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Luigi
Longo (Fubine (Alessandria) 15 marzo 1900 - Roma, 1980) nacque da una famiglia
povera del Monferrato che poi si trasferì a Torino, dove il padre apri una
mescita di vino nei pressi dello stabilimento Fiat, aperto da poco.
Nel
1920 si iscrisse ad un circolo studentesco di Torino, dove conobbe Gramsci e
Togliatti, poi nel 1921 a Livorno fu tra i fautori della scissione socialista
che portò alla nascita del Partito Comunista d’Italia.
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Nel
1922 si recò a Mosca dove incontrò Lenin, e instaurò una serie di rapporti che
lo portarono a conoscere Stalin e i maggiori gerarchi sovietici del Cremlino, da cui ebbe poi l’incarico di interpretare il ruolo di Ispettore generale
delle Brigate internazionali in Spagna durante la guerra civile del 1936.
Luigi
Longo divenne il terminale operativo in occidente delle strategie
espansionistiche sovietiche, al punto che Mosca lo indicò come il personaggio
ideale per guidare le formazioni partigiane che dovevano combattere il fascismo
in Italia nella cosiddetta lotta di liberazione dal 1943 in avanti.
Luigi
Longo, alias “Gallo”, capo partigiano comunista e vice di Togliatti, divenne
così il Comandante generale delle Brigate Garibaldi, oltre che l’organizzatore
assoluto delle violenze e delle strategie delinquenziali del PCI attuate sia nel
periodo della Resistenza che nel dopoguerra.
In
queste vestì si macchiò di innumerevoli crimini contro l’Umanità ed espresse
palesemente il suo disprezzo per i diritti umani mediante l’uso della ferocia e
della violenza, interpretando un ruolo di carnefice e assassino grazie al quale
fu addirittura premiato dal Partito Comunista Italiano che, nel dopoguerra, lo
ricompensò offrendogli un seggio in Parlamento come Onorevole della Repubblica.
Sul
piano strategico consistevano nelle seguenti imposizioni:
1)
Provocazione di rappresaglie.
2)
Eliminazione di partigiani ostili o non allineati, e comunque insensibili ai
richiami del partito.
3)
Non rispettare gli atti di resa.
4)
Premiare con la nomina a Sindaco i capi
partigiani (i cosiddetti Sindaci della liberazione).
Sul
piano tattico prevedevano:
1)
Il sistematico ricorso all’uso dell’uniforme nemica.
2)
L’istituzione della cosiddetta polizia partigiana.
3)
La cattura di persone considerate spie.
4)
L’estorsione, ovvero la richiesta armata manu di contributi.
Longo
impose anche un codice comportamentale che rendeva obbligatorio:
1)
Il prelevamento di fascisti o presunti tali.
2)
Lo stupro collettivo.
3)
L’infliggere al prigioniero le maggiori sofferenze.
4)
L’imporre alla vittima lo scavo della fossa.
5)
Il furto.
Questo
assurdo e indegno catalogo riassume la strategia criminale di Luigi Longo, finalizzata
ad imporre il Terrore in Italia, così come aveva fatto Stalin in Unione
Sovietica per assoggettarne le popolazioni.
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Il fatto più grave si può riscontrare nella criminale provocazione di rappresaglie tedesche e nel cinismo con cui i partigiani comunisti esposero le popolazioni italiane alla furia nemica, reiteratamente e consapevolmente, fino al raggiungimento dello scopo.
Il fatto più grave si può riscontrare nella criminale provocazione di rappresaglie tedesche e nel cinismo con cui i partigiani comunisti esposero le popolazioni italiane alla furia nemica, reiteratamente e consapevolmente, fino al raggiungimento dello scopo.
Questa
strategia fu confermata anche da Pietro Secchia (appartenente all’apparato
comunista criminale di Togliatti e Longo) che già nel 1943 minacciava chiunque
si opponesse al progetto di provocare, appunto, la reazione tedesca e le
rappresaglie.
Senza
le direttive di criminali imposte da Longo non ci sarebbero state le
rappresaglie tedesche che insanguinarono l’Italia, a partire da quella di
Marzabotto nel bolognese, oppure da quella delle Fosse Ardeatine a Roma innescata
dal criminale comunista Giorgio Amendola.
