La visione del mondo attraverso cui il
partito marxista-leninista interpreta la concezione dei fenomeni naturali
(teoria materialistica) e il metodo adottato per conoscerli (dialettico) si
avvale, sia a livello cognitivo che applicativo, di due parallelismi filosofici
: il materialismo dialettico e il materialismo storico.
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Il materialismo storico è lo strumento
adottato sia da Marx che da Engels per estendere i princìpi del materialismo
dialettico ai fenomeni della società, e al loro studio.
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La dialettica di Hegel
individua nel processo di creazione del pensiero, che egli trasforma dandogli
il nome di Idea, un soggetto indipendente e creatore della realtà
(demiurgo), che in ultima analisi altro non è che la manifestazione estrinseca
dell’Idea stessa.
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Secondo la concezione di Marx, invece,
c’è una sostanziale differenza tra la propria visione dialettica e quella di
Hegel, che le pone quindi in netta contrapposizione, essendo l’una l’opposto
dell’altra.
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Secondo la concezione marxista,
infatti, l’interprete ideale è rappresentato dall’elemento materiale,
trasportato e trasposto nel cervello dell’uomo.
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Anche per quanto riguarda l’aspetto
legato al materialismo non troviamo una esatta corrispondenza tra il marxismo e
i filosofi a cui si ispira questa corrente di pensiero, come ad esempio Ludwig
Feuerbach.
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Il suo materialismo, infatti, non si
era spogliato del tutto da una influenza spiritualistica, etico-religiosa, e
idealistica, che ne sovrapponeva le implicazioni al suo nucleo essenziale.
L’approccio di Karl Marx e di
Friedrich Engels con i riferimenti filosofici di Feuerbach trarrà spunti di
convergenza quindi solo dal nucleo essenziale, appunto, da cui saranno
sviluppate le teorie filosofico-scientifiche del materialismo.
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Emergono già, da queste brevi
considerazioni, i limiti di un assioma che pone in evidenza l’alternarsi delle
contraddizioni esistenti in natura, ponendole in una sorta di posizione di
predominanza e di rilievo, senza per altro tenere in considerazioni gli aspetti
di ciò che rappresenta l’involucro metafisico e ideologico dell’incedere
naturale.
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La condizione della vita nella
società, dal punto di vista del materialismo storico, si intende come elemento
che deve prescindere dall’ambiente geografico.
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Secondo questo approccio, infatti, il
fattore ambientale non è determinante
per lo sviluppo dei cambiamenti della società, così come non lo sono l’aumento e la densità della
popolazione.
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L’aumento della popolazione inoltre,
influisce in maniera determinante all’evoluzione o al regresso, come forza
principale, dello sviluppo della società.
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E’ innegabile, infatti, che la forza
dei numeri riesca a variare gli assetti geo-politici, e che la forza delle
masse possa indurre i Governi o le dittature a modificare interi orientamenti
di carattere sociale, politico, o economico.
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La guerra del marxismo contro le
ideologie, a favore di un materialismo dialettico, esprime tutta l’insofferenza
di un sistema refrattario a qualsiasi forma di idealizzazione e di misticismo, e respinge qualsiasi concetto che possa avvicinarsi a
considerare il mondo come espressione di una “coscienza” o di uno “spirito
universale”.
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La dialettica marxista trae spunto
anche dall’evoluzione dello stesso materialismo, rifuggendo da quello
meccanicista in quanto invariabile e determinato.
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“La concezione materialistica del
mondo – secondo Engels – significa semplicemente la comprensione della
natura, quale essa è, senza alcuna aggiunta estranea.”
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E’ quindi sufficiente, secondo Engels,
conoscere e considerare solo gli aspetti materiali del mondo in cui viviamo,
poiché sono questi gli aspetti che rappresentano la realtà oggettiva e
costituiscono il dato primario, cui la coscienza può attingere solo come dato
riflesso e derivato dalla materia.
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Ne deriva una decisa
spersonalizzazione dell’individuo, di cui il marxismo accetta l’esistenza, ma
solo come essere reale, oggettivo e materiale, ma indipendente dalla coscienza,
dalle sensazioni e dall’esperienza.
