martedì 23 giugno 2009

Assessori, artisti, e Talebani...


Le prerogative artistiche e culturali di ogni popolo costituiscono un patrimonio rappresentativo dell’evoluzione di tutte le civiltà, e sono intrinsecamente indivisibili dalla Storia dell’Uomo.
Per questo motivo tali ricchezze intellettuali devono poter essere accessibili a tutti, in un percorso di prosecuzione verso una universalità di intenti cui tende l’essenza stessa dell’arte e delle sue più svariate espressioni.
Non a caso, gli esempi di intolleranza verso forme artistiche, o le persecuzioni nei riguardi di artisti, il più delle volte non allineati con i regimi politici concomitanti, ci riconducono al concetto di inscindibilità del binomio arte e civiltà.
La genesi evolutiva intellettuale umana ha segnato le sue tappe fondamentali fin dall’inizio mediante quelle espressioni artistiche che solo alcuni fortunati dotati di un dono divino particolare ci hanno potuto trasmettere.
Artista è colui che, dotato di genio creativo, riesce ad interpretare le sequenze di emozioni che risultano essere solitamente soggettive, e a restituircele plasmate, secondo caratteristiche che esternano lo stato d’animo concomitante.
L’artista ci permette di partecipare all’essenza delle sue rappresentazioni, sviluppate grazie ad una sensibilità interiore e alla padronanza di tecniche soggettive di elaborazione.
Artista è colui quindi che riesce a rappresentare le emozioni, sia esso pittore, scultore, disegnatore di fumetti, intagliatore, scrittore, poeta, attore, mimo, e così via, in un lungo elenco di assonanze ideologico culturali che accomuna ognuno sotto un unico denominatore : il dono divino della creatività, il genio intrinseco che solo loro possiedono.
Tutte queste osservazioni ci inducono a considerare con profondo rispetto tutte le forme artistiche conosciute, siano esse pittoriche, scultoree, o di altra natura, unitamente ad una infinita gratitudine verso i protagonisti di tali realizzazioni : gli artisti.
Questi sono i motivi per i quali fin dall’antichità alcune menti illuminate hanno voluto e potuto erigersi a sostegno di quegli artisti che meritoriamente si distinguevano al di sopra della mediocrità, proponendosi e attivandosi come loro mecenati e protettori.
Molte importanti opere sono state realizzate solo grazie al sostegno che gli artisti hanno ricevuto da questi benefattori.
Senza tale attività di compartecipazione filantropica, noi saremmo oggi inariditi dalla mancanza di opere importantissime.
A testimonianza di ciò sono nate strutture pubbliche, oltre che private, allo scopo di tutelare, promuovere, incentivare, e diffondere lo sviluppo artistico, inteso come patrimonio collettivo.
I funzionari preposti a sovrintendere l’apparato pubblico relativo all’arte e alla cultura devono obbligatoriamente interpretare un ruolo il cui copione preveda da un lato la tutela e la divulgazione dei contenuti culturali e artistici, e dall’altro la possibilità che ogni singolo cittadino vi possa accedere.
Poiché questo copione è stato scritto nell’interesse della collettività, deve essere interpretato in maniera oggettivamente scevra da influenze soggettive, personali, egoistiche, o politiche.
Se per qualsiasi motivo un artista viene osteggiato e boicottato si impedisce alla collettività di fruire del suo genio creativo, e si depaupera la società civile di uno dei suoi fautori.
E’ sufficiente osservare quanto è accaduto in Medio Oriente alcuni anni or sono, quando a causa della ottusità del regime dei Talebani sono state distrutte le statue in pietra di Buddha.
Questo impeto di furore irrazionale, scatenato da motivi religiosi e politici, ha danneggiato non solo gli artisti che avevano ideato e realizzato l’opera, ma anche l’umanità intera che ha perso in maniera definitiva una importante testimonianza culturale.
