Guido Rossa (Cesiomaggiore,
1 dicembre 1934 - Genova, 24
gennaio 1979) è stato un operaio e
sindacalista italiano, assassinato durante i cosiddetti “anni di piombo” dagli
assassini comunisti delle Brigate rosse.
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Per la prima volta le BR colpirono un rappresentante della
clsse operaia, un sindacalista appartenente proprio alla categoria in nome
della quale la formazione rivoluzionaria armata pretendeva di agire,
manifestando così una simbiosi ideale con il comunismo sovietico, che si nutrì
per decenni del sangue dei suoi stessi figli.
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Guido
Rossa denunciò il brigatista Francesco Berardi, suo compagno di lavoro
all’Italsider di Genova, dopo aver notato che il ritrovamento di materiale
propagandistico delle BR e delle loro rivendicazioni, accanto alle macchinette
del caffè in fabbrica, coincideva sempre con la presenza dello stesso Berardi.
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Il
24 ottobre 1978 Rossa insieme ad altri colleghi decise di aprire l’armadietto
del collega, trovandovi all’interno volantini con la stella a cinque punte e
materiale strategico delle Brigate rosse.
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Tutto
ciò, insieme alla testimonianza di Guido Rossa in Tribunale, provocherà poi
l’arresto e la condanna di Berardi a quattro anni di carcere.
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La
vendetta dei terroristi comunisti non si fece attendere.
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Il
24 gennaio 1979 un commando di criminali comunisti sparò contro Guido Rossa
mentre stava salendo sulla sua auto, una Fiat 850, per recarsi al lavoro in
fabbrica.
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La
vittima designata venne inizialmente gambizzata ma poi uno dei killer tornò
indietro e gli sparò direttamente al cuore, uccidendolo.
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I
tre assassini comunisti delle “eroiche” BR che sono state così coraggiose da
sparare contro un bersaglio disarmato e indifeso sono : Riccardo Dura, Vincenzo
Guagliardo e Lorenzo Carpi.
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I
partiti della sinistra compatti approfittarono dell’episodio per rimarcare la
totale mancanza di compatibilità fra la lotta armata e il movimento operaio,
prendendone le distanze, ambiguamente, in quanto consapevoli del fatto che le
origini di quel movimento comunista armato e clandestino sono da ricercare
proprio nell’appartenenza allo stesso retaggio culturale, o pseudo tale, da cui
traeva linfa vitale anche il PCI.
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Il
mondo comunista di Togliattiana memoria è stato infatti il motore della
delinquenza criminale comunista del dopoguerra, finanziato da Mosca per interi
decenni, cresciuto nella sudditanza allo Stalinismo più becero, che ha portato
all’espansione della violenza insita nel comunismo stesso, estrinsecata attraverso l’odio e la violenza
cieca, così come ci hanno dimostrato le Brigate Rosse.
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Guido
Rossa è sola una delle numerose vittime del comunismo, e la sua appartenenza
politica in seno ad un sindacato comunista e la sua militanza nel PCI la dicono
lunga sulla mistificazione operata dagli pseudo intellettuali del mondo delle
sinistre.
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La
figlia di Guido, Sabrina Rossa, nel 2008 è stata eletta deputata per il Partito
Democratico, dimostrando di non aver capito che il mostro che ha divorato la
vita del padre è lo stesso che ora ha fagocitato anche lei, plasmando la sua
vita e il sacrifico del padre in una medesima tragica simbiosi.
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Secondo
il mio parere Guido Rossa rimane una vittima del comunismo, e tutte le
formazioni politiche metamorfizzate che da esso hanno avuto origine sono da
considerare complici del suo assassinio, se non materialmente, sicuramente a
livello morale e ideologico.
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Le
politiche del PCI, asservito per decenni al comunismo sovietico, e le sue
diramazioni criminali come quelle dei partigiani assassini che sono stati una
spina nel fianco della democrazia italiana, rappresentano vari aspetti della
stessa medaglia che la Storia ha identificato come il Male assoluto : il
comunismo.
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Lorenzo
Carpi, l’autista del commando che pose fine alla vita di Guido Rossa è
latitante dal 1979 e non ha mai scontato un solo giorno di prigione, nonostante
sia stato condannato all’ergastolo per tre agguati, e a 16 anni per il ferimento
di Roberto Della Rocca, il Presidente dell’Associazione italiana vittime del
terrorismo.
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Considerando
che il PCI ha sempre protetto i criminali comunisti procurando loro nuove
identità e facendoli espatriare, non mi meraviglierei se dietro alla latitanza
del brigatista ci fosse lo zampino di qualche autorevole seguace di Togliatti.
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Ricordo a chi legge che anche un criminale assassino del
calibro di Francesco Moranino, condannato all’ergastolo per la strage di ben
sette persone nel 1944, non fece mai nemmeno un giorno di prigione perché aiutato
ad espatriare dal PCI di cui era parlamentare, per essere poi graziato dal Presidente Gronchi
che ridusse la sua pena a dieci anni, e infine graziato anche da Giuseppe
Saragat (il successore di Gronchi) che gli diede la libertà.
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Il
suo ritorno in Italia fu caratterizzato da una calda accoglienza da parte dei comunisti,
che lo candidarono tra le loro file e lo fecero eleggere Senatore della Repubblica.
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Non
meravigliamoci se oggi ben tre brigatisti ricevono dallo Stato Italiano
addirittura il “reddito di cittadinanza” :
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Raimondo
Etro, coinvolto nella strage di
via Fani e nel delitto Moro, oltre che in altre nefandezze sanguinarie,
percepisce 780 euro.
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Massimiliano Gaeta, appartenente alla “nuova stagione”
delle BR percepisce 500 euro.
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Federica
Saraceni, coinvolta nell’omicidio
di Massimo D’Antona, fruisce degli arresti domiciliari ma percepisce ugualmente
il reddito di cittadinanza.
Sarà un caso che il padre sia un eminente giudice,
fra i fondatori della corrente rossa di Magistratura Democratica ?
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Dissenso
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