?
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La violenza e la potenza di fuoco di Putin sono dunque un punto di riferimento?
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Anche Matteo Salvini ha le idee un po’ confuse riguardo al tema del nazionalismo, come comprovano le sue aperte dichiarazioni di simpatia verso l’oligarca russo che, come già detto, è un ex colonnello del KGB.
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Ricordo a chi legge che al momento della caduta del Muro di Berlino, nel 1989, Putin era di stanza proprio a Berlino con il grado di tenente-colonnello ed era fra quelli che ordinavano di aprire il fuco contro chi tentava di scappare dal comunismo. 
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Si continua a rifiutare l’anticomunismo come argomento noioso e appartenente ad un passato da dimenticare, senza tenere conto del fatto che non ci può essere futuro senza aver prima esaminato i fatti trascorsi, e senza che una memoria oggettiva e condivisa ne possa delimitare le prerogative, gli aspetti, gli orrori, le glorie, e tutto ciò che poi ci ha condotto nel presente.
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Non si possono ignorare i cento milioni di vittime prodotte dal comunismo, ma anzi occorre celebrarne puntualmente il ricordo, additando al disprezzo comune i loro carnefici.
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Il comportamento omissivo di Forza Nuova, ma non solo, nei confronti dell’anticomunismo va contro gli ideali stessi della destra e disattende quei sentimenti di cameratismo che unisce tutti coloro che fino ad oggi vi si sono riconosciuti opponendosi all’avanzata del comunismo.
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Tra l’altro, è facilmente constatabile dalle cronache quotidiane degli avvenimenti recenti, come siano proprio i comunisti ad impedire agli oratori di  Forza Nuova l’accesso alle Piazze da cui questi vorrebbero parlare ai Cittadini, e come gli scontri e i disordini scatenati dai comunisti dei centri sociali rappresentino la regola, nel tentativo riuscito di non permettere la diffusione del messaggio politico da parte di Forza Nuova.
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Non è sufficiente fare qualche saluto romano e proclamare un viscerale odio contro gli ebrei, così come non basta indossare magliette che riportano scritte del ventennio oppure chiamarsi l’un l’altro con il vezzeggiativo di camerata, per potersi dichiarare appartenenti ad una posizione politica ben delineata.
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Occorre invece e prima di tutto completare un percorso di formazione politica e culturale, che comprenda un anticomunismo prodromico ad evoluzioni intellettuali tese ad una lotta senza quartiere contro il nemico marxista, e alla diffusione endemica e capillare dei valori della destra tradizionale, tralasciando manifestazioni di facile goliardia e dal sapore squisitamente nostalgico.
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Ho accertato che l’attuale gotha intellettuale di Casa Pound esprime anche apprezzamenti verso alcune figure di riferimento che mi hanno lasciato alquanto perplesso, come ad esempio quella di Pier Paolo Pasolini oppure di Ernesto Che Guevara, il famigerato “Che”.
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Ricordo a chi legge che il primo era un pedofilo, e con tale espressione intendo proprio un personaggio che trae piacere nel rapportarsi carnalmente e sessualmente con ragazzini minorenni.
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Sul corpo di Pasolini, che fra l’altro è da sempre una delle icone della sinistra, fu eseguita l’autopsia in seguito al delitto in cui perse la vita, e gli fu trovato nello stomaco lo sperma del suo assassino, un ragazzino, appunto, minorenne.
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Questa prova inoppugnabile dovrebbe essere sufficiente a catalogarlo come pedofilo, e non come punto di riferimento intellettuale.
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Il pedofilo marxista
Pier Paolo Pasolini
Pasolini, inoltre ha sempre manifestato una profondità di pensiero nettamente antifascista, ma alcune interpretazioni decontestualizzate ne vorrebbero attribuire invece una collocazione non coerente e in antitesi con la realtà oggettiva, strumentalizzandone alcuni aspetti.
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Ernesto Che Guevara invece, viene spesso presentato e mitizzato come un esempio di rivoluzionario ed eroico guerrigliero, nonostante il fatto che fosse in realtà un comunista sadico e torturatore di innocenti, come dimostrano gli studi storici sull’argomento.
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Idealizzato come “poeta rivoluzionario” o come “eroico medico idealista” il “Che” si è reso invece responsabile di numerosi massacri di civili innocenti, non solo in sud America, ma anche in Algeria, come complice del dittatore marxista Laurent Desirè Kabila.
