domenica 3 febbraio 2013

I LIMITI DEL MATERIALISMO DIALETTICO MARXISTA

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La visione del mondo attraverso cui il partito marxista-leninista interpreta la concezione dei fenomeni naturali (teoria materialistica) e il metodo adottato per conoscerli (dialettico) si avvale, sia a livello cognitivo che applicativo, di due parallelismi filosofici : il materialismo dialettico e il materialismo storico.
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Il materialismo storico è lo strumento adottato sia da Marx che da Engels per estendere i princìpi del materialismo dialettico ai fenomeni della società, e al loro studio.
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Alcune delle filosofie di pensiero che hanno espresso i tratti fondamentali di questi orientamenti sono da riferire ad altrettanti filosofi del passato, come Hegel e Feuerbach.
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La dialettica di Hegel individua nel processo di creazione del pensiero, che egli trasforma dandogli il nome di Idea, un soggetto indipendente e creatore della realtà (demiurgo), che in ultima analisi altro non è che la manifestazione estrinseca dell’Idea stessa.
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Secondo la concezione di Marx, invece, c’è una sostanziale differenza tra la propria visione dialettica e quella di Hegel, che le pone quindi in netta contrapposizione, essendo l’una l’opposto dell’altra.
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Secondo la concezione marxista, infatti, l’interprete ideale è rappresentato dall’elemento materiale, trasportato e trasposto nel cervello dell’uomo.
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Anche per quanto riguarda l’aspetto legato al materialismo non troviamo una esatta corrispondenza tra il marxismo e i filosofi a cui si ispira questa corrente di pensiero, come ad esempio Ludwig Feuerbach.
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Il suo materialismo, infatti, non si era spogliato del tutto da una influenza spiritualistica, etico-religiosa, e idealistica, che ne sovrapponeva le implicazioni al suo nucleo essenziale.
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L’approccio di Karl Marx e di Friedrich Engels con i riferimenti filosofici di Feuerbach trarrà spunti di convergenza quindi solo dal nucleo essenziale, appunto, da cui saranno sviluppate le teorie filosofico-scientifiche del materialismo.
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 Emergono già, da queste brevi considerazioni, i limiti di un assioma che pone in evidenza l’alternarsi delle contraddizioni esistenti in natura, ponendole in una sorta di posizione di predominanza e di rilievo, senza per altro tenere in considerazioni gli aspetti di ciò che rappresenta l’involucro metafisico e ideologico dell’incedere naturale.
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La condizione della vita nella società, dal punto di vista del materialismo storico, si intende come elemento che deve prescindere dall’ambiente geografico.
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Secondo questo approccio, infatti, il fattore ambientale non è  determinante per lo sviluppo dei cambiamenti della società, così come  non lo sono l’aumento e la densità della popolazione.
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Ci si potrebbe quindi chiedere come mai, nelle zone del Pianeta in cui le condizioni climatiche sono estreme, non si sia verificata una esplosione demografica, come invece è avvenuto nelle zone in cui l’ambiente è meno ostile .
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L’aumento della popolazione inoltre, influisce in maniera determinante all’evoluzione o al regresso, come forza principale, dello sviluppo della società.
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E’ innegabile, infatti, che la forza dei numeri riesca a variare gli assetti geo-politici, e che la forza delle masse possa indurre i Governi o le dittature a modificare interi orientamenti di carattere sociale, politico, o economico.
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La guerra del marxismo contro le ideologie, a favore di un materialismo dialettico, esprime tutta l’insofferenza di un sistema refrattario a qualsiasi forma di idealizzazione  e di misticismo, e respinge  qualsiasi concetto che possa avvicinarsi a considerare il mondo come espressione di una “coscienza” o di uno “spirito universale”.
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La dialettica marxista trae spunto anche dall’evoluzione dello stesso materialismo, rifuggendo da quello meccanicista in quanto invariabile e determinato.
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La concezione materialistica del mondo – secondo Engels – significa semplicemente la comprensione della natura, quale essa è, senza alcuna aggiunta estranea.”
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E’ quindi sufficiente, secondo Engels, conoscere e considerare solo gli aspetti materiali del mondo in cui viviamo, poiché sono questi gli aspetti che rappresentano la realtà oggettiva e costituiscono il dato primario, cui la coscienza può attingere solo come dato riflesso e derivato dalla materia.
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Ne deriva una decisa spersonalizzazione dell’individuo, di cui il marxismo accetta l’esistenza, ma solo come essere reale, oggettivo e materiale, ma indipendente dalla coscienza, dalle sensazioni e dall’esperienza.
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Secondo il materialismo marxista l’unica realtà oggettiva è la materia, che esiste, insieme alla natura, indipendentemente dalla coscienza.
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Il pensiero è un prodotto della materia, cioè del cervello, che ne è l’organo.
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Secondo questo binomio non si può separare  il pensiero dalla materia se non si vuole cadere in errore.
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In particolare Marx vuole dire che la fonte delle idee sociali, delle teorie, delle concezioni politiche e delle sue istituzioni, non va ricercata nello stesso pensiero da cui possono scaturire, ma solo nelle condizioni di vita materiale della società di cui tutto ciò è il semplice riflesso.
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Secondo Marx “non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è al contrario il loro essere sociale che determina la loro coscienza.”
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Sembra evidente dunque l’esigenza di ottemperare a precise regole di causa-effetto, senza le quali ci si troverebbe in situazioni di amorfa indolenza.
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La stretta correlazione tra l’essenza primordiale di una spinta verso lo sviluppo sociale e l’impatto con l’effettiva contingenza della vita materiale, sarebbero gli unici attori protagonisti di una qualsiasi rappresentazione di carattere vitale e intellettuale.
