Giorgio Amendola |
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Iscritto al Partito comunista dal 1929, nel periodo in cui
i seguaci di Marx svolgevano in Italia la loro attività politica clandestinamente,
in quanto illegale, Amendola espatriò poi in Francia per svolgere attività con il
partito comunista francese.
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Nel
1932 tornò in Italia clandestinamente e fu arrestato a Milano, per essere poi
condannato al confino sull’isola di Ponza, dove nel 1934 si sposò con Germaine
Lecocq.
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Fu
liberato nel 1937 e dopo essersi spostato prima in Francia, poi in Tunisia e
infine nuovamente in Francia (1939), tornò in Italia nel 1943 per entrare a far
parte del Comando Generale delle Brigate Garibaldi, le formazioni comuniste
partigiane criminali organizzate dal Partito Comunista Italiano.
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L’apparato
delinquenziale dirigente comunista era composto anche da Luigi Longo, Pietro Secchia,
Gian Carlo Pajetta, e Antonio Carini, il gotha della sanguinaria cupola omicida
che programmava di prendere il potere con le armi a guerra finita e di
trasformare l’Italia in un “satellite” comunista al soldo di Mosca.
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Amendola
sopraintendeva anche all’attività dei GAP romani (Gruppi di azione partigiana)
e nel 1944 divenne membro del PCI all’interno del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) insieme a Sandro Pertini (PSIUP), Riccardo Bauer (PdA), Giuseppe
Spadaro (DC), Manlio Brosio (PLI), e Mano Cevolotto (DL).
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Amendola
fu l’ideatore dell’attentato di Via Rasella, attuato il 23 marzo 1944 dai GAP contro l’11a
Compagnia del III° Battaglione della Polizia d’ordine di Bolzano, composto NON
da SS ma da reclute altoatesine del sud Tirolo dislocate a Roma con compiti di
vigilanza.
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Il
piano terroristico dei GAP capitanati da Amendola prevedeva di compiere una
strage, pur nella criminale consapevolezza che ciò avrebbe scatenato una
ritorsione tedesca, allo scopo non di liberare Roma dall’occupante nazista (che peraltro stava per lasciare quei territori) ma
con il preciso intento di decimare i partigiani di altre formazioni politiche,
in particolare quelli appartenenti a Bandiera Rossa, sapendo che sarebbero stati colpiti dalle inevitabili rappresaglie.
Le
32 vittime del terrorismo comunista delle Gap innescarono infatti la reazione tedesca passata alla Storia come Strage delle Fosse Ardeatine, in cui possiamo
affermare che furono i piani criminali di Amendola e del PCI a costare il sacrificio
di ben 335 persone, mentre i partigiani responsabili della strage si
sottrassero all’arresto e alle loro indubbie responsabilità criminali.
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La
fredda pianificazione “a tavolino” della strategia terroristica ideata da
Amendola, nonostante il divieto dei Comandi militari della Resistenza romana a
compiere atti di violenza che avrebbero prodotto gravi rappresaglie, aveva due
finalità principali.
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La
prima era quella di “guastare la “riconciliazione” fra la popolazione civile e
gli occupanti, riattizzando l’odio contro i tedeschi e scatenando la loro prevedibile
reazione in caso di attacco, ben sapendo che altrimenti le trattative fasciste
con Kappler avrebbero delineato un ritiro tedesco da Roma senza alcuno
spargimento di sangue.
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La
seconda consisteva nell’intento di lasciar colpire dalle rappresaglia le
formazioni partigiane non allineate all’ortodossia comunista, lasciandole in
balìa della reazione tedesca.
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Amendola
fu il primo fautore di questa epurazione programmata diretta a colpire i
comunisti trockisti o bordighisti, oppure gli appartenenti alla fazione di
Bandiera Rossa, o a quella filo-monarchica e di altre forze
politiche.
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Amendola
ordinò di compiere l’attentato, senza preavvisare alcuna componente della
Resistenza e nascondendosi subito dopo la strage, lasciando come unici bersagli
della rappresaglia tedesca le altre forze presenti sul territorio, decapitando
così ogni concorrenza alternativa a quella comunista.
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D’altra
parte, anche quando Amendola stazionava a Parigi nelle file di un Partito
Comunista in cui era diventata evidente la discrepanza fra l’avvio della
stagione dei fronti popolari e il terrore scatenato da Stalin, lui non aveva
mai espresso la benchè minima critica sulle infamie del comunismo, delineandosi
come personaggio ambiguo e di infima caratura morale.
