lunedì 21 settembre 2020

La FOIBA di KOCEVSKI ROG

Il 24 agosto 2020, in una conferenza stampa, è stato comunicato dalla Commissione dello Stato che si occupa delle uccisioni compiute dai comunisti nel 1945 il ritrovamento di una nuova cavità naturale contenente resti di infoibati nella zona del Kočevski Rog, l’altopiano carsico nei pressi della città di Kocevje, nel sud est della Slovenia.

Ritrovamento di ossa 

La zona, un’area carsica di calcare, è punteggiato di doline e voragini, ed è ricca di foreste di faggi e di abeti, che consentono la sopravvivenza di orsi bruni, di linci, e di lupi, ma è anche tristemente famosa per le fosse comuni in cui furono gettati i corpi delle vittime dei massacri eseguiti con sadico accanimento dai partigiani comunisti di Tito.

Nella foresta di Kocevski sono già state trovate cinquemila vittime di Tito e circa 750 fosse comuni in gran parte ancora da esplorare.

I titoisti assassinarono i prigionieri di guerra Domobranci sloveni (collaborazionisti volontari, ostili ai partigiani comunisti) e i cetnici (serbi, montenegrini ed erzegovinesi fedeli al re Pietro II in esilio), compreso le rispettive famiglie, nonché tedeschi e cosacchi, massacrandoli e seppellendone i corpi in fosse comuni.

12.000 domobranci che combattevano contro il comunismo di Tito dovettero scappare dalla Slovenia per rifugiarsi in Austria, dove però furono inizialmente rinchiusi dai soldati inglesi dell’Ottava Armata nel campo di prigionia di Viktring, nei pressi di Klagenfurt, poi rimpatriati forzatamente via treno, trovandosi in balìa dei loro aguzzini che a loro volta li rinchiusero nei lager jugoslavi.

Ritrovamento di crocefissi
Si stima chgli jugoslavi rimpatriati dalle forze britanniche e successivamente uccisi dai comunisti di Tito fossero circa 55 mila.

I campi di detenzione più grandi si trovavano a Sentvid, nei pressi della capitale Lubiana e a Teharje, vicino a Celje, entrambe in Slovenia, e all’interno di questi lager i prigionieri furono divisi in tre gruppi, per essere poi avviati alle rispettive destinazioni.

Il gruppo più numeroso fu liquidato per intero dopo maltrattamenti e torture, mentre coloro che provenivano da Sentvid vennero uccisi con un colpo alla nuca e gettati nelle foibe isolate di Kocevski rog, che i partigiani titini sigillavano facendo implodere il loro interno con bombe a mano ed esplosivi.

Nella foiba scoperta nell’agosto 2020 sono stati individuati dagli speleologi incaricati i resti di circa 250 vittime, quasi tutti ragazzini dell'età compresa tra i 15 e i 17 anni.

L’archeologo Uroš Košir, coordinatore delle operazioni di recupero, ha dichiarato alla stampa quanto segue :

"L'abisso in questione si trova nell'area tra Veliki Rog e Stari žag, nelle immediate vicinanze di un vecchio ospedale partigiano, e i resti sono stati trovati alla profondità di 14 metri".

Zdravko Bučar, presidente del club degli speleologi, ha spiegato che lo scavo all'interno della cavità era stato autorizzato alla fine dello scorso mese di maggio, ma che la prima discesa è stata effettuata all'inizio di luglio.

Complessivamente, gli speleologi sono scesi nell'abisso 68 volte e hanno effettuato in totale 91 sollevamenti con 137 carichi.

Ci sono voluti tre giorni pieni per riportare in superficie tutti i resti umani, tra cui 100 adolescenti e 5 donne.

Secondo quanto riportato da Košir, oltre ai resti, sono stati trovati anche cucchiai, pettini, oggetti personali, specchi, un rosario, immagini sacre, rosari, pettini, specchi, e circa 400 bottoni.