La Storia è testimone di esempi di questo tipo e, tra i tanti, mi tornano alla memoria le discriminazioni per motivi razziali, come al tempo del nazismo in Europa, o a quelle del periodo staliniano in Unione Sovietica, così come quelle perpetrate in Sud Africa durante gli anni della carcerazione di Nelson Mandela.
I primi a pagare, in termini di sopraffazione, sono sempre stati gli artisti, in quanto simboli della civiltà da abbattere, rappresentanti e depositari delle tradizioni, e allo stesso tempo importanti fautori di un percorso di sviluppo.
Purtroppo anche oggi assistiamo alla proliferazione di mentalità “Talebane”, riscoprendola in funzionari dei settori della pubblica amministrazione, annidati proprio negli assessorati dell’arte e della cultura, inadatti quindi a ricoprire incarichi di responsabilità in tale ambito.
Come puo’, ad esempio, un Assessore Comunista che trae le sue origini politiche dall’evoluzione metamorfica di un regime depositario di retaggi culturali e ideologici contrari a qualsiasi esperienza di liberalismo intellettuale, interpretare il ruolo del patrocinatore pubblico ?

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Statua del Buddha di Bamiyan prima e dopo la distruzione,
ad opera dei Talebani
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La stessa considerazione è d’obbligo per coloro che fanno riferimento a leader che impostano le loro priorità socio politiche su nostalgiche ideologie di stampo fascista.
L’ancestrale base di partenza su cui poggiano i pilastri filosofici di tali appartenenze politiche riconducono a valori di riferimento che identificano l’odio, le repressioni, le deportazioni, le torture, e ogni feroce vessazione possibile, come unico vero indiscusso rappresentante di questi totalitarismi.
L’ideologia di coloro che sono cresciuti pascendosi e beandosi delle massime di Carlo Marx da una parte, oppure divorando avidamente la struggente filosofia di Nietzche dall’altra, sono oggi storicamente fuori dalla realtà che ci circonda, condannati ad essere dinosauri contemporanei, estranei al procedere del progresso evolutivo, compromessi però ideologicamente e intrinsecamente in modo irreversibile.
Ecco perché non di rado ci si può imbattere in Assessori incompetenti, frustrati dalla loro ignoranza e dal loro ristretto hinterland cerebrale, che si crogiolano nel boicottaggio di artisti rappresentativi delle realtà locali.
E’ facile constatare come artisti affermati e conosciuti sul territorio, amati per le loro peculiarità, autori di innumerevoli e apprezzate opere, siano oggetto non solo dell’indifferenza ostentata da Assessori alla cultura, ma anche di subdole campagne di boicottaggio e di isolamento.
In un contesto di questo tipo risulta fondamentale la presenza di persone sensibili che riescano ad apprezzare i contenuti espressi dagli artisti e che possano dare loro un concreto contributo, sostituendosi all’Assessore Talebano di turno.
In conclusione mi sento di affermare che mentre esprimo un profondo senso di gratitudine nei confronti di coloro che possono essere ritenuti “nuovi mecenati”, poiché si adoperano a favore degli artisti e delle loro realizzazioni, parimenti provo un sentimento di ripugnanza verso i metodi di quei rappresentanti delle istituzioni che arbitrariamente si interpongono tra l’artista ed il suo percorso creativo, negandogli quelle opportunità di cui avrebbe diritto.
Questi personaggi possono essere identificati come “nuovi Talebani” in quanto, come loro, ci privano di un patrimonio collettivo.
La mia speranza, in nome della Civiltà, è che questi “Talebani” possano provare almeno, in cuor loro, un profondo senso di vergogna, consapevoli di quanto nefasto sia il loro operato, scientemente messo in atto per considerazioni di carattere politico, razziale, religioso, o di altro tipo.
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sabato 13 giugno 2009

Anniversario bombardamenti NATO

Furono uccise 16 persone e violate le Convenzioni di Ginevra
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A dieci anni dal bombardamento NATO della televisione nazionale serba.
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Oggi chiediamo che l'allora Presidente del Consiglio Massimo D'Alema offra pubblicamente le proprie scuse ad ognuna delle vittime con un atto formale e solenne.
