“I
popoli del gulag. Strategia etnica del
regime stalinista” è il titolo del lavoro storico-letterario DEL 2008 che ha impegnato l’autore, Alessio Trovato,
nella ricerca di verità altrimenti nascoste o mistificate.
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Come
oramai sappiamo, l’universo pseudo intellettualoide delle sinistre ha eretto un
muro di silenzio e di omertà sui crimini di Stalin e della sua congrega di
assassini comunisti (tra cui figura l’italiano Palmiro Togliatti), tanto che le
masse occidentali sono state tenute all’oscuro su qualsiasi cosa potesse
corrodere l’idea di “paradiso comunista” tanto decantato.
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Si parla poco e si scrive ancora meno, ad esempio,
dell’alleanza fra Hitler e Stalin, suggellata dalla firma del famigerato Patto
Ribbentropp Molotov con il quale Germania e Unione Sovietica diedero il via
alla spartizione dei territori dell’Est europeo.
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Stalin
iniziò subito dopo la firma del trattato, che prevedeva anche un impegno di
reciproca non aggressione, a deportare centinaia di migliaia di persone,
svuotando i territori di cui voleva appropriarsi.
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La
violenza del comunismo sovietico si abbattè su intere famiglie, etnie, gruppi
sociali e religiosi, allo scopo di attuare una ben precisa strategia per le cui
caratteristiche si connota e si identifica come genocidio.
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Una
serie di genocidi che si sono abbattuti su Tatari crimeani, Karaciaj, Ceceni e
Ingusci, Balcari, Calmucchi, Lettoni, Estoni, Lituani, Polacchi, Tedeschi del
Volga, e altre etnie come i coreani dell’Estremo Oriente, con le motivazioni
previste dal piano strategico dello stesso Stalin.
Le
colpe per cui si era soggetti ad epurazione spaziavano dall’essere considerati
“elementi socialmente estranei, pericolosi o antisociali” al fatto di
appartenere alla categoria dei cosiddetti “kulaki”, i contadini considerati
ricchi perché proprietari di una mucca.
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Ubicazione delle tre Repubbliche baltiche |
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Alessio
Trovato ci regala un quadro del tutto esaustivo e completo dell’orrore e della
violenza esercitata dal comunismo sovietico sulle popolazioni dell’Est europeo,
completando il suo lavoro con una ricca documentazione allegata, desunta dagli
Archivi della Federazione Russa (GARF), in cui appaiono anche le trascrizioni
di telegrammi intercorsi fra Molotov e i Ministri dei Paesi baltici, così come
le relazioni di servizio dell ‘NKGB.
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Alcuni
documenti riguardano le istruzioni concernenti la deportazione dei cosiddetti
“elementi antisovietici” dalla
Lituania, dalla Lettonia, e dall’Estonia.
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La
ferocia comunista, quella negata ancora oggi dai seguaci del criminale Palmiro
Togliatti, prevedeva un preciso “modus operandi” secondo il quale i componenti
dei nuclei familiari dovevano essere divisi, inviando il capofamiglia in un
campo speciale e gli altri membri destinati a raggiungere lontani insediamenti
in remoti territori.
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Trovato
ci regala anche una serie di mappe che costituiscono un vero e proprio Atlante
del gulag, raffigurante in pratica l’immenso orrore espresso con arroganza dal
comunismo.
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Sarebbe
opportuno che i personaggi orbitanti attorno all’universo delle sinistre
smettessero di imporre triti e anacronistici clichè come la lettura del “Diario
di Anna Frank”, e proponessero invece libri come quello dell’autore de “I
popoli del gulag”.
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Ho
letto anche una recensione poco lusinghiera a firma Elena Dundovich, studiosa
di Storia sovietica e insegnante di Storia dell’Europa orientale, la quale
trancia giudizi impietosi su Trovato.
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Secondo
il mio modesto parere invece, considerando che il lavoro di Trovato è nato come
tesi di laurea, e che l’autore ha lavorato a lungo nelle biblioteche di Riga e
di Mosca, sottintende ad un impegno notevole e ad una volontà precisa di comunicazione,
altrimenti mancante.
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Non
tutti coloro che si occupano di divulgazione hanno la preparazione storica e
culturale della Dottoressa Dundovich ma non per questo devono essere
considerati alla stregua di fragili e velleitari propositori da rifiutare.
E’
vero esattamente il contrario, soprattutto in un momento storico in cui la
disinformazione comunista tocca i suoi più alti livelli, ed è per questo che
tali iniziative devono essere incentivate, sostenute e ampliate.
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Il
confronto dialettico ed una seria disanima delle problematiche di tale
saggistica rivela poi il valore aggiunto che permette infine di squarciare le
tenebre della disinformazione post comunista.
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Non
possiamo aspettare che luminari del calibro di Elena Dundovich dedichino il
loro prezioso tempo ad eviscerare tutte le nefandezze attribuibili al comunismo
e quindi ben vengano coloro che forniscono un apprezzabile impegno parallelo.
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Dissenso
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