domenica 22 aprile 2012

LA GIUSTIZIA ITALIANA

In uno Stato di diritto, in cui la Giustizia dovrebbe svolgere un ruolo da “buon padre di famiglia”, assicurando che i principi della legalità siano rispettati, qual è il confine oltre il quale il Cittadino non si sente più tutelato, ma anzi teme l’apparato repressivo dei Giudici e dei Magistrati ?
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Gli errori giudiziari che distruggono la vita delle persone  non sono così sporadici come si può pensare che siano, e costituiscono un vero e proprio agguato alla nostra esistenza.
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Tutto ciò vale anche per i personaggi illustri, che non sono esenti dall’enorme potere di vita e di morte esercitata dalla Magistratura.
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Il problema consiste nel fatto che un magistrato, che è essere umano, come tale è suscettibile di errori, così come di divenire oggetto di pressioni, magari da parte dell’opinione pubblica o dei suoi superiori, oppure si convince autonomamente della certezza delle sue teorie di colpevolezza o di innocenza nei riguardi di un imputato.
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Il potere del magistrato consente allo stesso di imperversare quindi nella vita dell’individuo su cui egli ha riversato la sua attenzione, diventando a tutti gli effetti l’artefice del futuro e del destino di chi deve giudicare.
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Se il magistrato si convince della colpevolezza di un indagato, nonostante l’esiguità delle prove, o la consistenza puramente indiziaria delle certezze probatorie, si trasforma in una macchina da guerra, spietata e determinata a recludere dietro le sbarre di una prigione il malcapitato destinatario della sua foga repressiva.
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Non c’è nulla che gli avvocati della Difesa possano fare per convincere i Magistrati che stanno sbagliando, e che continuando a perseguire il loro assistito permettono al vero criminale di farla franca, distruggendo anzi la vita di una persona innocente.
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Le cronache sono piene di fatti analoghi che comprovano questo stato di cose.
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Ecco, di seguito, un esempio principe di tali sopraffazioni …
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Enzo Tortora, il famoso e amato giornalista e personaggio televisivo, considerato uno dei Padri fondatori della Radio e della televisione Italiana, conduttore anche del popolare programma “Portobello”, fu incarcerato e perseguito ingiustamente, fino alla condanna a dieci anni di carcere, nel 1985.
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Poiché nel 1984 Tortora fu eletto parlamentare europeo nelle file del Partito Radicale, avrebbe potuto godere dell’immunità parlamentare, ma si dimise dal suo incarico, restando così agli arresti domiciliari.
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Nel 1986 fu poi assolto con formula piena dalla Corte d’Appello di Napoli, grazie al paziente lavoro di indagine del Giudice Michele Morello, dal quale risultò infatti la totale innocenza del presentatore.
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Nel frattempo, però, la salute di Tortora, era oramai minata dagli eventi che gli erano crollati addosso, e dall’umiliazione di aver conosciuto la galera pur essendo innocente, perseguitato dai Giudici che lo avevano trascinato verso una condanna, i Magistrati Lucio di Pietro e Felice Di Persia.
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Successivamente, anche la Cassazione, dopo 4 anni dall’arresto di Tortora si pronunciò a suo favore, assolvendolo definitivamente.
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I Pubblici Ministeri di Napoli, sopra citati, che si erano resi responsabili di aver distrutto la vita di un integerrimo e amato personaggio pubblico, onesto e stimato da tutti, additandolo come criminale, e perseguitandolo con accanimento, non sono mai stati oggetto di alcuna azione disciplinare da parte del Consiglio Superiore della Magistratura.
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Questi due personaggi della magistratura si sono quindi impunemente arrogati il diritto di decidere della vita di uomo, e di perseguitarlo con arroganza e protervia, nonostante l’evidenza della sua innocenza, grazie al potere che la Magistratura ha loro conferito.
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E’ semplicemente vergognoso che la Giustizia interpreti in questo modo il ruolo di nemico del popolo, annichilendo la vita e la volontà esistenziale dei malcapitati di turno, come, in questo caso, Enzo Tortora.
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Negli ultimi anni, molte persone sono state incarcerate ingiustamente, a causa sia dell’accanimento dei Giudici contro di loro, che del troppo potere che detengono questi Magistrati, che hanno nelle loro mani la vita stessa delle persone.
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Nell’immaginario collettivo emerge una sorta di convincimento per il quale coloro che si trovano invischiati, loro malgrado, nelle maglie della cosiddetta “Giustizia”, devono avere comunque un qualche grado di coinvolgimento.
