Gli
anni del comunismo post staliniano in Russia non furono meno devastanti per
coloro che si opponevano al regime, di quanto non lo fosse stato in precedenza.
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Nel 1959, sotto la
guida di Nikita Krusciov il Politbjuro decise infatti di ricorrere ad un nuovo
sistema di coercizione per interrompere il dilagare della crescente dissidenza
intellettuale, instaurando una rete di ospedali psichiatrici governativi
destinati ad accogliere i nuovi arrestati.
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Iniziò
così una nuova epoca, caratterizzata dalla nascita dei cosiddetti “psihuska”, ovvero gli “ospedali psichiatrici speciali”.
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“un
crimine è una deviazione dagli standard di comportamento generalmente
riconosciuti, spesso causato da disturbi mentali.
E’ possibile che si manifestino
patologie nervose all’interno di una società comunista ?
Ovviamente si”.
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Quindi era possibile che persone affette da
disturbi mentali potessero compiere dei crimini :
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in tal caso, “a
coloro che intendono fondare l’opposizione al comunismo su queste basi,
possiamo rispondere che le condizioni di tali persone deviano in maniera
evidente dalla normalità”.
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Dal
1964 al 1982 Breznev fece di questo strumento di repressione la norma abituale,
affermando che “in Unione Sovietica non c’erano
detenuti politici poiché nella società socialista non esistono conflitti
sociali e i pochi insoddisfatti non potevano che essere malati di mente.”
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Jurij Andropov |
Nel 1977 Jurij
Valdimirovic Andropov, che poi nel 1982 sarebbe succeduto a Breznev, ribadì il concetto che tra le cause del
dissenso al regime comunista, oltre agli errori ideologici, al fanatismo
religioso, e al deviazionismo nazionalista, ci fosse anche l’instabilità
psichica.
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Il
regime comunista continuò quindi a servirsi dei medici psichiatrici, tra la cui
comunità trovò ampia collaborazione.
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In
particolare, il Direttore dell’istituto di Psichiatria delle scienze mediche
dell’URSS, lo psichiatra
Andrejj Snežnevskij, vera e propria autorità sovietica del settore,
ideò e creò per i dissidenti una nuova evidenza patologica, che nella
fattispecie denominò con il termine di “schizofrenia latente”.
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Questo personaggio, interprete abominevole dell’abuso
politico della psichiatria, reo di aver fatto personalmente incarcerare i
dissidenti che venivano sottoposti alle sue valutazioni, elaborò una teoria
allucinante secondo cui la dissidenza politica era frutto di una forma di
schizofrenia, estendendo le caratteristiche che la contraddistinguevano oltre i
limiti accettati dalla scienza universale.
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La schizofrenia «latente»
per l’appunto, «dal decorso lento, o attenuato.»
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Nel disegno criminale di Snežnevskij si giustificava la
coercizione di soggetti “apparentemente sani”, seguendo la seguente
elaborazione mentale :
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“Le persone a contatto con simili casi non hanno
l’impressione che si tratti di evidente pazzia”,
oppure :
“l’apparente normalità di tali persone malate … viene usata
dalla propaganda anti-sovietica per affermare calunniosamente che esse non
soffrono di disordine mentale”.
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In pratica si attestava la presenza o l’assenza
della malattia mentale ad esclusiva discrezione dello psichiatra inquirente,
come unico referente a definirne la presenza patologica.
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Oltre alle varie forme di «schizofrenia latente»,
ai dissidenti venne frequentemente diagnosticato lo «sviluppo paranoico della
personalità.»
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Gli attuali studi di etica psichiatrica e di Storia
della psichiatria sovietica, come quelli elaborati da Sidney Bloch (Professore emerito presso
L’Università di Melbourne) e Paul Chodoff,
oppure quelli scritti da Bloch e da Peter Reddaway (psichiatra),
dimostrano l’ingerenza del KGB negli
ospedali psichiatrici, sia ordinari che speciali.
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In questa ottica,
i trattamenti terapeutici a cui i dissidenti venivano sottoposti prevedevano la
somministrazione di prodotti neurolettici in dosi massicce, e un trattamento di
punture a scopo punitivo, come le iniezioni di soluzioni solforose, allo scopo
di procurare forti febbri e uno stato comatoso, nel chiaro intento di piegare
l’equilibrio psico-fisico del soggetto.
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Spesso anche gli stessi medici degli ospedali
psichiatrici–prigioni erano ufficiali del KGB e dell’MVD, mentre gli infermieri
erano delinquenti comuni che scontavano il loro periodo di pena svolgendo tale
funzione.
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La manovalanza infermieristica, formata appunto da
delinquenti comuni, serviva al regime, come già sperimentato nei gulag, come
arma e come deterrente contro i politici, che sottoposti alle vessazioni degli
infermieri potevano così essere tenuti in stato di prostrazione continuata.
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Il terrore veniva quindi usato, come mezzo di
repressione governativo ampiamente collaudato, anche negli ospedali-prigioni
psichiatrici, tant’è che gli infermieri-delinquenti erano addetti a dileggiare
e a perquotere sistematicamente i prigionieri.
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All’interno di queste strutture la brutalità era di
casa e costituiva un elemento di divertimento per i delinquenti-infermieri, che
si lasciavano andare a vere e proprie manifestazioni di sadismo e di perfidia.
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La furia e l’odio imperversavano, al punto che la
violenza delle percosse assumeva caratteristiche sub-umane.
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Le vittime venivano gettate a terra e tempestate
con ogni genere di colpi, dai pugni, ai calci, o con mezzi contundenti che
colpivano ogni parte del corpo, causando spesso danni fisici permanenti, fino alla
morte della vittima malcapitata.
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L’ospedale
psichiatrico speciale si presentava come una normale prigione circondata da
filo spinato e dotata di inferriate alle finestre.
