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SERGEJ
PETROVIC MEL’GUNOV
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(Mosca,
24/12/1879 – Parigi, 26/05/1956)
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Sergej Mel'gunov è stato un politico, storico e pubblicista russo, conosciuto per la sua
opposizione al bolscevismo, autore di numerosi lavori sulla rivoluzione e sulla
guerra civile del 1917 in Russia.
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Nacque
a Mosca da madre polacca (Gruszacka), in una famiglia aristocratica decaduta
a causa degli stravizi del padre.
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Si
laureò a Mosca nel 1904 e iniziò la sua carriera politica e accademica nella
Russia dell’Impero zarista.
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Nel
1906 entrò a far parte dei “cadetti” del Partito Democratico Costituzionale russo e l’anno
successivo si iscrisse al Partito socialista popolare.
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Scrisse
e pubblicò testi sulla massoneria, sui movimenti religiosi e sull’ortodossia, e
curò le opere dello scrittore Lev Tolstoj che frequentava prima che questi venisse a mancare.
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Nel
1911 fondò una casa editrice, sotto forma di cooperativa, a cui diede il nome di
Zadruga, in cui raccolse intorno a sé oltre seicento fra soci,
scrittori, giornalisti e studiosi, dei quali pubblicò più di 500 libri
raggiungendo una tiratura complessiva di dieci milioni di copie ed entrando di
fatto nella leggenda dell’editoria russa.
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Dopo
il colpo di Stato bolscevico del mese di Ottobre 1917 divenne un avversario
attivo di Lenin e delle sue politiche aderendo all’Unione anti-sovietica della
Rinascita della Russia, auspicando la lotta armata per il rovesciamento del
regime bolscevico, e lavorando come responsabile degli Archivi.
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Nel
1919 venne arrestato e condannato a morte, poi graziato con pena commutata in
detenzione, e poi rilasciato nel 1921 con l’obbligo dell’esilio.
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Nel 1922 Mel’gunov riparò quindi a Praga, poi a Berlino, e infine si stabilì a
Parigi dove si dedicò agli studi e alle ricerche storiche, curando la pubblicazione di diverse
riviste per emigrati.
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Nei
quattro anni precedenti l’esilio, Mel’gunov fu sottoposto ad arresti, a
perquisizioni e a requisizioni, ma riuscì comunque, come archivista, a raccogliere una imponente mole
documentale, composta da testimonianze e da documenti ufficiali, come i verbali
degli interrogatori condotti dalla Ceka.
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Grazie
a questa esauriente documentazione nel 1923 pubblicò a Berlino la sua opera più
famosa intitolata “Il Terrore rosso in
Russia (1918-1923)”, un lavoro dettagliato sul sanguinoso periodo degli scontri
fra bolscevichi e Armate Bianche, in cui la minoranza politica rappresentata da
Lenin impose alla Russia il famigerato Terrore attraverso cui mise in atto la
repressione delle opposizioni e dei moti operai e contadini.
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Nel
1925 venne pubblicata la traduzione in lingua inglese, mentre nel 1927 uscirono
anche quella spagnola e quella francese.
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Nel
1975 il libro arrivò anche negli Stati Uniti, mentre nel 1990, nel periodo della
glasnost di Gorbaciov, fu pubblicato anche in Russia.
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Tra
i suoi numerosi libri, ripubblicati in Russia tra il 2003 e il 2008 ricordiamo
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I
giorni di Marzo 1917.
Come
i bolscevichi si sono impadroniti del potere.
La
tragedia dell’ammiraglio Kolcak. Dalla storia della guerra civile.
Sulle
vie delle congiure di palazzo. I complotti prima della rivoluzione del 1917.
“La
chiave d’oro tedesca” per la rivoluzione bolscevica.
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In
Italia l’opera di Mel’gunov approdò tardivamente solamente nel 2010, a causa
dell’apparato mistificatore delle sinistre, che per decenni tentarono in
tutti i modi di nascondere al Popolo le atrocità e le nefandezze del comunismo
a cui loro stesse facevano riferimento.
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Il
libro, curato da Sergio Rapetti e Paolo Sensini, ci racconta come la
soppressione della Democrazia nell’Unione sovietica andasse di pari passo con
l’istituzione della Ceka, la tristemente e onnipotente polizia segreta
bolscevica, e all’avvento dei tribunali rivoluzionari che si sostituirono ai
soviet.