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19 aprile 2009 - Alessandro Marescotti (presidente di PeaceLink)
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La notte del 23 aprile 1999 la Nato bombarda gli studi della RTS, la televisione nazionale serba a Belgrado, stroncando la vita di sedici persone : .
Tomislav Mitrovic, 61 anni, regista ;
Ivan Stukalo, 34 anni, programmista ;
Slavisa Stevanovic, 32 anni, programmista ;
Ksenija Bankovic, 28 anni, mixer video ;
Jelica Munitlak, 28 anni, truccatrice ;
Milovan Jankovic, 59 anni, meccanico ;
Dragan Tasic, 31 anni, tecnico ;
Aleksandar Deletic, 31 anni, cameraman ;
Darko Stoimenovski, 26 anni, tecnico ;
Nebojsa Stojanovic, 27 anni, tecnico ;
Slobodan Jontic, 54 anni, montatore ;
Slavina Stevanovic, 32 anni, programmista ;
Dejan Markovic, 40 anni, guardia; Milan Joksimovic, 47 anni, guardia ;
Branislav Jovanovic, 50 anni, programmista ;
Sinisa Medic, 33 anni, tecnico ;
Dragorad Dragojevic, 27 anni, guardia.
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C'e' chi ha ritenuto giusta la morte di queste persone con lo scopo dichiarato di affermare i diritti umani attraverso una "guerra umanitaria" che ha violato il diritto internazionale e lo stesso statuto della Nato.
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L'articolo 5 dello Statuto Nato prevede l'uso della forza armata solo in questo caso :
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"Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in America Setentrionale, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l'uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell'area Nord Atlantica".
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Il Kosovo non era una nazione della Nato ma dieci anni fa era parte della Repubblica Federale Jugoslava.
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Inoltre le convenzioni di Ginevra, con il primo protocollo aggiuntivo del 1977, stabiliscono che "il diritto delle Parti in conflitto di scegliere metodi e mezzi di guerra non è illimitato'', e all'articolo 48 dello stesso protocollo obbligano le parti in conflitto a "fare, in ogni momento, distinzione fra la popolazione civile ed i combattenti, nonché fra beni di carattere civile e gli obiettivi militari, e, di conseguenza, dirigere le operazioni soltanto contro obiettivi militari''.
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Quindi il bombardamento di una TV di Stato e la conseguente strage furono un crimine in violazione della Convenzione di Ginevra e un'aperta violazione delle finalità della Nato.
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Dieci anni fa più di qualcuno si macchiò la coscienza di sangue.
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Si trattava di semplici operatori, come tecnici, elettricisti, un mixer, una truccatrice... che male avevano fatto ognuno di loro al Kosovo, a Massimo D'Alema e a noi tutti ?
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La responsabilità è sempre personale e mentre loro non avevano alcuna responsabilità personale nei crimini di allora, chi ha consentito il bombardamento ha una precisa responsabilità personale.
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Ma il governo italiano pensò mai di scusarsi con le famiglie delle persone uccise nella sede della RTS ?
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Se è giusto battersi contro la pena di morte verso chi ha compiuto un omicidio, perché allora condannare a morte 16 persone senza processo e senza che avessero commesso alcun omicidio ?
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Siamo di fronte alla barbarie. La guerra è barbarie perché è condanna a morte senza processo.
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La guerra è terrorismo, basta leggere le testimonianze di Djordie Vidanovic.
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E' per questo che l'articolo 11 della nostra Costituzione bandisce la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali.
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Oggi chiediamo che l'allora Presidente del Consiglio Massimo D'Alema offra pubblicamente le proprie scuse ad ognuna delle vittime con un atto formale e solenne.
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Invitiamo tutti coloro che hanno memoria storica, dai semplici iscritti al Partito Democratico fino a chi che ha lottato dieci anni fa contro la guerra, a chiedere un gesto riparatore scrivendo a info@massimodalema.it
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A dieci anni dalla guerra sarebbe significativo un gesto di sincero pentimento di fronte alla strage e alle proprie gravi responsabilità.