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La sua immagine riportata su milioni di magliette ha costituito un importante risvolto commerciale, poiché a riprova del fatto che “la madre degli imbecilli è sempre incinta”, è stata indossata come simbolo nel corso di manifestazioni “contro la guerra”, in un vero e proprio percorso di falsità storica e ideologica in cui pare, appunto, siano caduti anche gli intellettuali della destra più radicale.
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Ribadisco che è l’ignoranza, unita alla rinuncia di operare un serio anticomunismo, a produrre deviazioni paradossali come queste, insieme alla evidente miopia di chi si erge, erroneamente, a paladino della destra.
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Avere gli stessi punti di riferimento sbandierati dalle sinistre e subordinarne la politica, esprime una ambiguità di palese entità, in cui le prerogative ideologiche identitarie risultano essere seriamente compromesse e prodromiche ad una inevitabile implosione.
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Lo scarso consenso popolare, del resto, sancisce già una condanna verso chi dimostra una evidente incapacità di affermare valori di riferimento adeguati, univoci e scevri da contaminazioni.
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Inoltre il fatto che le politiche di diffusione culturale imperniate sull’anticomunismo non solo NON siano diffuse capillarmente e con costante frequenza ma anzi siano proprio assenti e rifiutate dal gotha intellettuale che ne gestisce l’essenza e il proselitismo, la dice lunga sulla incapacità di chi si propone come alternativa sociale senza avere né la capacità didattica né una decisa volontà propositiva di affermarne l’importanza.
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Tutto ciò appare caratteristico di un modus operandi che rivela i suoi limiti e che contraddistingue una modalità esistenziale succube di involuzioni pseudo culturali e stereotipate, le quali non prevedono approfondimenti o contraddittori, oppure analisi socio politiche, ma solo la supina e forzosa approvazione dogmatica imposta come dictat da una ristretta elite di riferimento.
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La manifesta idiosincrasia verso un anticomunismo che dovrebbe invece essere un valore di riferimento primario nelle politiche delle destre, pone interrogativi sulla identità stessa di chi dovrebbe rappresentarne il baluardo, la memoria storica, e l’ergersi a paladino come cardine e punto fermo.
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Il sottoscritto ha dato alle stampe quattro libri che trattano proprio di temi come quello del comunismo inteso come Male assoluto e dei crimini commessi in nome dello stesso, identificandolo nelle sue forme metamorfizzate e nelle metastasi in cui si è ramificato.
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Ho presentato i miei lavori al gruppo dirigente di Forza Nuova, certo del fatto che avrebbe quanto meno considerato l’ipotesi di leggerne e di discuterne il contenuto.
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Con mia grande sorpresa ho potuto constatare, invece, fin da subito, che una vera e propria repulsione per gli argomenti in oggetto era insita e radicata proprio negli elementi messi a capo della sezione locale, i quali senza esitare hanno espresso il loro rifiuto di approcciarsi al tema dell’anticomunismo, considerato non prioritario e lontano nel tempo, in quanto appartenente al passato (parole testuali).
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Una strana incongruenza per chi pone al centro del proprio impianto strutturale una assioma che inneggia a Dio, Patria, e Famiglia e cioè a tutto ciò che è direttamente minacciato proprio dal nemico storico di tutto ciò : il comunismo !
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Il pressapochismo intellettuale si rivela anche in manifestazioni di folclore antisemita, che mirano a rafforzare una alternanza di interazioni concatenate, come l’odio razzista per gli ebrei da un lato, e l’aperta condiscendenza verso i suoi antagonisti naturali, e cioè i palestinesi.
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Non è contemplato che si possa considerare lo Stato di Israele come un avamposto occidentale in territorio islamico-marxista, e nemmeno che lo si possa definire come l’unico baluardo che si interpone fra la civiltà e l’orrore manifestato dall’integralismo, e nonostante il fatto che si sappia benissimo che gli alunni delle classi elementari palestinesi vengano cresciuti nelle scuole coraniche in cui si insegna a odiare gli occidentali in quanto “infedeli”.
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Non conta nemmeno che i terroristi delle organizzazioni legate all’OLP e all’integralismo islamico si facciano esplodere in Israele sugli autobus o nei mercati pieni di civili innocenti, ma si punta il dito contro il Popolo di Tel Aviv come ad un mostro responsabile di nefandezze inaudite.
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Tutti conosciamo il ruolo monopolizzatore interpretato dagli appartenenti al famigerato Club Bielderberg, in cui si decidono a tavolino le strategie economiche che coinvolgono milioni di persone, e sappiamo anche che i mercati finanziari internazionali sono da sempre ostaggio dei personaggi di origine ebraica come i Rockefeller o i Rotschild ma non per questo occorre pregiudicare i princìpi e i valori che caratterizzano la civiltà democratica.