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Il
Terrore si focalizzò sulle odiate classi borghesi, dilagando nell’intera società
sovietica e accanendosi contro tutto e tutti indistintamente.
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L’uso
della tortura divenne endemico e diffuso capillarmente in ogni territorio, e
prodromico alla soppressione delle vittime, elevando i peggiori istinti
primordiali a sistema di potere, e giustificandone gli eccessi come necessari per stroncare la classe borghese.
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Mel’gunov,
avendo vissuto la detenzione proprio nel periodo del Terrore, ci racconta
dettagliatamente e con agghiacciante dovizia di particolari, cosa avveniva
realmente in quel Paradiso comunista che tanto piaceva ai comunisti
occidentali come il PCI italiano piuttosto che il PCF francese.
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Il
suo racconto ci mostra come fosse diffuso il sistema di violenza attuato dal
comunismo, frutto non di intemperanze episodiche e disgiunte dal contesto
generale, ma di imposizioni dogmatiche all’uso del Terrore che Lenin attraverso
la Ceka aveva reso obbligatorie.
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La
sanguinaria dittatura bolscevica si avvalse anche del sistema degli ostaggi,
con cui Lenin e la Ceka ricattavano le opposizioni minacciandone lo sterminio
in caso di attacchi militari o di attentati.
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Interi
gruppi familiari, politici, e sociali, venivano arbitrariamente tenuti in
carcere in attesa di essere giustiziati nel caso che si fossero verificate
delle intemperanze da parte delle opposizioni.
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Tutta
la classe borghese, denominata col termine dispregiativo di “colletti bianchi”
e “donne col cappellino” fu sottoposta a rastrellamento e a cattura, cui
seguiva la detenzione, la tortura, la deportazione, o la morte immediata.
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I
contadini erano assediati dalle truppe bolsceviche poichè riluttanti a
consegnare loro ogni risorsa alimentare, e subivano per questo motivo incendi
di interi villaggi, requisizioni, stupri, bombardamenti, e ogni altra forma di
violenza che si concludeva poi con lo sterminio totale dei rivoltosi.
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In
questo periodo di verificò il genocidio dei Cosacchi, le cui popolazioni dopo la ribellione alle imposizioni
comuniste furono oggetto di una repressione che comportò la morte e la
deportazione di mezzo milione di persone.
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Il
libro di Mel’gunov è considerato un “classico” dalla cui consultazione non si
può prescindere per l’accertamento delle responsabilità del Totalitarismo sovietico e del ruolo svolto in quanto essenza di un Male
assoluto denominato comunismo.
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La
testimonianza di Mel’gunov, così come quella di Aleksandr Solzenicyn, conferma
la pesante responsabilità di Lenin come maestro di Stalin nella pratica del
Terrore, smentendo le tesi sostenute maldestramente e ambiguamente dalle
sinistre che assolverebbero Lenin disgiungendo il suo operato dai crimini di
Stalin.
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Fu
Kruscev che nel 1956 inventò il cosiddetto “stalinismo” inteso come fenomeno
criminale, allo scopo di addossare esclusivamente al dittatore georgiano la
responsabilità e i crimini attuati dal comunismo.
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In
realtà Stalin proseguì ciò che Lenin aveva ideato ed iniziato, costruendo una
struttura di potere fondata sulla malvagità e sul Terrore indiscriminato.
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La
tesi di Kruscev fu prontamente acclamata dalle sinistre europee, felici di
poter assolvere (davanti al loro elettorato) il comunismo russo, oltraggiato da
un criminale di nome Stalin.
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Questa
falsità storica che il PCI ha sostenuto per decenni, si sposa con un’altra
palese mistificazione diffusa dalle schiere di pseudo intellettuali delle
sinistre, riguardante la Rivoluzione russa.
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Ancora
oggi gli eredi di Togliatti celebrano la Rivoluzione russa come quella attuata
da Lenin nel mese di Ottobre, mentre quella effettiva e reale si compì nel mese
di Febbraio, attuata da un movimento democratico di operai, studenti, e
militari che dopo aver detronizzato lo Zar Nicola II Romanov formarono un Governo
provvisorio comandato dall’avvocato socialista e antizarista Aleksandr
Kerenskij, vicepresidente del Soviet di Pietroburgo.
