(Mariupol’
– Ucraina, 26 febbraio 1896 -
Mosca, 31 agosto 1948)
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Andrej Zdanov |
Zdanov
fu un politico sovietico che, sebbene sia tutt’ora sconosciuto alle masse
europee, ricoprì un ruolo importante e criminale all’interno della feroce cricca comunista
staliniana dell’Unione sovietica.
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Divenne
bolscevico nel 1915 a 19 anni e dopo qualche anno partecipò alla guerra civile
russa (1918-20), dove si distinse combattendo negli Urali.
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Divenne
poi segretario del partito presso Niznij Novgorod dal 1924 al 1934.
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In
queste vesti partecipò attivamente al devastante piano di collettivizzazione
dell’agricoltura, che produsse milioni di vittime innocenti, sacrificandole a
favore del piano di Stalin per lo sviluppo dell’industrializzazione.
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Nel
mese di gennaio del 1934 Zdanov partecipò al XVII Congresso del partito,
pronunciando il suo primo discorso politico, e successivamente prese parte al
Congresso degli scrittori sovietici, come fautore dei princìpi del cosiddetto “realismo
socialista” e, nel suo discorso del 17 agosto, pronunciò una enfatica
quanto delirante dichiarazione :
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" Il compagno Stalin ha chiamato i nostri scrittori
gli «ingegneri delle anime».
Che cosa significa ciò ?
Che obbligo vi impone questo titolo ?
Ciò vuol dire, da subito, conoscere la vita del popolo per
poterla rappresentare verosimilmente nelle opere d'arte, rappresentarla niente
affatto in modo scolastico, morto, non semplicemente come la «realtà
oggettiva», ma rappresentare la realtà nel suo sviluppo rivoluzionario.
E qui la verità e il carattere storico concreto della
rappresentazione artistica devono unirsi al compito di trasformazione
ideologica e di educazione dei lavoratori nello spirito del socialismo.
Questo metodo della letteratura e della critica è quello che
noi chiamiamo il metodo del realismo socialista.»
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Zdanov partecipò, nella seconda metà degli anni Trenta
(1935-38), alla epurazione di vari personaggi in seno al partito, così come
ordinato da Stalin, rendendosi suo complice attivo in questo misfatto, negli
eccessi e negli orrori che lo caratterizzarono.
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Diventò membro del Politbjuro nel 1939 e al XVIII°
Congresso fece un’ampia autocritica, in cui ammise e condannò tali sanguinosi eccessi, definendoli come errori,
rivelandoci come una sintassi modificata (da orrori a errori) possa costituire
un alibi.
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Divenne Presidente del Soviet Supremo nel 1945 e
avvalendosi dell’autorità maturata in ambito culturale come massimo cultore del
“realismo socialista” rinnovò, dopo la guerra, un totale controllo statale
su tutta la produzione culturale sovietica.
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Si
dedicò infatti con accanimento al rifiuto delle culture occidentali e alla loro
eventuale influenza sulla letteratura sovietica, scagliandosi contro autori
connazionali del calibro di Michail Zoscenko (scrittore satirico) e Anna
Achmatova (poetessa) e contro tutti coloro che non seguivano le direttive di
Stalin, di cui era divenuto il fedele delfino (1946-48).
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Fu
un acceso sostenitore della “guerra fredda” e il promotore delle direttive
inviate ai partiti comunisti occidentali tese ad un inasprimento della lotta
alle forze democratiche.
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In
particolare si scagliò contro il piano Marshall, con cui l’America offrì un
consistente aiuto economico all’Europa per la ricostruzione e la ripresa nel
dopoguerra, definendolo un’arma dei disegni imperialistici americani.
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Juri,
suo figlio, sposò la figlia di Stalin,
Svetlana Alliluyeva (1926-2011), da cui ebbe la figlia Ekaterina,
divorziando poi nel 1950.
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Obeso
e alcolista morì nel 1948 a causa di un arresto cardiaco, ma si sospetta un
coinvolgimento di Berja e Malenkov, che subito dopo il suo decesso avviarono le
indagini per l’”affare di Leningrado”, e l’epurazione delle sue clientele
politiche.
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La
sua città natale, dal 1948 fino al 1989 prese il nome di Zdanov in suo onore,
come se gli orrori da lui commessi lo qualificassero come eroe.
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Dissenso
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