Nguyen Chi Thien
(Hanoi, 27 febbraio 1939-2 ottobre 2012)
Il giovane Nguyen |
Il padre era un funzionario del tribunale e la madre conduceva una piccola attività commerciale, mentre i fratelli maggiori, in particolare la sorella Hao, gli facevano da insegnanti di letteratura e di lingua francese.
Il 1945 segnò la vittoria dei francesi e la fine delle ostilità, ma nel marzo dello stesso anno i giapponesi presero il potere, provocando la risposta dell’Urss che aiutò militarmente le truppe comuniste di Ho Chi Minh nel nord del Paese.
Thien e la famiglia si trasferìrono in campagna, nel villaggio natale, a causa dei violenti scontri fra le milizie locali e le truppe dei colonizzatori.
Quando nel 1949 la situazione divenne più stabile la famiglia tornò ad Hanoi, dove Thien frequentò scuole private.
Fin da ragazzo, nel 1954 all’età di 15 anni, iniziò a scrivere poesie, e in quello stesso anno che sancì la sconfitta dei francesi, Thien esultò per il ritorno dei rivoluzionari del Viet Minh, l’organizzazione politico miltare di ispirazione marxista leninista per l’Indipendenza del Vietnam fondata da Ho Chi Min.
Ho Chi Min divenne per 25 anni l’espressione della lotta comunista nel conflitto in corso con il Governo anticomunista del Vietnam del sud, alleato degli Stati Uniti.
Nel 1954 la Conferenza di Ginevra sancì la divisione tra la Corea dell nord comunista e quella del sud filo-occidentale, ma non riuscì a pacificare e stabilizzare i territori vietnamiti ma anzi pose le basi per la guerra del vietnam che iniziò nel 1955.
Nel 1956 la famiglia si trasferì ad Haiphong, a circa 100 chilometri da Hanoi, dove Thien contrasse la tubercolosi, a causa della quale i suoi genitori furono costretti a vendere la casa per poter pagare le cure.
I genitori del giovane Nguyen non decisero di emigrare verso sud perchè erano convinti che i comunisti agissero per spirito patriottico e che la loro dottrina politica avrebbe aiutato le fasce popolari più povere.
Fu proprio questo il motivo per cui Thien guardò con entusiasmo a questa nuova ventata di novità, iniziando a venerare i combattenti rossi (Viet Minh) come eroi.
Nguyen Chi Thien |
Il poeta ebbe a dire che comparando il regime comunista alla dominazione francese, quest’ultima era in confronto un paradiso.
Nel 1960 mentre era insegnante di storia presso una scuola superiore, fece affermazioni sulla guerra russo-giapponese, in seguito al fatto che in un libro di testo era scritto, a causa del revisionismo russo, che l’Unione Sovietica aveva sconfitto l’esercito imperiale del Giappone.
Thien disse invece agli studenti che in realtà erano stati gli Stati Uniti ad ottenere la vittoria grazie alle bombe atomiche sganciate sulle città di Hiroshima e Nagasaki.
Per queste dichiarazioni fu fu condannato nel 1961 a tre anni e sei mesi nei cosiddetti campi di rieducazione del regime comunista con l’accusa di fare propaganda antigovernativa, e poi rilasciato nel 1964.
Per sopravvivere fece il muratore, continuando però a recitare di nascosto per gli amici intimi le poesie che aveva composto mentalmente durante la detenzione, e proseguendo fino al 1966, anno in cui fu nuovamente arrestato.
I suoi versi poetici furono infatti considerati politicamente irriverenti e gli costarono una nuova condanna, senza alcun processo, a undici anni e cinque mesi di reclusione da trascorrere nei famigerati campi di lavoro.
Nel 1977, due anni dopo la caduta di Saigon, Thien e altri detenuti politici furono scarcerati perché il regime aveva bisogno di spazio per imprigionare gli Ufficiali della Repubblica del Vietnam sconfitti e catturati dall’esercito cinese che aveva invaso le regioni di confine.
Thien che fino a quel momento non aveva potuto scrivere su carta le sue poesie, affidandosi solo alla sua memoria, ne approfittò per annotarle.
Lo fece a casa del nipote, la cui moglie era imparentata con il Maggiore generale Quang Phong, direttore del Dipartimento di sicurezza nazionale responsabile della cultura.
La casa era quindi un luogo tranquillo e non sottoposto a
controlli polizieschi, il che gli permise di scrivere, all’insaputa della
moglie del nipote e nei momenti in cui lei era assente, un corposo manoscritto
che nascose nel doppio fondo di un armadio costruito dal nipote falegname.
Il 18 luglio 1979 si recò all’Ambasciata britannica di Hanoi con il manoscritto che conteneva 400 poesie e i diplomatici del Ministero degli esteri inglesi che lo accolsero gli promisero che avrebbero fatto uscire dal Paese i suoi scritti.
