lunedì 4 dicembre 2017

KANG CHOL-HWAN

Sottotitolo : I LAGER NORD-COREANI DEL "CARO LEADER"
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Kang Chol-hwan
Kang Chol-hwan è nato a Pyongyang (la capitale della Corea del Nord) nel 1968 da una famiglia molto agiata.
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I suoi nonni infatti erano emigrati in Giappone, a Kyoto, negli anni Trenta e in quel Paese avevano fatto fortuna nel settore del commercio.
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In seguito il nonno diresse il dipartimento economico della Federazione dei coreani residenti in Giappone (favorevole alla Corea del Nord), mentre la nonna militava nell’Associazione delle donne democratiche, collegata al partito comunista nord coreano.
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Pur godendo di un’ottima posizione sociale ed economica i figli erano cresciuti nel rigore e nell’austerità, secondo le convinzioni materne, per evitare che il lusso affievolisse il senso di giustizia.
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Negli anni Sessanta lo Stato Nord Coreano, creato a propria immagine dal comunismo sovietico subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, sotto la guida di Kim Il-sung (agente coreano del KGB), lanciò una campagna per convincere al rientro i coreani emigrati in Giappone.
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I gulag erano già presenti nel Paese, come retaggio del terrore staliniano, ma l’astuto quanto subdolo dittatore si presentò come l’unico interprete politico che aspirasse alla riunificazione e alla difesa dell’identità nazionale, spiegando alle persone istruite che la patria aveva bisogno delle loro competenze, che in Patria sarebbero stati al servizio del loro popolo, che avrebbero avuto diritto a una bella casa, a una posizione da quadri dirigenti, e che gli sarebbe stato garantito tutto ciò di cui avevano bisogno.
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Così la famiglia di Kang Chol-hwan partì dal Giappone e ritornò in Patria, trasferendosi in un quartiere elegante di Pyongyang, capitale della Corea del Nord.
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Nel luglio del 1977 il nonno venne però accusato di essere un agente della Polizia giapponese e deportato nel campo di concentramento di Senghori.
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Poiché in Corea del Nord vige la cosiddetta “colpevolezza per associazione” (yeon-jwa-je), secondo cui se un individuo è colpevole deve essere deportata, oltre a lui stesso, anche la famiglia, la moglie, i figli, e i nipoti, l’intero gruppo familiare di Kang, ad esclusione della madre, venne arrestato e internato nel campo di Yodok, nella provincia di Hamgyong.
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Per Kang Chol-hwan, che a quel periodo aveva appena nove anni, cominciò un calvario che sarebbe durato ben 10 anni,  fino al 1987 (la sorellina, deportata insieme a loro, aveva solo 7 anni).
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Iniziarono così, brutalmente, dieci anni di lavoro forzato, di umiliazioni sistematiche, di mal nutrizione e malattie, di bestialità e di terrore.
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La fame costituiva l’assillo che quotidianamente attanagliava tutti i detenuti, e per questo motivo il ragazzo iniziò ad allevare ratti per garantire cibo a sé e alla sua famiglia, che si nutriva per sopravvivere anche di lombrichi e di insetti.
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Le torture imposte dal regime comunista venivano applicate per sanzionare anche colpe ridicole, e i detenuti erano obbligati ad assistere alle esecuzioni dei compagni e dei familiari.
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Gli aguzzini avevano costruito una fitta rete di spie all’interno dei campi, reclutandole e scegliendole tra i detenuti stessi, allo scopo di sgretolare ogni forma di solidarietà.
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I prigionieri erano costretti a vivere in piccole e sudicie capanne, costruite con fango secco e assi di legno marcio, con il tetto di paglia.
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In una stanza di circa 50 mq convivevano 30/40 detenuti, che dormivano su semplici assi di legno.
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Mancava il riscaldamento e d’inverno le temperature scendevano a –20° °C causando il congelamento e l’assideramento dei detenuti.
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Le malattie più ricorrenti, causate dall’ambiente malsano, erano la polmonite, la tubercolosi, e la pellagra.
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I detenuti non potevano possedere vestiti di ricambio, se non quelli dei loro compagni morti, che venivano riciclati.
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Non c’era la possibilità di lavarsi, e tanto meno quella di disinfettare e rinfrescare indumenti, con conseguente proliferazione di parassiti a livello endemico.
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Le donne venivano sistematicamente violentate e stuprate, e spesso uccise dopo la violenza.
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Il criminale dittatore comunista nordcoreano Kim Jong-un

