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Noi tutti stiamo assistendo al proliferare di un fenomeno inquietante che trova riscontro in un modus operandi e in alcune teorie di base sviluppate in passato sia dal nazismo che dal comunismo.
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Si tratta dell’Eurasiatismo, una filosofia che ha trovato a Mosca, inserita nel programma di una Organizzazione non governativa fondata da Aleksandr Gel’evic Dugin, un terreno molto fertile per lo sviluppo di un panslavismo esasperato, simile al pangermanesimo hitleriano e alla diffusione del bolscevismo per mezzo del Cominform staliniano.
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Anche Stalin nel 1945 proclamava il russo come lingua di comunicazione generale e ufficiale per tutti i Paesi slavi, mentre il metropolita Stefano, Vicario del Sinodo bulgaro invitava il popolo russo a “ricordare la sua missione messianica”, profetizzando la futura unità dell’universo slavo.
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L’espansione
auspicata dagli eurasiatisti pone al centro del mondo slavo il potere di Mosca,
che assume il ruolo di nucleo essenziale per fagocitare l’Europa sotto l’egida
di un unico grande controllore : la Russia.
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Dugin è
stato il fondatore del Partito Nazional-Bolscevico e di altri partiti russi,
come il Fronte Nazionale Bolscevico, che sebbene siano indicati dai media come
“di destra” ripercorrono stereotipi che trovano corrispondenza in un comunismo
nazionalista che si allarga come un virus verso una pandemia che si estende in
Europa.
Putin ha
dimostrato in questi anni di rappresentare la continuazione tra la minoranza
bolscevica che strappò il potere politico mediante il ricorso alla violenza,
esercitata da Lenin e da Stalin dopo la Rivoluzione dell’Ottobre 1917, e il comunismo attuale, metamorfizzato, che da un lato compete sui
mercati finanziari mondiali, o che ospita le olimpiadi invernali, ma che
parallelamente uccide a sangue freddo gli oppositori politici.
Noi tutti stiamo assistendo al proliferare di un fenomeno inquietante che trova riscontro in un modus operandi e in alcune teorie di base sviluppate in passato sia dal nazismo che dal comunismo.
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Si tratta dell’Eurasiatismo, una filosofia che ha trovato a Mosca, inserita nel programma di una Organizzazione non governativa fondata da Aleksandr Gel’evic Dugin, un terreno molto fertile per lo sviluppo di un panslavismo esasperato, simile al pangermanesimo hitleriano e alla diffusione del bolscevismo per mezzo del Cominform staliniano.
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Anche Stalin nel 1945 proclamava il russo come lingua di comunicazione generale e ufficiale per tutti i Paesi slavi, mentre il metropolita Stefano, Vicario del Sinodo bulgaro invitava il popolo russo a “ricordare la sua missione messianica”, profetizzando la futura unità dell’universo slavo.
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Aleksandr Gel'evic Dugin |
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Putin
non è in competizione con Dugin, ma se ne serve come catalizzatore per
orientare le masse verso preferenze che auspicano un ritorno a simbiosi
panrusse, spezzando i fermenti popolari legati a indesiderati sentimenti
nazionalisti.
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Vladimir Putin |
L’ex
colonnello del Kgb (Putin) affianca il Movimento eurasiatista, fornendo la
presenza militare e la forza devastante di un comunismo mai sopito, che
ripropone uno stereotipo devastante e tragicamente noto.
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Da una
parte quindi una accattivante politica di universalizzazione dei popoli slavi,
proposta da Dugin e inoculata alle masse sotto forma di propaganda ideologica,
e dall’altra la prepotenza micidiale dell’apparato militare comunista, già
responsabile di efferatezze, stupri, omicidi, e violenze, come nel caso
dell’occupazione della Cecenia, o in relazione all’eliminazione fisica degli
oppositori, come nel caso di Anna Politkovskaja e di altre decine di
giornalisti russi.
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Le
simpatie espresse da Dugin verso il nazionalismo esasperato nazista ricalcano
la sua ossessione per l’unificazione politica del territorio russo, e il
conseguente allargamento all’Europa, salvando ideologicamente l’eredità
bolscevica, creando un dualismo destra-sinistra che prende il nome di
nazional-bolscevismo.
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Non a
caso la bandiera del Partito Nazional-Bolscevico, cui diede origine Dugin, e
che attualmente è fuori legge, consiste in una grafica riveduta e corretta di
due elementi fusi in un contrasto di assonanze, il nazismo e il comunismo.
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Tale
bandiera adotta come simbolo, infatti, la falce e il martello all’interno di un
cerchio bianco su sfondo rosso.
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bandiera Fronte Nazionale Bolscevico |
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Tra
Putin e Dugin intercorre però una sorta di simbiosi che permette di individuare
nell’accorpamento delle Repubbliche ex sovietiche una linearità di percorso
comune, che passa attraverso una identità di vedute che soddisfa entrambi.
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Le
caratteristiche della cieca violenza esercitata in occasione dell’occupazione
della Repubblica Cecena sono facilmente individuabili anche nell’ultima
devastante performance dello “zar” Putin, mentre gli pseudo referendum “popolari”
e l’indottrinamento delle masse a favore della Russia esercitate da Dugin,
dimostrano la volontà di annichilire un’altra sovranità nazionale, a favore di
un sentimento panrusso che travalica la democrazia e la giustizia.
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Va però
considerato che l’elemento principe che si auto alimenta a questo banchetto si
può facilmente individuare nell’unico attore in grado di poter decidere, con la
forza, in che direzione andare, e cioè Putin.
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Putin
quindi assume il ruolo di colui che, paradossalmente, cavalca la tigre, come
direbbe Julius Evola, e che strumentalizza gli elementi della politica interna
a lui favorevoli, in un percorso strategico degno di un ex colonnello del Kgb,
il servizio segreto più fedele al comunismo che sia mai esistito.
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Il
comunismo, quindi, ripropone oggi, subdolamente, i suoi stereotipi, modificati
, ma identici nell’essenza, come quelli che hanno condotto milioni di persone
alla morte nei gulag staliniani.
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L’eurasiatismo
forse è il mezzo attraverso cui il comunismo tenta di espandere in occidente
ciò che resta di un retaggio politico culturale estrapolato dai recessi della
devastazione staliniana, metamorfizzato ma saldamente ancorato ai principi
fondanti del marxismo, da sempre portati avanti con l’uso della violenza e
della coercizione.
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Solo il
futuro ci dirà come andrà a finire, e se i miei sospetti sono fondati, ma di
certo le azioni nefaste sviluppate in queste giorni in Crimea, sia da Putin che
da Dugin, sono sicuramente prodromiche a qualche cosa che non assomiglia
neppure lontanamente alla libertà e alla democrazia.
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Dissenso
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