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Lenin
a quel tempo era in Svizzera, a Zurigo, e rientrò in Russia per organizzare
quella che le sinistre hanno denominato “Rivoluzione di Ottobre”, ma che in
realtà fu un vero e proprio colpo di Stato militare per nulla rivoluzionario.
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I
bolscevichi capeggiati da Lenin e forti dell’alleanza con l’Armata Rossa guidata
da Trocky, assaltarono il Palazzo d’Inverno e si sostituirono al Governo
democratico di Kerenskij, e non al regime zarista, che era già caduto nel mese
di febbraio !
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Il
risultato fu quello dell’instaurazione di un regime barbaro e inumano guidato
da Lenin, che usò la ferocia e il Terrore come modus operandi per annichilire
il Popolo russo, consegnando poi a Stalin le redini di un comunismo che produsse
cento milioni di vittime innocenti nel secolo scorso.
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L’opera
di Mel’gunov ci consente di rigettare la proposizione pseudo intellettuale
secondo cui Lenin aprì la via ad un socialismo “sostenibile”, constatandone
invece le prerogative criminali con cui il comunismo ha sprofondato il suo
stesso universo in un abisso di orrore senza fine.
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Mel’gunov
è stato il primo, nel 1923, a denunciare la realtà storica in cui il Terrore bolscevico
ha affermato il suo potere in Russia, cancellando ogni traccia della cultura
che lo aveva preceduto, e sostituendola con un “pensiero unico” dominante
imposto a priori.
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La
Ceka fu ideata per distruggere gli esseri umani e plasmare i sopravvissuti,
rendendoli schiavi di un mostruoso esperimento di ingegneria sociale,
terrificante e devastante per l’intera umanità, in nome del comunismo.
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Non
è un caso che uno dei fondatori del PCI, Antonio Gramsci, si riferisse a coloro
che non erano allineati ai dictat del Partito definendoli come “pulci di cane
tignoso”, mentre asseriva che i nemici politici DEVONO essere insultati con
parolacce e con la denigrazione, poiché l’insulto secondo il dogma comunista è
uno strumento pedagogico finalizzato alla trasformazione rivoluzionaria del
mondo…
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L’odio
era per i comunisti alla base della loro stessa essenza e del loro nutrimento
quotidiano, che veniva appagato dando libero sfogo alle più feroci
manifestazioni di tale sentimento.
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Mel’gunov
cita fra gli altri il famigerato Martyn Lacis, capo della Ceka, il quale
espresse assiomi di riferimento imponendo la seguente linea guida :
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“Noi
non lottiamo più contro singole persone, noi sterminiamo la borghesia come
classe”.
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In
osservanza di tali dogmi la Ceka “annientava i nemici di classe” gettandoli
vivi dentro altiforni, con mani e piedi legati, oppure incatenandoli e
buttandoli in mare aperto, dopo averli torturati.
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Le
numerose testimonianze prodotte dalla Commissione Denikin, raccolte a partire
dal 1919 e consultabili negli archivi oggi accessibili, a cui anche Mel’gunov
ha attinto a piene mani, confermano che il Terrore istituzionalizzato e l’odio
di classe, poi generalizzato, diedero vita ad uno dei periodi più bui della
Storia dell’Umanità.
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Recentemente
l’Unione Europea ha equiparato comunismo e nazismo al medesimo totalitarismo,
decretandone la messa al bando, ma nelle città italiane ed europee permangono
manifestazioni di simpatia verso gerarchi e criminali comunisti, palesati
dall’esistenza di vie e piazze nelle nostre città che sono intitolate a Stalin,
Lenin, Tito, Togliatti, ecc.
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L’arroganza
comunista descritta da Mel’gunov è ancora evidentemente presente, e ciò
rappresenta un insulto alla memoria delle vittime del comunismo e un freno allo
sviluppo culturale e intellettuale della società democratica.
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Un
grazie di cuore a Sergej Mel’gunov per averci testimoniato la reale portata del Male
assoluto, tramandandoci i suoi scritti e il suo incessante lavoro di
opposizione letteraria ai crimini del comunismo.
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Questo
libro, come anche Arcipelago Gulag di Solzenicyn, dovrebbe essere studiato a
scuola, perché i nostri figli e nipoti comprendano appieno cosa sia stato e
cosa è ancora oggi il comunismo.
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Dissenso
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