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Nel
periodo che va dal 1967 al 1968 la Cecoslovacchia fu teatro di una stagione
riformista, che sotto la guida di Alexander Dubcek prese il nome di “Primavera
di Praga”.
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La
strategia del nuovo corso politico era tesa ad introdurre nuovi elementi di
democrazia in ogni settore della società, discostandosi dalle linee guida
imposte da Mosca.
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Il
comunismo russo reagì con l’immediata occupazione armata del suolo cecoslovacco
mediante l’invio di carri armati e truppe della coalizione aderente al patto di
Varsavia (l’alleanza militare tra i Paesi del Blocco sovietico : Albania,
Bulgaria, Cecoslovacchia, Germania Est, Polonia, Romania, Ungheria, Unione
Sovietica) , e dopo aver arrestato Dubcek lo obbligò a siglare un protocollo
d’intesa con il Cremlino.
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L’ampio
appoggio popolare di cui godeva Dubcek gli permise però di continuare la sua
opposizione al regime sovietico, cavalcando la protesta delle masse ostili alle
truppe di occupazione, ma per questo motivo nel 1969 fu rimosso dal suo
incarico e inviato in Turchia come ambasciatore.
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Nel
1970, dopo essere tornato in Cecoslovacchia, Dubcek trovò un impiego come
manovale in un’azienda forestale.
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La
Primavera di Praga provocò una grande ondata di emigrazione, soprattutto verso
i Paesi dell’Europa occidentale e diede origine a proteste, anche non violente,
da parte dell’intera popolazione.
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In
questo tragico contesto si inserisce la figura di Jan Palach, studente
universitario di Praga che, per ribellarsi alla violenza comunista si recò in
Piazza San Venceslao, al centro di Praga, ai piedi della scalinata del Museo
Nazionale, dove si cosparse il corpo di benzina e si diede fuoco.
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Jan
Palach morì dopo tre giorni di agonia, durante i quali rimase lucido,
confermando ai medici di aver voluto seguire l’esempio dei monaci buddisti del
Vietnam, tra cui in particolare quello di Thic Quang Dik che si diede fuoco a
Saigon nel 1963 per protestare contro le politiche di oppressione verso la
religione buddhista.
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Jan Palach lasciò i quaderni contenenti suoi
articoli e i suoi appunti, che esprimevano e rappresentavano i suoi pensieri e
i suoi ideali, in una sacca trovata dopo il suo estremo sacrificio, in cui fra
tutte le dichiarazioni ne spicca una in particolare, che recita :
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~ ~ ~
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“Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione
e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di
scuotere la coscienza del popolo.
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Il nostro gruppo è costituito da
volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa.
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Poiché ho avuto l'onore di estrarre il
numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia
umana.
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Noi esigiamo l'abolizione della
censura e la proibizione di Zpravy.
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(Nota del Blog : Zpravy = Notiziario, il Giornale delle
forze di occupazione comuniste sovietiche)
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Se le nostre richieste non saranno
esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non
darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato,
una nuova torcia s'infiammerà “.
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~ ~ ~
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Non
si è mai saputo se realmente sia esistita una organizzazione come quella citata
dal martire nel suo ultimo scritto, ma rimane il fatto che in seguito altri
sette studenti, tra cui l’amico Jan Zajic, seguirono il suo esempio,
togliendosi la vita.
Anche
Zajic (Viktov, 1950 – Praga, 1969), così come Palach lasciò uno scritto
indirizzato ai familiari, da cui estrapoliamo alcuni passi, dal significato
profondo e tragico :
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~ ~ ~
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« Mamma, papà, fratello e sorellina !
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Quando leggerete questa lettere sarò già morto o molto
vicino alla morte.
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So quale profonda ferita provocherò in voi con questo mio
gesto, ma non preoccupatevi per me...
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Non lo faccio perché sono stanco della vita, ma proprio
perché la apprezzo.
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E la mia azione ne è forse la migliore garanzia.
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Conosco il valore della vita e so che è ciò che abbiamo
di più caro.
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Ma io desidero molto per voi e per tutti, perciò devo
pagare molto [...] »
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~ ~ ~
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Il
silenzio imposto dal regime comunista calò un omertoso sipario su queste
vicende, di cui ancora oggi poco è trapelato nel mondo occidentale.
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I
resti di Jan Palach, eroe anticomunista, riposano oggi presso l’Olsanske
hrbitovy di Praga.
