martedì 7 gennaio 2020

STALIN E IL GENOCIDIO EBRAICO


Non tutti sanno che Stalin prima di morire aveva iniziato un vero e proprio piano di sterminio della popolazione ebraica che era presente sul territorio sovietico, nonostante il fatto che più della metà dell’apparato criminale  comunista fosse composto proprio da elementi ebrei.
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Sul ruolo degli ebrei nella società comunista ecco di seguito il link ad un mio vecchio articolo :
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Il pretesto scatenante con cui il dittatore georgiano iniziò quello che sarebbe diventato un vero e proprio percorso genocida della razza ebraica, fu il cosiddetto “processo dei medici”, progettato e costruito appositamente a tale scopo, così come tutti gli altri “processi farsa” con cui Stalin eliminò i suoi avversari.
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Le direttive di Iosif Stalin per istituire tale processo puntavano ad attribuire precise responsabilità  dei medici ebrei in un complotto antirivoluzionario.
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Il piano generale prevedeva di lanciare una nuova grande ondata di Terrore di cui sarebbero state prodromiche proprio le persecuzioni anti-ebraiche e i pogrom già ampiamente sperimentati in tutta la Russia.

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Quadro di Vladimiro Schereechewsky  -  Una tappa dei deportati in Siberia
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Se la morte non avesse colto Stalin il 5 marzo 1953, il piano criminale che era già stato avviato negli ultimi mesi del 1952 sarebbe stato eseguito alla lettera e completato, essendo già pianificato nei minimi particolari dal suo ideatore.
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Naturalmente il comunismo italiano e le sue propaggini metamorfizzate, fino ad oggi, si sono ben guardati dal menzionare tutto ciò, riferendosi a Stalin solo come ad un “faro”, come guida da seguire, identificando come unico sterminatore di ebrei solamente Adolf Hitler.
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I medici ebrei riconosciuti colpevoli sarebbero stati impiccati nella Piazza Rossa, su una piattaforma di pietra che nel Medioevo veniva usata per le esecuzioni capitali.
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Nel frattempo la famigerata polizia segreta, quella per intenderci con cui collaborava Palmiro Togliatti, il numero due del Comintern, avrebbe organizzato dei pogrom in tutta l’Unione Sovietica.
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Sarebbe iniziato il genocidio, articolato in tre distinte fasi programmate a tavolino.
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La prima fase prevedeva di deportare gli ebrei residenti nelle città sovietiche in campi di prigionia appositamente preparati nei territori ad est degli Urali.
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Russia. Treno merci carico di deportati destinati al gulag
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Successivamente si sarebbe proceduto a mettere le elite ebraiche una contro l’altra, spingendo i leader a compiere provocazioni di vario tipo e rendendo così apparentemente giustificabili le reazioni governative.
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L’anno precedente Stalin aveva già fatto uccidere le elite intellettuali ebraiche, sbarazzandosi di scrittori, poeti, e artisti di lingua yiddish, e nella seconda fase si sarebbe poi proseguito in questa direzione.
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L’ultima fase sarebbe stata quella in cui si sarebbe proceduto a sterminare gli ebrei rimasti, arrivando così a compiere un genocidio di milioni di persone innocenti su base etnico, sociale, e religiosa, del tutto simile all’olocausto nazista.
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Poco prima della morte di Stalin, a Kovotcenko e a Melnikov rispettivamente Capo del Governo e Primo Segretario del Partito, in Ucraina, venne impartito l’ordine di dare il via ai pogrom nella loro regione.
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Meno di due mesi prima che Stalin morisse si stava approntando un enorme numero di mezzi di trasporto per la prevista deportazione di intere masse popolari, costituite appunto dagli ebrei.
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Verso la fine del 1952 Stalin diede l’ordine al Partito Comunista Polacco di prepararsi ad individuare e ad arrestare tutti i circa 70 mila ebrei presenti in Polonia, e di chiuderli in campi di lavoro in attesa della loro deportazione in Siberia.
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Era previsto infatti che le deportazioni dovessero colpire tutti gli ebrei presenti nei territori satelliti dell’Est europeo.