Secondo il materialismo marxista
l’unica realtà oggettiva è la materia, che esiste, insieme alla natura,
indipendentemente dalla coscienza.
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Il pensiero è un prodotto della
materia, cioè del cervello, che ne è l’organo.
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Secondo questo binomio non si può
separare il pensiero dalla materia se
non si vuole cadere in errore.
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In particolare Marx vuole dire che la
fonte delle idee sociali, delle teorie, delle concezioni politiche e delle sue
istituzioni, non va ricercata nello stesso pensiero da cui possono scaturire,
ma solo nelle condizioni di vita materiale della società di cui tutto ciò è il
semplice riflesso.
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Secondo Marx “non è la coscienza
degli uomini che determina il loro essere, ma è al contrario il loro essere
sociale che determina la loro coscienza.”
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Sembra evidente dunque l’esigenza di
ottemperare a precise regole di causa-effetto, senza le quali ci si troverebbe
in situazioni di amorfa indolenza.
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La stretta correlazione tra l’essenza
primordiale di una spinta verso lo sviluppo sociale e l’impatto con l’effettiva
contingenza della vita materiale, sarebbero gli unici attori protagonisti di
una qualsiasi rappresentazione di carattere vitale e intellettuale.
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Si evidenza, in questa esposizione
della dottrina dialettica materialistica marxista, il limite di un circolo
chiuso, sterile, e dipendente solo dalle spinte periodiche di quelle masse
popolari che richiedono un cambiamento contro le forze morenti della società.
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Le teorie sociali, che costituiscono
il motore del cambiamento, si sovrappongono però continuamente, alla ricerca
del miglioramento che esprima lo
sviluppo della vita materiale, e quindi nuove mobilitazioni cercheranno di
sostituire il nuovo diventato vecchio, e così via.
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La quadratura del cerchio si conclude
però in maniera errata, disattendendo le declamate teorie di avanguardia, di
cui si vanta il Marxismo, che ricorre in perpetuo all’uso della violenza per
perseguire i suoi scopi.
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La rivoluzione è stigmatizzata come
metodo di lotta, “democratica” e prodromica al socialismo e al comunismo
stesso.
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Mao Tse Tung, il “Grande Timoniere”
cinese, affermava che la chiave
necessaria a poter studiare le leggi della storia della società in cui viviamo,
si può trovare non nel cervello degli uomini, o nell’analisi delle loro idee, ma solo nel modo di produzione
delle economie della società stessa.
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La conoscenza delle leggi dello
sviluppo della produzione sarebbe quindi, secondo il comunismo cinese, di
ispirazione e di stimolo per l’economia proletaria.
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I rapporti di produzione agiscono
sullo sviluppo delle forze produttive, la cui eventuale crisi sbilancerebbe il
carattere di sviluppo.
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A questo punto occorre quindi porsi
alcune domande di carattere obiettivo.
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Come mai, allora, sia in Unione
Sovietica che nella Cina rivoluzionaria si fa ricorso a vere e proprie schiere
di schiavi, sotto forma di dissidenti politici, per ottenere una produzione
programmata ?
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Evidentemente il materialismo prevalse
su tutto ciò che tentava di sfuggire alle logiche di pensiero preordinate,
troncando sul nascere proprio quelle spinte idealistiche che la dialettica
comunista aveva sempre combattuto.
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L’importanza della “norma” da
conseguire, e del risultato commerciale, prevale quindi nel mondo comunista ad
ogni livello, presentando il risultato materiale come evidenza significativa e
prioritaria, al di sopra dei diritti umani e della diversità di pensiero.
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I gulag sovietici e i laogai cinesi
hanno perseguito lo scopo di “rieducare attraverso il lavoro” milioni di
persone, ree di avere un’opinione diversa da quella del regime comunista.
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Nel brutale percorso persecutorio, gli
sventurati deportati sono stati usati come mano d’opera gratuita per la realizzazione
di fini commerciali statali, sia sotto forma di realizzazione di grandi opere,
che di raggiungimento di target di profitto.