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Si evidenza, in questa esposizione della dottrina dialettica materialistica marxista, il limite di un circolo chiuso, sterile, e dipendente solo dalle spinte periodiche di quelle masse popolari che richiedono un cambiamento contro le forze morenti della società.
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Le teorie sociali, che costituiscono il motore del cambiamento, si sovrappongono però continuamente, alla ricerca del miglioramento che esprima  lo sviluppo della vita materiale, e quindi nuove mobilitazioni cercheranno di sostituire il nuovo diventato vecchio, e così via.
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La quadratura del cerchio si conclude però in maniera errata, disattendendo le declamate teorie di avanguardia, di cui si vanta il Marxismo, che ricorre in perpetuo all’uso della violenza per perseguire i suoi scopi.
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La rivoluzione è stigmatizzata come metodo di lotta, “democratica” e prodromica al socialismo e al comunismo stesso.
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Mao Tse Tung, il “Grande Timoniere” cinese,  affermava che la chiave necessaria a poter studiare le leggi della storia della società in cui viviamo, si può trovare non nel cervello degli uomini, o  nell’analisi delle loro idee, ma solo nel modo di produzione delle economie della società stessa.
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La conoscenza delle leggi dello sviluppo della produzione sarebbe quindi, secondo il comunismo cinese, di ispirazione e di stimolo per l’economia proletaria.
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I rapporti di produzione agiscono sullo sviluppo delle forze produttive, la cui eventuale crisi sbilancerebbe il carattere di sviluppo.
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A questo punto occorre quindi porsi alcune domande di carattere obiettivo.
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Come mai, allora, sia in Unione Sovietica che nella Cina rivoluzionaria si fa ricorso a vere e proprie schiere di schiavi, sotto forma di dissidenti politici, per ottenere una produzione programmata ?
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Evidentemente il materialismo prevalse su tutto ciò che tentava di sfuggire alle logiche di pensiero preordinate, troncando sul nascere proprio quelle spinte idealistiche che la dialettica comunista aveva sempre combattuto. .
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L’importanza della “norma” da conseguire, e del risultato commerciale, prevale quindi nel mondo comunista ad ogni livello, presentando il risultato materiale come evidenza significativa e prioritaria, al di sopra dei diritti umani e della diversità di pensiero.
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I gulag sovietici e i laogai cinesi hanno perseguito lo scopo di “rieducare attraverso il lavoro” milioni di persone, ree di avere un’opinione diversa da quella del regime comunista.
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Nel brutale percorso persecutorio, gli sventurati deportati sono stati usati come mano d’opera gratuita per la realizzazione di fini commerciali statali, sia sotto forma di realizzazione di grandi opere, che di raggiungimento di target di profitto.
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I concetti che il marxismo sembra osteggiare, quali quelli di sfruttamento dell’operaio, non sono quindi fumo negli occhi ?
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I diritti dei lavoratori, e i loro diritti umani,  non sono quindi avulsi da un contesto di materialismo dialettico ?
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Oppure ne fanno parte, ma insignificanti nel contesto globale di un mondo marxista che ha dimostrato di poter esistere solamente grazie all’uso della forza e della violenza ?
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La lotta di Lenin e di Stalin contro il mondo contadino ha prodotto la grande carestia ucraina, nota come “holodomor”, il genocidio indotto che ha provocato, appunto, milioni di morti.
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Il ricorso al sopruso nelle fabbriche sovietiche comuniste, come la prassi del “cottimo”, o l’obbligo del raggiungimento della norma obbligatoria di produzione giornaliera, sono forse un esito obbligato del materialismo dialettico ?
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La materia al di sopra dell’idea … forse per non avere contradditorio, e per poter spezzare impunemente le voci del dissenso, ricorrendo alla tortura, alla deportazione, e allo sterminio.
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Contestualmente e cinicamente Marx affermò quanto segue, riferendosi all’economia sovietica :
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Non esistono crisi economiche né si distruggono forze produttive.
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E’ un esempio di perfetto accordo tra i rapporti  di produzione e il carattere delle forze produttive.
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Attualmente la Cina comunista sta producendo quantità sempre maggiori di merci di qualsiasi tipo con le quali inonda i mercati europei, non prima di aver diminuito i prezzi di vendita.
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Questo modus operandi rovina la massa di piccoli e medi competitori di vari settori sul mercato europeo (Italia compresa), diminuendo la capacità economica dei paesi ospiti.
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In pratica i cinesi si comportano da capitalisti, e cioè esattamente come coloro che da sempre combattono.
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La contraddizione insanabile mette in risalto la lotta non solo tra sfruttati e sfruttatori, ma anche la convergenza dei tratti comuni tra capitalismo e comunismo.
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Il materialismo sia dialettico che storico, insieme a Marx, e al comunismo, appaiono quindi come un insieme di parole vacue, sterili, fini a sé stesse, fuorvianti, false e contradditorie.
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Alla luce dei fatti, gli stereotipi di riferimento sembrano appartenere non solo ad una contrapposizione rivolta all’universo dell’idealismo filosofico, ma anche e soprattutto ad un sistema che adotta un nichilismo persistente e quotidiano, corrosivo e devastante, pernicioso e consapevole, infame e distruttivo, come unica risorsa veramente distintiva per poterlo contraddistinguere.
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In due parole possiamo tranquillamente affermare :
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COMUNISMO  =  MORTE …
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Dissenso
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4 commenti:

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    Bjs

    Selma

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  2. un abbraccio di buon giovedi.. interessanti i tuoi scritti molto tristi

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  4. Ho letto alcune delle tue riflessioni sul pensiero dei pensatori comunisti e sono arrivato alle mie considerazioni.
    Il loro modo di pensare è nato a causa delle loro barbe.
    Secondo me, le loro barbe erano un po’ troppo folte e lunghe perché la capillarità dei vasi linfatici sottocute alla barba non pregiudicasse l’organo soprastante (cervello) a causa dall'effetto risucchio dei bulbi piliferi per un pelo eccessivamente lungo e sviluppato.
    A dirla in parole povere è la stessa cosa che succede ai barboni di strada o a quegli insegnanti religiosi con e barbe troppo sviluppate.
    I nutrienti celebrali vengono risucchiati in giù anziché andare in su verso l'organo che dovrebbe presiedere tutte le attività umane (Il cervello).
    Del resto la medicina non è forse una scienza esatta e sembra proprio che la calvizie sia una cosa naturale, una sorta di strategia messa in atto dall’organismo per proteggere il cervello sottostante.
    Si spiega anche come mai il cervello di coloro che si fanno un autotrapianto sia soggetto ad un invecchiamento precoce con una moria di cellule celebrali decisamente maggiore proprio sotto le zone dove c’è stato il trapianto di capelli.

    Secondo te Dissenso ci potrebbe essere un riscontro in queste realtà?

    Rasthafari

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