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Note:
Per ricordare quelle terribili giornale di bombardamenti invitiamo a leggere il diario del prof. Djordje Vidanovic, docente di Linguistica e Semantica presso l' Università di Nis, che dieci anni fa PeaceLink pubblicò qui http://web.peacelink.it/kossovo/lettere/vidanovic.html.
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Per un'ampia rivisitazione della guerra di dieci anni fa in cui l'Italia partecipò con i propri bombardieri si può consultare l'articolo di Carlo Gubitosa su http://www.peacelink.it/editoriale/a/25261.html.
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D'Alema nei giorni scorsi ha già toccato in modo generico l'argomento rispondendo alla domanda :
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Dopo le prime vittime civili dei bombardamenti non ebbe mai un momento di pentimento per le sue scelte ?
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D'Alema : Pentito no, mai.
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Continuo però ancora oggi a pensare che non era necessario bombardare Belgrado.
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Penso che ci voglia sempre una misura e una intelligenza nell’uso della forza, ma difendo il principio secondo cui ci sono momenti in cui è inevitabile, quando si tratta di difendere valori come i diritti umani, che non possono essere accantonati nel nome della sovranità nazionale.
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Tuttavia quello che si chiede in questo editoriale/appello non è un'ennesima presa di posizione "politica" ma un gesto "della coscienza" che ha come interlocutori i familiari delle vittime di quella precisa strage, di cui abbiamo nomi e cognomi. Chieda perdono a loro per una strage che non è stata un "danno collaterale" ma un atto deliberato.
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Una annotazione tecnica :
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le azioni militari della Nato avvengono con il consenso unanime dei membri Nato e se D'Alema non voleva il bombardamento di Belgrado avrebbe potuto opporre il veto bloccando quel tipo di operazioni.
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In ogni caso può oggi a maggior ragione, oltre a esprimere un suo "postumo" disaccordo sui bombardamenti di Belgrado, esprimere almeno il suo cordoglio e il suo pentimento "postumo" per quelle 16 vittime.
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Tratto da : http://www.peacelink.it/
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Dissenso
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domenica 7 giugno 2009

Samizdat...

Questa parola in russo significa "edito in proprio", e indica un fenomeno spontaneo che esplose nell'Unione Sovietica e nei paesi sotto la sua influenza (Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria, ecc.) tra la fine degli anni '50 e i primi anni ‘80 e cioè fino al periodo in cui fu instaurata la politica della cosiddetta glasnost (trasparenza) sotto l’egida di Michail Gorbaciov.
In pratica consisteva nella diffusione di pubblicazioni clandestine di scritti illegali ad opera di scrittori russi dissidenti, o in qualche modo ostili al regime sovietico, e per questo censurati dalle autorità.
Il Samizdat fu il principale "strumento" attraverso il quale l’universo del dissenso potè vivere e comunicare, nonostante le feroci persecuzioni.
L’informazione e la diffusione delle idee delle diverse caratteristiche culturali erano ridotte ad un mero monopolio statale obbligatorio, appannaggio esclusivo del potere sovietico, e per questo motivo, i poeti e gli scrittori dei Samizdat venivano processati, incarcerati, internati negli ospedali psichiatrici e nei lager, oppure puniti, espulsi, o uccisi.
Nel materiale da loro diffuso, non si trovavano mai proclami deliranti o inneggianti a chissà quale strategia eversiva, così come non si cercavano proseliti per l’attuazione di attentati o di lotte sanguinose.
Le loro pubblicazioni comprendevano narrativa, poesia, giornali, opere storiche, saggistiche e religiose.
Vorrei idealmente continuare il concetto di Samizdat, imbavagliati come siamo anche oggi da una informazione settaria e insufficiente che ci nega perfino di conoscere palesi verità.
Vorrei che tanti amici si unissero nella stessa unità di intenti, per dare vita alla diffusione di un grande numero di Samizdat, nella più assoluta libertà, al solo scopo di cercare nel confronto e nel pluralismo un modo che ci avvicini maggiormente alla verità.