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I concetti che il marxismo sembra
osteggiare, quali quelli di sfruttamento dell’operaio, non sono quindi fumo
negli occhi ?
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I diritti dei lavoratori, e i loro
diritti umani, non sono quindi avulsi
da un contesto di materialismo dialettico ?
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Oppure ne fanno parte, ma
insignificanti nel contesto globale di un mondo marxista che ha dimostrato di
poter esistere solamente grazie all’uso della forza e della violenza ?
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Il ricorso al sopruso nelle fabbriche
sovietiche comuniste, come la prassi del “cottimo”, o l’obbligo del
raggiungimento della norma obbligatoria di produzione giornaliera, sono forse
un esito obbligato del materialismo dialettico ?
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La materia al di sopra dell’idea …
forse per non avere contradditorio, e per poter spezzare impunemente le voci
del dissenso, ricorrendo alla tortura, alla deportazione, e allo sterminio.
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Contestualmente e cinicamente Marx
affermò quanto segue, riferendosi all’economia sovietica :
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“Non esistono crisi economiche né
si distruggono forze produttive.
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E’ un esempio di perfetto accordo tra
i rapporti di produzione e il carattere
delle forze produttive. “
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Attualmente la Cina comunista sta
producendo quantità sempre maggiori di merci di qualsiasi tipo con le quali
inonda i mercati europei, non prima di aver diminuito i prezzi di vendita.
Questo modus operandi rovina la massa
di piccoli e medi competitori di vari settori sul mercato europeo (Italia
compresa), diminuendo la capacità economica dei paesi ospiti.
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In pratica i cinesi si comportano da
capitalisti, e cioè esattamente come coloro che da sempre combattono.
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La contraddizione insanabile mette in
risalto la lotta non solo tra sfruttati e sfruttatori, ma anche la convergenza
dei tratti comuni tra capitalismo e comunismo.
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Il materialismo sia dialettico che
storico, insieme a Marx, e al comunismo, appaiono quindi come un insieme di
parole vacue, sterili, fini a sé stesse, fuorvianti, false e contradditorie.
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Alla luce dei fatti, gli stereotipi di
riferimento sembrano appartenere non solo ad una contrapposizione rivolta
all’universo dell’idealismo filosofico, ma anche e soprattutto ad un sistema
che adotta un nichilismo persistente e quotidiano, corrosivo e devastante,
pernicioso e consapevole, infame e distruttivo, come unica risorsa veramente
distintiva per poterlo contraddistinguere.
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In due parole possiamo tranquillamente
affermare :
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COMUNISMO = MORTE …
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Dissenso
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RispondiEliminaGostei post.
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Selma
un abbraccio di buon giovedi.. interessanti i tuoi scritti molto tristi
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Ho letto alcune delle tue riflessioni sul pensiero dei pensatori comunisti e sono arrivato alle mie considerazioni.
RispondiEliminaIl loro modo di pensare è nato a causa delle loro barbe.
Secondo me, le loro barbe erano un po’ troppo folte e lunghe perché la capillarità dei vasi linfatici sottocute alla barba non pregiudicasse l’organo soprastante (cervello) a causa dall'effetto risucchio dei bulbi piliferi per un pelo eccessivamente lungo e sviluppato.
A dirla in parole povere è la stessa cosa che succede ai barboni di strada o a quegli insegnanti religiosi con e barbe troppo sviluppate.
I nutrienti celebrali vengono risucchiati in giù anziché andare in su verso l'organo che dovrebbe presiedere tutte le attività umane (Il cervello).
Del resto la medicina non è forse una scienza esatta e sembra proprio che la calvizie sia una cosa naturale, una sorta di strategia messa in atto dall’organismo per proteggere il cervello sottostante.
Si spiega anche come mai il cervello di coloro che si fanno un autotrapianto sia soggetto ad un invecchiamento precoce con una moria di cellule celebrali decisamente maggiore proprio sotto le zone dove c’è stato il trapianto di capelli.
Secondo te Dissenso ci potrebbe essere un riscontro in queste realtà?
Rasthafari