La
società civile italiana del dopoguerra è stata letteralmente avvelenata dal
seme dell’odio seminato dai partigiani appartenenti al Partito Comunista
Italiano guidato da Palmiro Togliatti, espressione di una delle più feroci e
criminali appendici del dittatore sovietico Iosif Stalin.
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Le
manipolazioni della disinformazione comunista hanno inglobato, fino ad oggi,
intere generazioni, offrendo loro un modello di riferimento, quello comunista,
che era esattamente l’opposto di quello reale.
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Veniva
propagandato come un “paradiso” per gli operai e i contadini, mentre oggi
sappiamo che le prime vittime dell’apparato bolscevico e della sua metamorfosi
comunista furono proprio il proletariato e il mondo agricolo.
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Stalin
diede il via libera all’istituzione dei “Partigiani della Pace” nell'aprile del 1949, un organismo
internazionale che manifestava l’intento di opporsi alle armi e alle guerre, ma
che in realtà fu creato solo per contrastare l’imperialismo in chiave anti-americana
e anti-ebraica.
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Lo
dimostra il fatto che mentre illustri artisti di fama mondiale come Picasso e
Guttuso aderivano al progetto di Pace del leader comunista, questi nel
frattempo realizzava la prima bomba atomica dell’Unione sovietica nell'agosto dello stesso anno.
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Non
tutti gli intellettuali però si fecero fagocitare dalle lusinghe, svendendo
sull’altare del comunismo la democrazia e la libertà, ma ci furono anche pochi
illuminati personaggi che furono in grado di ragionare con la propria testa e
di respingere le tentazioni offerte dalle sinistre.
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Una
di queste persone, il regista Franco Zeffirelli, scomparso sabato 15 giugno
2019, è stata una vera e propria stella che brillerà per sempre nel firmamento
intellettuale di coloro che si opposero al Male assoluto : il comunismo.
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Zeffirelli nel 1967 |
Zeffirelli
raccontava che addirittura prepararono un attentato contro di lui, che doveva
sembrare un incidente automobilistico, e al quale scampò solo perché un amico lo
avvertì in tempo.
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Era
odiato dai comunisti, che come si sa usavano la cieca violenza per sopraffare
chi non la pensava come loro e chi non si allineava ai loro dictat, ma lui,
Zeffirelli, credeva anche in Dio e questo gli diede la forza per proseguire il
suo percorso, raggiungendo fama, agiatezza, e popolarità.
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Nei
primi anni “duemila” raccontava di essere stato un raro esemplare di cocciuto
superstite fra coloro che sognavano una cultura liberale opponendosi al moloch
comunista, e di essere stato sempre oggetto di una ostilità bestiale da parte
della sinistra nella sua lunga carriera.
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Il
maestro fiorentino affermava che pochissimi avevano saputo resistere con
coerenza al virus comunista che era penetrato capillarmente nell’intimo tessuto
dell’intellighenzia occidentale, e fra questi lui includeva sé stesso.
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Zeffirelli
accettò quindi l’offerta fattagli dall’amico Silvio Berlusconi di entrare a far
parte di Forza Italia, di cui divenne Senatore per un periodo di sette anni.
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2019 - Zeffirelli in carrozzella |
Affermava
che se Berlusconi non fosse entrato in politica l’Italia sarebbe diventata un
Paese comunista e quando l’amico fu condannato per frode fiscale nel 2013, lui
si presentò alla manifestazione di solidarietà nonostante il caldo estivo e il
fatto che avesse già 90 anni e fosse anche in carrozzella.
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In
quella occasione affermò che l’Italia continuava ad essere soggiogata da “una
dittatura profonda, incorreggibile, della sinistra italiana, fiorita
spudoratamente dopo la guerra a colpi di ricatto e calunnie”.
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Il suo anticomunismo si arricchisce di un valore aggiunto
se consideriamo il fatto che Zeffirelli si definiva un cattolico di sinistra ed
era omosessuale, pur opponendosi al matrimonio fra persone dello stesso sesso.
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Era quasi disgustato dall’avanzata del Movimento 5 stelle
e considerava Beppe Grillo come un “becero comico”, mentre a sinistra aveva in
simpatia sia Piero Fassino che Matteo Renzi che a suo dire “aveva previsto il
tracollo dei comunisti”.
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Negli
ultimi anni il maestro fiorentino soleva dire :
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Oriana Fallaci |
“Meno mi
immergo nel pentolone della politica italiana e meglio mi sento”.
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Nel 2002, in occasione del raduno dei
“no global” a Firenze, si alleò con Oriana Fallaci proclamando che si sarebbero
dati fuoco in Piazza della Signoria come il Savonarola per impedirne la
realizzazione, inconcepibile in un contesto medioevale inviolabile come quello fiorentino.
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Realizzò nell’ex Tribunale di Piazza
San Firenze, dietro Palazzo Vecchio, un Centro culturale delle arti e dello
spettacolo della Fondazione Zeffirelli, in cui vengono custoditi i ricordi
della memoria artistica, come i costumi di scena, i filmati, i prodigi, gli
incanti, le scenografie, le foto di tutta una vita trascorsa al servizio del
cinema e della cultura.
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Zeffirelli
era un uomo di grande cultura e si muoveva con disinvoltura fra teatro e
cinema, ma si rapportava anche con l’immediatezza dei linguaggi popolari, come
la lirica, e riadattando per la televisione molti tratti distintivi della
cultura legata al melodramma, ma sempre esibendo con ostentazione il suo valore
aggiunto, l’anticomunismo.
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Conosciuto
a livello internazionale Zeffirelli fu candidato all’Oscar nel 1968 per “Romeo e
Giulietta” e vinse due Emmy Award, due David di Donatello, e un Nastro
d’Argento.
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Ricevette importanti onorificenze come la nomina a
Grand’Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana nel 1977, la
nomina di Cavaliere Commendatore dell’ordine dell’Impero Britannico nel 2004, e
una Medaglia d’oro ai benemeriti della Cultura e dell’Arte nel 2003.
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Fra
le sue migliori pellicole spicca “La bisbetica domata”, un film del 1967
tratto dall’omonima commedia di William Shakespeare e interpretato da Elisabeth
Taylor e Richard Burton.
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L’anno
successivo fu la volta della trasposizione cinematografica della celebre opera teatrale
di William Shakespeare “Romeo e Giulietta”, girata in lingua inglese con
il diciassettenne Leonard Whiting (Romeo) e la sedicenne Olivia Hussey (Giulietta) come protagonisti.
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Una
delle pellicole più belle della sua intera produzione fu senza dubbio “Fratello
sole, sorella una” del 1972, con cui Zeffirelli vinse il David di Donatello
come miglior regista.
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Non
riesco però a non muovere un solo ma deciso appunto al Maestro, relativo al
fatto che pur calato nella sua immensa produzione di qualità non abbia mai
rivolto la sua attenzione professionale per dirigere film sul gulag sovietico, o sulle stragi delle Foibe, oppure su crimini come le famigerate “marocchinate” delle “forze di
liberazione” francesi nel 1944, così come fecero invece Alberto Moravia e
Vittorio De Sica.
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L’anticomunismo
per essere costruttivo ed efficace deve passare attraverso l’informazione e
l’attività continue e capillari sul territorio e non fermarsi a palesi
dichiarazioni di intenti.
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Il
comunismo va combattuto come Male assoluto, così come le sue emanazioni metamorfiche che si sono diramate come metastasi nella società italiana.
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Non
a caso nelle nostre città esistono ancora oggi vie e piazze intitolate a
criminali comunisti come Tito, Lenin, Stalin, o Togliatti…
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Dissenso
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