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Accanto
a Vaclav Havel,
Milan Šimečka era il dissidente più importante e maggiormente tradotto,
contrario al regime comunista della Cecoslovacchia.
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E' disponibile nel sito Autori del dissenso un approfondimento sulla sua bibliografia, al seguente link :
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http://www.autorideldissenso.it/dissenso/simecka.htm
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E' disponibile nel sito Autori del dissenso un approfondimento sulla sua bibliografia, al seguente link :
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http://www.autorideldissenso.it/dissenso/simecka.htm
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Divenne
orfano durante la seconda guerra mondiale, e dopo aver conseguito il diploma nel
1949, studiò Letteratura ceca e russa presso la Facoltà di Lettere
dell’Università Masaryk di Brno, laureandosi nel 1953.
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L’anno
successivo si trasferì a Bratislava dove visse e insegnò Filosofia marxista
all’Università Comenius in qualità di professore membro del Partito Comunista,
prima presso la Facoltà di Medicina e Farmacia (1954-1957), poi presso l’Accademia
delle arti e dello spettacolo.
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Negli anni ’60 iniziò ad analizzare
le utopie sociali, a cui dedicò i suoi primi libri, intitolati Le utopie sociali e gli utopisti
(1963) e La crisi dell’utopia
(1967).
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Per Simecka l’
utopia
consisteva in una
concezione regressiva della storia, in una visione falsata della conoscenza,
nell’idealizzazione della ragione, della povertà e dell’uguaglianza, in una
forma di determinismo morale e in una sorta di esaltazione para religiosa.
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Analizzando l’essenza del pensiero utopico,
Simecka ne ritrovò molti elementi nella pratica sociale e politica del sistema
comunista.
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Studiando l’utopia riconobbe “nella forma contemporanea del socialismo (…)
l’influenza delle vecchie immagini utopiche” fra cui erano
compresi anche i tentativi “di
creare un unico e indiscutibile schema di socialismo e comunismo”, inteso
come l’ideale sommo cui aspirava il mondo intero.
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L’autore vide un futuro per il
socialismo soltanto nel ritorno al valore dell’uomo e nell’abbandono
delle “immagini semplicistiche del secolo precedente”.
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Tra il 1967 e il 1968 trascorse un
periodo in Germania all’Istituto di Storia dell’Europa nella città tedesca di
Magonza, come titolare di una borsa di studio, approfondendo soprattutto gli
studi sociologici e filosofici nella Scuola di Francoforte, di orientamento marxista, e sulla “nuova sinistra”, in
particolare sul pensiero di Marcuse, postulando richieste e aspettative, e
manifestando atteggiamenti articolati, anziché
proni alle imposizioni dell'ortodossia comunista.
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Dopo l’invasione sovietica della Cecoslovacchia avvenuta
nel 1968, trascorsero due anni dopo i quali a causa della sua oramai manifesta
attività come dissidente, fu espulso dal Partito comunista e licenziato
dall’Università.
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Gli venne proibito sia di esercitare l’insegnamento che di fare studi di ricerca,
e il regime gli offrì un posto “di ripiego” come bibliotecario, ma Simecka
rifiutò per non dover scendere a compromessi con il potere.
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Così nel 1970 si vide costretto a lasciare il campo
universitario e a lavorare come muratore e operaio meccanico, mentre sua moglie
venne licenziata e al figlio minore Martin Milan venne precluso l’accesso alle
scuole superiori.
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In quegli anni, durante l’occupazione sovietica, Simecka
pubblicò grazie all’editoria clandestina e alla rivista Samizdat,
numerosi articoli e saggi, come "Segni di luce" e "Difesa circolare", che spesso vennero
tradotti all’estero e stampati sui principali periodici americani e britannici.
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Simecka si occupò personalmente
di realizzare le prime copie delle edizioni di alcuni libri attraverso la
primitiva ma collaudata tecnica della ricopiatura, riproducendo a mano fino a
trenta copie dei medesimi articoli o editandoli con la macchina da scrivere.
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La sua produzione
letteraria si arricchì progressivamente
fino a raggiungere sia la pubblicazione di cinque libri, editi in decine di
migliaia di copie, che di più di duecento articoli e studi di varia natura.
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"l’ideologia è sempre servita a
conferire una dimensione sovrumana ai crimini, così da dare l’impressione che essi
non siano commessi dalla mano dell’uomo, ma dalla potente ed imperscrutabile
mano della storia”.
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Simecka e la moglie furono costantemente vessati e
perseguitati dalla polizia, al punto che di fronte alla minaccia di espulsione
dall’università del loro figlio maggiore, il dissidente si trovò costretto a
non firmare la famosa Dichiarazione di
Charta ’77, con cui le opposizioni chiedevano al regime il rispetto dei diritti
umani sanciti nell’accordo di Helsinki.
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Il 6 maggio 1981 venne arrestato e rinchiuso in detenzione
preventiva a Bratislava e poi nella famigerata prigione di Ruzyne (Praga) per
oltre un anno, con l’accusa di “attività sovversiva” ai sensi dell’articolo 98
del codice penale, per aver contrabbandato i suoi testi fuori dal Paese con
l’intenzione di pubblicarli.