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Non è sfogando un odio cieco e irrazionale contro la popolazione ebraica di Israele o nel mondo, e disprezzandone i riferimenti culturali, profanando cimiteri, istituzioni, o ancora peggio negando l’olocausto, che si può contrastare il dominio economico finanziario dei grandi trust bancari gestiti da ebrei.
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Sarebbe come mettere alla gogna le popolazioni di etnia russa in quanto connazionali di Stalin e dei gerarchi comunisti dell’era sovietica.
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Questa facile equazione indurrebbe a considerare nazista tutto il popolo tedesco, oppure fascista quello italiano, generando un flusso di odio etnico e razziale come quello che contraddistingue l’antisemitismo.
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Oggi sappiamo che i poteri economici “forti” hanno stretto un patto scellerato con il marxismo ed è questa la vera responsabilità che occorre imputare ai banchieri ebraici di spessore internazionale, non l’odio irrazionale rivolto all’etnia ebraica in quanto tale.
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Il globalismo va combattuto con la forza del ragionamento e della razionalità, iniziando dai princìpi fondamentali che si oppongono culturalmente alla sua diffusione, consistenti innanzitutto in un costante e coerente anticomunismo.
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Una capillare diffusione culturale dei contenuti cardine di un serio anticomunismo permetterebbe alle masse di sapere che oltre la metà dell’apparato comunista sovietico era composto da ebrei, così come i maggiori criminali sanguinari che seminarono morte e terrore, non solo in Russia ma in tutta l’Europa del’est.
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Il non sapere significa essere ignoranti e conduce verso manifestazioni che esprimono limiti assolutamente imprevedibili, poiché si alimentano di divagazioni che sfuggono alla razionalità e alla conoscenza.
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La didattica rappresenta solo il momento finale di un percorso intellettuale e di un completo assorbimento culturale, e consente di diffondere la conoscenza storica padroneggiandola in maniera oggettiva.
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Accade però che spesso si disattenda questa elementare regola di buon senso, scadendo in una arrogante proposizione che nulla ha a che vedere con la verità e con la stessa intelligenza che dovrebbe contraddistinguere l’individuo pensante.
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E’ sufficiente osservare come le sinistre abbiano falsificato tale percorso per decine di anni, proponendo una versione non veritiera della Storia, manipolandola a proprio uso e consumo.
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La Destra non deve fare la stessa cosa.
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E’ sufficiente raccontare la verità, sapendo che essa è tutta racchiusa nell’anticomunismo, e permettere che le masse assorbano gli elementi cognitivi precedentemente nascosti o mistificati.
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Solo così le destre, oramai impelagate in un miscuglio eterogeneo e melmoso di contaminazioni ideologiche, riusciranno a non implodere e a non diventare esse stesse la causa della loro estinzione.
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Dissenso
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lunedì 1 luglio 2019

IL COMUNISMO E LE STRAGI IN ITALIA

Oramai da decenni il tam tam delle sinistre ripete ossessivamente il cantilenante mantra secondo cui “la strage è fascista”, allo scopo forse di allontanare eventuali piste investigative che riconducono invece a dirette responsabilità del mondo anarco comunista.
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Riguardo alla strage della Stazione di Bologna del 1980, dopo decenni di indagini, di silenzi, di depistaggi, di segreti, sembra che oggi prenda corpo la pista del terrorismo palestinese, da sempre alimentato e finanziato da Mosca.
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Lo Stato però, complice il movimento di opinione che i seguaci di Togliatti hanno imposto come dictat, ha decretato vincoli di segretezza su tutta la vicenda e sui legami che sono intercorsi fra determinati eventi. 
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Abu Saleh
Ad esempio, quelli precedenti alla strage e relativi al ritrovamento di missili terra-aria “Strela” di fabbricazione sovietica nel 1979 a Ortona, in Abruzzo, sequestrati a personaggi dell’estrema sinistra romana, e le conseguenti indagini che condussero all’arresto di Abu Anzeh Saleh a Bologna, rappresentante in Italia della organizzazione terroristica Fnlp (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina).
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Questo personaggio era protetto dai servizi segreti italiani (Sismi) poiché figura di riferimento per gli accordi segreti fra Servizi italiani e Olp nel caso del sequestro Moro, in cui egli svolgeva il ruolo di mediatore con le Brigate rosse
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Il suo arresto mise fine all’accordo e le indagini rivelarono che dietro alla fornitura di missili c’era Gheddafi, a quei tempi alleato dell’Italia, per cui la Ragion di Stato impose di occultare l’intera vicenda.