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Louis Rapoport
Louis Rapoport nel suo libro “La guerra di Stalin contro gli ebrei” racconta che fu approntato un immenso campo di lavoro negli altipiani vicini a Barnaul, una cittadina nella regione del Kuzbass, a nordest del Kazakhstan, a sud di Novosibirsk e della zona petrolifera della Siberia occidentale.
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Tutta quest’area, grande come l’Italia e la Jugoslavia messe insieme, era letteralmente costellata di centinaia di campi di concentramento sovietici.
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Un tecnico ebreo che lavorava per la Marina russa nella Siberia occidentale vide uno di questi campi, dalle enormi estensioni, in cui migliaia di baracche componevano una città fantasma che si estendeva per almeno due chilometri quadrati.
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Nel 1956 vennero trovati nelle remote regioni  del Birobidzan altri due campi dalle proporzioni gigantesche, costruiti per espresso ordine di Stalin nel 1952 insieme ad altri che si trovavano sull’isola di Novaja Zemlja nell’Artico, a nord est di Arcangelo.
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Alcune testimonianze confermano di aver sentito conversazioni fra funzionari ben pasciuti e impellicciati che discutevano sulle località più adatte per deportare gli ebrei, e che propendevano per la regione siberiana della Kazakhinskoje, presso Krasnojarsk, ad alcune centinaia di chilometri da Barbaul.
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Il disegno genocida di Stalin era ben delineato e se non fosse morto si sarebbe verificato il più grande olocausto della storia dell’umanità, a danno non solo degli ebrei, tragicamente superiore in numero a quello nazista.
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Forte dell’esperienza dei gulag, l’apparato criminale comunista sovietico avrebbe costituito un immenso impero industriale, grazie alla schiavitù di due milioni di ebrei, a cui si sarebbero aggiunti prigionieri di varie etnie nazionali deportate e altri milioni di detenuti politici.
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Nella regione desertica del kazakhstan, che assomiglia ad una fredda steppa lunare, erano già stati deportati dalla Polizia di Berja una gran varietà di elementi di etnia lettone, tatari di Crimea, ceceni, ingusci del Caucaso, coreani, moldavi, tedeschi del Volga, greci, turchi, e altri ancora.
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Secondo le dichiarazioni di Roy Medvedev, storico e critico dello stalinismo, il cui padre morì in un lager comunista, Stalin aveva scelto non il Birobidzan o la Siberia per la deportazione dei due milioni di ebrei, ma le regioni settentrionali del Kazakhstan.
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Il solo campo di Karaganda, esteso per oltre 450 chilometri, ne avrebbe accolti una buona parte.
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In alcune zone erano già presenti consistenti nuclei di deportati, come la colonia di bessarabi esiliati dopo l’annessione della provincia rumena  nel 1940, oltre a gruppi di ebrei ucraini provenienti da Kiev, oppure da Odessa e da altre città.
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Costoro erano invisi alla popolazione locale, che era stata “informata” dal regime del “complotto dei medici” e del ruolo di traditori degli ebrei.
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I deportati venivano quindi trattati con disprezzo, al punto che i bambini locali picchiavano i bambini deportati, cantando loro canzoncine le cui parole erano :
 “Giudeo, giudeo, penzola da una corda … Ebreo Abramo, prima schiatti, meglio è..
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Nel febbraio del 1953 Stalin iniziò il piano di deportazione, mandando nel Kazakhstan gli intellettuali ebrei e le loro famiglie, insieme ai bolscevichi ebrei della vecchia guardia, e la stampa di regime incominciò una campagna di odio verso di loro.
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Solo la morte di Stalin interruppe quello che sarebbe stato, altrimenti,  il genocidio di milioni di persone innocenti …
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Tutto ciò è stato accuratamente nascosto dai criminali comunisti italiani, come Palmiro Togliatti, i cui eredi ancora oggi mistificano la verità attraverso un apparato pseudo intellettuale che nasconde la verità.
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Una verità quella comunista, fatta di sangue e di orrore.
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Dissenso
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