Durante il corso di tutta la sua
storia, il popolo Armeno è stato oggetto di violenze e di costrizioni, ad opera
soprattutto dei turchi e dei curdi dell’Impero Ottomano, fino al grande
olocausto che ha portato al genocidio finale del 1915 e 1916 di 2 milioni di
vittime innocenti.
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A questo proposito voglio proporre due
testi, estrapolati dall’universo in cui gli interrogativi storiografici si
misurano sulla questione del genocidio.
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Yves Ternon ha scritto invece “Gli
Armeni” scavando in profondità nella storia del popolo dimenticato, dando al
genocidio armeno caratteristiche non più di ipotesi, ma di certezza.
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L’Armenia geograficamente è situata a
sud della catena montuosa del Caucaso, considerata il divisorio naturale tra
Asia ed Europa.
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Confina con la Turchia ad ovest, con la
Georgia a nord, con l’Azerbaigian e la Repubblica del Nagorno Karabak ad est, e
con l’Iran e l’enclave azera del Nakchivan a sud.
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Nonostante il negazionismo e il
giustificazionismo che sferza la società turca oggigiorno, appaiono sempre più
chiaramente le continuità prodromiche dei massacri che, iniziati alla fine
dell’Ottocento fino a quelli perpetrati durante il conflitto mondiale, hanno
caratterizzato la questione del genocidio Armeno.
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Il 1878 rivela infatti evidenti tracce
delle intenzioni ottomane di annichilire la popolazione di etnia armena.
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Il territorio armeno fu infatti invaso
dalle armate russe, ma poiché la dominazione turca soggiogava il popolo armeno
con estrema ferocia, i nuovi invasori furono accolti come veri e propri
liberatori dagli stessi armeni del luogo.
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Questo comportamento provocò,
naturalmente, le ire degli ottomani che, dopo aver riconquistato i territori in
questione, lasciarono la popolazione armena in balìa della soldataglia curda,
che mise in atto il primo vero tentativo di sterminio dell’etnia armena.
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I curdi misero a ferro e fuoco la
cittadina di Bayazet, uccidendo 165 famiglie cristiano armene e poi distrussero
completamente 113 dei 122 villaggi esistenti sul territorio.
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Autorizzati a proseguire nei loro
misfatti, i curdi uccisero più di seimila armeni.
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I curdi identificarono negli armeni le
loro vittime designate.
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Gli armeni venivano trattati come veri
e propri servi della gleba, tanto che ai residenti nei villaggi di tale etnia
non era concesso né di vivere in pace, né di poter disporre dei propri beni, se
non dietro il pagamento di una tassa.
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I tributi che venivano loro chiesti
erano di due tipi :
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il Kjafir, un contributo annuale in
base alle percentuali sia del raccolto che delle dimensioni del gregge, o della
produzione artigianale ;
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l’hala, che costituiva metà della dote
che i fidanzati versavano alla famiglia della futura sposa.
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Sentimenti di rivolta iniziarono a
serpeggiare nel popolo armeno.
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Si costituirono i primi movimenti
rivoluzionari, dopo una lunga fase preparatoria di rinascita culturale.
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Nacquero movimenti dissidenti e società
segrete, come :
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Unione per la salvezza (1872) ;
.Società della Croce Nera (1878) ;
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Protettori della Patria (1881) .
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Nacque L’Armenakan, il partito
rivoluzionario che rivendicava per mezzo della rivoluzione appunto, il diritto
all’autogoverno e l’emancipazione nazionale.
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Dopo il 1878 nelle moschee gli Imam
aizzavano i fedeli contro gli armeni, liberando così lo spirito predatorio dei
curdi, che si sentivano autorizzati e legittimati a taglieggiare i contadini e
i mercanti, a rapire le ragazze armene, e a compiere razzie nei villaggi.
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Dal 1879 al 1881 venne poi messo in
atto un altro tentativo di eliminare la popolazione armena, ancora una volta per
volontà degli apparati ottomani.