Il
cieco furore esercitato senza alcuna pietà contro gli oppositori politici,
mediante l’uso di qualunque mezzo, dall’omicidio all’internamento in strutture
psichiatriche dei dissidenti, dimostra che non siamo di fronte alla difesa di
una espressione nazionalistica, ma davanti alla palese imposizione di una
dittatura in antitesi con i valori universali su cui si fondano le democrazie
popolari.
Per
semplice crudeltà gli infermieri a volte legavano al letto i malati per
ventiquattro ore, negando loro la possibilità di recarsi ai gabinetti.
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Come
misura punitiva i dottori psichiatri impiegavano l’elettroshock, oppure
ricorrevano all’uso di trattamenti farmacologici.
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Di
questi veniva spesso adottato il metodo che privilegiava l’uso del Sulfazim,
che veniva somministrato al paziente-prigioniero per via intramuscolare.
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L’iniezione
di questo farmaco, provoca un brusco aumento della temperatura fino a 40 gradi,
stati febbrili, tremiti, un forte dolore in tutto il corpo ad ogni minimo
movimento.
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Questo
tipo di tortura proseguiva per molti giorni causando alla vittime danni
permanenti.
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Si
ricorreva anche ad iniezioni di insulina, che inducevano un forte stato di
shock, e che non di rado provocavano il coma.
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Oppure
la perfidia dei sadici rappresentanti della psichiatria comunista arrivava ad
iniettare Aminazin nelle natiche, in un ciclo che si ripetava giorno dopo giorno,
fino a determinare la formazione di fitti noduli.
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Queste
formazioni erano talmente dure da non poter essere penetrate nemmeno dall’ago
di una siringa (l’Aminazin si riassorbe con difficoltà), causando al
paziente-prigioniero un dolore talmente forte da impedirgli di stare seduto e
di camminare.
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Bisogna
considerare anche un fattore molto importante, che serviva al regime per tentare di annichilire le coscienze e la
resistenza dei dissidenti, e cioè che la semplice stessa permanenza di una
persona sana in mezzo a malati di mente veri compromette l’equilibrio psichico
anche della persona più equilibrata.
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Le
camerate erano gelide e buie, maleodoranti e senza ricambio d’aria, e
ospitavano circa 20-25 persone stipate forzatamente.
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La
permanenza in camere più piccole potevano presentare rischi maggiori anziché
vantaggi, come la possibilità di coabitarvi con pazzi pericolosi e con
psicopatici di ogni tipo.
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Il
noto dissidente Vladimir Bukovskij, ad
esempio, venne rinchiuso con un pazzo criminale che aveva ucciso in modo
efferato i propri figli, dopo che si era tagliato le orecchie e se le era
mangiate.
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La
giovane Olga Jofe venne internata con
una povera demente che non solo sporcava il letto ma raccoglieva gli
escrementei altrui riempendosene le tasche.
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Le botte, la
tortura, i farmaci, e la promiscuità con persone disturbate psichicamente
metteva a dura prova l’integrità e il benessere mentale dei dissidenti.
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Tatiana Guseva venne
rinchiusa nell’ospedale psichiatrico di Kazan per “vilipendio della bandiera
nazionale sovietica” ancora giovane e allegra.
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Dopo dodici anni
di reclusione Tatiana era ridotta come una vecchia affetta da idiozia.
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Uno
dei medici-aguzzini più noti dell’inferno psichiatrico sovietico fu il
Professor Daniil Lunc, colonnello del famigerato KGB.
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In
epoca sovietica la dottoressa Tamara Pavlovna
Pecernikova,
specialista dell’Istituto Serbskij, è stata una fidata collaboratrice del KGB nel combattere il dissenso intellettuale
come una malattia mentale, mentre oggi, al soldo di Putin,
sentenzia diagnosi adatte a suffragare tesi di infermità mentali per i
difensori della causa cecena.
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In
una nota del 1979, stilata insieme al dottor Kosacev,
la Pecerikova afferma che, nella maggior parte dei casi, le idee di lotta per
la verità e la giustizia compaiono in personalità a struttura paranoica.
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Anche
il criminale di guerra Yuri Budanov,
autore di crimini contro l’umanità al soldo di Putin, che
stuprò e strangolò la giovane fanciulla cecena (18enne) Kheda Kungaeva, ha usufruito della compiacenza di
dottori psichiatri, anch'essi al soldo di Putin.
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E’
stato infatti prima assolto dalle accuse perché ritenuto incapace di intendere
e di volere in quel momento di follia assassina, a causa di una forma di
“pazzia temporanea”.
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La
psichiatria punitiva è quindi ancora oggi un orribile strumento a disposizione
del regime russo, capitanato da Putin, che da perfetto ex colonnello del KGB ne
ripercorre, senza interruzione, i devastanti percorsi distruttivi.
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Per
coloro che oggi guardano positivamente al nuovo zar come all’interprete di un
apprezzabile nazionalismo, va ricordato che gli atti di violenza di Putin vanno
nella direzione opposta.
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Il
nazionalismo in quanto tale infatti, è l’espressione del completo rispetto
proprio dei confini nazionali, che è rivolto anche alle popolazioni residenti e
autoctone, mentre le manovre che Putin attua spavaldamente nei territori
ucraini, ceceni, georgiani e in Crimea, dimostrano il totale disprezzo di
questi valori.
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Una
dittatura che si appropria di territori esterni all’ambito nazionale assume il
nome di Paese imperialista e colonialista, e la Storia ci insegna quali nefaste
conseguenze abbia comportato tale orientamento.
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Dissenso
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In Cina, il Partito Comunista imprigiona , tortura , uccide le persone per il loro credo religioso e ad alcune preleva gli organi per venderli
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