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Vale a dire che la nostra "civile" società ti condanna a priori, non appena il Magistrato inizia ad interessarsi alla tua persona, ed è anche per questo motivo che i Giudici dovrebbero ponderare con estrema attenzione qualsiasi loro atteggiamento, che il più delle volte appare invece permeato di notevole disinvoltura.
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Sembra quasi che il popolo assuma le sembianze di un sacco pieno di patate, e che loro, i Magistrati, siano coloro che devono pelarle.
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Succede quindi che, a volte, alcune delle “patate” siano notevolmente tranciate dall’impeto della lama che dovrebbe invece asportare solo la leggera pellicola che ne costituisce la buccia.
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Sia moralmente, che civilmente ed eticamente, è inaccettabile che in una società democratica esista un organismo dall’immenso potere, superiore a quello dello Stato, che condizioni l’esistenza stessa dell’incedere civile, e che disponga della vita delle persone, sovrastandone le prerogative umane e sociali.
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Coloro che si sono sostituiti a Dio stesso, in un impeto continuativo e determinato, arrogante e assolutista, decidendo della vita stessa delle persone, arbitrariamente, guidati solo dal proprio smisurato autoreferenzialismo, costituiscono un vero e proprio cancro della società che andrebbe estirpato, a tutela di noi tutti.
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Quei  Magistrati che disinvoltamente hanno incarcerato, condannato, ed escluso dalla società civile coloro che sono poi risultai essere innocenti, dovrebbero a loro volta essere messi in prigione, a parziale risarcimento della dignità delle loro vittime.
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Quei Magistrati che fanno dell’arroganza e della protervia il loro modus operandi abituale, dovrebbero essere messi in grado di non nuocere, e messi al bando con ignominia per il loro stesso operato.
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Se un caso giudiziario si apre all’insegna dell’incertezza probatoria, di labili indizi, o di insussistenza di prove certe, come può un Magistrato percorrere un cammino persecutorio verso un indagato ?
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Viene quasi da pensare che, insistendo nell’affossare qualsiasi argomentazione difensiva, in un totale e diffuso senso di aleatorietà, il comportamento del Giudice che insista nell’intento accusatorio, a prescindere da tutto ciò, assuma aspetti inquietanti, riconducibili ad evidente sintomo di perversione mentale.
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Non si capisce, altrimenti, per quale altro motivo, se non la perversione data da un immenso potere sulle vite degli esseri umani, taluni rappresentanti del mondo togato si incaponiscano nel colpire i loro indifesi bersagli.
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Indifesi, è la parola che ci dà l’esatta dimensione della tragicità delle circostanze in cui ci si trova, allorquando il potere giudiziario inizia la sua persecuzione nei nostri riguardi.
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Esistono certamente gli avvocati difensori, ma risulta evidente che nulla possono, di fronte ad un potere cui loro stessi sono assoggettati nel sistema di gestione della Giustizia che tanto assomiglia a quello di stampo massonico.
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Questi sistemi nel loro insieme sono stereotipati, con caratteristiche che li distinguono ma con evidenti assonanze, sia strutturali che ideologiche, e determinano la consistenza di un Potere che va al di là delle semplici Istituzioni.
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L’interpretazione della gestione societaria, ad ogni livello, si basa sulla ricerca egemonica dell’affermazione lobbistica e del consolidamento capillare di ogni potenziale caposaldo raggiunto.
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Le decisioni degli appartenenti a questa casta sono quindi condizionate dal potere immenso che, anche inconsciamente, viene espresso intrinsecamente da chi ne fa parte.
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Ci troviamo di fronte ad uno Stato dentro lo Stato, completamente autonomo e svincolato da qualsiasi freno inibitore.
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La Magistratura è un organismo a sé stante, incontrollabile e non gestibile, in quanto esiste e prolifera di vita propria, auto alimentandosi e cibandosi di Potere.
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Chiunque in Italia, dal semplice senzatetto, fino all’Arma dei Carabinieri, o al Parlamentare, è sottoposto incondizionatamente al Potere dei Magistrati, che possono quindi modificare gli assetti della Società stessa, variandone il percorso e lo sviluppo.
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Loro però, i Giudici, non pagano mai per i loro sbagli, protetti in una sorta di limbo che ne preserva il ruolo, come vergini illibate e destinate a scopi superiori.
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Noi, il popolo, siamo molto più sotto di loro, relegati in un ruolo di sudditanza estrema ed obbligata, in attesa della scure che, in qualsiasi momento costoro possono calare su di noi.
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Dissenso
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