(Ynan,
Linyi, Cina, 12 novembre 1971)
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Chen Guangcheng è
un attivista per i diritti umani della Repubblica popolare cinese, non
vedente a causa di una malattia congenita, che si è battuto a lungo per
attirare l’attenzione internazionale sulle sue battaglie, in primis quella per
denunciare la violenza dello Stato quando costringeva le donne che violavano la
Legge del figlio unico ad abortire forzatamente, in ottemperanza alla aberrante politica
stabilita da Pechino di pianificazione familiare.
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Il
partito comunista cinese imponeva brutalmente l’aborto forzato e la
sterilizzazione a tutte le donne che avevano già avuto un primo figlio.
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Per le sue battaglie Chen è stato posto agli arresti domiciliari
dal settembre del 2005 al marzo del 2006.
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Nuovamente
arrestato nel giugno 2006 ha subìto un processo, durante il quale è stato
proibito ai suoi legali di accedere all’aula di Giustizia, per cui è stato
condannato a 4 anni e 3 mesi di arresti domiciliari per “danneggiamento di
proprietà e organizzazione di una folla per disturbare il traffico”.
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Nel
2011 Chen e sua moglie Yuan Weijing sono stati picchiati dalla polizia nella
loro casa, nella provincia di Shandong.
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La
coppia di dissidenti è stata severamente punita, con le percosse, per aver
tentato di diffondere un video da cui risultavano gli abusi e le varie restrizioni
contro di loro, come ad esempio gli arresti domiciliari.
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Chen Guangfu, fratello dell’attivista, ha dichiarato :
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Chen Guangfu, fratello dell’attivista, ha dichiarato :
“Ci
minacciano e perseguitano sin dal 18 aprile scorso.
Degli
‘sconosciuti’ vicini al governo hanno impiccato galline e anatre morte nel
nostro cortile, e hanno attaccato manifesti diffamatori e minacciosi contro noi
e contro Chen.
La
notte del 21 aprile ci hanno lanciato delle pietre, sfasciando le finestre.
Il
22 aprile nostra madre è uscita per andare al mercato e ha visto che per strada
avevano distribuito dei volantini contro di noi.”
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La
sua detenzione domiciliare è stata protratta ben oltre i 4 anni e 3 mesi
previsti dalla condanna del Tribunale, nonostante non ci fossero le basi legali
per poterlo fare, così come per le molestie, le persecuzioni, e la sorveglianza
continua, estesa anche ai parenti e agli amici.
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In
totale Chan è stato privato della libertà per un periodo di sette anni, fra detenzione e arresti domiciliari.
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Chen
ha dichiarato :
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“Quando
sono uscito di prigione, mi hanno confinato in casa 24 ore al giorno, non
potevo uscire né parlare con nessuno.
Contro
ogni legge, il partito comunista ha assoldato 70-80 persone per entrare in casa
mia senza preavviso e derubarmi di tutto e picchiare me e i miei cari.
Sono
stati due i momenti più duri.
Il primo, quando alcuni uomini hanno fatto
irruzione e hanno picchiato mia moglie dopo averle coperto il volto.
Il secondo, quando hanno impedito anche a mia madre anziana di uscire di casa.
Una
volta l’hanno spinta per terra, facendole sbattere la testa contro la porta.”
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Nel
2012, approfittando dell’arrivo a Pechino di Hilary Clinton, l’allora
Segretario di Stato USA, Chen è scappato dal suo isolamento e ha raggiunto
l’ambasciata americana di Pechino, in cui si è rifugiato insieme a sua moglie
Yuan Weijing.
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La
fuga è stata rocambolesca, considerando che Chen è un non vedente.
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Ha
scavalcato 5 muri, resistendo al dolore per la frattura al piede destro nella
caduta dopo il quinto salto, e ha percorso 640 km in 17 ore col piede rotto per
raggiungere Pechino e l’ambasciata americana.
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Il Dalai Lama |
Dopo
lunghe trattative Chen ha ottenuto il visto di studio e il governo cinese ha
autorizzato la sua partenza per gli Stati Uniti.
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Dopo
la partenza di Chen il partito comunista ha continuato a infierire contro la
sua famiglia, anche a distanza di un anno, incarcerando il nipote Chen Kegui e
tenendo sotto pressione i familiari.
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Kegui
è stato condannato a 39 mesi di carcere per aver minacciato, durante la fuga dello zio, secondo l’accusa,
un funzionario del partito comunista, mentre in realtà il giovane si stava
difendendo da uno sconosciuto che non si era identificato.
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Inoltre
alcune persone “anonime” hanno gettato sassi e animali morti contro le finestre
dell’abitazione, a scopo palesemente intimidatorio, e hanno diffuso manifesti
nei quali i due fratelli sono chiamati “traditori del popolo han”.
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Chen,
il “Sakharov cieco” cinese, che nella
sua autobiografia si definisce “l’avvocato scalzo”, è stato quindi salutato
dalle masse popolari come il vincitore della storica battaglia contro l’aborto
obbligatorio dopo il primo figlio.
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Chen intentò
la sua prima causa legale contro lo Stato nel 1969, dopo aver scoperto che le
famiglie con disabili potevano godere per Legge di sgravi fiscali che in realtà
non venivano mai applicati.
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Le
sue cognizioni legali, da autodidatta, non essendo laureato in Legge, gli
consentirono di vincere questa battaglia per la sua famiglia, che fu infatti
autorizzata alle esenzioni fiscali.
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In
seguito Chen iniziò analoghe azioni legali in favore di altri non vedenti,
iniziando a difendere i portatori di handicap.
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Proseguì
le sue battaglie, intentando cause contro i boss locali che spadroneggiavano a
danno dei contadini, difendendo i più poveri.
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Oggi
Chen, che vive negli Stati Uniti, è libero di esprimere il suo dissenso.
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Ha
studiato legge alla New Tork University e ha insegnato alla Catholic University
di Washingon, ed ha pubblicato un memoriale della sua vita in Cina.
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Recentemente ha affermato :
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Recentemente ha affermato :
“Il
Partito comunista cinese non ha mai smesso di reprimere il popolo cinese, ma
ora il popolo cinese sta combattendo.
E’ in atto un risveglio delle
coscienze nella popolazione cinese che
spaventa e preoccupa sempre di più il Partito comunista cinese.”
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Riferendosi
al Presidente americano DonaldTrump, Chen afferma che è troppo presto per formulare giudizi su come la sua
Amministrazione gestirà i rapporti con la Cina, ma spera comunque che spingerà
il Governo di Pechino a migliorare i diritti umani del popolo cinese.
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Ha
affermato inoltre :
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“Per molti anni gli Stati Uniti
hanno operato una politica di pacificazione nei confronti della Cina, ma quando
si tratta di dittature autoritarie, gli Stati Uniti devono alzarsi in piedi e
dire no.”
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Dissenso
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Dissenso
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