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I resoconti diplomatici dei consoli
inglesi di quel periodo raccontano di un enorme flusso migratorio del popolo
circasso, proveniente dalla Russia e dalla Bulgaria.
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Le popolazioni caucasiche represse
dalla ferocia dei governanti russi, emigrarono, e vennero attratte dalle
lusinghe delle autorità ottomane, che promisero loro allettanti prospettive di
insediamento nei territori armeni, messi a loro disposizione.
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Vennero loro promesse : razioni di pane
per un anno, distribuzione di terre, impieghi ben retribuiti nelle aziende
agricole, denaro per costruire villaggi, moschee, e abitazioni.
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Lo scopo delle autorità turche era
quello di attirare in terra di armenia un gran numero gli immigrati,
allettandoli con lusinghe, per poi negare loro ogni promessa fatta, e
lasciandoli in balìa degli eventi, soli, e senza riparo, né cibo, obbligandoli
di conseguenza a competere e a venire in conflitto con la popolazione
residente, cioè gli armeni, per poter sopravvivere.
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Dato l’enorme numero dei migranti, le
autorità speravano che la loro presenza e la loro necessità di imporsi
potessero sopraffare i residenti Armeni, e causare così la loro eliminazione
totale.
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Accadde così che nel 1880 il fenomeno
dell’immigrazione si intensificò e flussi di decine di migliaia di profughi
iniziarono a percorrere il territorio armeno, per rifugiarvisi, affamati e
armati.
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L’oppressione sugli armeni era
esercitata oltre che dai curdi, anche dai funzionari e dagli esattori turchi.
Gli eccessi di crudeltà rappresentavano
la regola e i contadini armeni erano bersagliati dai furti di bestiame, senza
il quale non potevano coltivare la terra.
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La carestia colpì così interi distretti
e provincie, in cui morirono per fame decine di migliaia di armeni.
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Nelle strade si ammucchiavano i
cadaveri, in parte divorati dai cani.
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Le epidemie seminarono ulteriore
disperazione e morte.
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Nel 1889, in occasione della visita a
Costantinopoli di Guglielmo II° la comunità armena consegnò al Kaiser una
petizione nella quale si ricordava che le promesse fatte con il trattato di
Berlino non erano state mantenute, e in particolare l’applicazione
dell’articolo 61.
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Ciò portò ad una sola conclusione :
irritare il Sultano, che istituì una forza di cavalleria (chiamata Hamidiani)
destinata alla repressione dei “ribelli” armeni.
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Solo gli ufficiali venivano retribuiti,
mentre alla truppa veniva fatto sottintendere che avrebbe trovato la propria
forma di pagamento mediante il frutto dei saccheggi e delle razzie.
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I curdi che bramavano le terre degli
armeni venivano incoraggiati ad appropriarsene, insediandosi.
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Nel 1890 nacque il
Dashnak-sutiun (HDD) (la Federazione rivoluzionaria armena), di ispirazione
socialista.
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Nel 1894 scoppiò il conflitto di
Sasun, scatenato dal rifiuto di tre villaggi di pagare le tasse di nuovo, per
la seconda volta, dopo averle già pagate.
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Le razzie curde imperversarono e gli
armeni vennero uccisi, fucilati, impiccati, mutilati, stuprati e distrutti a
migliaia, con la compiacenza del Gran Visir Said Pasha.
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Gli abitanti di 25 villaggi (sempre nel
distretto di Sasun) presero le armi per difendersi, riuscendo a mettere in fuga
gli assalitori curdi.
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A questo punto il Governatore turco
intervenne, imponendo loro di deporre le armi.
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Le stime del numero delle vittime, a
seconda delle versioni, variano da 2.000 a 6.000 persone.
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Le testimonianze dei missionari
presenti sul posto, e quelle dei sopravvissuti parlarono di 200.000 morti, di
centinaia di villaggi distrutti, di chiese rase al suolo, deportazioni e
torture.