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Durante la detenzione nelle carceri
comuniste cecoslovacche scrisse 144 lettere, raccolte poi con il titolo di Lettere
dalla prigione, in cui a causa del divieto di menzionare la politica poté
solo disquisire di persone, di amore, di riflessioni filosofiche e di relazioni
umane.
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Fu scarcerato il 27 maggio 1982, anche
per le numerose proteste dell’opinione pubblica all’estero ma la sua salute
risultò essere gravemente minata dalla reclusione.
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Nell’introduzione dell’edizione del 2001 del libro Lettere dalla prigione,
curata dalla sua cara amica Jirina Siklova, si legge :
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"Oggi, a oltre dieci anni dalla caduta del regime comunista,
anche io, che ho trascorso la maggior parte della mia vita in regimi totalitari
senza libertà, trovo impossibile capire come sia stato possibile imprigionare
le persone per aver inviato i loro manoscritti di libri all'estero, per
tradurre George Orwell, o Hannah Arendt, per aver scritto saggi politici su Andrei
Sakharov, Solzhenitsyn o Heinrich Boll, prestando le riviste Svedectvi
pubblicate a Parigi o Listy pubblicate a Roma o leggendo i romanzi di Milan
Kundera pubblicati in ceco in esilio ...
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Nel 1984 pubblicò il saggio Il Winston Smith céco, un
commento al libro di Orwell 1984, in cui confrontava il mondo del romanzo
con il socialismo reale.
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Nello stesso anno scrisse insieme a Miroslav KusyEsperienze europee di fronte al socialismo
realeuna
raccolta di saggi di politologia in cui veniva analizzato lo sviluppo del pensiero utopico facendone una lettura
critica.
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In altri libri Simecka ha ripercorso la
storia del pensiero marxista e la sua attuazione nella pratica :
nei saggi Da Ovest a Est e L’ideologia russa vengono esaminati l’evoluzione del marxismo in URSS e la sua interconnessione
con i regimi totalitari in Europa, mentre in altri scritti si analizza il comunismo.
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L’autore affermò : “il sistema socio-economico creato da Stalin è
divenuto il fondamento stabile del socialismo reale”, vedendo
con ciò la continuità indissolubile tra le diverse fasi di sviluppo dei regimi
comunisti.
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Nel 1985 pubblicò nell’editoria
clandestina una serie di saggi in cui rifletteva sul destino dei singoli
individui, spesso tragicamente colpiti dal potere e dall’apparato al servizio
dell’ideologia, miranti a far perdere loro la propria identità e individualità.
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Descrivendo l’azione del regime, che
tendeva al controllo totale della vita del singolo, Simecka analizzò anche un
altro aspetto del socialismo reale:
“il
tentativo dei sistemi dell’Europa dell’Est di fermare la storia”, costringendo
i propri cittadini a vivere solo dentro “una piccola storia”, una dimensione ridotta
dell’effettiva portata storica globale.
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L’autore studiò i metodi con cui i regimi
comunisti manipolavano la memoria storica, spersonalizzandola in modo da
ridurre la storia a un processo astratto:
“una
piramide eretta da costruttori anonimi (…), cosa che a priori esclude la
domanda se le pietre avessero potuto essere collocate in modo e secondo un
ordine diversi, e soprattutto se tutto l’edificio abbia un senso”.
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Nel 1986
gli fu conferito il Premio Jan Palach, a riconoscimento della sua attività
letteraria.
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Dopo la rivoluzione del 1989, sotto la
Presidenza di Vaclav Havel, Simecka fu
nominato deputato al Consiglio Nazionale Slovacco, e nella primavera del 1990
divenne consulente del presidente Havel per la politica estera.
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Nel corso di una sua conferenza Simecka
dichiarò :
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“Dopo la prima euforia, la rivoluzione
in Cecoslovacchia si sta avvicinando cautamente ai rischi della libertà.
La cultura dissidente, emersa
dall'invocazione della libertà come supremo valore umano, sta accettando i rischi.
È tutto meglio della pesante immobilità
in cui rimasero la Cecoslovacchia e le sue nazioni.
È forse l'unica cosa indiscutibile nella
società post-dissidente.”
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Morì a Praga nel 1990 per un attacco di
cuore all’età di 60 anni.
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Un mese prima gli fu assegnato l’IPI
Press Freedom Award per il miglior articolo dell’anno, mentre nel 1991 il Presidente
Vaclav Havel lo insignì di un riconoscimento alla memoria.
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Nel febbraio
1991 nacque la Fondazione Milan Šimečka che risulta quindi essere una delle più
antiche organizzazioni non governative presenti in Slovacchia, creata dopo la
sua morte dai suoi amici Martin Bùtora, Juraj Flamik, Fedor Gàl, Miroslav Kusy,
Frantisek Miklosko, Peter Tatàr e Peter Zajac.
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La nascita di
questa istituzione fu motivata con l’obiettivo di incoraggiare e sostenere le
attività volte a sviluppare la democrazia, la cultura, la tolleranza e la
società civile.
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Dissenso
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Dissenso
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