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La
servile linea di condotta di Amendola verso la direzione del PCI espresse
dapprima una timida critica a Togliatti, reo di non aver tenuto in debita
considerazione il famoso “rapporto segreto” di Krusciov sui crimini di Stalin,
ma poi lo palesò come aperto sostenitore e difensore dell’intervento sovietico in
Afghanistan.
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Del
resto anche Giorgio Napolitano (ex presidente della Repubblica italiana), Emanuele Macaluso (Direttore de l'Unità) e altri all’interno del PCI che ufficialmente
si discostavano dalle politiche di apertura estrinsecate da Enrico Berlinguer, rifiutando parallelamente la
scelta di una “terza via” teorizzata dal loro segretario, in realtà si
riconoscevano in un percorso cosiddetto “riformista” di ispirazione socialista
contraddetto però dal loro stesso modus operandi.
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Per delineare esattamente la predisposizione pseudo intellettuale di Amendola e l’eredità politica di cui egli assorbì il relativo retaggio è sufficiente leggere la prefazione che scrisse nel libro autobiografico del partigiano Davide Lajolo intitolato “A conquistare la rossa primavera”, che è esattamente una disquisizione apologetica sulla grandezza di Stalin, suo primario e irrinunciabile punto di riferimento :
Per delineare esattamente la predisposizione pseudo intellettuale di Amendola e l’eredità politica di cui egli assorbì il relativo retaggio è sufficiente leggere la prefazione che scrisse nel libro autobiografico del partigiano Davide Lajolo intitolato “A conquistare la rossa primavera”, che è esattamente una disquisizione apologetica sulla grandezza di Stalin, suo primario e irrinunciabile punto di riferimento :
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“Ugualmente
schietto e sincero risuona (nella Resistenza n.d.r.) il grido di Viva Stalin.
I combattenti cadono
al grido di Viva l’Italia e di Viva Stalin.
La ristampa del libro
di Ulisse ci permette di recuperare un linguaggio che era politico, non
economicistico, era un linguaggio nazionale e internazionalista, che esprimeva
la forza dei grandi ideali nazionali ed internazionalistici, di indipendenza e
di pace, che guidarono i partigiani italiani.
La critica a Stalin
non deve fare dimenticare quello che egli allora rappresentava:
l’URSS, l’Esercito
sovietico, la vittoria di Stalingrado, la grande guerra patriottica del popolo
russo e la coalizione antifascista mondiale”.
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Il quadro di insieme che comprende l’antefatto delle Fosse
Ardeatine e la sudditanza di Amendola ai riferimenti dogmatici dell’ortodossia
comunista imposti da Stalin, ci mostrano una tragica realtà in cui emerge con
chiarezza che i partigiani comunisti, per via delle rappresaglie indotte,
uccisero più italiani che militari tedeschi.
I partigiani comunisti inoltre non vollero nemmeno consegnare le armi a
guerra finita, come testimoniato dallo stesso Amendola che confermò l’intento
proclamato dal PCI di abbattere la borghesia e di confidare nell’aiuto
sovietico per il raggiungimento del potere.
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La manipolazione intellettuale che il PCI ha operato sulle masse
nel dopoguerra tramite un imponente apparato disinformativo, ha trasformato il
criminale Amendola in una figura di riferimento, rivalutandone l’essenza e
indicandolo come esempio di illuminato riformista.
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Forse non tutti sanno che nell’estate del 1967, dopo il colpo d
stato militare in Grecia, Amendola coadiuvato da Longo (altro criminale
comunista e dirigente del partito) chiese formalmente assistenza a Mosca, a
nome del PCI, per preparare il partito a muoversi in condizione di
clandestinità nel caso in cui anche in Italia si fosse verificato un analogo
golpe.
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Mosca
rispose all’appello del Partito Comunista Italiano dotandolo di un proprio
Servizio segreto composto da personale ben addestrato ad agire in
clandestinità, e finanziando anche un sistema di collegamento radio.
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Il
KGB organizzò anche l’addestramento dei comunisti italiani alla produzione di documenti
di riconoscimento falsi e di procedure operative fino alla fine del 1970,
richiedendo come contropartita l’ammorbidimento nelle dichiarazioni ufficiali
del PCI sull’invasione sovietica della Cecoslovacchia.
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Da tutto ciò emerge chiaramente la caratura
criminale di Giorgio Amendola e nonostante il fatto che alcune delle
Amministrazioni che guidano le città italiane, fra cui la rossa Bologna, gli
abbiano intitolato le vie principali, possiamo con certezza definire tale
personaggio come efferato criminale comunista.
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.Dissenso
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O caate Amendola ci ha liberato dai fascisti come voi
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