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Sasun divenne il banco di prova della
politica di massacro adottata dal Sultano Abd-ul-Hamid e mostrò con chiarezza
l’evidente intenzione di operare nella direzione di un vero e proprio sterminio
di tutti gli Armeni.
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Lo sterminio di centinaia di migliaia
di vittime armene, dal 1894 al 1896 fu permesso, quando non
addirittura attuato scientemente, dal Sultano Abd-ul-hamid, che si guadagnò
così, con il sangue versato, il soprannome di “Sultano rosso”.
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Il 1895 fu un anno di massacri,
a cui il Gran Visir ottomano Said Pasha si dedicò con cura, dopo aver
pronunciato la frase :
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“Sopprimeremo la “questione armena”
sopprimendo gli Armeni” !
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Il via ai massacri avviene a Istanbul,
in occasione di una manifestazione degli Armeni di Costantinopoli (in turco
Istanbul) in difesa dei loro diritti.
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Il corteo viene fermato dalla Polizia
la quale insulta e colpisce i dimostranti, che rispondono sparando ad un ufficiale.
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La reazione è violenta e immediata :
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inizia la caccia agli Armeni, che
vengono inseguiti, depredati, uccisi, seviziati e giustiziati sommariamente.
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L’indomani 50 armeni vengono uccisi,
massacrati a colpi di manganelli, mentre altri armeni, facchini (hamal),
vengono mutilati orrendamente.
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A Kassim-Pasha altri 50 Armeni vengono
sgozzati davanti alla Polizia senza che questa intervenga, e di nuovo la
ferocia si scaglia contro altri 50 operai armeni che vengono uccisi e gettati
in mare.
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Gli Armeni affluiscono allora in massa
all’interno delle Chiese cittadine in cerca di rifugio ed è solo grazie
all’intervento degli ambasciatori occidentali che gli Armeni vengono
risparmiati.
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Su pressione dell’intervento francese,
russo, e inglese, il Sultano Abd-ul-Hamid firma il pacchetto di riforme che
interessano le sei province armene (vilayet).
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E’ però troppo tardi, in quanto il
Sultano aveva già espresso la necessità di frenare le agitazioni rivoluzionarie
propagatesi nei vilayet, ricorrendo alla repressione mano a mano che si fossero
presentate.
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Inoltre la sua accettazione delle
riforme pro-Armeni provoca un allarmismo e una reazione tra i curdi e i turchi
musulmani che sfociarono in un bagno di sangue senza precedenti, di cui
possiamo leggere di seguito.
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VILAYET di TREBISONDA :
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Il 4 ottobre 3000 turchi prendono
d’assalto i quartieri armeni alla ricerca dei presunti responsabili del
ferimento del comandante della milizia locale.
Il 7 ottobre vengono segnate con la
vernice rossa le porte dei cittadini stranieri.
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L’8 ottobre, a mezzogiorno squilla una
tromba, che dà il segnale del massacro.
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I turchi armati invadono i quartieri
armeni e uccidono tutti coloro che incontrano, irrompendo nei negozi e nelle
case, eccetto quelle contrassegnate con la vernice rossa.
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Il bilancio, quando la tromba dà il
segnale di cessazione delle ostilità, è di 600 armeni morti.
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Tra ottobre e dicembre i paesi
circostanti vengono messi a ferro e fuoco, e si contano 34 villaggi
distrutti e 200 armeni assassinati.
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Come se non bastesse, vengono arrestati
numerosi armeni, di cui 8 sono condannati a morte, e 24 a diversi anni
di galera.
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VILAYET di ERZURUM :
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A Erzurum, nell’antica capitale
dell’alta Armenia, la tromba che dà il segnale di inizio alle ostilità suona il
30 ottobre, a mezzogiorno.
Per tutto il giorno e tutta la notte
gli Armeni vengono scannati, scorticati e appesi a uncini da macellaio.
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I cadaveri vengono cosparsi di petrolio
e gettati sopra le pire ardenti preparate dai turchi.
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Si contano 400 vittime,
accatastate le une sulle altre, insanguinate, mutilate, irriconoscibili.