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Dopo l’arresto di Saleh, l’organizzazione terroristica palestinese Olp che aveva la sua base in Emilia, costituita da un nutrito raggruppamento composto dalla elite criminale araba marxista-leninista, mise un suo esponente a tenere i contatti con un altro super terrorista argentino, il famigerato Carlos, detto “Lo sciacallo”, agente del Kgb.
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Tre immagini del terrorista Carlos, detto "Lo sciacallo"
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La base logistica di Carlos in Emilia non fu mai localizzata, forse per una precisa volontà politica del Governo italiano, pur sapendo che l’ala oltranzista e militare della Olp, quella vicina ai paesi arabi filosovietici (Siria e Libano) era in stretto contatto con l’area del terrorismo comunista italiano.
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Addirittura è stato accertato che la dirigenza dell’Olp minacciò ritorsioni e rappresaglie contro il nostro Paese, reo di aver disatteso l’accordo denominato “Lodo Moro” e di aver arrestato Saleh.
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Nell’aprile del 1980 il leader moderato della organizzazione terroristica Olp, Habbash, raccontò ai nostri servizi segreti come fosse sempre più difficile riuscire a frenare il desiderio di vendetta contro l’Italia che animava i componenti dell’ala più irriducibile.
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Olp commissionò un attentato ad elementi “esterni alla Organizzazione” e “non identificabili”, così come riportato dalle note soggette al vincolo del segreto di Stato, ma col senno di poi traspare da tutto ciò che la presenza in Emilia del ricercatissimo “Carlos lo sciacallo” fosse prodromica ad un imminente attentato, a lui riconducibile.
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Nel mese di Maggio la dirigenza dell’Olp fece sapere che l’organizzazione era pronta a riprendere le ostilità contro l’Italia, Paese non più amico, e a intraprendere atti che potevano coinvolgere anche vittime innocenti.
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Un mese dopo le fonti dei nostri servizi segreti attive in Palestina e in Siria fecero sapere che la Libia, sponsor principale della Olp, premeva per una decisa ritorsione, mentre i nostri agenti in Libano avvertirono che non si poteva più fare affidamento sulla sospensione delle azioni terroristiche in Italia decisa nel 1973.
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Dopo due mesi ci fu la strage alla stazione di Bologna.
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Questo itinerario temporale che unisce saldamente le minacce dei marxisti palestinesi e la contestuale realizzazione di un efferato attentato costituiscono più che un motivo di riflessione, ma accadde invece che da subito si puntò il dito contro il fascismo, comodo capro espiatorio in quanto interprete del mantra costruito a tavolino secondo cui, appunto, “la strage è fascista”.
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Thomas Kram
Personaggi dell’universo terroristico marxista-palestinese, come ad esempio Thomas Kram alias Lothar appartenente al gruppo di “Carlos lo Sciacallo”, erano presenti a Bologna il giorno della strage ma l’ottusità dei Giudici ha continuato ostinatamente a puntare il dito contro i “fascisti”.
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Giuseppe Valerio Fioravanti, detto Giusva, e Francesca Mambro furono processati e ritenuti colpevoli dalla miopia di una Corte di Giustizia politicizzata, senza che ci fosse alcuna prova a loro carico e senza tenere conto del fatto che non è nella cultura della destra, nemmeno di quella estrema, compiere attentati che coinvolgano civili innocenti. 
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Al contrario, come dimostrato ampiamente dalle cronache quotidiane del passato, tali prerogative sono insite nel mondo anarco-comunista e nel marxismo colluso col terrorismo arabo, endemicamente, senza se e senza ma. 
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E’ la Storia a dirlo, ma l’arroganza dei seguaci di Togliatti, ancora oggi, spinge la popolazione verso un odio continuo e inarrestabile contro coloro che vengono dichiarati fascisti e a cui vengono fatti scontare anche i crimini commessi invece dai comunisti.
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Nel 1991 il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga sostenne l’innocenza di Fioravanti e Mambro, certo delle responsabilità arabo palestinesi nella strage della stazione di Bologna, così come Giovanni Spadolini ex Presidente del Consiglio dei ministri, che puntò il dito contro il dittatore libico Gheddafi.
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L’ombra del comunismo si affaccia quindi prepotentemente dietro agli attentati avvenuti in Italia, altro che i fascisti come vorrebbero farci credere !