La
vigliaccheria comunista dei partigiani assassini legati al PCI si palesò
ampiamente e ulteriormente nel dare seguito alle direttive di Longo, che imponevano
anche l’uccisione di tutti quei partigiani non comunisti che potevano
costituire un ostacolo al disegno di costituire con le armi uno Stato marxista
legato a Mosca al termine della guerra.
Si
contano infatti a decine i nomi delle vittime della furia rossa dei partigiani
assassini, i quali ribadirono con il sangue la volontà di mantenersi saldamente
ancorati all’ortodossia politica imposta da Togliatti e da Stalin.
Longo
ideò una figura di riferimento di tipo bolscevico denominandola con il termine
di Commissario politico, il quale doveva essere di chiara fede comunista e privo
di scrupoli e a cui ogni partigiano comunista doveva obbedienza assoluta.
Il
suo compito era quello di controllare i comandanti delle brigate partigiane,
soprattutto di quelle non comuniste, e di agire in modo che i dictat di Longo,
sebbene spesso connotati con evidenti intenzioni criminali, fossero eseguiti
con scrupolosa diligenza.
"Bisagno" vittima di Longo |
Longo
interpretava il ruolo di killer spietato anche come appartenente a quell’apparato
criminale che, insieme a Togliatti, Secchia, Barontini, e ad altri miserabili
vigliacchi comunisti, stilava le “schede” informative dei “compagni” italiani “scomodi”
che venivano fatti espatriare in Unione Sovietica allo scopo di farli poi
rinchiudere nei gelidi gulag staliniani.
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Sulle
schede infatti venivano riportate quelle note negative come ad esempio l’aver
manifestato apprezzamento per Trocky o per Amedeo Bordiga, invisi a Stalin, oppure
essere anarchici o non osservanti dell’ortodossia comunista di riferimento, che
li rendevano quindi oggetto di attenzione per i servizi segreti russi dell’NKVD
che ne avrebbero decretato l’arresto e la deportazione nei gelidi gulag della
Siberia.
Molti
di loro, a causa dell’intento persecutorio di personaggi come Luigi Longo e
Palmiro Togliatti, ai vertici del PCI, non tornarono mai più a casa ma perirono
dimenticati e ignorati dal partito stesso al quale appartenevano.
Le
nefandezze ascrivibili a Luigi Longo che lo identificano come criminale e
autore di delitti contro l’umanità trovano riscontro anche nel disprezzo
palesato verso lo stesso Popolo italiano, soprattutto in occasione dell’aggressione
jugoslava alla città di Trieste.
Nella
primavera del 1945 il dittatore comunista jugoslavo Tito si preparava a
invadere Trieste, applicando il dogma staliniano secondo cui “il possesso
costituisce i nove decimi del diritto”.
In
conseguenza di questo pericolo si tenne a Trieste una riunione clandestina del
CLN, durante la quale emerse il comportamento criminale del Partito Comunista Italiano.
Un
rappresentante locale del PCI chiese infatti non solo che fosse accolto all’interno
del consesso partigiano un rappresentante del Partito comunista sloveno, ma
anche che si dichiarasse ufficialmente e pubblicamente che la popolazione giuliana,
compresa quella italiana, desiderava unirsi alla nuova Jugoslavia.
Il
CLN friulano rifiutò categoricamente questa impostazione fratricida, provocando
una rottura con il PCI e con il suo maggiore esponente Luigi Longo, che
comandava le formazioni partigiane comuniste.
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Longo, apertamente colluso con il comunismo jugoslavo dichiarò la sua volontà di accettare “l’annessione di Trieste e del Litorale alla Slovenia come un inevitabile fatto storico”, avallando l’operato di Tito e delle sue truppe che il primo maggio 1945 occuparono Trieste.
Longo, apertamente colluso con il comunismo jugoslavo dichiarò la sua volontà di accettare “l’annessione di Trieste e del Litorale alla Slovenia come un inevitabile fatto storico”, avallando l’operato di Tito e delle sue truppe che il primo maggio 1945 occuparono Trieste.
Per
quaranta giorni le forze titine a Trieste si abbandonarono a violenze e
saccheggi, deportando e infoibando un numero impressionante di vittime civili
di etnia italiana, compiendo un genocidio pianificato secondo un orribile disegno
di pulizia etnica.