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A Erzidian, in balia dei carnefici per
tutto il 21 ottobre, le vittime sono oltre 1.000.
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A Beyburt dal 13 ottobre in avanti si
registrano razzie di turchi e curdi, che provocano la morte di oltre 650
armeni.
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Tutti i maschi del circondario vengono
sterminati e 175 villaggi sono messi a ferro e fuoco.
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Il Governo manda poi degli emissari per
cancellare le tracce dei crimini.
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I notabili vengono incarcerati e
torturati.
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A Trebisonda numerosi gruppi di donne e
bambini vagano per le strade, in una regione devastata.
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Gli Armeni sono costretti a convertirsi
all’Islamismo.
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Il 14 ottobre, a Kighi, il 23 a
Bayazet, e il 27 novembre a Passin, i villaggi vengono incendiati e i sacerdoti
cristiani uccisi.
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VILAYET di BITLIS :
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A Bitlis il 25 ottobre echeggia la
famigerata tromba, al suono della quale i turchi, armati di sciabole, bastoni e
fucili, attaccano gli armeni, sia al mercato cittadino che nelle vie.
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Entro le 17 ne vengono assassinati ben 800.
Due villaggi del circondario vengono
rasi al suolo..
Le autorità rendono alle famiglie i
cadaveri delle vittime, orrendamente mutilati.
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Il 19 novembre vengono saccheggiati i
villaggi attorno a Seert, e i preti e gli insegnanti vengono ammazzati, le
donne rapite e stuprate, e i superstiti obbligati a convertirsi.
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Attorno a Mush centinaia di villaggi
del Sasun vengono devastati e depredati.
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Chiese e conventi sono trasformate in
moschee, e i sopravvissuti islamizzati.
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La commissione di inchiesta inviata sul
luogo in rappresentanza delle autorità dichiara :
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“ I curdi si sono comportati male;
avevamo dato l’ordine di sopprimere gli Armeni. Hanno saccheggiato invece di
uccidere.”
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VILAYET di VAN :
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Qui il saccheggio viene organizzato
dalle tribù curde e dai reggimenti di cavalleria Hamidiani istituiti dal
sultano.
Nei primi 20 giorni di novembre ben 160
villaggi vengono saccheggiati e depredati.
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Ogni giorno l’antico monastero di
Aghthamar è invaso da migliaia di disgraziati, nudi e affamati, terrorizzati
dalle scene di atrocità cui avevano assistito.
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VILAYET di HARPUT (o Mamuret-ul Aziz):
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La provincia sicuramente più colpita.
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La notizia dell’accoglimento delle
riforme per gli Armeni da parte del Sultano crea malcontento nei musulmani che
iniziano a riunirsi in massa nelle moschee.
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I morti sono ben 3.000.
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Il 6 novembre altri 3.000 armeni
vengono “stanati” dalle chiese in cui si erano rifugiati.
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Adbkir vengono massacrati 2.800
armeni per mano di orde di turchi, composte da schiere di persone assetate di
sangue di ogni età, dai vecchi ai bambini, tutti armati.
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Gli Armeni vengono gettati nel fuoco,
appesi a testa in giù e scorticati, tranciati con falci e accette, cosparsi di
petrolio e arsi vivi, sepolti vivi, decapitati fucilati a gruppi di 50,
squartati, soprattutto le donne, a cui vengono strappati i seni.
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Nei dintorni di Harput a fine Ottobre
iniziano i massacri : gli abitanti vengono uccisi, i superstiti convertiti a
forza, le donne e le ragazze violentate, rapite o forzate a maritarsi con i
turchi.
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Alla fine di novembre il vilayet di
Harput è una distesa di rovine.
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Diverse decine di migliaia di Armeni sono
stati trucidati, compreso i sacerdoti che non si sono sottoposti ad abiura
della fede cristiana.
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VILAYET di DIYARBAKIR :
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Il vilayet, in territorio curdo, consta
di una minoranza armena, tradizionalmente perseguitata.
