Tratto
da un articolo di Stefano Vastano, edito su :
L’Espresso.it
- 6 maggio 2011
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Norman Naimark |
Ieri Norman Naimark ha presentato al
Collegium Hungaricum di Berlino le tesi di fondo del suo ultimo libro.
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In inglese si intitola “Stalin's
Genocides“.
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La casa editrice Suhrkamp ha tradotto
il saggio di 140 pagine con il titolo “Stalin und der Genozid“.
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Al pubblico italiano il docente di
storia dell'università di Stanford è noto sinora per “La politica dell'odio“
(edizioni Laterza), una ricostruzione delle agghiaccianti deportazioni – dal
genocidio degli armeni da parte dei turchi a quelle di ceceni e tatari della
Crimea ad opera del regime stalinista sino alle ultime 'pulizie etniche' nei
Balcani – di cui il 20° secolo è da capo a fondo tragicamente costellato.
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Nel nuovo
saggio Naimark si concentra esclusivamente sulla 'politica dell'odio'
scatenata, dagli anni '30 sino al 1953, fuori e dentro l'Impero, da Stalin e
dai suoi sgherri.
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Nel 5°
capitolo ripassa in rassegna le ondate di repressione contro i popoli stranieri
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a partire
dalle prime deportazioni ordinate da Stalin, nel 1932, contro 150mila famiglie
polacche e tedesche.
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A questa
prima catastrofe, che colpì mezzo milione di persone, seguì nel '37 la
deportazione di 175mila coreani in Uzbekistan.
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Così come
alle prime deportazioni di estoni, lettoni e lituani nel 1940, Stalin e Berja
imposero, nel febbraio 1944, le già menzionate deportazioni di ceceni e tatari
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496.mila
uomini, donne e bambini stipati su vagoni-bestiame e condotti a marcire in
Kazakistan.
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Naimark
tratteggia appena i contorni dell'altro orrore gigantesco voluto da Stalin in
Ucraina e che va sotto il nome di „"Holodomor“:
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dai 3 ai 5
milioni di contadini che il "Woschd“ (il leader) dell'impero sovietico fece morire nel
1932/33 di fame.
Una conseguenza,
lo spettro orrifico dell'Holodomor, dello sterminio a cui lo spietato dittatore
(in questo, ottimo allievo di Lenin) aveva prima sottoposto contadini e 'Kulaki'
russi :
dal 1929 al
'32 Stalin fece deportare circa 10 milioni di cosiddetti Kulaki, spedendone
oltre 2 milioni nei GULag.
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E ancora non
abbiamo messo in conto gli altri osceni crimini perpetrati dal "Chosjain“ (padrone di casa),
dallo Chef dell'Impero contro gli avversari politici, veri e presunti, del
sempre più paranoico dittatore.
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Solo con la
prima ondata del Terrore, nelle cosiddette 'purghe' del 1937/38, Stalin liquidò
un milione di cittadini sovietici ;
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Monumento all'Holodomor |
in tutto,
sino alla sua morte nel '53, ne fece deportare 6 milioni ( 3 milioni dei quali
per "attività controrivoluzionaria“), costringendone 16 o 17 milioni ai lavori
forzati.
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Data questa
immane macchina dello stermino lanciata dal regime e per decenni contro interi
popoli, ed interi gruppi sociali ed avversari politici, perché si esita
ancora a parlare di “Genocidio“ (alcuni storici optano per “quasi-genocidio”
; altri anche per “Classicidio” o
"Politicidio”) per i crimini di Stalin ?
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E come mai
siamo portati a riservare il “crimine dei crimini“ esclusivamente allo
sterminio di 6 milioni di ebrei nelle camere a gas di Hitler ?
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Nel suo
saggio Naimark risponde ricostruendo l'arzigogolata storia che, il 9 dicembre
1948, portò le Nazioni Unite a stipulare la “Convention on the Prevention and
Punishment of the Crime of Genocide“.
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E in cui si
definisce genocidale l'azione “commessa nell'intento di distruggere un gruppo
nazionale, etnico o religioso in tutto o in parte”.
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Colpisce la
distanza dalla prima formulazione di 'Genocidio' avanzata, l'11 dicembre del
'46, dalla stessa commissione delle Nazioni Unite, e a cui partecipò, da parte
americana, un fine giurista di nome Raphael Lemkin.
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Nella
'Resolution 96' del dicembre '46 il genocidio viene ancora definito come
“crimine commesso per distruggere gruppi di uomini per motivi razziali,
nazionali, linguistici, religiosi o politici“.
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Una
definizione ben più 'larga' di sterminio che più si avvicina al concetto di
Genocidio formulato per la prima volta, nel lontano 1933, proprio dallo stesso
Lemkin (“Chi agisce per odio contro un gruppo razziale, religioso o sociale al
fine della sua liquidazione si rende colpevole del crimine di...”).
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Nel 1940,
l'ebreo polacco Lemkin riuscì a fuggire dalla Polonia negli Usa diventando
esperto di diritto del ministero della guerra-Usa.
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E come tale Lemkin si trovò
, nel 1946, a partecipare al Tribunale internazionale di Norimberga cercando in
tutti modi d'imporre, contro le resistenze della delegazione russa, la sua
definizione di Genocidio.
Andreij Vysinskij |
Ma niente :
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della
commissione russa facevano parte a Norimberga I.Nikitischenko e soprattutto Andrej
Vysinskij (le due Star dei processi-farsa a Mosca nel 1937).
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E
l'obiettivo precipuo degli avvocati di Stalin era, al processo di Norimberga,
non far trapelare nulla dei rapporti sovietici 1939-41 (il Patto Hitler/Stalin)
con la Germania nazista ;
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e
soprattutto, annota Naimark, “far apparire i popoli sovietici come le vittime
principali dell'imperialismo e razzismo nazionalsocialista”.
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Sono gli
stessi motivi che, nel 1948, spinsero la delegazione sovietica a non ratificare
una Convention delle Nazioni Unite che inglobasse nel concetto di Genocidio
anche la persecuzione di gruppi sociali o politici.
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Come scrisse
allora il “New York Times”, in un articolo del 19 ottobre 1948, dal punto di
vista sovietico il Genocidio “è qualcosa di organicamente connesso al
nazi-fascismo e a simili teorie razziali che predicano la superiorità di certe
razze e l'eliminazione di presunte razze inferiori”.
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Per seguire
più da vicino le trame della Politica dell'Odio del 20° secolo, spiega Naimark,
occorre una “interpretazione più flessibile” del concetto di Genocidio.
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Non si
tratta minimamente di relativizzare l'unicità o singolarità di Auschwitz.
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Ma di
riuscire a capire - senza pregiudizi di sorta - la dimensione degli orrori
perpetrati, in nome dell'utopia comunista, da Stalin.
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E in questa
opera di comprensione del passato il saggio di Norman Naimark è
senz'altro uno strumento utile.
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Nota del Blog : Le immagini non appartengono all'articolo originale, ma sono state aggiunte dal Blog
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Dissenso
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