domenica 29 dicembre 2019

BR : L'OMICIDIO DI GUIDO ROSSA


Guido Rossa (Cesiomaggiore, 1 dicembre 1934  -  Genova, 24 gennaio 1979) è stato un operaio e sindacalista italiano, assassinato durante i cosiddetti “anni di piombo” dagli assassini comunisti delle Brigate rosse.
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Il cadavere di Guido Rossa, colpito dagli assassini comunisti
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Per la prima volta le BR colpirono un rappresentante della clsse operaia, un sindacalista appartenente proprio alla categoria in nome della quale la formazione rivoluzionaria armata pretendeva di agire, manifestando così una simbiosi ideale con il comunismo sovietico, che si nutrì per decenni del sangue dei suoi stessi figli.
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Guido Rossa denunciò il brigatista Francesco Berardi, suo compagno di lavoro all’Italsider di Genova, dopo aver notato che il ritrovamento di materiale propagandistico delle BR e delle loro rivendicazioni, accanto alle macchinette del caffè in fabbrica, coincideva sempre con la presenza dello stesso Berardi.
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Il 24 ottobre 1978 Rossa insieme ad altri colleghi decise di aprire l’armadietto del collega, trovandovi all’interno volantini con la stella a cinque punte e materiale strategico delle Brigate rosse.
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Tutto ciò, insieme alla testimonianza di Guido Rossa in Tribunale, provocherà poi l’arresto e la condanna di Berardi a quattro anni di carcere.
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La vendetta dei terroristi comunisti non si fece attendere.
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Il 24 gennaio 1979 un commando di criminali comunisti sparò contro Guido Rossa mentre stava salendo sulla sua auto, una Fiat 850, per recarsi al lavoro in fabbrica.
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La vittima designata venne inizialmente gambizzata ma poi uno dei killer tornò indietro e gli sparò direttamente al cuore, uccidendolo.
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I tre assassini comunisti delle “eroiche” BR che sono state così coraggiose da sparare contro un bersaglio disarmato e indifeso sono : Riccardo Dura, Vincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi.
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L'odio comunista si palesa
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I partiti della sinistra compatti approfittarono dell’episodio per rimarcare la totale mancanza di compatibilità fra la lotta armata e il movimento operaio, prendendone le distanze, ambiguamente, in quanto consapevoli del fatto che le origini di quel movimento comunista armato e clandestino sono da ricercare proprio nell’appartenenza allo stesso retaggio culturale, o pseudo tale, da cui traeva linfa vitale anche il PCI.
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Il mondo comunista di Togliattiana memoria è stato infatti il motore della delinquenza criminale comunista del dopoguerra, finanziato da Mosca per interi decenni, cresciuto nella sudditanza allo Stalinismo più becero, che ha portato all’espansione della violenza insita nel comunismo stesso, estrinsecata attraverso l’odio e la violenza cieca, così come ci hanno dimostrato le Brigate Rosse.
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Guido Rossa è sola una delle numerose vittime del comunismo, e la sua appartenenza politica in seno ad un sindacato comunista e la sua militanza nel PCI la dicono lunga sulla mistificazione operata dagli pseudo intellettuali del mondo delle sinistre.
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La figlia di Guido, Sabrina Rossa, nel 2008 è stata eletta deputata per il Partito Democratico, dimostrando di non aver capito che il mostro che ha divorato la vita del padre è lo stesso che ora ha fagocitato anche lei, plasmando la sua vita e il sacrifico del padre in una medesima tragica simbiosi.
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Secondo il mio parere Guido Rossa rimane una vittima del comunismo, e tutte le formazioni politiche metamorfizzate che da esso hanno avuto origine sono da considerare complici del suo assassinio, se non materialmente, sicuramente a livello  morale e ideologico.
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Le politiche del PCI, asservito per decenni al comunismo sovietico, e le sue diramazioni criminali come quelle dei partigiani assassini che sono stati una spina nel fianco della democrazia italiana, rappresentano vari aspetti della stessa medaglia che la Storia ha identificato come il Male assoluto : il comunismo.
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Lorenzo Carpi, l’autista del commando che pose fine alla vita di Guido Rossa è latitante dal 1979 e non ha mai scontato un solo giorno di prigione, nonostante sia stato condannato all’ergastolo per tre agguati, e a 16 anni per il ferimento di Roberto Della Rocca, il Presidente dell’Associazione italiana vittime del terrorismo.
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Considerando che il PCI ha sempre protetto i criminali comunisti procurando loro nuove identità e facendoli espatriare, non mi meraviglierei se dietro alla latitanza del brigatista ci fosse lo zampino di qualche autorevole seguace di Togliatti.
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Ricordo a chi legge che anche un criminale assassino del calibro di Francesco Moranino, condannato all’ergastolo per la strage di ben sette persone nel 1944, non fece mai nemmeno un giorno di prigione perché aiutato ad espatriare dal PCI di cui era parlamentare, per essere poi graziato dal Presidente Gronchi che ridusse la sua pena a dieci anni, e infine graziato anche da Giuseppe Saragat (il successore di Gronchi) che gli diede la libertà.
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Il suo ritorno in Italia fu caratterizzato da una calda accoglienza da parte dei comunisti, che lo candidarono tra le loro file e lo fecero eleggere Senatore della Repubblica.
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Non meravigliamoci se oggi ben tre brigatisti ricevono dallo Stato Italiano addirittura il “reddito di cittadinanza” :
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Raimondo Etro, coinvolto nella strage di via Fani e nel delitto Moro, oltre che in altre nefandezze sanguinarie, percepisce 780 euro.
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Massimiliano Gaeta, appartenente alla “nuova stagione” delle BR percepisce 500 euro.
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Federica Saraceni, coinvolta nell’omicidio di Massimo D’Antona, fruisce degli arresti domiciliari ma percepisce ugualmente il reddito di cittadinanza.
Sarà un caso che il padre sia un eminente giudice, fra i fondatori della corrente rossa di Magistratura Democratica ?
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Dissenso
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