Nel mio caso, provvederò prossimamente ad elencare una serie di autori che sono impegnati, o lo sono stati, nel portare a conoscenza tramite i loro scritti, di realtà che sembrano appartenere ad altri mondi, e di cui siamo stati tenuti all’oscuro.
Forse, non abbiamo sentito il bisogno nella civile Italia, di ricorrere a nostra volta ai Samizdat, perché dopo l’ultima guerra, vivendo in clima Repubblicano, si pensava che la Democrazia non ne rendesse giustificato l’uso.
Purtroppo però le cose sono andate diversamente.
Le frange più liberali dell’intellighenzia nostrana hanno tutt’al più taciuto e non mistificato, a riguardo delle informazioni riguardanti le tematiche della libertà in contesto internazionale, ma ciò forse le rende ancora più colpevoli.
Non sapere, è infatti legittimo, mentre sapere e contemporaneamente tacere, corrisponde ad una tacita apertura di credito verso precise responsabilità.
Sapere, e mistificare la realtà delle cose, è irresponsabile e criminale, e pone sullo stesso piano di coloro che ne interpretano gli intenti.
Il Samizdat dei tempi moderni è rappresentato da Internet e da coloro che, toltisi il para occhi, possono dare libera interpretazione alle proposizioni verso cui quotidianamente vengono indirizzati.
Fazioni politiche, insieme a gruppi di potere ben identificati, manovratori di capitali, e signori del nuovo ordine globale, concorrono nel propinarci, ognuno a seconda del proprio interesse, ogni sorta di menzogna e di verità ricostruita.
Noi possiamo solo recepire tutto ciò, lasciandocelo scivolare addosso, e diffondendo invece, al contrario, le diverse riflessioni al riguardo.
Abbiamo anche noi come i dissidenti Russi, una spada di Damocle che pende sulla nostra testa, ma, mentre per loro era rappresentata dalle deportazioni, dagli arresti, e dalla privazione della vita stessa, per noi è il frutto di un ignobile tentativo: asservire le nostre menti, la nostra libertà intellettuale, l’annientamento della personalità, al fine di renderci succubi e inconsistenti, e poco resistenti ad opporci ai loro meschini disegni.


Dissenso 
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lunedì 1 giugno 2009

Lavoratori, proletari, e Comunismo...

La N.e.p. ( nuova politica economica ) instaurata da Stalin allo scopo di creare una industria di Stato in Russia, iniziò il proprio percorso partendo dalle seguenti disposizioni.
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Siamo di solito, per mala informazione, abituati a pensare agli operai russi come coloro che vivendo nel “paradiso del proletariato” ne fossero i liberi interpreti, in un mondo che li proiettava in una dimensione di progresso industriale destinato a migliorare la loro vita oltre che quella della nazione.
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In realtà, la situazione era molto diversa : dopo aver iniziato l’opera di collettivizzazione delle campagne, in cui dopo l’espropriazione dei terreni dei contadini seguì la loro deportazione, Stalin proseguì con un progetto teso a ricostituire una industria produttiva nazionale.
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La realtà contro cui si scontrò il popolo dei lavoratori fu caratterizzata da un sistema coercitivo a cui ci si poteva sottrarre solo al duro prezzo che pagavano i dissidenti a quel tempo : la prigione e la deportazione, oppure la morte.
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Queste cose, non ci sono mai state raccontate nei loro comizi italiani dai rappresentanti sindacali o dagli appartenenti a quei partiti la cui bandiera riporta una falce e un martello, e che auspicavano una società di tipo marxista, comunista, e sovietica.
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Ecco, nel dettaglio, alcune delle “disposizioni” ideate dal regime per i lavoratori del “paradiso comunista” .
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Nel 1930 fu emesso il decreto che proibiva il libero spostamento dei lavoratori.
