domenica 5 gennaio 2020

La strage di ACCA LARENZIA


Il 7 gennaio del 1978 a Roma avvenne un gravissimo episodio di sangue, ordito dalle frange violente di Lotta Continua contro alcuni attivisti del Movimento Sociale Italiano.
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Cinque giovani militanti missini, che stavano uscendo dalla sede romana di via Acca Larenzia, nel quartiere Tuscolano, per distribuire volantini che pubblicizzavano un concerto di un gruppo musicale chiamato Amici del Vento, furono presi di mira da un gruppo di fuoco composto da cinque o sei persone, che esplosero diversi colpo di armi automatiche contro di loro.
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La sede di Via Acca Larenzia a Roma dopo l'eccidio
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Il ventenne Franco Bigonzetti, iscritto al primo anno della Facoltà di Medicina e chirurgia rimase ucciso sul colpo.
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In tre, il meccanico Vincenzo Segneri (ferito ad un braccio), il responsabile dei comitati di quartiere Maurizio Lupini e lo studente Giuseppe D’Audino, riuscirono a riparare all’interno della sede e a chiudere la porta blindata dietro di loro, sfuggendo all’attacco terroristico e a salvarsi.
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Un quinto ragazzo, lo studente diciottenne Francesco Ciavatta, fu ferito e tentò di scappare percorrendo la scalinata sita a lato della sezione, ma venne inseguito dagli assalitori che gli spararono nuovamente colpendolo alla schiena.
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Il giovane morì in ambulanza durante il trasporto all’ospedale.
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Nelle ore concitate che seguirono l’attentato si radunò una folla sgomenta di attivisti e di militanti missini che si riunirono in un sit-in improvvisato per protestare contro l’aggressione, ma forse a causa del gesto di un giornalista che pare abbia distrattamente gettato un mozzicone di sigaretta sul sangue raggrumato di una delle vittime, scoppiarono tafferugli e scontri, prima con la troupe della Rai e poi con le forze dell’ordine.
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La polizia sparò diversi candelotti lacrimogeni, e uno di questi colpì anche l’allora Segretario del fronte della Gioventù, Gianfranco Fini.
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I Carabinieri spararono anche alcuni colpi di pistola e secondo alcuni testimoni il Capitano Edoardo Sivori sparò mirando ad altezza d’uomo, ma la sua pistola si inceppò.
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L’ufficiale dei Carabinieri si fece dare quindi un’altra pistola dal suo attendente e saprò di nuovo, stavolta colpendo in piena fronte il diciannovenne Stefano Recchioni, militante della sezione di Colle Oppio e chitarrista del gruppo di musica alternativa Janus.
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Il giovane morì dopo due giorni di agonia.
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Le tre giovani vittime dell'odio comunista

Il Capitano Sivori fu poi scagionato da una perizia balistica sostenendo che il colpo che uccise il giovane Recchioni fu sparato da uno dei brigatisti presenti sul luogo.
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Alcuni mesi dopo l’eccido, il padre della giovane vittima Francesco Ciavatta, si tolse la vita per la disperazione bevendo una bottiglia di acido muriatico.
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Le prime indagini non portarono a conclusioni di rilievo.
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Il Capitano dei Carabinieri Edoardo Sivori, inizialmente indagato, fu prosciolto dal giudice istruttore Guido Catenacci il 21/02/1983, con sentenza di proscioglimento definitivo.
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Nel 1987 grazie alle confessioni di una pentita, Livia Todini, si arrivò all'arresto di alcuni militanti di Lotta Continua, il movimento comunista rivoluzionario che diede origine poi al Nuclei Armati proletari, a Prima Linea e alle Brigate rosse.
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Gli assassini che furono identificati erano :
Mario Scrocca, Fulvio Turrini, Cesare Cavallari e Francesco de Martiis.
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Mario Scrocca si tolse la vita in cella il giorno dopo essere stato interrogato dai giudici, forse sopraffatto dal rimorso.
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Gli altri tre arrestati furono assolti in primo grado per insufficienza di prove, e la stessa sorte toccò a un'altra imputata latitante che si sottrasse alla cattura scappando in Nicaragua, Daniela Dolce moglie del brigatista Fausto Marini.
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La mitraglietta Skorpion usata dai criminali comunisti nell'agguato mortale di via Acca Larenzia
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Una delle armi usate per uccidere i ragazzi di via Acca Larenzia, una mitraglietta Skorpion, fu trovata in un covo delle Brigate rosse in via Dogali a Milano nel 1988 e gli esami balistici stabilirono che fu usata per commettere altri tre omicidi : quello dell'economista Ezio Tarantelli nel 1985, dell'ex sindaco di Firenze Lando Conti nel 1986 e del senatore democristiano Roberto Ruffilli nel 1988.
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A seguito di un'interpellanza parlamentare del 2013 , furono fatte altre indagini per ricostruire la provenienza iniziale dell'arma, e si scoprì che fu originariamente acquistata nel 1971 dal cantante (e appassionato di armi) Jimmy Fontana e che fu da questi venduta nel 1977 a un ispettore di polizia.
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Nonostante questa scoperta rimase però ignoto il modo in cui l'arma sia poi giunta nelle mani dei terroristi, ponendo altri interrogativi inquietanti.
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La strage di Acca Larenzia viene regolarmente commemorata dai militanti di destra, e in alcuni casi le celebrazioni sono sfociate in ulteriori scontri nei quali la violenza delle cosiddette Forze dell’ordine si è manifestata nuovamente uccidendo ancora.
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Nel primo anniversario del 10 gennaio 1979, l'agente di polizia in borghese Alessio Speranza uccise il diciassettenne Alberto Giaquinto che stava scappando insieme con l'amico Massimo Morsello durante gli scontri con le forze dell'ordine nel quartiere Centocelle.
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Lo Stato e la Magistratura delle “toghe rosse” si sono dimostrati latitanti nel corso di indagini che non hanno portato ad alcun colpevole, fornendo così agli assassini comunisti la consueta condiscendenza di cui godono in Italia i seguaci di Togliatti.
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In questo modo rimarrà sempre una ferita aperta nei cuori di chi non può dimenticare la protervia e la violenza di chi usa le armi per affermarsi, come i comunisti.
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Il 1978 è ricordato come l’anno dell’omicidio Moro, ma va detto che anche la strage di Acca Larenzia è una tragedia nazionale e deve avere la giusta attenzione dalle istituzioni riguardo le commemorazioni.
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Purtroppo i governi di sinistra preferiscono alimentare l’odio sociale, preferendo cantare “bella ciao” in ogni occasione possibile, ignorando le vittime di quel comunismo da cui anche loro stesso traggono le origini.
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Personalmente, mi unisco al ricordo dei camerati caduti per la libertà vittime dell’insanabile odio comunista, salutandoli e abbracciandoli.
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Nobis !
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Dissenso
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