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Il 22 ottobre 1895 all’annuncio delle
riforme accordate dal Sultano i musulmani del luogo si recano al mercato a
comprare armi.
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...
Il 1° novembre i curdi irrompono in
città, saccheggiando il mercato e incendiandolo, e uccidendo i cristiani.
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Il giorno successivo l’attacco è
rivolto alle abitazioni armene, rubando e ammazzando.
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Il bilancio è di 5.000 armeni
uccisi e di 119 villaggi saccheggiati e incendiati.
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Parecchi Armeni vengono inoltre
arrestati e torturati per ottenere false confessioni.
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A Palu, cittadina di 12.000 abitanti,
l’11 novembre si scatena l’attacco musulmano contro gli Armeni, e tutti gli
abitanti di sesso maschile vengono sgozzati.
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Un sacerdote cristiano viene anche
smembrato, fatto letteralmente a pezzi.
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Le donne si gettano nel fiume per
sfuggire ai Turchi.
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Su 2400 armeni, ne vengono assassinati 1680.
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VILAYET di SIVAS :
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All’inizio di novembre del 1895 dei
nomadi curdi invadono la regione, depredando e bruciando i villaggi.
Il 12 novembre a Silvas tutti i negozi
armeni vengono saccheggiati, e vengono uccise 1.500 persone quasi tutte
con lo sfondamento del cranio causato da colpi di ascia o di sbarre di ferro.
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150 villaggi vengono
saccheggiati.
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A Shabin-Karahisar, il 1° novembre
vengono uccise 2.000 persone che si erano rifugiate nella chiesa.
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Il 12 novembre a Gurun, dopo 4 giorni
di assedio oltre 2.000 curdi irrompono in città e compiono una vera carneficina
; 1200 morti !
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Il giorno 28 tutti questi cadaveri
giacciono ancora per le strade.
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Amasya viene saccheggiata il 25
novembre, e le vittime ammontano a circa 1.000.
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Il 15 novembre, a Mersivan vengono
uccisi 150 Armeni, e altri 200 a Vezir-Kopru a metà dicembre.
..
VILAYET di ALEPPO :
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Il 27 e il 28 ottobre i curdi dei
reparti hamidiani sterminano 900 armeni.
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Le porte delle case vengono sfondate a
colpi d’ascia e gli abitanti vengono sgozzati.
...
prima il massacro, poi il saccheggio.
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Uno sceicco si fa portare 100
giovani, e dopo averli fatti sdraiare sulla schiena, li sacrifica con un rito
coranico, recitando i versetti del Corano.
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Il 29 riprende l’eccidio fino a
esaurimento delle vittime.
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Rimangono 3.000 persone che
avevano trovato rifugio in chiesa.
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I turchi, dopo averle “stanate”
iniziano ad ucciderle una per una, poi danno fuoco alle suppellettili,
incendiando tutto.
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I morti arrivano ad essere 8.000,
di cui 2.500 uccisi nella cattedrale.
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A Marash il 18 novembre la furia
omicida turca provoca oltre 1.000 vittime armene.
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Migliaia di vittime anche nei villaggi
nei dintorni di Alessandretta, dove un
numero enorme di cadaveri giace nelle campagne.
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Il 15 e il 17 novembre la cavalleria hamidiana
si accanisce su Ayntab e provoca 1.000 morti tra gli Armeni.
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Altre 150 vittime si contano a Biredjik
il 1° gennaio.
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In tutto il vilayet di Aleppo scompaiono
interi villaggi e orde di sopravvissuti vagabondano senza meta e senza un
tetto, in preda alla fame.
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VILAYET di ADANA e VILAYET di ANGORA :
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Turchi e Circassi aggrediscono i
Cristiani, bruciano le fattorie e razziano il bestiame.
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A Missis i turchi irrompono nella
chiesa armena, profanando gli arredi e oltraggiando il prete.
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Bande di Circassi spargono il terrore
nei territori di Yozgad e di Hadij-Koy.