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Dopo un paio di mesi ne fu emanato un altro che proibiva alle fabbriche di impiegare persone che avessero lasciato il loro precedente posto di lavoro senza permesso.
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Venne abolito il sussidio di disoccupazione.
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Nel gennaio 1931 venne introdotta una legge che prevedeva pene detentive per violazioni sulla disciplina di lavoro, limitatamente ai ferrovieri.
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Febbraio portò alla formazione di registri di lavoro obbligatori per tutti i lavoratori dell’industria e dei trasporti.
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In Marzo furono annunciate misure punitive contro la negligenza nel lavoro, seguite da un decreto che riteneva responsabili i lavoratori per i danni arrecati agli strumenti e ai materiali.
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Furono introdotte razioni preferenziali per le “brigate d’urto”.
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I rifornimenti di cibo, che scarseggiavano molto, vennero messi sotto il diretto controllo dei direttori delle fabbriche, con distribuzione dei compensi in natura in base ai risultati ottenuti.
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Venne abolito l’art. 37 del codice del lavoro, secondo il quale il trasferimento di un lavoratore da un’impresa ad un’altra poteva essere effettuato solo con il suo consenso.
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Il 7 Agosto 1932 venne introdotta la pena di morte per furti allo Stato o alla proprietà collettiva, e tale legge fu subito applicata su larga scala.
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Un solo giorno di assenza dal lavoro senza autorizzazione divenne punibile con il licenziamento immediato.
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Il 27 Dicembre 1932 venne ristabilito l’obbligo del passaporto all’interno della Russia, che era stato denunciato da Lenin come uno dei peggiori marchi d’infamia dell’arretratezza e del dispotismo zarista.
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Il sistema sindacale divenne un’appendice dello Stato.
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Fu instaurato il sistema del “cottimo” in base alle norme, cioè il pagamento in base al lavoro compiuto.
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Tratto dall’opera di Robert Conquest : Il grande terrore.
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Sembra incredibile…
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L’inganno continuato…l’arroganza, la prepotenza…il disprezzo della vita umana…proprio contro i proletari…la base…attraverso cui milioni di comunisti nel mondo si sono identificati nell’ideologia…
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Il mito di Stalin, e dell’Unione Sovietica, non è quindi quello raccontatoci da Togliatti, da Berlinguer, e dagli odierni Bertinotti, Dalema e Fassino.
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Ci hanno negato la conoscenza di una ben diversa realtà, e lo hanno fatto scientemente, consapevoli di falsare per i loro scopi elettorali una atroce verità…e cioè che si trattava di un regime sanguinario, cresciuto sulla pelle delle milioni di persone sterminate e sul genocidio sistematico.
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La responsabilità politica , sociale, e morale di coloro che hanno negato la conoscenza di ciò, è pari a quella di coloro che negano oggi l’olocausto e le stragi naziste, aggravata però dal numero delle vittime, che nel caso del comunismo è moltiplicato per cento, come oramai accertato dalle indagini effettuate da centinaia di studiosi di storia, e dall’esame dei documenti da loro desunti in occasione dell’apertura degli archivi sovietici e dei paesi dell’est europeo.
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I comunisti italiani e i loro colleghi d’oltralpe, saranno per questo giudicati dalle generazioni future e dall’intera società, nonostante il loro camaleontico tentativo di nascondersi dietro nuove sigle di tipo “democratico”.
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Il retaggio culturale a cui appartengono è bagnato dal sangue di coloro che, disillusi loro malgrado, hanno scoperto il vero volto di un’ideologia che per sopravvivere ha bisogno del terrore, della dittatura, della coercizione, così come affermava già nei suoi scritti l’ideologo Carl Marx.
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Penso quindi a coloro che non sanno, non a coloro che non vogliono sapere…penso ai puri, a coloro che credono nell’ideologia senza essere venuti a conoscenza dei macabri risvolti che la caratterizzano.
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Penso a tutti quegli anziani che, seduti dentro o fuori da un circolo comunista a fare conversazione, ribadiscono quotidianamente la loro simbiosi di vita proletaria con un auspicabile avvento della società marxista e comunista.