Se rimanevano incinte venivano fatte abortire, ma se la detenuta portava la gravidanza a termine le si sottraeva il neonato per affogarlo, darlo in pasto ai cani, o per bruciarlo vivo.
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La routine giornaliera prevedeva turni di lavoro massacranti, dalle 4 del mattino fino alle 9 di sera.
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Le percosse, la malnutrizione, l’eventualità di morire di fame, la possibilità di essere passati per le armi mediante esecuzione pubblica, e la cosiddetta “rieducazione”, che consisteva nell’obbligo di imparare a memoria i discorsi del dittatore nord coreano, costituivano gli elementi quotidiani con cui doveva convivere il detenuto.
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I bambini venivano destinati a divenire schiavi, e adibiti ai lavori di scavo dell’argilla, che veniva poi usata per la costruzione degli edifici.
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Molti dei piccoli lavoratori morivano schiacciati a causa dei crolli di terreno nelle cave.
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Tutto ciò accadeva nel silenzio e nella segretezza più totale, al punto che nemmeno i genitori venivano avvertiti delle morti dei loro bambini.
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Chi tentava di scappare veniva fucilato o impiccato e i detenuti erano costretti ad assistere alle esecuzioni, quando non addirittura obbligati a lapidare  con il lancio di pietre le vittime designate.
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A volte si uccidevano i prigionieri trascinandoli legati ad una autovettura o decapitandoli, oppure bruciandoli vivi.
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La tortura precedeva la fase dell’esecuzione, e il detenuto veniva anche privato del cibo fino al punto di ridurlo pelle e ossa.
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Stando alle testimonianze degli ex carcerati, a Yodok si praticavano le seguenti torture :
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Posizione del piccione :
le braccia del prigioniero sono legate dietro alla schiena insieme alle gambe, e tramite queste egli viene appeso a pancia in giù al soffitto di una capanna, restando in quella posizione per diversi giorni.
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Tortura dell’acqua :
il prigioniero viene legato ad un tavolo e gli vengono versati in gola decine di litri d'acqua, fin quasi ad annegarlo.
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Immersione :
il prigioniero viene tenuto immerso in acqua con un sacchetto di plastica in testa, anche per diverse ore.
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Percosse :
i prigionieri, sia adulti che bambini, vengono malmenati ogni giorno, anche senza un motivo evidente, e a volte le percosse sono spesso talmente violente da renderli invalidi.
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Nel 1987 la famiglia di Kang venne improvvisamente liberata, probabilmente a causa della morte del nonno, e trasferita in un villaggio nel distretto del campo di Yodok, dove continuarono a sopravvivere in uno stato di semi libertà e di totale indigenza.
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Gran parte degli abitanti nordcoreani vive in stato di assoluta povertà