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A Kayseri si contano migliaia di
vittime.
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Nel 1895 le atrocità si palesano
dappertutto nei vilayet armeni, e la frenesia omicida e predatoria riduce
l’Armenia ad un cumulo di cenere e di morti.
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Nell’estate del 1896 ebbe luogo
l’azione politico-militare più significativa da parte del Dashnak, che assalì
la Banca ottomana di Costantinopoli.
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In tale occasione fu diffuso un
volantino in cui si chiedevano “riforme giuridiche conformi al sistema europeo”
e “la nomina per l’Armenia di un alto Commissario Europeo, designato dalle sei
grandi potenze.”
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Dopo 15 giorni le truppe turche
uccisero per rappresaglia circa 2.000 armeni nella città di Egin, in cui era
nato l’organizzatore dell’assalto alla banca.
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Le responsabilità occidentali furono
enormi e si possono riassumere nel comportamento adottato, di non intervento,
palesando l’evidenza di una marcata insofferenza ad occuparsi del problema armeno, relegandolo così entro i limiti
di una considerazione di secondaria importanza.
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Gli Armeni hanno anche subìto per lungo
tempo le conseguenze di una stereotipizzazione che condusse ad essere
polarizzati ed identificati come i responsabili di una frattura sociale.
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La loro classe sociale, politica, ed
economica, borghese e privilegiata, anche se numericamente minoritaria, fu
messa in contrapposizione con quella dei contadini turchi, da loro sfruttati e
resi dipendenti da uno squilibrio conflittuale.
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Tutto ciò senza tenere conto del fatto
che la maggioranza della popolazione armena era anch’essa di estrazione
contadina.
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...
In questo modo si venne a creare una
sorta di alibi per le responsabilità degli appartenenti all’etnia turca,
sfruttata (secondo l’affermarsi di tale assioma ), e quindi soggetta ad essere
incline a reazioni, anche se esagerate, in risposta alla “provocazione” armena.
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Inoltre, la borghesia armena venne
identificata come collusa, quando non addirittura coincidente, con il capitale
finanziario straniero, contrario quindi allo sviluppo di una nazionalizzazione
economica e sociale.
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Questa interpretazione, con la quale i
nazionalisti turchi trovarono simbiotici elementi di convergenza con la visione
tardo-marxista, tendeva ad assolvere i musulmani ottomani dalle proprie
responsabilità per le violenze commesse.
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Ma una repressione ben più terribile si
profilava all’orizzonte del triste panorama armeno, inarrestabile e carica
d’odio, epilogo dei prodromi fin qui narrati : il genocidio e lo sterminio
sistematico della popolazione armena, di cui tratterò nel prossimo post dal
titolo :
“Armeni : il genocidio finale.”.
Querido amigo...el ser humano es capaz de realizar las mayores atrocidades. Es una vergüenza.
RispondiEliminaGracias por traernos este episodio atroz y cruel que esperemos que jamás se vuelva a repetir. Aunque creo que dentro de un tiempo, otro dictador cruel, en nombre de la pureza étnica o religiosa desatará el crimen y volverán a morir personas inocentes.
Un abrazo
W.
Amigo,
RispondiEliminaSou Portuguesa e o encontrei como meu seguidor em meu blogs :
http://os7degraus.blogspot.pt
E vim, o queria conhecer!
E se me depara o melhor blogs que encontrei! Excepcional o seu blogs! Toda a verdade, toda a miséria, toda a maldade existente no mundo, aqui escrita e transccrita.
Bravo e os meus parabéns! O felicito por sua sensibilidade!Deixei-me ficar perdida
por tanta sinceridade. Sou sua seguidora a partir deste momento!
Tente perceber o que lhe escrevo!
Maria Luísa
No conocía de muchas cosas. Y lo que conocía era una visión general. Lo que escribiste te deja fría el hombre es capaz de hacer tantas atrocidades u hay momentos que uno no se siente perdida de ser parte de la humanidad. Te mando un beso y saludos desde Ecuador
RispondiElimina