Longo
e il PCI divennero così complici della morte di 4.500 persone gettate spesso
ancora vive nelle profondità degli inghiottitoi naturali chiamati foibe nelle
zone di Basovizza e di Monrupino, alla periferia di Trieste.
I
crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, la complicità in genocidio, la tortura,
le violenze, gli stupri, gli omicidi e le stragi, costituiscono il curriculum
vitae di questo fulgido esempio di comunista, seguace della dottrina marxista.
Luigi
Longo è stato quindi un efferato criminale, fra i peggiori della Storia dell’umanità,
i cui tratti sono riconducibili a personaggi dalla stessa caratura omicida come
Pol Pot o il tristemente famoso Berja, piuttosto che di altri sciacalli del panorama
delinquenziale comunista mondiale.
L’immensa
associazione a delinquere nota con il nome di Partito Comunista Italiano ha
tenuto in ostaggio la Democrazia in Italia a cominciare dal biennio rosso
precedente alla sua stessa nascita ufficiale del 1921, per proseguire fino ai
nostri giorni, ammantata da nuove vesti frutto di un metamorfismo polimorfico
che ne ha dissimulato le sembianze ma non la sostanza.
Nel
biennio precedente alla fondazione del PCd’I la nazione fu messa a ferro e
fuoco dalla barbarie comunista nel tentativo di riproporre in Italia,
attraverso il Comintern, espressione dell’Interazionale comunista, il modello bolscevico
della contro-rivoluzione sovietica.
Oggi,
i seguaci di Longo e di Togliatti si identificano in uno schieramento politico
che ha preso il nome di Partito Democratico, usurpando il termine stesso con cui si attribuisce tale denominazione, visto che di Democratico questo partito non ha proprio nulla.
I
suoi componenti infatti, incuranti delle vittime trucidate e torturate dal
comunismo, inneggiano apertamente a Togliatti e alle compagini criminali
partigiane comuniste, cantando “bella ciao” e saltandosi a pugno chiuso.
Longo
e i suoi partigiani assassini erano determinati a fondare in Italia una dittatura
filo-sovietica e per questo progetto il PCI italiano ricevette ingenti
stanziamenti, anno dopo anno, fino agli anni ’70.
In
quel periodo Enrico Berlinguer fingeva di prendere le distanze da Mosca e dalle
politiche espresse dallo stalinismo e dai suoi eredi, propugnando in
alternativa un “eurocomunismo” di stampo socialdemocratico, ma in realtà
continuava a incamerare flussi costanti di denaro provenienti dal comunismo
sovietico.
Il
progetto di cui Longo costituiva il braccio armato e criminale, si poggiava
sulla diffusione dell’odio sociale e del terrore, esattamente come accadeva
nella Russia di Stalin.
I
GAP organizzati da Longo usarono quindi la violenza cieca e la vigliaccheria
come modus operandi quotidiano, palesando un disprezzo allo stato puro
per la democrazia che la dice lunga sul comunismo.
Killer
prezzolati erano invitati a sparare alle spalle contro i bersagli designati, a
sangue freddo, manifestandosi in totale pienezza come artefici di un terrorismo
che divenne prodromico alla futura nascita della Volante Rossa, delle Brigate
Rosse e di altre formazioni comuniste armate.
Longo
fu Segretario del PCI dal 1964 al 1972, anno in cui fu sostituito da Berlinguer
e fu quindi responsabile di ogni nefandezza compiuta non solo dai partigiani
assassini che ben conosciamo, ma anche dai loro eredi e dai loro fiancheggiatori.
L’apparato
paramilitare occulto del PCI, composto da depositi di armi e da ex partigiani
comunisti, attivo fin dall’immediato dopoguerra rimase attiva fino al 1974, ma
le bande armate che lo costituivano e l’arsenale militare di cui era dotato
costituiscono ancora oggi un significativo punto interrogativo.
La
smania rivoluzionaria di Longo e la sua sudditanza al comunismo sovietico hanno
costituito per l’Italia un passo indietro della civiltà e della democrazia,
relegando il Paese entro i limiti di una cieca violenza e di un odio insanabile
dall’intensità tale che sol il comunismo può esprimere.
