A volte ci si bea di apparire in maniera anticonformista, fuori
dalle righe, forse per un male interpretato senso delle cose, quasi a voler
divenire un elemento convergente di estrinsecazioni anche paradossali ma
sublimate.
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A questo proposito appare
tipica la presa di posizione di chi si assume l’onere di dichiararsi comunista.
In questo caso, infatti, si interpreta un ruolo che
classifica l’attore stesso come pedina di un gioco inverosimile, tragico e
fuori dagli schematismi tipici della democrazia e della convivenza civile.
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Il desiderio di porsi fuori dal coro, e di devolvere
una propria identità che non resti fusa con quella delle masse popolari, non
può prescindere però dall’operare una scelta che vada nella direzione giusta.
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Certamente si può affermare che il percorso corretto
non si possa intraprendere seguendo le indicazione fornite da chicchessia,
poiché nessuno ha la verità in tasca.
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E’ però altrettanto e certamente vero che si possono
identificare con certezza ( e quindi evitare ) tutte le vie che riconducono
all’essenza del male, sotto qualsiasi forma o polimorfismo in cui esso si sia
mimetizzato.
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Il comunismo, ad esempio, fin dalle prime
proposizioni filosofiche del suo massimo teorico, Karl Marx, non si è mai
disgiunto da un percorso che lo ha visto in perfetta simbiosi con la violenza,
il male, la morte, e il disprezzo per la vita umana.
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Tra l’altro il comunismo si è sempre arrogato il
diritto di porsi in evidenza come unica leadership di intere masse popolari, e
di svolgere una funzione livellatrice delle coscienze, annichilendo i singoli
individui, in un continuo ed estenuante tentativo di spersonalizzarli.
.Ecco che, quindi, dichiararsi comunista, assume un
significato intriso di violenza, che si accosta automaticamente ad una forma di
decisa prevaricazione verso chi appartiene alle masse popolari.
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L’arrogante e perverso incedere si sdoppia
assurdamente in un contrastante binomio che ci permette di assistere alla
contrapposizione radicale delle componenti guida del comunismo stesso.
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Da una parte l’enfatica pubblicizzazione di
un’entità simbiotica con le masse popolari, propositiva, e rivolta
essenzialmente alla loro tutela, e dall’altra la constatazione che, invece, il
proletariato è fagocitato e inglobato entro schematismi precostituiti, al di
fuori dei quali si diventa nemici, cioè anticomunisti.
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Allora mi chiedo : perché dichiararsi comunisti ?
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Per rimanere al di sopra delle masse e per fare
parte di coloro che ne vogliono assumere il controllo ?
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Oppure perché si rinuncia alla propria identità
intellettuale a favore di un ideale di riferimento accettato ad occhi chiusi ?
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Analizzando i vari aspetti della questione ne deriva
il convincimento che il comunista vero, quello cioè che è contento di
inneggiare ai simboli della falce e martello, ha variegate collocazioni
riconducibili a precise motivazioni.
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C’è chi si riconosce nel comunismo a causa della
propria ignoranza culturale, essendo all’oscuro del fatto che coincida con il
male assoluto.
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C’è chi, pur conoscendo le più che decennali storie
di dolore e di morte ad esso legate, continua stupidamente a concordare e
giustificare le proposizioni del comunismo stesso, rendendosene complice.
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Stupidità ?
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Ignoranza ?
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Quali altri motivi possono indurre una persona sana
di mente ad inneggiare per chi, diffusamente, nel mondo, continua a torturare e
a uccidere ?
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Oggigiorno continua ad esistere chi, avendo
ereditato il retaggio culturale del comunismo, si è metamorfizzato ed ha
proseguito la sua opera distruttrice e nefasta.
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Lo provano le varie e farneticanti prese di
posizione con cui, accuratamente, le formazioni politiche internazionali legate alla sinistra, evitano
di eviscerare parecchie problematiche di cui la Storia ha svelato il velo di
silenzio in cui sono state avvolte per troppi anni.
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Gli esempi non mancano.
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La disinformazione attuata ad arte lo prova.
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I nomi dei gerarchi comunisti che, insieme a
Stalin, per decenni hanno deportato
milioni di persone sono ancora oggi sconosciuti alla maggior parte delle
persone in occidente.
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Le vicende delle Foibe italiane sono state da troppo
poco tempo portate all’attenzione del grande pubblico, e solo grazie
all’incessante sforzo di chi si oppone ad una sistematica disinformazione delle
sinistre.
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La feroce dittatura comunista cinese opprime il
popolo, costringendo i dissidenti entro i confini dei laogai, i famigerati
lager in cui imperano la tortura e la morte, mentre i popoli occidentali vengono
obnulati da un velo di silenzio che li costringe nei ristretti limiti
dell’indifferenza.
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I popoli della Cambogia, della Corea, e del Vietnam
appartengono ad un universo poco conosciuto in Occidente, nel quale la ferocia
comunista si esprime quotidianamente e rappresenta il mezzo attraverso cui il
regime si appropria delle vite e delle coscienze delle persone.
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Ceausescu, il defunto assassino rumeno comunista, ha
per decenni rappresentato il comunismo in un paese che poi ne è uscito
distrutto, ad ogni livello della società, con la compiacenza del comunismo
italiano (e internazionale), che si è guardata bene dal farne parola.
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Che dire poi di Enver Hoxha, il feroce marxista
albanese che ha sostituito la democrazia con il terrore e la repressione ?
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Chi tra gli studenti delle Scuole italiane è stato
informato su questo stato di cose ?
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La disinformazione comunista, ha operato in un senso
preciso e contrario ai princìpi della obiettiva divulgazione, nascondendo e
omettendo, passando sotto silenzio, occultando e disinformando.
Ecco perché mi chiedo, ancora una volta :
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Come può una persona intelligente definirsi
comunista ?
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Dissenso
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Bom dia
RispondiEliminaPassei por aqui e gostei dos temas que merecem uma leitura cuidada e reflexiva,
Voltarei aqui para ler os temas e vou seguir o teu blogue.
non è intelligente
RispondiEliminaCIAO PASSA, C'è UN CONCORSO IN ATTO http://grafica-arte.blogspot.it/2012/03/giveaway.html
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