Nel 1992 Kang Chol-hwan venne messo sotto sorveglianza speciale perché accusato di possedere una radio con cui avrebbe ascoltato, secondo il regime,  le trasmissioni trasmesse dal sud.
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Kang maturò l’idea di fuggire, per evitare di essere nuovamente rinchiuso nel terribile lager di Yodok.
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Insieme all’amico An-hyuk riuscì a corrompere un contrabbandiere sul confine cinese che permise loro di arrivare a Dalian dove, grazie all’aiuto di una donna di cui Chol-hwan non svela l’identità, si imbarcarono su un cargo alla volta di Seul, in Corea del Sud.
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Arrivato a Seul, Kang venne sottoposto a pressanti interrogatori da parte delle autorità, ansiose di verificare l’autenticità della sua storia e di accertare che non fosse invece una spia inviata in missione dalla Corea del Nord.
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Dopo questa prima fase restrittiva i controlli divennero meno serrati e i rapporti con gli agenti della sicurezza si fecero quasi amichevoli.
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Iniziò così per Chol-hwan una lunga fase di inserimento in un mondo completamente sconosciuto, che ai suoi occhi appariva inizialmente caotico e inquietante.
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Dopo circa sei mesi la sua vita in Corea del sud iniziò a normalizzarsi :
affittò un appartamento e potè disporre dell’aiuto offerto dalle autorità locali, che gli offrirono collaborazione per mezzo di un poliziotto di quartiere che Kang poteva contattare per qualsiasi necessità.
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Fu proprio grazie a quest’ultimo che Kang incontrò un uomo d’affari originario della Corea del Nord, che avendo letto la sua storia sui giornali gli offrì il denaro necessario a pagarsi gli studi all’università di Hanyang.
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Poco dopo il suo arrivo a Seul conobbe anche Pierre Rigoulot, incaricato di incontrare i profughi per conto della Società internazionale per i diritti dell’uomo, che gli propose di rendere nota la sua esperienza in Europa attraverso un libro.
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Interno di un asilo nord-coreano : manca tutto, e i bambini dormono in terra
Così, nel 2000 fu pubblicato in Francia il suo primo libro : Les acquariums de Pyongyang che costituì il primo racconto pubblicato in Europa sul sistema dei gulag della Corea del Nord, scritto da qualcuno che era sopravvissuto a quell’inferno.
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L’anno successivo il libro venne tradotto in italiano da Mondadori col titolo L’ultimo gulag, e nel 2005 fu pubblicato in inglese come The acquariums of Pyongyang, risvegliando un nutrito dibattito anche grazie alla notorietà derivata dall’invito del Presidente Bush, che volle incontrare Kang alla Casa Bianca.
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Kang Chol-hwan oggi è un giornalista e attivista per i diritti umani.
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Vive a Seul dove scrive per il Chosun Ilbo e dove ha fondato l’associazione NKSC (Rete della democrazia contro il gulag nordcoreano) con cui si dedica a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gravità delle violazioni dei diritti dell’uomo nella Corea del Nord.
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L’attività di NKSC consiste anche nel tentare di comunicare con la popolazione nordcoreana, clandestinamente, attraverso l’invio di materiale informativo sulle realtà esistenti al di fuori del loro territorio.
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La conoscenza del mondo esterno alla Corea del Nord fa capire loro come la dittatura li stia ingannando, privandoli della libertà a cui hanno invece diritto di aspirare.
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Penne usb, dvd, cd, scritti, e materiali didattici di vario tipo vengono recapitati alla popolazione con ogni mezzo, come ad esempio via fiume, legati a camere d’aria galleggianti.
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Materiale di propaganda di NKSC fatto arrivare alla popolazione via fiume su camere d'aria
L’associazione mira a ripristinare la libertà e i diritti umani dei nordcoreani e a diffondere la democrazia all’interno del Paese, retto ora da una dittatura sanguinaria.
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Sono allo studio dell’Associazione tutte le strategie di unificazione e si coltivano le risorse umane per preparare una futura Corea riunificata, promuovendo la democrazia e il ripristino dei diritti umani.
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Nel dicembre del 1998 Kang è stato invitato in Francia nell’ambito del Forum dei democratici dell’Asia e successivamente ha parlato inoltre al Congresso degli Stati Uniti rievocando il campo di Yodok, in cui sono ancora rinchiusi sua sorella Kang Mi-ho e suo figlio Kiang Jeong-nam.
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Ricordiamo a chi legge che la Corea del Nord è sotto il giogo della stessa famiglia da quando nel 1948 Kim II-Sung prese il potere.
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Suo figlio Kim Jong-II gli subentrò nel 1994, seguito a sua volta dal suo stesso figlio Kim Jong-Un nel 2011.
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Mercato all'aperto
Alla fine degli anni ’90 la Corea del Nord ha vissuto un periodo di forte carestia durante il quale persero la vita quattro milioni di persone e a tutt'oggi la popolazione vive in condizioni di estrema indigenza.
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Ancora una volta il comunismo mostra il suo vero volto, che è quello dell’ODIO e del terrore verso i suoi stessi figli.
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Fino a quando, ancora, dovremo sopportare questo cancro dell’umanità ?
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Si conoscono diversi campi in cui, ancora oggi, continuano a morire migliaia di vittime innocenti, segregate in ciò che il regime comunista chiama “Colonia penale lavorativa” :
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Numero 12  -  Chongo-ri (vicino al confine cinese)
Numero 14  -  Kaechon (a Nord-Est della capitale Pyongyang, a circa 80 Km
Numero 15  -  Yodok (Sud Hamgyong)
Numero 16  -  Myonggan (Nord Hamgyong)
Numero 18  -  Bukchang
Numero 22  -  Chiuso nel 2009/2010
Numero 25  -  Chongijn (Nord Hamgyong)
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L’orrore nord-coreano ricalca lo stesso tragico stereotipo con cui l’umanità è purtroppo già venuta in contatto, consistente in un universo di dolore e di sangue, impostoci da criminali comunisti come Stalin, Lenin, Pol Pot, Fidel Castro, Mao Tse Tung, Ceausescu, Henver Hoxha, ed ora Kim Jong-un.
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Mentre il popolo è alla fame il "caro leader" sperpera milioni per l'esercito e gli armamenti

Le cosiddette società civili occidentali sembrano assuefatte ai misfatti comunisti, e l’Europa di Prodi e delle sinistre guarda con occhio benevolo, da sempre, i misfatti che si compiono in nome del comunismo.
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La prova è sotto gli occhi di tutti : in ogni città italiana o europea ci sono vie e piazze intitolate ad alcuni fra i più grandi criminali comunisti di caratura mondiale, come Lenin, Stalin, o Togliatti.
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Il Nazismo, deprecabile con tutto il suo carico di nefandezze, in confronto, non è che una ben piccola cosa rispetto alla portata dell’orrore COMUNISTA … MALE ASSOLUTO dell’umanità.
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Fonti :
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Dissenso
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