Il 7 gennaio del 1978 a Roma avvenne un gravissimo episodio di sangue,
ordito dalle frange violente di Lotta Continua contro alcuni attivisti del
Movimento Sociale Italiano.
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Cinque giovani militanti missini, che stavano uscendo dalla sede romana
di via Acca Larenzia, nel quartiere Tuscolano, per distribuire volantini che
pubblicizzavano un concerto di un gruppo musicale chiamato Amici del Vento,
furono presi di mira da un gruppo di fuoco composto da cinque o sei persone,
che esplosero diversi colpo di armi automatiche contro di loro.
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Il ventenne Franco Bigonzetti, iscritto al primo anno della
Facoltà di Medicina e chirurgia rimase ucciso sul colpo.
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In tre, il meccanico Vincenzo Segneri (ferito ad un braccio), il
responsabile dei comitati di quartiere Maurizio Lupini e lo studente Giuseppe
D’Audino, riuscirono a riparare all’interno della sede e a chiudere la
porta blindata dietro di loro, sfuggendo all’attacco terroristico e a salvarsi.
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Un quinto ragazzo, lo studente diciottenne Francesco Ciavatta, fu
ferito e tentò di scappare percorrendo la scalinata sita a lato della sezione,
ma venne inseguito dagli assalitori che gli spararono nuovamente colpendolo
alla schiena.
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Il giovane morì in ambulanza durante il trasporto all’ospedale.
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Nelle ore concitate
che seguirono l’attentato si radunò una folla sgomenta di attivisti e di
militanti missini che si riunirono in un sit-in improvvisato per protestare
contro l’aggressione, ma forse a causa del gesto di un giornalista che pare
abbia distrattamente gettato un mozzicone di sigaretta sul sangue raggrumato di
una delle vittime, scoppiarono tafferugli e scontri, prima con la troupe della
Rai e poi con le forze dell’ordine.
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La polizia sparò
diversi candelotti lacrimogeni, e uno di questi colpì anche l’allora Segretario
del fronte della Gioventù, Gianfranco Fini.
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I Carabinieri
spararono anche alcuni colpi di pistola e secondo alcuni testimoni il Capitano
Edoardo Sivori sparò mirando ad altezza d’uomo, ma la sua pistola si inceppò.
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L’ufficiale dei
Carabinieri si fece dare quindi un’altra pistola dal suo attendente e saprò di
nuovo, stavolta colpendo in piena fronte il diciannovenne Stefano Recchioni,
militante della sezione di Colle Oppio e chitarrista del gruppo di musica
alternativa Janus.
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Il Capitano Sivori fu poi scagionato da una perizia balistica
sostenendo che il colpo che uccise il giovane Recchioni fu sparato da uno dei
brigatisti presenti sul luogo.
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Alcuni mesi dopo l’eccido, il padre della giovane vittima
Francesco Ciavatta, si tolse la vita per la disperazione bevendo una bottiglia
di acido muriatico.
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Le prime indagini non portarono a conclusioni di rilievo.
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Il Capitano dei Carabinieri Edoardo Sivori, inizialmente
indagato, fu prosciolto dal giudice istruttore Guido Catenacci il 21/02/1983,
con sentenza di proscioglimento definitivo.
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Nel 1987 grazie alle confessioni di una pentita, Livia Todini,
si arrivò all'arresto di alcuni militanti di Lotta Continua, il movimento
comunista rivoluzionario che diede origine poi al Nuclei Armati proletari, a
Prima Linea e alle Brigate rosse.
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Gli assassini che furono identificati erano :
Mario Scrocca, Fulvio Turrini, Cesare Cavallari e Francesco de
Martiis.
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Mario Scrocca si tolse la vita in cella il giorno dopo essere
stato interrogato dai giudici, forse sopraffatto dal rimorso.
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Gli altri tre arrestati furono assolti in primo grado per
insufficienza di prove, e la stessa sorte toccò a un'altra imputata latitante
che si sottrasse alla cattura scappando in Nicaragua, Daniela Dolce moglie
del brigatista Fausto Marini.
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La mitraglietta Skorpion usata dai criminali comunisti nell'agguato mortale di via Acca Larenzia |
Una delle armi usate per uccidere i ragazzi di via Acca
Larenzia, una mitraglietta Skorpion, fu trovata in un covo delle Brigate rosse
in via Dogali a Milano nel 1988 e gli esami balistici stabilirono che fu usata
per commettere altri tre omicidi : quello dell'economista Ezio
Tarantelli nel 1985, dell'ex sindaco di Firenze Lando Conti nel 1986
e del senatore democristiano Roberto Ruffilli nel 1988.
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A seguito di un'interpellanza parlamentare del 2013 , furono
fatte altre indagini per ricostruire la provenienza iniziale dell'arma, e si
scoprì che fu originariamente acquistata nel 1971 dal cantante (e appassionato
di armi) Jimmy Fontana e che fu da questi venduta nel 1977 a un ispettore
di polizia.
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Nonostante questa scoperta rimase però ignoto il modo in cui
l'arma sia poi giunta nelle mani dei terroristi, ponendo altri interrogativi
inquietanti.
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La strage di Acca Larenzia viene regolarmente commemorata dai
militanti di destra, e in alcuni casi le celebrazioni sono sfociate in
ulteriori scontri nei quali la violenza delle cosiddette Forze dell’ordine si è
manifestata nuovamente uccidendo ancora.
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Nel primo anniversario del 10 gennaio 1979, l'agente di polizia
in borghese Alessio Speranza uccise il diciassettenne Alberto Giaquinto che
stava scappando insieme con l'amico Massimo Morsello durante gli scontri con
le forze dell'ordine nel quartiere Centocelle.
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Lo Stato e la Magistratura delle “toghe rosse” si sono
dimostrati latitanti nel corso di indagini che non hanno portato ad alcun
colpevole, fornendo così agli assassini comunisti la consueta condiscendenza di
cui godono in Italia i seguaci di Togliatti.
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In questo modo rimarrà sempre una ferita aperta nei cuori di chi
non può dimenticare la protervia e la violenza di chi usa le armi per
affermarsi, come i comunisti.
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Il 1978 è ricordato come l’anno dell’omicidio Moro, ma va detto
che anche la strage di Acca Larenzia è una tragedia nazionale e deve avere la
giusta attenzione dalle istituzioni riguardo le commemorazioni.
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Purtroppo i governi di sinistra preferiscono alimentare l’odio
sociale, preferendo cantare “bella ciao” in ogni occasione possibile, ignorando
le vittime di quel comunismo da cui anche loro stesso traggono le origini.
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Personalmente, mi unisco al ricordo dei camerati caduti per la
libertà vittime dell’insanabile odio comunista, salutandoli e abbracciandoli.
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Nobis !
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Dissenso
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