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Nel
1989 gli fu intitolata la piazza centrale di Praga, in precedenza dedicata
all’Armata Rossa.
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Oggi
è ricordato da molte associazioni di studenti, anche appartenenti all’area
della sinistra, che lo indicano come eroe immolatosi in nome e in difesa dei
suoi ideali.
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Naturalmente,
l’apparato disinformatore comunista appoggiato dagli pseudo intellettuali
sinistroidi europei, ha tentato di spargere fango sull’intera vicenda.
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Il
Deputato comunista Wilhelm Novy, che tentava di disonorare e svilire le gesta
del patriota cecoslovacco, è stato affrontato in Tribunale dall’avvocato Dagmar
Buresova che rappresentava la famiglia di Jan Palach.
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La
vicenda è stata riproposta come miniserie televisiva e rieditata e trasformata
in film, proiettato poi al Festival Internazionale di Toronto.
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La
signora Buresova, avvocato della famiglia Palach, è stata a lungo perseguitata
dalla polizia politica, ed è stata interrogata a più riprese insieme al marito.
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Alla
coppia sono stati ritirati i passaporti per sette anni, mentre alla figlia
Lucie è stato negato il visto per potersi iscrivere a scuola.
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Nel
1989, dopo la caduta del regime comunista, Dagmar Buresova divenne Ministro
della Giustizia per “Forum Civico”, il movimento politico contrario al
totalitarismo comunista.
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Nel
1995 il gruppo musicale “La compagnia dell’Anello” gli ha dedicato la canzone
intitolata Jan Palach, che recita :
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~ ~ ~
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Fame, morte, schiavitù, il coraggio nasce a volte così
Bandiere rosse su una città, in occidente c'è solo viltà
Primavera di libertà, carri armati nelle strade
Il sangue a Praga è sparso al vento, quanto orrore in quel momento
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Quanti fiori sul selciato, quante lacrime avete versato!
Quante lacrime avete versato per Praga!
Volti grigi senza nome, soldati rossi e terrore
Quanti fiori sul selciato, quante lacrime avete versato!
Quante lacrime avete versato per Praga!
Volti grigi senza nome, soldati rossi e terrore
Giù le mani dal mio paese, il mio sangue lavi le offese
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Una piazza, strade vuote, solo un uomo e un altare
Sacrificio per l'onore, sul rogo un giovane muore
Quanti fiori sul selciato, quante lacrime avete versato!
Quante lacrime avete versato per Praga !
Quante lacrime avete versato per Praga !
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È morto sotto i carri armati il futuro che avete sognato
Nella gola vi hanno cacciato le grida di un corpo straziato!
È morto sotto i carri armati il futuro che avete sognato
Nella gola vi hanno cacciato le grida di un corpo straziato!
Quanti fiori sul selciato, quante lacrime avete versato!
Quante lacrime avete versato per Ján Pálach!
Quante lacrime avete versato per Ján Pálach!
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Ján Pálach, Ján Pálach!
Ján Pálach, Ján Pálach!
Ján Pálach, Ján Pálach!
Ján Pálach, Ján Pálach!
Ján Pálach, Ján Palach!
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Il cantante Adamo lo ricordò nel testo di una sua canzone :
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"C'è chi muore in primavera come
un lampo, come una torcia, sbarrando la strada per un istante ai carri
armati..."
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La generazione cui appartenevano i giovani come Jan Palach vide
infrangersi l’aspettativa di poter ambire ad un mondo diverso da quello in cui
il regime comunista li aveva relegati.
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L’aspirazione verso ideali di libertà, di pluralismo ideologico e
democratico, e di dissenso verso il comunismo, venne infatti troncata e
repressa senza pietà dai carri armati sovietici, che irruppero nella
quotidianità del popolo cecoslovacco.
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750 mila soldati e 6 mila carri armati del Patto di Varsavia
imposero la loro violenta presenza, per attuare la coercizione di un qualsiasi
anelito o fremito di libertà che potesse, come un virus, dilagare e minacciare
la stabilità degli altri regimi comunisti.
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Se oggi i carri armati comunisti NON sono più presenti negli ex
territori della Cecoslovacchia, mutati in due distinte Repubbliche, quella
Federale Ceca e quella Federale Slovacca, lo dobbiamo anche al sacrificio di
eroi come Jan Palach, a cui deve andare la riconoscenza dell’intera Europa e del
mondo.
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Dissenso
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