All’uscita dall’Ambasciata Thien trovò gli agenti della Polizia segreta comunista che lo aspettavano fuori dal cancello per arrestarlo.
In precedenza Thien aveva chiesto aiuto alla Chiesa ma gli fu risposto che loro non facevano politica e quindi, pur amandolo molto, non avrebbero potuto fare nulla per lui.
La sua prima scelta per la consegna del manoscritto fu l’Ambasciata francese, ma dopo un sopralluogo Thien constatò la difficoltà di intrufolarsi e decise quindi di optare per un’altra Ambasciata, quella britannica.
Il regime lo imprigionò nuovamente per altri sei anni nel carcere di “Hoa Lo” ribattezzato ironicamente dai prigionieri con il termine di “Hanoi Hilton”, per indicare un albergo a cinque stelle, poi per ulteriori sei anni in altre prigioni del Vietnam settentrionale.
Nel frattempo le poesie che l’Ambasciata inglese aveva fatto pervenire in Occidente furono tradotte da Huynh Sanh Thong dell’Università di Yale e riunite in un’opera intitolata “Flowers of hell”, che vinse l’International Poetry Award a Rotterdam nel 1985.
Amnesty International lo adottò come prigioniero di coscienza nel 1986.
Dopo 12 anni di prigionia Thien fu scarcerato e si stabilì ad Hanoi, dove fu sempre tenuto in stretta osservazione dalle autorità comuniste.
Anche la comunità internazionale vigilò su di lui fino al 1955, anno in cui gli fu permesso di emigrare negli Stati Uniti, grazie all’interessamento di Noboru Masuoka, un colonnello dell’aeronautica militare in pensione che era stato arruolato dopo l’internamento nel campo di Heart Mountain per giapponesi americani nel 1945.
Thien visse in Virginia, nella casa di suo fratello, Nguyen Cong Gian, che non vedeva da 41 anni, riabbracciando anche la sorella Nguyen Thi Hoan.
Nel 1998 il Parlamento internazionale degli scrittori gli concesse una borsa di studio di tre anni in Francia.
Thien scrisse un libro intitolato “Hoa Dia Nguc” componendo a memoria le 300 poesie che prima, durante la detenzione dal 1979 al 1988, non gli era stato concesso di mettere su carta, pubblicandolo nel 2006 sia in vietnamita che in inglese.
Visse per tre anni in Francia, dove scrisse “Hoa Lo Stories”, un racconto in prosa delle sue esperienze nelle prigioni comuniste, che venne poi tradotto e pubblicato in inglese con il titolo “Hoa Lo / Hanoi Hilton Stories” da Yale Southeast Asia Studies nel 2007.
L’autore ci ha raccontato che la cosa più terribile durante la detenzione durata quasi tre decenni non fu l’isolamento, oppure il freddo della sua cella, nella quale veniva spesso incatenato nudo, e neppure il caldo torrido dell’estate o le catene arrugginite che gli piagavano le gambe, infettandole, e neanche la fame incessante, ma la totale mancanza di accesso alla parola scritta.
Gli erano vietati infatti i libri e giornali, così come la carta e le matite, senza le quali il poeta era costretto ad imparare a memoria ogni singola parola delle sue composizioni letterarie.
Thien continuò comunque a “scrivere” mentalmente e ad immagazzinare nei meandri della sua memoria le proteste, le canzoni, le circa 700 poesie, composte e modificate a memoria.
Nguyen Chi Thien |
Nguyen Chi Thien è morto il 2 ottobre 2012 dopo lunga malattia.
L’autore ci ha insegnato che la forza della libertà passa attraverso la poesia, che lui ha improntato all’essenzialità della parola, senza piegarsi davanti a niente, per ricordarsi della sua stessa umanità perfino in quell’inferno dei morti viventi che è stato il regime comunista.
A Thien venne offerta la libertà se avesse firmato un documento preparato dai perfidi aguzzini comunisti in cui era scritto he Ho Chi Minh era un eroe e che il comunismo era un Paradiso.
Concludo con un brano della sua raccolta di poesie, intitolata “Fiori dall’inferno”, una poesia composta durante la prigionia, nel 1970:
La mia poesia non è mera poesia, no, ma è il suono dei singhiozzi di una vita,
il frastuono delle porte in una buia prigione,
il respiro sibilante di due poveri polmoni sfiniti,
il tonfo della terra sballottata per seppellire i sogni,
il battito dei denti che battevano dal freddo,
il grido di fame da uno stomaco che si contorce selvaggiamente,
la voce inerme davanti a tanti naufragi.
Tutti i suoni della vita vissuta a metà,
di morte mezzo morto — niente poesia, no.
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Grazie di avere portato a conoscenza di tutti questa storia
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