Longo
si arrogò il diritto di ordinare la morte di Benito Mussolini, che una volta
fatto prigioniero fu freddato senza processo dietro suo esplicito comando
insieme a Claretta Petacci.
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L’odio che divorava Luigi Longo e che costituiva l’essenza stessa del PCI impose ai comunisti di portare il corpo di Mussolini e della Petacci a Piazzale Loreto dove oltraggiarono le loro spoglie.
L’odio che divorava Luigi Longo e che costituiva l’essenza stessa del PCI impose ai comunisti di portare il corpo di Mussolini e della Petacci a Piazzale Loreto dove oltraggiarono le loro spoglie.
Secondo
le direttive emanate da Longo tutti gli assassini partigiani comunisti che più
si erano distinti per ferocia e per obbedienza al piano di sterminio imposto
dal PCI, furono assunti nel Corpo dello Stato, soprattutto nella Polizia.
Questa
procedura comportò l’assunzione di 6.000 partigiani nel 1945 e di altri 15.000
nel 1946 saturando la P.S. di ex partigiani comunisti che spesso erano collusi proprio
con coloro che avevano commesso crimini ordinati da Longo.
Il
dopoguerra fu teatro di una mattanza compiuta da quegli assassini partigiani
comunisti che ancora oggi sono celebrati dalla doppiezza dell’ANPI e da coloro che
cantano bella ciao, nonostante gli abusi e le violenze su donne e bambine a cui
si abbandonarono i seguaci di Longo e di Togliatti.
L’Italia
dovrebbe festeggiare quindi la morte di Luigi Longo anziché il 25 aprile, e
testimoniare la sua vicinanza alle migliaia di vittime innocenti cadute sotto
la mannaia e l’odio di Longo e del partito Comunista Italiano.
Quando
un Presidente della Repubblica italiana si dimostrerà riverente verso le
vittime dei partigiani comunisti, affermando la dimensione criminale dell’apparato
delinquenziale guidato d Luigi Longo, e cesserà la squallida commemorazione
della cosiddetta “liberazione”, solamente allora si potrà parlare di Democrazia
ripristinata.
Fino
a quel momento saremo ancora ostaggio di coloro che hanno ereditato il retaggio
pseudo culturale del PCI, di Togliatti, e di Luigi Longo.
A
tutt’oggi la divulgazione storica e la verità sono pilotate attraverso la
mistificazione attuata dall’apparato disinformativo post-comunista, grazie al quale
Togliatti è ancora denominato come “il Migliore” mentre Luigi Longo è indicato
come punto di riferimento.
Rimane il fatto che il
mondo comunista è caratterizzato dall’odio allo stato puro e dal disprezzo per
la vita umana, e 100
milioni di vittime ne sono la evidente testimonianza.
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Dissenso
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Analisi storica PERFETTA-Esatta e documentata.I comunisti muoiono in tarda eta' perche non li vogliono neanche all'inferno.Chi è comunista, lo è sino alla morte.
RispondiEliminaI presidenti della Repubblica, in Italia, sono stati sempre democristiani o comunisti,,compagni di merende.Tranne Saragat, il quale pero' grazio' Francesco Moranino, comunista assassino, fuggito in Cecoslovacchia,per avere ammazzato i sei della Missione Strasserra,e le due mogli di due di essi, che volevano recarsi in Svizzera per contatti con gli Americani.Piu' 12 civili, ammazzati, stesi su un prato e fotografati, a mo' di esempio per chi non cacciava soldi e viveri per i partigiani rossi.Comunismo:Cancro del mondo.E fame per tutti.
RispondiEliminaSono un insegnante di Disegno, classe 1938..Nel 1972, mi recai presso il cimitero di Castelletto d'Orba (AL), per fare uno schizzo di una chiesetta del posto.Tra l'erba antistante il cimitero, vidi......le ossa di una mano sinistra,palmo a terra....Che ci faceva li' una mano?Non seppi spiegarmelo.Poi, lessi varii libri di guerra e appresi che i partigiani usavano sotterrare,sotto poca terra, i loro ammazzati, nei pressi dei cimiteri....ecco. che ci faceva la', quella mano......di qualche poveraccio ucciso++ e sepolto sommariamente........Partigiani:Ladri ed assassini.
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