I ragazzini sono stati trascinati a centinaia sull’orlo della foiba dai comunisti jugoslavi e lì massacrati a colpi di fucile, come testimoniano i ritrovamenti di ingenti quantità di bossoli lungo i suoi margini esterni, poi scaraventati nella voragine già privi di vita, mentre altri gettati nel vuoto ancora vivi hanno dovuto subìre una lunga agonia prima di morire.


Archeologi al lavoro all'interno della foiba

Purtroppo anche queste vittime, come tante altre infoibate dai comunisti slavi, non avranno mai un nome e rimarranno solamente un tragico ricordo per quelle famiglie che ne hanno pianto la scomparsa, vittime ella ferocia della polizia segreta di Tito, la famigerata OZNA, e del suo braccio operativo, il famigerato Knoj (Corpo di difesa popolare della Jugoslavia).

Durante la trasmissione televisiva di Rai 2 che documentava il ritrovamento della foiba di Kocevski Rog in Slovenia, il giornalista Andrea Romoli ha intervistato Joze Dezman, presidente della commissione d’inchiesta statale sulle foibe della Slovenia, il quale ha dichiarato quanto segue :

"La Repubblica di Slovenia ha censito tutte le fosse comuni esistenti nel Paese ed è pronta, se il governo italiano ne farà richiesta, a riesumare le salme che vi si trovano e a restituirle all’Italia.”

In seguito a queste dichiarazioni di disponibilità si è subito attivato il “Comitato 10 Febbraio”, che è una Associazione nazionale di promozione sociale per la salvaguardia della cultura italiana delle terre giuliane e dalmate, tesa a mantenere vivo il ricordo delle tragedie che hanno coinvolto le loro popolazioni del Novecento, e che si è immediatamente rivolta al parlamento e al Governo italiano, divulgando la seguente nota :

IL COMITATO 10 FEBBRAIO INVITA GOVERNO E PARLAMENTO AD ATTIVARSI PER IL RECUPERO DELLE SALME DEI NOSTRI CONNAZIONALI INFOIBATI".

Il Presidente nazionale del Comitato 10 febbraio Merlino ha esternato inoltre la seguente richiesta :

Chiediamo al Governo Nazionale e al Parlamento italiano di attivare tutti i canali diplomatici affinché siano riesumate le salme dei nostri connazionali per donare loro, finalmente, una degna sepoltura.

Inoltre, chiediamo siano effettuati, ove possibile, i rilievi scientifici sul DNA dei resti mortali degli infoibati, affinché sia dato un nome ad ogni salma ritrovata.

Infine, chiediamo che nei pressi di ciascuna foiba o fossa comune, sia collocata una targa commemorativa e che ci sia un’idonea indicazione per l’individuazione di questi luoghi di martirio, dove trovarono la morte migliaia di nostri connazionali”.

Bottoni ritrovati nella foiba di Kocevski

Chiudo questa pagina di storia con una poesia di Ermanno Eandi, dedicata dall’autore  al ricordo delle stragi nelle foibe e all’esodo degli istriani :

.

Urlavano Italia,
e caddero.

Bruciavano di dolore,
e caddero.
Indifesi e soli,
svanirono in infernali voragini.

Eco di silenzioso dolore
gettato in un baratro di follia
che profuma di morte.
La polvere mi parla di loro,
sussurri di mille voci
singhiozzi, silenzi, troppi silenzi.

Sofferenza in terre d’amore,
sfumature d’Istria, onde di Trieste
profumi di Zara e colori di Dalmazia.

Chi scampò lasciò tutto,

una lunghissima carovana
di lacrime dure partì,
verso la loro terra, la loro nazione.
Tornarono nella loro patria,
esuli  con la morte negli occhi
e la speranza nell’anima,
spogli di tutto tranne che la dignità
pronti a rinascere nuovamente,
con l’orgoglio di aver combattuto,
vivendo con l’Italia nel cuore.
.
.
Dissenso
.

Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari

Amici del blog