Amalrik nel 1976 |
Andrej Amalrik (Mosca 1938 - Guadalajara (Spagna) 1980) è stato un narratore, uno storico,
e un drammaturgo russo, oltre che un dissidente.
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Il padre era archeologo e storico, e
anche Amalrik si iscrisse alla Facoltà di Storia dell’Università di Mosca,
frequentandola a partire dal 1959.
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Nel 1963 fu però espulso a causa delle sue tesi poco
ortodosse sul passato della Russia, espresse nella pubblicazione intitolata I Normanni e
la Russia di Kiev che venne peraltro diffusa clandestinamente,
in cui dava una rappresentazione paradossale della società sovietica.
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In pratica Amalrik
aveva avanzato l’ipotesi che, prima del nono secolo, i greci scandinavi
avessero svolto un ruolo determinante nello sviluppo della Russia, ipotesi
questa che, secondo il regime, sminuiva il ruolo delle popolazioni slave.
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Per questo motivo e per il fatto che i testi
fossero diffusi clandestinamente attraverso lo strumento del samizdat, l’autore
fu arrestato nel 1965 e condannato all’esilio interno e al lavoro coatto in
Siberia.
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Dopo aver effettuato un breve viaggio a Mosca
in occasione della morte di suo padre, Amalrik rientrò in Siberia e si sposò
con Gyuzel Makudinova, una artista espressionista tartara, la quale condivise
con lui l’esilio che gli era stato imposto.
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L’accusa con cui fu deportato nella regione
siberiana di Tomsk fu quella di tenere “una condotta parassitaria”, ma poi il
verdetto fu rivisto dalla Corte Suprema dell’Urss e Amalrik venne liberato nel
1966.
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Il dissidente Pavel Litvinov |
Iniziò a collaborare con la Stampa straniera divenendo
freelance per l’agenzia “Novosti” (Notizie) facendo da anello di congiunzione
fra i dissidenti e i giornalisti occidentali
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Nel 1968
partecipò con Pavel Litvinov alla stesura del libro “Il processo dei quattro” riguardante l’arresto
degli scrittori dissidenti Yuri Galanskov, Alexander Ginsburg, Alexei
Dobrowolski e Vera Lashkova, imprigionati per “agitazione e propaganda
antisovietica”.
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Litvinov
fu arrestato dal regime comunista e quindi toccò ad Amalrik il compito di finire
di scrivere il libro e di consegnarlo ai giornalisti occidentali.
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Grazie
ai suoi contatti con la stampa estera riuscì a far arrivare in Occidente anche
il saggio manoscritto di Andrei Sakharov “Pensieri
sul progresso, convivenza pacifica e libertà spirituale”.
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Questo saggio letterario prevedeva una crisi incombente
del sistema sovietico, che avrebbe portato secondo l’autore alla scomparsa
dell’URSS nell’arco di quindici anni, soprattutto a causa della minaccia
cinese.
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L’Urss in effetti finì nel 1985 con la Perestroika, un
anno dopo la fine prevista dall’autore, anche se, ufficialmente, fu sciolta nel 1991.
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Amalrik fu tenuto prigioniero in un lager nella Regione di
Novosibirsk della Siberia occidentale e a Magadan sulla costa del Mare di
Okhotsk.
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Il 21 maggio 1973, al termine della pena la Procura di
Magadan gli contestò di nuovo il fatto
di aver contravvenuto al medesimo articolo di Legge, infliggendogli altri tre
anni di detenzione.
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Amalrik intraprese uno sciopero della fame durato 117 giorni, in seguito al quale la Corte Suprema
dell’Urss modificò la condanna a tre anni di esilio, da scontare a Magadan.
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Nel mese di Maggio del 1975 Amalrik fu liberato e potè far
ritorno a Mosca, poi l’anno successivo lasciò l’Unione Sovietica per stabilirsi
in Occidente dove continuò a diffondere la verità sul sistema repressivo
dell’Unione Sovietica.
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Nel 1976 dopo un tour di addio nella sua amata Russia,
emigrò infatti in Olanda, dove iniziò a lavorare per l’Università di Utrecht,
salvo poi trasferirsi negli Stati Uniti per tenere varie conferenze.
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A proposito dell’uso fatto dall’Unione Sovietica dei
manicomi criminali, in cui venivano rinchiusi poeti e artisti dissidenti come
Vladimir Bukovskij, Natal’ja Gorbanevskaja, Jurij Mal’cev, Piotr Grigorenko, e
Josif Brodskij, Amalrik rivolse al Presidente russo Gorbaciov una riflessione :
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“Io penso
- scrisse Andrej Amalrik - che
sia la cosa più ripugnante commessa dal regime. Nel contempo mi sembra un
esempio lampante della completa capitolazione ideologica del regime di fronte
ai propri avversari, non trovare di meglio che dichiararli pazzi”.
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Amalrik e la moglie Gyuzel al loro arrivo ad Amsterdam nel 1976 |
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Amalrik e la moglie Gyuzel comprarono una villa in
Francia, vicino al confine Svizzero, dove iniziò a scrivere il libro “Taccuini di un rivoluzionario”.
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Morì in un incidente d’auto vicino a Madrid mentre si
recava in compagnia della moglie e di due esuli sovietici (Vladimir Borisov e
Viktor Fainberg) a portare la sua ennesima testimonianza e la sua protesta ad
una Conferenza indetta per rivedere gli accordi di Helsinki con l’Urss del
1975.
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La moglie si salvò dal violento impatto della vettura
contro un camion, mentre Amalrik fu ucciso dal piantone dello sterzo che lo
trafisse all’altezza della gola.
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Fu sepolto a Parigi nel cimitero russo di
Sainte-Geneviève-des-bois.
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Prima di morire Amalrik scrisse un
libro intitolato : “Rasputin. Il monaco nero e la corte dell’ultimo zar”, in
cui traccia la storia del contadino semianalfabeta russo che divenne un
influente consigliere dello zar, raccontandola sotto forma di romanzo.
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L’autore però morì prima di completare
l’opera, che fu quindi pubblicata postuma con l’aggiunta di appendici estratte
da altri libri su Rasputin.
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Una di queste compilazioni ausiliarie
trae spunto da un capitolo dell’opera di Felix Yusopov (La morte di Rasputin)
intitolata “La fine di Rasputin”.
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Concludo questo breve "escursus" su uno degli autori russi
più chiaroveggenti per quanto riguarda la fine del regime comunista sovietico, offrendovi il
link al PDF dell’edizione completa del libro “Sopravviverà
l'Unione Sovietica fino al 1984 ? ”
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LINK :
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Dissenso
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