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Le responsabilità comuniste emergono anche in altri filoni di inchiesta, accuratamente celate e minimizzate dall’apparato disinformatore dell’odierno PD, forti di un retaggio pseudo culturale che trae le sue origini dalla simbiosi con il marxismo del PCI, satellite di quello moscovita staliniano.
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Mi riferisco alle indagini che il Giudice Giovanni Falcone stava compiendo prima di essere ammazzato e che puntavano a ricostruire il filo diretto dei finanziamenti sovietici al PCI dal 1951 al 1991 e che arrivavano anche alla mafia siciliana di “Cosa Nostra”. 
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Un intreccio perverso di convergenze ideologiche e strutturali, simbiotiche con il terrorismo, e che delimita esattamente una sfera d’azione tanto sintomatica quanto inquietante.
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L’aperto consenso delle sinistre verso le organizzazioni terroristiche palestinesi la dice lunga sulla volontà di imporre verità costruite a tavolino.
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Organizzazioni comuniste del terrorismo internazionale
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La compiacenza delle toghe rosse permette loro di dotarsi di una sorta di verginità che li assolve da qualsiasi nefandezza e parallelamente consente di ergersi a interpretare il ruolo che si avvale di un alibi molto ben costruito, quello dell’antifascismo. 
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Nel curriculum di Carlos, l’agente comunista dedito al terrorismo e al soldo dei Paesi marxisti come mercenario, è presente oltre ad una intensa attività per organizzare la lotta armata siriana e libanese contro Israele, anche la costituzione di una rete di connivenze con la polizia segreta comunista della Germania Est, la famigerata Stasi, oppure con quella della Romania di Ceausescu.
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Attentati e omicidi hanno rappresentato il suo biglietto da visita in tutta Europa fino all’incontro con Osama Bin Laden che sancì la saldatura fra la sua fede marxista e la nuova rivoluzione jihadista.
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I suoi eroi erano il sanguinario dittatore venezuelano comunista Hugo Chavez, così come Saddam Hussein e il terrorista islamico Osama Bin Laden, appunto.
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La mattina della strage alla stazione a Bologna c’erano due uomini di Carlos : 
Thomas Kram, già citato in precedenza, e il terrorista Bruno Breguer, detto Luca, l’elemento di collegamento fra la polizia comunista della Germania Est, la Stasi e le Brigate rosse italiane.
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Nelle tasche di Kram fu trovato un biglietto con la scritta Heidi, che era il nome in codice della terrorista tedesca Christa-Margot Frolich, anche lei presente a Bologna in quei giorni, come testimoniato anche dal portiere dell’Hotel Jolly che la riconobbe.
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Una serie di evidenze palesi, quindi, che imporrebbero come minimo un approfondimento serio e scrupoloso, ma che la Magistratura non prese nemmeno in considerazione, puntando subito il dito, invece, contro i fascisti.
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L’assuefazione della Magistratura alla condiscendenza verso l’universo delle sinistre è uno dei mali che affligge l’Italia, poiché ci riporta al biennio 1919-1920 in cui il Paese era ostaggio della violenza comunista e del disegno eversivo di costituire un satellite sovietico sul territorio nazionale.
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Solamente il fascismo si oppose come argine al dilagare del comunismo, arrestandone l’incedere e opponendovi un deciso contrasto.
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Questo è il motivo dell’odio profondo che ancora oggi le sinistre producono sulla società italiana ad ogni livello, capillarmente e incessantemente, proclamando un trito e ritrito quanto anacronistico antifascismo, figlio di un rancore mai represso.
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La verità però emerge sempre, come nel caso specifico di cui trattiamo in questo post, e cioè l’attentato alla stazione di Bologna, ma anche riguardo ad altre stragi imputate comodamente al fascismo, come quella del treno Italicus o quella di Piazza della Loggia a Brescia.
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Una verità che sempre di più tira per la giacca nuove e pressanti evidenze, nuove responsabilità, a prescindere dai dictat imposti fino ad oggi dalle sinistre, coinvolgendo proprio coloro che fino a ieri puntavano il dito contro i fascisti. 
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I nodi vengono al pettine e si rivela il vero volto del comunismo, metamorfizzato ma sempre presente, nascosto ma mai sopito, devastante e sanguinario, così come è sempre stato nella sua essenza.
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Un comunismo che dovrà essere messo al bando come fuorilegge, prima o poi, pena la sconfitta della democrazia.
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Dissenso
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