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Sorge però spontanea una domanda : quanti tra di loro sono all’oscuro di tutto, e quanti invece hanno chiuso gli occhi per non vedere ?
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Coloro che hanno tuonato e inveito, e reagito contro i regimi nazista e fascista…ed ora, sapendo che un altro regime, quello comunista, nel frattempo ha allungato i suoi tentacoli di morte producendo effetti devastanti, possono discernere gli uni dagli altri…?
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E’ possibile che ci sia una presa di coscienza individuale, ed un rigetto, soprattutto verso coloro che hanno manipolato l’informazione così a lungo, ma è anche possibile che si voglia rifiutare la verità, ed allora ecco che si plasma nuovamente uno stereotipo, adattabile e metamorfico, sciente e consapevole di esserlo…ambiguo e bivalente.
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Il comunismo non è stato ed è solamente un fenomeno di massa, ma anche una macchina di distruzione che ha creato dei mostri all’inizio per essere guidato, e delle creature moderne, oggi, modificate dalle esigenze nell’essenza e nella sostanza, per cercare di sopravvivere.
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Dissenso
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Un mondo a parte...

Viviamo tutti, essendone prigionieri, in "Un mondo a parte" che altro non è che l'esistere quotidiano in un parallelismo esasperato con il mondo descritto da Gustaw Herling nella sua opera omonima, e le sue vicissitudini nei lager sovietici.
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Certo, nelle società occidentali le famiglie non vengono internate in campi di sterminio, però vivono ugualmente in uno stato di sudditanza oramai di stampo sempre più medioevale, soggiogate dalla dipendenza verso i manipolatori delle loro stesse coscienze, spinti dalle realtà economiche a subire ricatti sempre più rivolti a demandare le responsabilità collettive, e a permettere ai manipolatori del Nuovo Ordine Mondiale di proseguire la marcia egemonica e tirannica.
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Uniamoci, nel diffondere la conoscenza e i valori di libertà, rifuggendo dalle menzogne di regime...facciamolo, almeno per il futuro dei nostri figli.
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Viviamo in un Mondo a parte, creato da un un sistema che ha dato origine a varie stratificazioni di realtà diverse tra loro, ma accomunate dal medesimo comun denominatore :
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la degradazione dell'individuo attraverso le imposizioni del potere costituito.
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Un mondo a parte è infatti quello in cui vive il padre di famiglia, cinquantenne, che ha perso il posto di lavoro, e non sa come pagare il mutuo, e si ritrova a guardare smarrito i propri figli, conscio della propria impotenza.
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Un mondo a parte è quello del piccolo artigiano, che dopo un intero anno di lavoro, in cui ha riempito le giornate con 10 ore di lavoro quotidiane, si ritrova a dover fare debiti per pagare una imposizione fiscale di stampo medioevale...gabelle e balzelli...senza avere dallo stato nulla in cambio.
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Un mondo a parte è quello di tutti coloro che sono ingannati da una informazione di regime settaria e falsamente condotta su binari di ambigua negazione di qualsivoglia scomoda verità.
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Non a caso proliferano i produttori di diossina, i famigerati termovalorizzatori, e si vogliono anche costruire centrali nucleari.
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Un mondo a parte è quello in cui vivono tutti coloro che lavorano onestamente, guadagnando cifre insufficienti a vivere un'esistenza dignitosa, e che guardano con sgomento ai personaggi politici, e ai loro inauditi privilegi non solo economici.
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Siamo quindi tutti appartenenti ad un altro mondo...un mondo a parte...tranne coloro che rappresentano il potere, sia economico che politico, i banchieri, i massoni, la chiesa, e gli speculatori che si arricchiscono sulla pelle della gente comune, relegandola ad un ruolo di spettatori.
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Un mondo a parte...in cui viviamo, o meglio, vegetiamo, nostro malgrado...se non altro con la consapevolezza di non essere soli...e, come si suol dire...l'unione, fa la forza.
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Dissenso
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